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Elon Musk e il caso delle grooming gangs: tra disinformazione e sfruttamento mediatico degli abusi sessuali

6 Febbraio 2025 6 min lettura

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Elon Musk e il caso delle grooming gangs: tra disinformazione e sfruttamento mediatico degli abusi sessuali

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Di cosa si parla nel Regno Unito? Se lo è chiesto sul Guardian il giornalista Archie Bland, che ha anche fornito la risposta al quesito: si parla di quello che vuole Elon Musk. Una constatazione amara che deriva dal peso sempre più crescente che le esternazioni del proprietario di X hanno nel dibattito pubblico britannico. Già nei mesi scorsi Musk aveva lanciato diversi attacchi contro il governo Starmer, che secondo la visione del miliardario sudafricano sarebbe protagonista di una crociata contro la libertà di parola. Inoltre, l’ideatore di Tesla aveva soffiato benzina sul fuoco durante violente manifestazioni razziste della scorsa estate, parlando di “guerra civile” e diffondendo bufale. Negli ultimi giorni, però, ha deciso di strumentalizzare una nuova, e agghiacciante, vicenda. E così, tra un ammiccamento al Governo italiano per l’affare Starlink e l’intervista alla leader di AfD, Alice Weidel, sul suo social continua incessantemente a rilanciare notizie, commenti e opinioni dell’estrema destra sul caso delle grooming gangs nel Regno Unito, un sistema di violenze e abusi che coinvolse migliaia di ragazze inglesi tra la fine degli anni ‘90 e il primo decennio del 2000.

Il fenomeno delle grooming gangs

“Starmer è complice dei crimini”: questo uno dei tanti messaggi di Musk rivolti al capo del Governo britannico, sbeffeggiato anche dagli ormai consueti meme che tanto piacciono all’alt-right digitale. Ma a cosa allude l’ormai presidente ombra degli Stati Uniti?

Ci si riferisce alle grooming gangs per parlare delle violenze e degli stupri subiti da moltissime ragazze inglesi tra il 1997 e il 2013 in alcune città nel Nord dell’Inghilterra da parte di gruppi di uomini. Il fenomeno era sistematico e le gang molto ben organizzate, come hanno dimostrato le indagini. Del caso si comincia a parlare dagli inizi degli anni 2000, ma è solo nel 2010 che degli articoli del Times di Londra fanno conoscere il caso a livello nazionale. Nel 2011 una ragazza trova il coraggio di scrivere a un giudice le violenze che ha subito. E, nel giro di un paio di anni, vengono fuori tante altre testimonianze che mettono in luce gli abusi ma anche lo scetticismo delle forze dell’ordine nell’ascoltare le vittime. Partono quindi le indagini e poi i processi che portano dietro le sbarre decine di uomini per un totale di centinaia di anni di carcere. 

Oxford, Rotherham, Rochdale, Huddersfield: in ognuno di questi posti le inchieste mostrano come fosse ben oliato tutto il meccanismo. Rotherham, cittadina di circa 120 mila abitanti, rappresenta forse il caso più emblematico. Più di 1400 minori vengono abusate, e la stima è al ribasso. Si dimette il leader del consiglio comunale e anche il capo della polizia, che dichiarerà in seguito di non essersi accorto dell’ampiezza del fenomeno. Un lavoro è stato particolarmente prezioso per ricostruire come agivano queste gang. Lo ha curato la professoressa Alexis Jay e ha mostrato le varie tappe del processo: da principio  dei ragazzi nei centri commerciali o in altri luoghi affollati adescavano le ragazze, che venivano gradualmente introdotte alla presenza di uomini più grandi. Questi ultimi cominciavano comprando loro gelati, vestiti e sigarette, successivamente costringendole ad avere rapporti con loro. La frequenza di questi incontri, sotto minaccia, era anche quotidiana, come hanno raccontato alcune delle vittime.

Lo scoperchiamento del vaso di Pandora ha scioccato le comunità coinvolte e provocato immediato scandalo bipartisan nel paese. Ma a strumentalizzare l’accaduto sono state soprattutto le frange della destra più estremista, per soffiare sul fuoco sul tema dell’immigrazione fuori controllo. I colpevoli dei crimini erano, nella quasi totalità dei casi, uomini di nazionalità inglese con origini asiatiche, provenienti da Afghanistan, Bangladesh e Pakistan. Quando Brenton Tarrant nel 2019 uccise 49 persone nella moschea di Christchurch, in Nuova Zelanda, tra le armi dell’attentatore un fucile recava la scritta “Per Rotherham”.

