L’Etimacello: #Ordine
2 min letturaStravedo. Sono folle d’amore per le parole. Innamorata pazza, dedita, devota. Così delicate, ironiche, salate. Mi sono detta: usiamole, amiamole, impieghiamole tutte nelle loro infinite sfaccettature, ammiriamole da ogni loro scintillante angolazione, stuzzichiamole, spremiamole, mastichiamole. Piangiamole e ridiamole a crepapelle.
Interveniamo di fronte al macello dell’etimologia. Dove il giornalismo è paralitico, dove tecnicismi e inglesismi pietrificano significati e radici, giochiamole: per restituir loro fluidità, valore, potenza. Dignità.
La casa. La piazza. La mente. Tutto in ordine come sui banchi di scuola, come davanti alla cattedra, dentro le sottane delle signore perbene; pulire, riassettare, sistemare; riordinare in lungo e in largo. Ci vogliono liste, elenchi, categorie, schede, ordine mentale, per far andare avanti questo baraccone. E per la disposizione dell’ordine c’è da essere migliori degli altri, occorre aver passato un esame, una prova d’assetto, una verifica attuata secondo un criterio razionale, pratico, determinatissimo. Ordini sacerdotali, ordini cavallereschi, ordini massonici, ordine ne abbiamo a volontà: ordine dei giornalisti, ordine degli ingegneri, ordine degli architetti, ordini di appartenenza, istituzioni regolamentate da leggi emanate nel lontano millenovecentoventitré. Chi, poi, controlla l'operato dell'Ordine? Nessuno: in quanto ordine funzionale, estetico, perché essere in ordine è più bello, anche quando si tratta di rimettere in ordine le idee, se escono dai ranghi e dai gangheri. Quando accettiamo qualcosa perché rientra infine nel nostro ordine di idee - che sia ordine di arrivo o di partenza, ordine cronologico, alfabetico, tecnico o cinico poco importa - non si discute: orde di ordini, tecniche sadiche per ricucire orli, orge di orchi e orecchi sordi, ricordi in sordina, contrordini. Andiamo, procediamo secondo un metodo ben preciso: prendiamo ordini - dall’Europa, dal sindacato, dalla polizia - che ci sia però ordine per le strade, ordine pubblico, ordine costituito. Servizio d’ordine che infrange le strade con gradi, classi, milizie; file, schiere, corpi, congregazioni, serie; regole, norme, comandi, direttive. Via. Siamo pronti con l’ordinazione. Cibo di prim’ordine, di second’ordine, d’ordine infimo, va be’. L’importante è che ci sia qualche cosarellina da mangiare.