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Cosa ci dice il voto in Olanda del futuro dell’Europa

15 Marzo 2017 9 min lettura

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Cosa ci dice il voto in Olanda del futuro dell’Europa

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di Angelo Romano e Andrea Zitelli

Dopo una campagna elettorale urlata e divisiva, che si è concentrata principalmente sul tema dell’immigrazione, il 15 marzo i cittadini olandesi sono chiamati a eleggere il nuovo Parlamento. Si tratta della prima di una serie di elezioni in Europa (ad aprile si vota per il primo turno delle elezioni presidenziali in Francia, il prossimo 24 settembre ci saranno invece le elezioni politiche in Germania) che quest’anno potrebbero portare le cosiddette "forze populiste" al potere, scrive Palko Karasz sul New York Times e, spiega l’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), ridefinire il quadro politico europeo con l’avanzata dei movimenti populisti ed euroscettici. Elezioni che potrebbero mettere in gioco l’identità e il futuro dell’Europa. Come scrivono Silvia Mazzini e Kees van Kesteren su Al Jazeera bisognerebbe avere il coraggio di impegnarsi e confrontarsi con le sfide che questi partiti pongono e proporre alternative più credibili e convincenti.

In particolare è stato Geert Wilders, leader del “Partito per la Libertà” (o PVV), dichiaratamente anti-immigrati, a infiammare la campagna elettorale più dei partiti tradizionali di centro–destra. Proprio un eventuale successo elettorale del PVV (sebbene sia improbabile il suo ingresso in una coalizione di governo), aggiunge il Guardian, potrebbe ulteriormente rafforzare una narrazione che vede in ascesa quei movimenti anti-establishment, che fanno leva sulle retoriche dell’identità nazionale. Inoltre, c’è anche l’aspetto simbolico da considerare: l’Olanda infatti è uno dei 6 paesi fondatori dell’Unione europea.

Euroscettiscismo e immigrazione, i temi che hanno acceso la campagna elettorale

Immigrazione, multiculturalismo, sovranità e identità nazionale, clima politico dell’Unione europea sono stati i temi principali della campagna elettorale in Olanda. Il paese guidato dal premier di centro-destra Mark Rutte, arriva al voto con un’economia in crescita: nel 2016 c’è stato un incremento del Pil del 2%, con il debito pubblico sotto controllo (al 77,9% del PIL) e il tasso di disoccupazione tra i più bassi d’Europa (al 6,9%).

Per quanto riguarda l’immigrazione, invece, lo scorso anno sono state registrate quasi 21mila richieste di asilo, molte di meno rispetto a quelle inizialmente previste dal governo.

via Alessandro Lanni.

Nonostante questi dati, la facilità con cui le posizioni di Wilders si sono diffuse è l’espressione di un malessere più ampio, che ha trovato nell’Unione europea e nei migranti un capro espiatorio, spiega Beda Romano sul Sole 24 Ore. Al di là del risultato che otterrà Geert Wilders, prosegue il giornalista, le elezioni olandesi vanno lette in questo scenario di euroscetticismo, dettato da una Bruxelles ritenuta non sufficientemente liberale.

Negli ultimi anni il PVV e il Partito socialista, una formazione di sinistra euroscettica, sono molto cresciuti. Alle ultime elezioni del 2012, il partito di Wilders era stato il terzo più votato, con il 10% circa dei voti e 15 seggi alla Camera (nel 2010 era andato meglio con il 15% dei voti e 24 seggi), mentre il Partito Socialista era stato il quarto partito sempre con 15 seggi.

Già nel 2005 il 61% dei cittadini olandesi aveva votato contro il progetto di costituzione europea. L’Olanda (insieme alla Francia) fu l’unico Stato a bocciare la Costituzione. A febbraio, il Parlamento olandese ha aperto un’indagine sulle prospettive dell’euro, cercando di capire vantaggi e svantaggi della moneta unica: l’incertezza politica ed economica dell’Unione europea “è per gli olandesi fonte di angoscia e preoccupazione”. Inoltre, lo scorso aprile, dopo una raccolta di 400mila firme da parte di GeenStijll, un sito euroscettico e di estrema destra, è stato organizzato un referendum consultivo sull’accordo di collaborazione commerciale e politica in vigore dal 2014 tra l’Unione europea e l’Ucraina, nonostante il trattato fosse già stato approvato dal Parlamento olandese nel 2015. Il 61% dei votati ha bocciato il trattato con un’affluenza del 32%.

Questo sentimento euroscettico e di chiusura verso l’esterno si spiega, scrive l’antropologo Joris Luyendijk, con una serie di eventi che hanno molto destabilizzato la società olandese: l’abbattimento del volo MH17 di Malaysia Airlines, avvenuto nel luglio del 2014 in Ucraina orientale, che aveva portato alla morte di 193 olandesi (e che può aver influito sull’esito del referendum sul trattato commerciale dell’aprile scorso), le uccisioni del politico Pim Fortuyn e del regista Theo Van Gogh, entrambi sostenitori di posizioni molto critiche nei confronti dei musulmani e dell’immigrazione in generale, la crisi economica del 2008, le guerre in Afghanistan e Iraq. Tutto questo avrebbe creato le condizioni per una maggiore diffusione delle posizioni di Wilders.