I risvolti attuali e le ingerenze di Musk

Ma perché questa storia agghiacciante è tornata alla ribalta nelle ultime settimane? A ottobre Jess Phillips, sottosegretaria del governo per la sicurezza e il contrasto alla violenza di genere, ha respinto una richiesta per un’inchiesta nazionale sulle grooming gangs presentata dal comune di Oldham, vicino Manchester. Phillips ha risposto che dovrebbero essere le autorità locali a occuparsene, come successo in numerosi altri casi di questo tipo. La sua risposta è stata rilanciata dall’emittente britannica di destra Gb News e da qui è arrivata alle orecchie di Elon Musk. Il quale ha cominciato a postare a raffica sull’argomento. Ha attaccato Starmer e il Governo sia per non aver aperto un’altra inchiesta, sia perché Starmer era, tra il 2008 e il 2013, a capo del Crown Prosecution Service, in sostanza la procura generale della Corona. Sull’accusa di lassismo, Starmer ha risposto citando i dati record dei processi penali intentati per violenza sessuale sui minori. Un impegno che è stato citato anche dal procuratore Nazir Azfal che più di tutti si è occupato del caso. 

Sulle mancate inchieste, invece, la stessa professoressa Alexis Jay ha detto che non ne servono altre perché allungherebbero solo i tempi. “Bisognerebbe dare invece risposte e giustizia alle vittime e alle loro famiglie”, ha dichiarato in un’intervista alla BBC. Musk ha poi rilanciato la teoria secondo la quale abusi di minori sarebbero perpetrati quasi solo da persone di religione musulmana, cosa che diversi studi hanno chiarito come falsa. Il Governo ha infatti pubblicato nel 2023 il primo report sulle vittime e gli autori sospettati degli abusi. I dati svelano come, delle persone indagate con un'etnicità registrata e dichiarata, l'83% risulti "bianca", solo il 7% "asiatica" e il 5% "nera". Tutto questo condito da repost di account di disinformazione legati alla galassia dell’estrema destra e richieste di incarcerare diversi membri del Governo in carica,  a partire dalla ministra Phillips.

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Come ha sottolineato ancora il Guardian, “c’è un modello dietro questo modo di fare di Musk: sceglie un’affermazione da una fonte dubbia sullo scandalo delle grooming gangs, la condivide acriticamente e la ripete come se fosse sua, riuscendo a portare queste notizie nel dibattito mainstream”. Lo ha fatto con questo scandalo, lo ha fatto dopo la condanna del noto attivista di estrema destra Tommy Robinson, definito da Musk un martire della libertà di parola. Robinson, portatore di istanze islamofobe, è stato condannato per oltraggio della corte, in un caso di diffamazione contro un adolescente siriano: per le sue parole, il giovane rifugiato ha ricevuto minacce di morte. Per le sue visioni estremista è stato allontanato addirittura da Reform UK, il partito del brexiter Nigel Farage.

Proprio Nigel Farage, per aver criticato Robinson, è stato scaricato da Elon Musk, nonostante quest’ultimo avesse promesso a Reform Uk un finanziamento di circa 100 milioni di sterline. Intanto i conservatori non si piegano completamente a questa retorica incendiaria, ma, in questa fase di difficoltà, non possono permettersi di farsi completamente scavalcare dai partiti più a destra. Per questo la nuova leader dei tories, Kami Badenoch, ha chiesto al Parlamento, l’8 gennaio, di votare per l’istituzione di una nuova inchiesta nazionale. La richiesta è stata respinta, come da previsione (i Labour hanno una maggioranza ampia), ma i conservatori hanno potuto, dal punto di vista mediatico, battere un colpo.

Musk sta usando la piattaforma di sua proprietà come un megafono per far arrivare determinati messaggi alle orecchie dei suoi oltre 210 milioni di follower, per sdoganare idee sempre più estremiste e intorbidire un dibattito pubblico sempre più radicalizzato. In Europa, intanto, qualcosa si muove. La Commissione Europea ha aperto contro X un procedimento per verificare che rispetti le norme europee del Digital Serivice Act, il regolamento europeo per la moderazione dei contenuti online. Mentre in Germania politici e giornalisti hanno protestato duramente contro l’intervista di Elon Musk alla leader di AfD, Alice Weidel. Ci si comincia seriamente a interrogare, insomma, su quali siano i doveri delle piattaforme nei confronti dell’opinione pubblica e su quali limiti debbano essere messi a queste ultime, e a chi le gestisce, per non dover subire pesanti ingerenze politiche ed economiche.

L'articolo è stato aggiornato il 6/2/2025 per correggere i dati forniti dal governo britannico.

(Immagine anteprima: frame via YouTube)

 

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