L’Etimacello: #Attacco
1 min letturaStravedo. Sono folle d’amore per le parole. Innamorata pazza, dedita, devota. Così delicate, ironiche, salate. Mi sono detta: usiamole, amiamole, impieghiamole tutte nelle loro infinite sfaccettature, ammiriamole da ogni loro scintillante angolazione, stuzzichiamole, spremiamole, mastichiamole. Piangiamole e ridiamole a crepapelle.
Interveniamo di fronte al macello dell’etimologia. Dove il giornalismo è paralitico, dove tecnicismi e inglesismi pietrificano significati e radici, giochiamole: per restituir loro fluidità, valore, potenza. Dignità.
Rumore di tacchi sul pavimento gelido. All’attacco! All’arrembaggio! Un grido si staglia all’orizzonte ed ecco in massa missili, kamikaze, pirati, guerriglieri, esaltati e fanatici: un pericolo chiaro e reale per chi ogni giorno fa della pace il suo cavallo di battaglia, la sua ragione di vita, il suo fiore all’occhiello - nella bocca del suo cannone. Dal latino tactus, tatto, tocco letale. Attacco frontale, attacco isterico, attacco di gelosia. Il momento dell'esplosione si sta avvicinando velocemente, con armi nucleari più piccole, leggere e diversificate. Attacco di panico. Una bomba da disinnescare. E adesso? Terza guerra mondiale, preparate i bunker e l’esercito, attaccatevi al tram, la miglior difesa è l'attacco. Assalto, offensiva, aggressione, una caterva di bruttecose violente. Attaché che si atteggiano mentre attaccano manifesti sulla pace. Il nemico. Chi lo dice che il peggior nemico di me stesso sono io? Io mi difendo da te che mi hai attaccato un virus, sei come l’acido che attacca i metalli, peggio di un cerotto che non attacca. Una provocazione imperdonabile. Ecco, ora attacca pure a piovere. E se a ricevere un attacco è il re? Il re della foresta che ha attaccato al mondo il vizio dell’attacco, il Premio Nobel per la Pace che dichiara guerre e attacchi militari. Con me non attacca. Preferisco l’attacco che sia congiunzione, unione, accordo. Connessione, vincolo, legame. Punto di collegamento tra due. Quella è la pace.