Chi è Wilders e perché ha attirato l’attenzione dei media

Icona dell’estrema destra, Geert Wilders è una delle figure politiche più insolite d’Europa, considerando anche il fatto che proviene dall’Olanda, uno dei paesi europei più socialmente liberali, con una tradizione secolare di accoglienza nei confronti degli immigrati e di tolleranza religiosa, scrive Alissa Rubin sul New York Times. Anti-islamista e a favore dell’irrigidimento dei confini intorno ai Paesi Bassi, Wilders ha promesso di chiedere un referendum “Nexit” sull’esempio della “Brexit” nel Regno Unito.

Nonostante le rare apparizioni in pubblico, il leader del PVV è riuscito a costruire un movimento che ha attirato sempre più simpatie politiche. Da quando ha ricevuto minacce nel 2004, Wilders vive sotto scorta, riducendo le uscite, e ha utilizzato internet e i social media per parlare ai cittadini senza il filtro dei giornalisti. I social si sono rivelati un mezzo particolarmente efficace per raggiungere persone deluse dai partiti tradizionali e, sebbene altri politici abbiamo seguito il suo esempio, nessuno lo ha saputo fare come il leader del PVV, continua Rubin.

«È il politico più intelligente e strategico in circolazione», racconta al New York Times Sarah de Lange, professoressa di Scienze politiche all'Università di Amsterdam. «È molto abile, un ottimo oratore, esperto di media. Ogni Tweet è pensato, meditato, calcolato». Non importa se il PVV sarà il primo partito o andrà al governo, quel che conta, aggiunge Rubin, è che «sia già riuscito in una delle sue principali ambizioni, spostare a destra la politica nei Paesi Bassi e rendere possibile un dibattito pubblico sulla chiusura verso gli immigrati e lo smantellamento dell'Unione europea, impensabili non molto tempo fa».

Pur auto-raccontandosi come un outsider, Wilders è un politico di lungo corso, assistente parlamentare già nel 1991-1992 all’interno della corrente principale del partito conservatore, allora guidata da Frits Bolkestein. Oggi, Bolkestein paragona Wilders all’apprendista stregone della ballata di Goethe, che usa uno degli incantesimi appena appresi dal suo maestro per animare una scopa affinché lavi il pavimento al posto suo. Ma non conoscendo la parola magica per porre fine all'incantesimo, la scopa allagherà le stanze. Solo il ritorno del maestro stregone rimedierà al disastro. Il rischio, spiega Bolkstein, è quindi che Wilders non sappia controllare quello che sta generando con le sue retoriche contro gli immigrati, l’Europa e i musulmani.

Tuttavia, afferma Simon Kuper sul Financial Times, Wilders interessa molto più agli osservatori internazionali che ai cittadini olandesi. Di solito le elezioni in Olanda si svolgono nel disinteresse generale, ma questa volta è diverso perché la figura del candidato di destra consente di inscenare il “faccia a faccia tra due grandi movimenti politici globali: i difensori delle identità nazionali contro gli internazionalisti”. Per questo motivo, prosegue Kuper, è come se intorno alle elezioni del 15 marzo si stiano raccontando due storie molto diverse tra di loro: “una storia per l’estero, tutta incentrata su Wilders e sulla possibilità di realizzare la tripletta populista dopo Brexit e la vittoria di Trump; e una storia olandese, in cui Wilders non è nemmeno il personaggio principale”.

Come si vota

L’Olanda è una monarchia costituzionale con un sistema di bicameralismo differenziato. La Camera è composta da 150 parlamentari eletti a suffragio universale con un sistema proporzionale puro, mentre i senatori (75) sono eletti da 12 municipi tramite un’elezione indiretta che si svolge ogni 4 anni. Per avere uno dei seggi alla Camera, spiega Salvatore Borghese su YouTrend, “è sufficiente ottenere un quoziente intero, ossia meno dell’1% dei voti. Questo ha fatto sì che negli anni non si consolidasse un vero e proprio sistema bipolare, ma che in parlamento si venissero a formare coalizioni dopo le elezioni mettendo insieme partiti diversi”.

In base ai sondaggi, i due partiti di governo hanno perso consensi e per questo, scrive il Post, per formare una maggioranza, potrebbe essere necessaria una coalizione di quattro o forse cinque partiti differenti: “quasi tutte le formazioni principali hanno escluso più o meno esplicitamente la possibilità di allearsi con Wilders. Tolta la destra radicale, l’alleanza più probabile comprenderebbe il centrodestra liberale e la sinistra moderata. (...) Non è detto però che questa coalizione ottenga i seggi sufficienti per avere una maggioranza; in questo caso sarà necessario un ulteriore allargamento, con il rischio di una maggiore eterogeneità e minore stabilità”.

