Dopo gli attacchi dei trumpisti all’Europa, le elezioni in Germania sono diventate le più importanti nella storia del paese
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Mancano ormai pochi giorni alle elezioni federali e in Germania ci si prepara tra scossoni e colpi di scena, inclusa l’ingerenza diretta del vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance. In un’intervista al Wall Street Journal e durante la Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il vice di Trump ha infatti accusato l’Europa di avere una democrazia debole, in cui le voci populiste vengono zittite ed etichettate come “disinformazione”. Ha quindi comunicato che gli Stati Uniti non supporteranno chi, sul punto, non condivide i valori dell’amministrazione Trump, descritta come un modello di libertà di espressione.
Vance ha inoltre attaccato i partiti tedeschi che si rifiutano di collaborare con il partito di estrema destra Alternativa per la Germania (Alternative für Deutschland), sostenendo che questo significhi ignorare la volontà popolare. Lo ha fatto a meno di dieci giorni dal voto, con un’ingerenza che sembra aver messo da parte il rispetto formale per l’autodeterminazione europea.
La reazione del cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz è stata durissima. Scholz ha infatti dichiarato che la Germania non tollererà interferenze nella sua politica o lezioni sulla democrazia da parte di “estranei”, soprattutto con interventi a favore di AfD. Ha aggiunto che, dalle file di AfD, il regime nazista e i suoi orrendi crimini sono stati minimizzati come “un fatto insignificante” nella storia tedesca e che questo è incompatibile con un serio impegno affinché il passato non si ripeta. "Come procederà la nostra democrazia, lo decideremo noi” ha ribadito il cancelliere uscente.
Neanche Friedrich Merz, leader della CDU e probabile nuovo cancelliere tedesco, ha accettato la lezione di democrazia del vice di Trump. “Rispettiamo le elezioni presidenziali e le elezioni del Congresso negli Stati Uniti e ci aspettiamo che gli Stati Uniti facciano lo stesso qui”, ha commentato, per poi concedersi una stoccata. “Noi non cacceremo mai un’agenzia di stampa dalla nostra cancelleria”, ha infatti aggiunto Merz. L’allusione è al fatto che la Casa Bianca abbia cacciato l’agenzia di stampa AP dalla Sala Ovale e dall’Air Force One perché si è rifiutata di denominare il “Golfo del Messico” come "Golfo d'America”, come prescritto da un ordine esecutivo del neopresidente degli Stati Uniti.
Allineati nel respingere al mittente le indicazioni del “nuovo sceriffo in città” (così Vance ha chiamato Trump dal palco di Monaco), gli attori politici tedeschi procedono tuttavia verso l’appuntamento elettorale in un clima di incertezza e sfiducia generale, sin dall’evento che ha innescato il countdown. Il 6 novembre 2024, il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz aveva infatti deciso di deporre il suo ministro delle finanze, il leader liberale Christian Lindner (FDP), rompendo la coalizione “semaforo” formata da SPD, FDP e Verdi e dando origine alla crisi di governo.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Liberali: pronti a uscire di scena?
Storicamente difficilissimi da gestire (nel 2013 Merkel disse "Dio ha creato l’FDP solo per metterci alla prova”), attualmente i liberali tedeschi si attestano nei sondaggi intorno al 4% e quindi sotto la soglia di sbarramento. Se il dato fosse confermato alle urne, l’FDP rimarrebbe fuori dal Bundestag e forse per questo Lindner sta giocando la partita elettorale in modo rumoroso e disperato, come chi non ha nulla da perdere.
Intanto sta facendo di tutto per smarcarsi dal governo Scholz e dai precedenti compagni di coalizione. Lindner ha infatti dichiarato di non voler più collaborare con i Verdi, adducendo differenze inconciliabili, e da tempo sta cercando di recuperare la sua base con dichiarazioni neoliberiste più o meno spregiudicate. A dicembre era arrivato addirittura a sostenere che la Germania avrebbe dovuto osare “un po’ più di Milei o Musk”, pur ridimensionando in seguito le sue dichiarazioni.
Un duro colpo gli è arrivato anche da Friedrich Merz. Il candidato cancelliere dell’Unione si è infatti appellato pubblicamente agli elettori affinché spostino verso la CDU/CSU, che si attesta intorno al 30%, il 4% destinato ai liberali nei sondaggi.
