Educazione sessuale a scuola: come funziona in Europa e perché in Italia è tabù
10 min letturadi Angelo Romano e Andrea Zitelli
«È a scuola che si diventa cittadini del futuro». Michela Marzano, filosofa nell’ambito morale e politico, spiega così l’importanza dell’educazione sessuale a scuola. «Bisogna dare ai bambini degli strumenti per costruirsi, per affrontare le difficoltà della vita – spiega Marzano intervistata nella puntata di Presa Diretta, programma giornalistico di Riccardo Iacona, dedicata al “Tabù del sesso” in Italia e dalla Rai spostata per l’occasione in seconda serata. Decisione criticata da più parti (La Rai ha bloccato anche la messa in onda della replica prevista come di consueto il sabato pomeriggio, sostituendola con un film Disney) –. Questo è il compito della scuola. D’altra parte la pratica sessuale appartiene alla sfera privata. Per quanto riguarda invece il rispetto dell’orientamento sessuale è un discorso pubblico». Per questo, conclude la filosofa, «noi dobbiamo insegnare il rispetto di ciò che siamo nonostante le nostre differenze».
Ma l’importanza di un tale insegnamento tocca altre questioni molto serie per la salute. Si legge infatti nel rapporto “Policies for Sexuality Education in the European Union” (2013) pubblicato dal Dipartimento Direzione generale per le politiche interne del Parlamento Ue che «gli esperti hanno affermato in numerosi studi e rapporti che un’educazione sessuale insufficiente porta ad un aumento del tasso di gravidanze in età adolescenziale e a una maggiore quantità di persone che soffrono di AIDS e malattie sessualmente trasmissibili». Per questo motivo «l'educazione sessuale dei giovani deve essere considerata come uno strumento appropriato per prevenire questi effetti negativi».
Il rapporto disegna anche una mappa di come gli Stati europei si orientano rispetto all’insegnamento dell’educazione sessuale che varia da paese a paese: «nella maggior parte dei Stati membri dell’Unione europea questa materia è obbligatoria (in Germania dal 1968, in Danimarca, Finlandia e Austria dal 1970, in Francia dal 1998)». Fanno eccezione 7 paesi su 24 analizzati: Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Romania Regno Unito (ma nel febbraio del 2015 i parlamentari inglesi hanno chiesto che l'educazione sessuale divenga obbligatoria nella scuola primaria e secondaria) e Italia. Aggiunge comunque il rapporto che i problemi si registrano anche negli Stati dove l’insegnamento è obbligatorio perché «la qualità dell’insegnamento e l’assimilazione da parte degli alunni è a volte limitato. Molti giovani europei non sembrano essere informati sulle questioni fondamentali di educazione sessuale, specialmente sui temi della salute e dei diritti riguardo il sesso e la riproduzione».
Quali sono gli impatti dell’educazione sessuale
Sono pochi i giovani che nel mondo ricevono una preparazione adeguata riguardo la loro vita sessuale. Questo fa sì, si legge nel rapporto dell’Unesco “International Technical Guidance on Sexuality Education” del 2009, che siano potenzialmente vulnerabili a forme di sfruttamento, coercizione e abuso, che si verifichino gravidanze non volute e infezioni trasmesse per via sessuale. Molti giovani si avvicinano all’età adulta avendo a che fare con messaggi contraddittori e confusi sulla sessualità e sui rapporti tra i generi. Imbarazzo, silenzio e disapprovazione, si legge ancora nel rapporto, non aiutano a discutere in maniera aperta di sessualità da parte degli adulti, inclusi i genitori e i docenti, proprio in quelle fasi della crescita personale in cui sarebbe necessario farlo.
Parlare di questi temi in famiglia è in alcuni casi lasciato in una dimensione tacita, tra detto e non detto, un sapere trasmesso per via informale, su base volontaria, a partire dalle esperienze personali di coetanei o genitori o tramite informazioni acquisite dai media, senza un’adeguata preparazione alle spalle. Invece, secondo il report dell'Unesco, c’è urgente bisogno di fare educazione sessuale, soprattutto tra i giovani dai 15 ai 24 anni. Il 60% delle persone in questa fascia d’età, ad esempio, non è in grado di identificare in che modo si può prevenire la trasmissione del virus HIV.
Nei mesi scorsi l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato un resoconto sugli impatti dell’educazione sessuale rispetto all’incidenza di gravidanze indesiderate, di malattie trasmesse sessualmente, di episodi di abusi sessuali e di discriminazioni basate sull’orientamento sessuale.
Siccome le convenzioni sociali e le discriminazioni di genere hanno una grossa influenza sull’espressione della sessualità e dei comportamenti sessuali, una buona qualità dell’educazione sessuale «può avere un impatto positivo sulle attitudini e sui valori condivisi, sulla dinamiche delle relazioni personali, contribuendo così alla prevenzione di abusi e al rafforzamento di relazioni consensuali e reciprocamente rispettose del partner».