I cittadini olandesi chiamati alle urne sono 12 milioni. I voti espressi, inoltre, verranno contati a mano per contrastare ogni tentativo di un possibile cyber attacco da parte di hacker che possa anche solamente mettere in dubbio il risultato delle elezioni, ha annunciato nel mese scorso il ministro dell'Interno, Ronald Plasterk.

I maggiori partiti contendenti e i loro programmi

In totale i partiti che parteciperanno alle elezioni del 15 marzo sono circa 30. Di seguito, le maggiori formazioni politiche in corsa per governare il paese e cosa prevedono i loro programmi.

  • Partito Liberale Democratico (VVD)

È il partito del primo ministro uscente Mark Rutte. Una formazione politica liberale di centro-destra e conservatrice, al governo dal 2010 (prima in alleanza con i cristiano democratici e due anni dopo con i laburisti). Si tratta di una formazione politica di centro–destra, liberale e conservatrice. Tra le proposte, il programma prevede di continuare a rafforzare le politiche portate avanti nella legislatura appena terminata, con particolare attenzione a sicurezza, pensioni, innovazione e lavoro.

  • Partito per la Libertà (PVV)

Fondato nel 2006, è guidato dal candidato Geert Wilders, uscito due anni prima dal VVD in rotta con la disponibilità del partito conservatore a lasciare entrare la Turchia nell’Unione europea, ricorda James Traub sul Chicago Tribune. Il partito è schierato a destra, con posizioni nazionaliste ed euroscettiche. Il programma, molto conciso, si basa su alcune linee guida, come ad esempio: stop all’“islamizzazione del paese”, all’“immigrazione di massa, al terrore, alla violenza e all’insicurezza”, l’uscita dell’Olanda dall’Unione Europea, la democrazia diretta per un maggior potere ai cittadini olandesi, una riforma delle pensioni e un maggiore aumento di risorse per polizia e sicurezza.

  • Appello Cristiano democratico (CDA)

È un partito conservatore cristiano democratico che, scrive Guido Valerio Ceoloni su Formiche, “è storicamente più schierato a sinistra che a destra, moderato, convintamente europeista (per es. aperto a valutare l’ingresso della Turchia in Europa), aperto sulla questione degli immigrati. È per uno Stato sociale attento ai conti pubblici, per la decentralizzazione e in maniera crescente per la tutela dell’ambiente”. Nel proprio programma prevede inoltre di incrementare la spesa per la sicurezza, di continuare a sviluppare politiche sociali per le famiglie, di ridurre le tasse per i redditi più bassi e chiedere un contributo di solidarietà a quelli più ricchi.

  • Democratici 66

È una formazione politica liberale–progressista ed europeista, nata come alternativa ai liberali conservatori di centro-destra, e guidata da Alexander Pechtold. Tra gli obiettivi che si prefigge il partito c’è quello di ridurre l’imposta sul reddito, favorire politiche del lavoro per una occupazione stabile, concedere maggiori risorse per l’istruzione, sviluppare politiche ambientali con la chiusura delle centrali a carbone. Su sicurezza e migrazioni, D66 afferma che c’è bisogno di una guardia di frontiera europea, uno scambio obbligatorio di informazioni tra i servizi di sicurezza, una maggiore cooperazione europea per la difesa e lo sviluppo di una politica europea comune in materia di asilo politico.

  • Il partito laburista (PvdA)

Rappresenta il principale partito olandese di centro-sinistra, con il candidato Lodewijk Asscher. Dal 2012 ha fatto parte del governo di Mark Rutte. I principali temi del programma si rifanno a politiche incentrate su lavoro (con la volontà di far crescere l’occupazione permanente) e diritti nei campi dell’educazione, della casa, della sicurezza e dell’assistenza sanitaria. Il partito laburista inoltre afferma che “il razzismo non ha posto nei Paesi Bassi” e per questo, per combatterlo meglio, punta ad aumentare le pene e l’attenzione legislativa per i colpevoli “dei cosiddetti crimini d’odio”.

  • Il partito socialista (SP)

Formazione politica di sinistra, il partito socialista olandese è sempre stato all’opposizione. È guidato da Emile Roemer. Il programma punta a obiettivi che riguardano assistenza, riforma delle pensioni, politiche sociali sulle case e gli affitti e un piano contro la povertà, una maggiore sicurezza, velocizzazione del riconoscimento della domande di asilo politico e maggiori investimenti in energie rinnovabili.

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  • Verdi di sinistra (GL, GroenLinks)

Sono un gruppo di partiti di sinistra e verdi, liberali ed europeisti, con una politica attenta ai temi ambientali, solidale e aperta al multiculturalismo.

Cosa dicono i sondaggi

Secondo gli ultimi sondaggi, il Partito Liberale Democratico (VVD) del premier uscente sarebbe davanti al Partito per la Libertà (PVV), guidato da Geert Wilders: 17% contro 14%, che significherebbe 24/28 seggi contro 19/23.

via Peilingwijzer.tomlouwerse.nl/.

Foto anteprima via www.investmenteurope.net.




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