Lindner ha reagito ribadendo che l’FDP è l’unico baluardo contro una possibile alleanza CDU-Verdi e il leader dei liberali a Berlino, Christoph Meyer, ha commentato l’esternazione di Merz definendolo “nervoso”. Di motivi per innervosirsi, comunque, il leader della CDU ne ha avuti molti, di recente.
Friedrich Merz: il respiro corto del favorito
In realtà, Friedrich Merz partiva favorito e poteva dunque permettersi di limitarsi a difendere il vantaggio. Il 29 gennaio 2025 ha invece tentato la rischiosa manovra di approvare una stretta sull’immigrazione con il supporto di AfD che per la prima volta, grazie a lui, è risultata determinante in un voto al Bundestag.
Sullo sfondo, ci sono i fatti di Aschaffenburg e Magdeburgo, avvenuti a gennaio e febbraio del 2025. Ad Aschaffenburg un richiedente asilo afgano con problemi psichici ha accoltellato alcune persone in un parco, uccidendo un bambino di due anni e un uomo di 41. A Magdeburgo, invece, un cittadino saudita ha diretto la sua auto verso la folla di un mercatino di Natale, causando sei vittime. Episodi simili riecheggiano quanto già accaduto altre volte negli ultimi anni, a Mannheim, Solingen e otto anni fa a Berlino. Anche lo scorso 13 febbraio, a 10 giorni dal voto, un giovane afgano si è lanciato con la sua auto sulla folla nel centro di Monaco. Nonostante si parli di episodi diversi (l'attentatore di Magdeburgo è uno psichiatra saudita ferocemente anti-Islam), il fatto che gli autori fossero stranieri e spesso richiedenti asilo ha portato la questione migratoria al centro del dibattito elettorale.
Votando un provvedimento anti-immigrazione insieme ad AfD, tuttavia, Merz non ha considerato il peso simbolico del suo gesto. Nonostante la mozione non fosse ancora legalmente vincolante, infatti, Merz ha superato la linea del Brandmauer, lo “spartifuoco” che i partiti tedeschi avevano rispettato fino a quel momento, rifiutandosi di avvicinarsi all’estrema destra.
“Questo è un giorno molto triste per la democrazia”, ha commentato Olaf Scholz, definendo quanto accaduto la rottura di “un tabù” rimasto intatto dalla fine della seconda guerra mondiale. Ne sono seguite polemiche e reazioni internazionali, mentre dal silenzio del suo ritiro politico è riemersa, quasi come una nemesi, l’ex cancelliera e storica rivale di Merz: Angela Merkel.
L’effetto Merkel
Merkel ha infatti definito un errore il voto congiunto del suo partito con AfD, criticando non solo il fatto che Merz abbia contribuito alla prima maggioranza raggiunta in parlamento con i voti dell’estrema destra, ma anche eccependo rilievi giuridici e di merito sul contenuto della proposta, dichiarando che le emergenze vanno fronteggiate “senza manovre tattiche, ma piuttosto con onestà, moderazione nei toni e sulla base del diritto europeo applicabile”.
Contemporaneamente, a Berlino e in molte altre città tedesche migliaia di persone hanno marciato contro l’asse CDU/AFD per lo stesso motivo. Nella capitale erano almeno in 160 mila, secondo la polizia, e in 250 mila secondo gli organizzatori. Non sono mancati cartelli con su scritto “Ascolta la Mutti, Friedrich” o “La Mutti è molto delusa“ [Mutti è un modo affettuoso di dire “mamma” e uno dei soprannomi di Angela Merkel, NdA], ma anche “Se la risposta è AfD, quanto era stupida la domanda?”.
Come se non bastasse l’eterna spina nel fianco rappresentata dall’ex cancelliera, a turbare la pace di Merz è arrivato anche il fuoco amico di Kai Wegner, sindaco di Berlino e leader della CDU nel Land. Wegner si è infatti dissociato apertamente dalla manovra del suo leader federale, promettendo ostruzione al Bundesrat e dichiarando l’intenzione di opporsi a ogni legge che porti AfD “ad assumere responsabilità di governo”.
La batosta della seconda votazione
Forse a causa delle polemiche, delle mobilitazioni o dell’influenza ancora forte di Angela Merkel sulla CDU, il secondo pacchetto di norme di Merz è stato bocciato al Bundestag nonostante il supporto di AfD. A “tradirlo”, a sorpresa, anche 12 franchi tiratori della CDU.
