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In diretta dall’Egitto: il Presidente Morsi ha sbagliato, ma la violenza non è la soluzione

7 Dicembre 2012 3 min lettura

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In diretta dall’Egitto: il Presidente Morsi ha sbagliato, ma la violenza non è la soluzione

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Il bilancio degli scontri di mercoledì è di sette morti e settecento feriti. Uno dei ragazzi rimasti uccisi apparteneva al Gruppo del 6 aprile ed è morto con un colpo di pallottola al petto.
Feriti, anche da arma da fuoco, e vittime appartengono ad entrambe le "fazioni", pro e contro Morsi.
Ottanta persone sono state arrestate per possesso di armi da fuoco ed armi bianche.

Nella giornata di ieri, tre consiglieri presidenziali si sono dimessi e, con loro, il vice presidente del partito Libertà e Giustizia dei Fratelli (non) Musulmani.

Sono certa che se i sostenitori dei Fratelli (non) Musulmani non fossero scesi a "protezione" del palazzo presidenziale non sarebbe accaduto nulla di tutto questo.
Il fatto sconcertante è che si sentano in dovere di proteggere Morsi e il palazzo, o forse quello che entrambi rappresentano, ed è davvero inquietante.

Sono dovute intervenire le guardie repubblicane per calmare gli animi e due carri armati sono stati messi davanti alla struttura.
Morsi ha indetto un coprifuoco nella zona adiacente al palazzo che è partito dalle ore 15 egiziane di ieri.

I manifestanti pro Morsi si sono ritirati mentre quelli contro Morsi sono rimasti in zona.

La giornata d'attesa di un discorso del Presidente che cambiasse le cose è risultata vana.

Il discorso di Morsi è durato una ventina di minuti durante i quali ha condannato i fatti avvenuti mercoledì, addebitando la colpa delle violenze ad una "terza parte" che ha usato armi da fuoco e armi bianche, e assicurando che saranno presi i colpevoli delle violenze e delle morti.

Ha detto che la democrazia è accettazione dell'opinione della maggioranza, che lui rispetta l'opinione del Popolo e che insieme bisogna pensare al paese.

Ha poi cancellato l'articolo 6 della Carta Costituzionale dei super poteri, l'articolo che rendeva ogni sua decisione indiscutibile, e ha dato appuntamento sabato alle 12.30, al palazzo presidenziale, a tutte le forze politiche e ai rappresentanti della chiesa copta, per discutere della Costituzione.

Ha detto loro di essere aperto ad un dialogo e di voler discutere degli articoli che vogliono modificare così da presentare al parlamento - quando sarà eletto - la richiesta. Secondo la nuova Costituzione per la revisione e modifica di un articolo basta l'assenso di un quinto del parlamento e non tre quarti come nella vecchia.

La data del referendum rimane comunque invariata.

A fine discorso, i manifestanti hanno puntato le scarpe verso gli schermi e molte sedi dei Fratelli (non) Musulmani sono state prese d'assalto ed incendiate.
La sede principale del Moqattam è stata presa a sassate e molotov e dall'interno hanno risposto con altrettante molotov.

La casa di Morsi, a Zagazig, è stata presa a sassate e molotov e nella sede dei Fratelli (non) Musulmani, vicino casa mia, sono state lanciate due molotov. Fortunatamente l'incendio è stato domato in tempo.

Sono davvero sconcertata e dispiaciuta per tutti questi atti di vandalismo che si stanno verificando e che mettono i vandali e Morsi allo stesso identico livello.

Se l'incendio nella sede qui accanto non fosse stato domato cosa sarebbe successo alle famiglie che abitano nel palazzo dove si trovano gli uffici?

E lo stesso vale per tutte le sedi nel resto del paese: a che pro bruciare e fare violenza? Perché mettere a repentaglio altre vite innocenti solo per ideologia politica? Che risultati si spera di ottenere?

Mi sconvolge ancora di più il sostegno della rete verso questi atti vandalici, come se la violenza fosse la soluzione, come se la democrazia si costruisse con il sangue e la morte di gente che dorme tranquilla nel proprio letto.

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Non siamo in guerra, qui si sta fraintendendo tutto.

Morsi ha sbagliato alla grande. Doveva cancellare tutta la Carta Costituzionale e rimandare il referendum.
Solo così, forse, qualcosa si sarebbe placato.

Ma, nonostante questo, la violenza non è una giustificazione.

Jasmine Isam
Jasmine Isam è nata a Roma da padre egiziano e madre italiana. Dal 1997 vive al Cairo con il marito archeologo col quale gestisce un’agenzia di viaggi. Mamma di due bambini sostiene la Rivoluzione alla quale partecipa in piazza e attraverso un suo blog che stiamo ospitando.

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