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Endometriosi: come si diagnostica, come si cura e gli scarsi investimenti nella ricerca

30 Marzo 2022 7 min lettura

Endometriosi: come si diagnostica, come si cura e gli scarsi investimenti nella ricerca

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L’endometriosi è una di quelle malattie il cui nome incute timore nelle giovani donne. Sono molte le storie di ragazze che vivono un vero e proprio calvario. È importante mettere quindi in chiaro un elemento importantissimo: l’endometriosi è una malattia dalla quale oggi si può guarire, e con la quale sicuramente si può convivere. A patto che sia diagnosticata senza ritardi, di modo che non abbia il tempo, lasciata a se stessa, per compromettere la funzionalità degli organi del nostro corpo che inevitabilmente tocca. E a patto che a trattarla siano specialisti competenti, che siano stati formati adeguatamente su come intervenire per assicurare alle giovani donne di poter conservare anche in caso di intervento, la piena funzionalità dei propri organi e una vita normale. 

L’endometriosi è una malattia dall’andamento cronico progressivo che si manifesta nelle donne in età fertile, anche se è una malattia congenita. Le donne con endometriosi presentano delle cellule dell’endometrio, la mucosa che normalmente riveste esclusivamente la cavità uterina, all’esterno dell’utero, cioè in altri organi come intestino, apparato urinario o ovaie. Queste cellule con lo sviluppo sessuale, quindi con l’attività ormonale, iniziano a duplicarsi creando dei cumuli dannosi per questi organi e che dolgono molto in risposta alle curve di estrogeni del ciclo sessuale femminile. I sintomi non sono legati alla quantità di malattia ma alla sede. A seconda di dove è il focolaio, si sente più o meno dolore. 

“Le responsabilità del fatto che molte donne siano segnate profondamente dall’endometriosi è nostra, della medicina, delle istituzioni, che solo negli ultimi anni hanno iniziato a investire nella ricerca e nella formazione della classe medica su come diagnosticare e trattare questa malattia”, spiega Pietro Giulio Signorile, presidente della Fondazione Italiana Endometriosi onlus, che da anni si batte per il riconoscimento di questa malattia a livello istituzionale. 

Non esistono ancora linee guida internazionali su come trattare l’endometriosi, ma dal 2009 è attivo un protocollo di intesa fra Ministero delle Pari Opportunità, INAIL e INPS che inserisce la patologia fra le malattie invalidanti, sebbene con punteggio relativamente basso. L’endometriosi in Italia è stata riconosciuta come malattia sociale, e su questo il nostro paese è più avanti di altri come la Francia, dove le associazioni stanno lottando per questo riconoscimento importante ai fini di ridurre le discriminazioni delle donne sul posto di lavoro. Dall’inizio del 2017 l'endometriosi è inserita nei LEA (i Livelli Essenziali di Assistenza, che garantiscono esenzioni) e in particolare nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti, ma solamente per i suoi stadi clinici più avanzati (“moderato o III grado” e “grave o IV grado") riconoscendo a queste pazienti il diritto a usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo ogni sei mesi: visita, ecografia transvaginale, ecografia transrettale, ecografia addome e clisma opaco. 

La storia di tante

La storia di Michela è una di quelle che purtroppo si sente spesso. 36 anni, affetta da endometriosi, fortemente segnata dall’invalidità da quando ne aveva 28 anni, per una diagnosi tardiva e una serie di trattamenti sbagliati. “Oggi sono invalida al 85%, convivo con danni e conseguenze permanenti a organi vitali. Devo portare un neuromodulatore sacrale per la vescica e per il dolore pelvico cronico. Soffro di stipsi ostinata e di defecazione ostruita, e oltre a tutto ciò, ho altre patologie correlate: adenomiosi, vulvodinia, fibromialgia, sacroileite e depressione maggiore”, ci racconta. “Per anni sono stata considerata una malata immaginaria, una che non sa sopportare il dolore perché ‘tutte stiamo male durante il ciclo’; un'egocentrica, una pigra”. Tante altre storie si trovano nel progetto #cimettolafaccia sulla pagina Facebook di La voce di una è la voce di tutte.  

Diciamolo una volta per tutte: non è vero che tutte le donne soffrono di forti dolori pelvici durante il ciclo mestruale. Non è la nostra condanna. È comune avere dei piccoli dolori dovuti agli spasmi che determinano il sanguinamento durante la mestruazione, ma soffrirne anche durante l’ovulazione, non riuscire ad alzarsi dal letto, avere dolori addominali fortissimi, stanchezza cronica, dolore durante i rapporti sessuali, terribili emicranie, pancia gonfia e nausea, non lo è. 

Cosa non ha funzionato

Il fatto che si sia dovuto lottare per riconoscere l’esenzione per una malattia invalidante, e che si stimino a oggi in Italia circa 300mila esenzioni, dà il polso di una malattia per decenni male diagnosticata. “Queste misure sono molto recenti, il che significa che la maggior parte delle donne con endometriosi oggi ha avuto una diagnosi e un trattamento molto più tardi di quando avrebbe dovuto”, spiega Signorile. “Già nel 2006 un’indagine conoscitiva presentata in Senato aveva messo nero su bianco una carenza di personale specializzato e la necessità di formare adeguatamente la classe medica. Ma non è stato fatto, con una conseguente carenza nella conoscenza di come approcciare la malattia, specie fra i medici di medicina generale, che sono il primo contatto della donna con il servizio sanitario”. 