Non gli è bastato dichiarare che la sua intenzione era “correggere la rotta” del suo partito fino a rendere AfD non più necessaria, né garantire pubblicamente che non ci sarà alcuna coalizione di governo con l’estrema destra. Il 31 gennaio la “Legge sulla limitazione degli afflussi” è stata affossata e Merz ne è uscito malconcio.
Le foto di quella giornata faticosissima lo ritraggono visibilmente sudato, preoccupato e stanco, non esattamente l’immagine di un vincitore.
Merz è stato accolto da manifestazioni di protesta in due recenti visite ufficiali a Colonia e Bonn. #FriedrichMerz #Germania Foto: EPA-EFE/CLEMENS BILAN
— Il Mitte (@ilmitte.bsky.social) 6 febbraio 2025 alle ore 07:21
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A peggiorare le cose è arrivato il durissimo giudizio di Alice Weidel, co-leader di AfD insieme a Tino Chrupalla. Weidel ha parlato di “smantellamento” di Merz come candidato cancelliere, aggiungendo un terribile “è partito come una tigre e finito come un tappetino”. A questo si è aggiunto il sarcasmo di Chrupalla, che ha esortato la CDU a chiedersi chi sia il vero candidato cancelliere: “Friedrich Merz o ancora la signora Merkel?”.
Resta da vedere quanto la mossa azzardata di Merz si rivelerà efficace e quale sarà il suo impatto nel momento del voto. Alle urne prevarrà la parte più estremista dell’Unione dei cristiano-democratici, quella che in passato ha votato AfD per protesta, oppure la corrente più moderata, che potrebbe far pagare al partito l’avvicinamento all’ultradestra?
AfD secondo partito e con l’endorsement di Elon Musk
Alternativa per la Germania, per il momento, può permettersi di fare la parte del leone. Dal suo ingresso in parlamento, nel 2017, ha visto crescere i consensi fino ad arrivare a essere oggi il secondo partito, con quasi il 21%. Cavalcando il dibattito sull’immigrazione e definendo polemicamente le vittime degli attentati “morti da Brandmauer”, promette una svolta restrittiva con i toni e la sicurezza di chi sa che non avrà responsabilità di governo a breve termine.
A Karlsruhe, il concetto è stato ribadito depositando nelle cassette delle lettere volantini a forma di biglietto aereo indirizzato a ipotetici “immigrati illegali”, con la dicitura “biglietto di espulsione” e il giorno delle elezioni come data di partenza. A livello federale AfD ha preso le distanze dall'iniziativa, ma dal palco del congresso del partito in Sassonia Alice Weidel ha usato per la prima volta il termine “remigrazione”, dicendo dal palco: “Se remigrazione si deve chiamare, allora chiamiamola così”.
Questo termine, coniato dall’esponente dell’estrema destra austriaca Martin Sellner, indica l’espulsione di massa degli immigrati “non integrati” ed era stato a lungo evitato, per le sue implicazioni problematiche, anche all’interno della stessa AfD. Evidentemente, però. Alternativa per la Germania ritiene di non dover più usare questa cautela linguistica. Ha guadagnato forza, credito e non mancano neanche potenti alleati d’oltreoceano.
Oltre al recente sostegno del vicepresidente degli Stati Uniti, infatti, negli ultimi mesi AfD ha potuto contare anche sul robusto endorsement di Elon Musk. A gennaio, Musk ha partecipato in videocollegamento al lancio della campagna elettorale di AfD, incitando all’orgoglio tedesco e a lottare per un “grande futuro della Germania”, tra le ovazioni di circa 4.500 presenti. Il multimiliardario ha poi aggiunto che la Germania si “concentra troppo sulle colpe del passato” e che dovrebbe lasciarsele alle spalle. “I bambini non dovrebbero essere colpevoli per i peccati dei loro bisnonni”, ha aggiunto con palese riferimento al terzo Reich e all’Olocausto. Queste frasi, arrivate alla vigilia del Giorno della Memoria, hanno ricevuto una replica illustre: quella del presidente della Repubblica Federale, Frank-Walter Steinmeier. In visita ad Auschwitz in occasione dell’80° anniversario della sua liberazione, Steinmeier ha dichiarato che quanto accaduto ad Auschwitz-Birkenau e altri lager nazisti “fa parte della nostra storia e quindi anche della nostra identità, con cui dobbiamo fare i conti”. Ha inoltre ribadito che la responsabilità per quanto commesso non ha scadenza.
In realtà, da tempo Musk interviene nella politica tedesca come supporter dell’estrema destra, sia sulla sua piattaforma X, dove è arrivato persino a insultare il cancelliere Olaf Scholz chiamandolo “Oaf Schitz" [un gioco di parole per dire "povero pazzo", NdA] e “sciocco incompetente”, sia in modo più mirato, come quando ha scritto un articolo per il Welt am Sonntag definendo AfD come “l’ultima scintilla di speranza per la Germania”. Dal canto suo, Scholz ha liquidato gli attacchi personali come poco importanti, ma ha definito “davvero disgustoso” l’appoggio di Musk alla destra in Europa e si è detto “molto arrabbiato” per il modo in cui il magnate del tech si è riferito a quanto commesso dai tedeschi ai danni di milioni di ebrei in Europa. “Giù le mani dalla nostra democrazia, Mr. Musk”, ha invece dichiarato il candidato cancelliere dei Verdi, Robert Habeck in un’intervista allo Spiegel, sottolineando quanto pericolosa sia la combinazione tra le enormi ricchezze e risorse di Elon Musk e la sua deliberata volontà di ignorare le regole.
Linke e BSW: il rosso e il rossobruno
A questo scenario si aggiunge un’altra variabile interessante: il BSW (che sta per Bündnis Sahra Wagenknecht, Alleanza Sahra Wagenknecht). Nata da una costola della Linke, il BSW ha cercato di ritagliarsi uno spazio tra i vecchi elettori della sinistra, da cui proviene per “filiazione diretta” con la linea socialista in economia e punta a recuperare il rapporto con Putin e il suo gas a basso costo. Allo stesso tempo, però, sta erodendo anche parte dell’elettorato di Alternativa per la Germania grazie a un approccio securitario alle politiche migratorie.
Già da tempo, infatti, Wagenknecht si rivolge a quegli elettori di AfD che definisce “non di destra”, ma solo stanchi di non essere ascoltati dai partiti tradizionali, proponendosi quindi come un’alternativa “rispettabile”. Per questo l’ex Linke, un tempo nota come “Sahra la rossa”, è ormai spesso definita “Sahra la rossobruna”, occupando uno spazio in cui si incontrano poli opposti dello spettro politico. Questa sua trasversalità si è manifestata già ai tempi del Covid-19 e delle proteste sulle misure di contenimento della pandemia e si è consolidata dopo l’inizio della guerra in Ucraina.
Quando era ancora nella Linke, a febbraio del 2023, Wagenknecht aveva ad esempio ideato con Alice Schwarzer un “Manifesto per la pace”, per chiedere al cancelliere Scholz di sospendere le forniture belliche a Kyiv. L’appello aveva ricevuto 700 mila firme, ma era stato sottoscritto anche dal co-leader di AfD, Tino Chrupalla. Alcuni membri di AfD, incluso il leader del partito in Sassonia, Jörg Urban, avevano inoltre partecipato alla manifestazione collegata alla petizione, organizzata da Wagenknecth a Berlino.
Pochi giorni dopo Björn Höcke (AfD) l’aveva invitata platealmente a unire le forze. “Nel nostro partito Sahra Wagenknecht potrebbe far passare le sue idee di pace” aveva dichiarato. Già leader dell’“Ala”, fazione estremista interna ad AfD ufficialmente sciolta nel 2020, Höcke è leader del partito in Turingia, Land in cui AfD è classificato come un partito di estrema destra dall’Ufficio per la Protezione della Costituzione. Nel 2023 e nel 2024 è stato inoltre processato per aver usato uno slogan nazista durante un discorso pubblico. Parliamo di “Alles für Deutschland”, cioè “Tutto per la Germania”, un tempo motto delle SA, le famigerate squadre d’assalto note anche come camicie brune.
Tornando al presente e al BSW, la volontà strategica di non scontentare nessuno è emersa anche nel comportamento di Wagenknecht di fronte alla prima mozione anti-immigrazione presentata da Merz e approvata con i voti di AfD. I membri del BSW, infatti, si sono tutti astenuti. Forse perché appoggiarla avrebbe alienato l’elettorato di sinistra, mentre respingerla avrebbe deluso quello di destra?