In Italia ci sono almeno tre milioni di donne che soffrono di endometriosi, circa 200 milioni nei paesi industrializzati. Le ragioni che rendono l’endometriosi la “Cenerentola delle malattie femminili” sono diverse. Innanzitutto come malattia femminile ha sofferto negli anni di tutte le problematiche della medicina di genere all’interno di una classe medica storicamente maschile: poco ascolto sull’argomento, poca consapevolezza della gravità reale del dolore e della difficoltà a svolgere la propria vita, poco interesse e quindi pochi investimenti in ricerca e formazione. “Per dare un’idea – continua Signorile - gli Stati Uniti investono 90 centesimi di dollaro pro capite per la ricerca sull’endometriosi, che riguarda persone giovani e potenzialmente in salute e con una lunga vita davanti, contro i 200 dollari pro capite per anno per la ricerca sull’Alzheimer”. Nella primavera del 2021 il Ministero della Salute italiano ha emanato per la prima volta un bando di ricerca sull’endometriosi a cui si sono candidati 30 progetti, che accompagna un decreto del 22 marzo 2021, con cui si autorizzava la spesa di 3 milioni di euro ripartiti sugli esercizi finanziari 2021-2022-2023. 

Riconoscere il dolore

Non è semplice descrivere il dolore, ma è importante farlo, per evitare di confondere l’endometriosi con la dismenorrea (dolore pelvico forte durante la mestruazione). Recentemente è stato pubblicato uno studio su una coorte di oltre 4.000 persone, cioè ampissimo, che ha evidenziato che il sintomo più frequente dell’endometriosi non è il dolore pelvico cronico ma il bowel disconfort, cioè il dolore intestinale. A tal proposito la Fondazione Italiana Endometriosi ha messo a punto un autotest gratuito online (si può fare qui)  che in poche domande inquadra la condizione della donna e la indirizza eventualmente a uno specialista. 

La formazione delle donne e della classe medica è il primo passo. “Noi come Fondazione nel 2018 abbiamo creato una community su Facebook che oggi conta ben 42 mila membri. È gestita da esperti della nostra associazione con regole molto severe per non fare pubblicità né a cliniche, né a specialisti, né a prodotti; è un luogo dove le persone si iscrivono per confrontarsi e essere certe di leggere informazioni filtrate e serie”, spiega Signorile. 

Come si diagnostica e si cura l’endometriosi

Facendo relativamente poca ricerca, non esiste oggi un test per la diagnosi della malattia, anche se nel tempo le conoscenze sono sicuramente migliorate. Ci si affida quindi a una serie di esami: prima di tutto una visita ginecologica e rettale, una risonanza magnetica e alcuni esami del sangue, che tuttavia non hanno alta specificità e sensibilità, e per questa ragione è importante eseguire anche l’ecografia. “In questo modo un medico ha già gli strumenti per diagnosticare la malattia e a seconda dello stadio, proporre delle alternative alla donna, iniziando da trattamenti leggeri e assolutamente conservativi – precisa Signorile – per evitare l’accanimento devastante che abbiamo visto troppo spesso”. 

"Dal momento che non esiste una terapia farmacologica che blocchi la malattia o la faccia regredire, la prima proposta in donne a uno stadio iniziale deve essere un’alimentazione adatta e in tal senso come associazione abbiamo elaborato una dieta amica disponibile sul sito, che nel 60% delle donne è sufficiente per attutire il dolore per riuscire a convivere senza altri trattamenti. Quando questo non è possibile la cosa migliore è l’intervento chirurgico, che deve però essere eseguito da persone con esperienza di endometriosi per evitare resezioni non necessarie. In generale deve essere chiaro che l’endometriosi presa per tempo non richiede di danneggiare né di asportare nessun organo", prosegue Signorile. L’intervento avviene in laparoscopia, quindi è minimamente invasivo e consiste nell’asportare tutti i cumuli di cellule dai vari organi in cui si sono depositati. “È fondamentale che vengano esportati tutti i cumuli di cellule, non solo alcuni, per evitare una nuova proliferazione, ma assicurando la conservazione dell’organo in questione. È evidente che se la diagnosi è troppo tardiva l’organo come l’intestino o la vescica, può risultare già pesantemente danneggiato”.

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La verità su endometriosi e pillola

Un falso mito è quello di usare la pillola anticoncezionale per ridurre i dolori dell’endometriosi e cercare di arginare la malattia. La pillola non può curare l’endometriosi, anzi un utilizzo preventivo e fuori controllo può portare all’effetto opposto: non sentendo dolore abbiamo l’impressione che la malattia “dorma” mentre in realtà si sta cronicizzando e diffondendo. Inoltre, ci sono pillole anticoncezionali che addirittura contengono estrogeni, che peggiorano la malattia. “Vi sono stati addirittura medici che hanno consigliato alle donne giovani l’utilizzo di farmaci per indurre la menopausa, come trattamento a lungo termine similmente a quanto avviene per le donne con tumore ormono-responsivo, senza tenere conto però che le stesse aziende invitano a non usare questi farmaci per più di sei mesi!”, conclude Signorile.

Insomma, è importante, fare chiarezza sul tema della fertilità e della maternità. Sono tante le fake news che negli anni hanno ruotato intorno a questo argomento. Ancora oggi si sente spesso dire: “Fai un figlio e passa tutto”. Non è così: l’endometriosi si arresta durante la gravidanza, in ragione del blocco dell’attività degli estrogeni, ma riprende non appena questa riparte dopo la nascita. Per quanto riguarda la fertilità, sei donne su dieci con endometriosi non hanno difficoltà a rimanere incinte naturalmente. Per altre quattro la malattia è correlata a infertilità, e in tal caso a seconda del caso specifico è bene consultare un esperto per capire come eventualmente tentare delle alternative. 

Immagine in anteprima via The Conversation

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