Anche non prendere posizione, però, finisce per scontentare qualcuno e in Baviera sei membri del BSW si sono dimessi lamentando uno spostamento a destra sul tema dell’immigrazione. Al momento, la creatura di Wagenknecht è al 5%. Continuerà ad attirare voti da più lati o farà la fine del pipistrello della favola, che sposa due fazioni nella guerra tra uccelli e topi e alla fine non convince nessuno?
L’improvvisa rimonta della Linke
Anche la Linke sembra attestarsi intorno al 5%, proprio sulla soglia di sbarramento. Soprattutto, però, ha recentemente riguadagnato terreno con uno scatto sorprendente. Si ritiene che questa rimonta si leghi all’indignazione per il tabù infranto del Brandmauer ma anche, in parte, all’appassionato discorso contro Friedrich Merz tenuto al Bundestag dalla giovane deputata Heidi Reichinnek.
Un breve video dell’intervento ha registrato milioni di visualizzazioni solo sul canale personale di quella che è ormai considerata la “TikTok star” della sinistra, mentre il partito ha segnato il suo record di iscritti con 81200 membri: il numero più alto dalla sua fondazione.
Scholz e l’SPD: riguadagnare terreno sotto pressione
Bersaglio preferito delle critiche al governo e simbolo di un esecutivo percepito come fallimentare, Olaf Scholz ha deciso di riproporsi come candidato cancelliere dell’SPD nonostante il suo credito personale sia ai minimi storici. Scelta peraltro contestata da chi gli avrebbe preferito il popolarissimo ministro della difesa, Boris Pistorius, che dopo mesi di ipotesi ha deciso di rinunciare per non danneggiare il partito.
Scholz procede però con stoicismo, sapendo di vivere in un paese in cui la politica è spesso imprevedibile e forse consapevole di poter rappresentare un’eventuale “correzione socialdemocratica” in una coalizione a due con la CDU.
Con il partito attestato quasi al 16%, il cancelliere uscente continua a ribadire i temi dell’aumento del salario minimo a 15 euro, dell’incremento della pressione fiscale sui redditi più alti e soprattutto insiste sulla necessità di una riforma del freno al debito, che è stato uno dei motivi della frattura con l’ex partner Lindner.
Tuttavia, Scholz manifesta un approccio simile a quello del rivale Merz in tema di immigrazione e nel tradizionale “duello televisivo” tra candidati cancellieri si è vantato del fatto che la Germania non abbia mai avuto, in materia, leggi severe come quelle introdotte dal suo governo. In bilico tra identità socialdemocratica e necessità di ridefinire i programmi in base ai “trending topic” della politica tedesca del momento, Olaf Scholz naviga a vista verso la prova finale.
I possibili scenari di governo
Al di là delle dichiarazioni di principio e del clima internazionale senza precedenti, dopo le elezioni dovrà formarsi il governo e si porrà inevitabilmente il problema delle alleanze. Molti ipotizzano una Grande Coalizione(Große Koalition) tra CDU ed SPD, ma non può escludersi un’alleanza ampia tra CDU, SPD e Verdi, al momento sopra il 13%. Linke e BSW potrebbero inoltre entrare in parlamento e c’è la possibilità, almeno teorica, che anche l’FDP possa tornare in gioco.
In un campo minato di instabilità e ostilità incrociate, queste entità politiche dovranno trovare il modo di collaborare. Il paese è in recessione per il secondo anno consecutivo, attraversa una crisi della produzione industriale e dell’export, arranca sulla transizione digitale e vive una congiuntura nazionale delicata in una fase geopolitica difficilissima, tra le ingerenze politiche e le minacce dell’uso strumentale dei dazi da parte dell’America di Donald Trump e la necessità di ribadire l’indipendenza europea. Senza contare la situazione mediorientale, la questione ucraina e l’emergenza climatica.
L’unica cosa certa è che il nuovo esecutivo dovrà funzionare presto e bene o la Germania rischia conseguenze ancora più pesanti di quelle che ha subito negli ultimi cinque anni. Le incognite sono troppe, gli equilibri sono cambiati e così i venti internazionali: non si può più vivere di rendita.
(Immagine in anteprima: via FMT)
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