L’educazione sessuale è importante perché riguarda la persona nella sua totalità e tiene insieme gli aspetti fisici, cognitivi, emozionali, sociali e interattivi della sessualità. Non incoraggia i bimbi e i giovani a fare sesso, ma supporta il loro sviluppo sessuale e dà gli strumenti per conoscere i principi della riproduzione umana e per esplorare le emozioni e i sentimenti, le relazioni interpersonali e familiari.
In particolare, i programmi di educazione sessuale hanno obiettivi specifici e altri a più ampio raggio. Nell’immediato, puntano a ritardare l’età del primo rapporto sessuale, ridurre la frequenza di attività non protette, incrementare l’uso di precauzioni per evitare gravidanze non volute e malattie trasmesse per via sessualmente. Nella lunga durata, l’obiettivo è riconoscere e smontare gli stereotipi alla base delle discriminazioni di genere e quelli legati all’orientamento sessuale, ad acquisire una maggiore consapevolezza dei diritti umani e dell’uguaglianza di genere, ad avere rispetto ed empatia verso gli altri, a comunicare con i propri genitori e gli adulti, a maturare un pensiero critico e a costruire relazioni basate sul rispetto reciproco.
– Diminuiscono i rapporti non protetti
Uno dei primi effetti è l’aumento dell’uso di contraccettivi al primo rapporto sessuale, che in tutta Europa avviene intorno ai 15 anni. Questo significa una maggiore protezione dal rischio di contrarre l’HIV, il papilloma virus o altre malattie trasmissibili per via sessuale. In particolare, nelle ultime tre decadi, la Germania è uno dei i paesi che ha visto il più significativo incremento di ricorso di anti-concezionali: poco più del 90%, rispetto all’80% per le donne e il 71% per i ragazzi nel 1980. Percentuali simili sono state registrate in Olanda. È questo, scrive l'OMS, il risultato di una educazione sessuale di qualità nelle scuole, di campagne nazionali sul sesso sicuro, di un buon accesso a metodi contraccettivi sicuri e affidabili, di un intero ambiente a supporto dei giovani.
– Calano le malattie trasmesse per via sessuale, incluso l’HIV
L’Estonia è uno dei paesi dove i programmi di educazione sessuale hanno avuto maggior impatto rispetto alle percentuali di trasmissione di malattie sessualmente trasmesse. Come mostrato da uno studio a cura di Murd e Trummal, si è registrato un drastico declino nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni.
– Meno gravidanze inattese in età adolescenziale
Altro effetto dell’uso dei contraccettivi e di una buona educazione alla sessualità è la diminuzione delle gravidanze inattese in età adolescenziale, documenta l'OMS. Emblematico è il caso della Finlandia. La percentuale di gravidanze e aborti ha conosciuto delle oscillazioni in concomitanza con i periodi in cui l’educazione sessuale era obbligatoria nelle scuole. Secondo i dati mostrati nel documento, si è registrato un calo delle gravidanze negli anni Novanta, un incremento di nascite e aborti tra il 1998 e il 2006 (periodi in cui sono diminuiti i finanziamenti ai programmi di educazione sessuale) e un nuovo decremento dal 2006 in poi, quando lo stato è tornato a investire.
L’educazione sessuale nelle scuole è efficace se non resta un’esperienza isolata
I dati del resoconto dell'OMS confermano quanto rilevato su più ampia scala dal rapporto Unesco, citato sopra, che ha valutato l’impatto di 87 programmi (29 in paesi in via di sviluppo, 47 negli Stati Uniti, 11 in alcuni paesi definiti nel rapporto “sviluppati”) di educazione sessuale nel mondo.
Presi nell’insieme i dati dicono che più di un terzo dei programmi riesce a ritardare l’età del primo rapporto sessuale, a far diminuire la frequenza e il numero di rapporti con partner diversi. In 4 casi su 10, inoltre, è stato incentivato l’uso di anti-concezionali. Questo si traduce in una maggiore prevenzione di rapporti sessuali a rischio: più della metà dei 30 programmi dedicati a questo, è riuscita a raggiungere l’obiettivo prefissato.
Tuttavia l’educazione sessuale nelle scuole è tanto più efficace quanto più è accompagnata da campagne informative e di sostegno da parte dei governi nazionali. Non è una materia tecnica e necessita del coinvolgimento di tutti i soggetti: bambini, adolescenti, familiari, docenti, dirigenti scolastici, rappresentanti delle istituzioni, associazioni. Ed è questo, scrive l’Unesco, il gap da ridurre.
E in Italia?
Da questo punto di vista, l’Italia è uno degli esempi più chiari di come sia un intero ambiente (culturale, politico, religioso) a indebolire ogni tentativo di introduzione per legge dell’educazione sessuale nelle scuole (a parte singoli progetti, che ogni realtà locale può decidere di adottare o meno). Il rapporto “Sexual Education in Europe” mostra come in Italia sia sempre stata forte l’opposizione alla sua introduzione da parte della chiesa cattolica e di alcuni gruppi politici.
Nel 1991, un progetto di legge che voleva inserire l’insegnamento facoltativo di educazione alla sessualità all’interno dei programmi ministeriali di biologia non ha avuto alcuno sbocco. Sempre in quegli anni, ricostruisce Marco Pasciuti sul ilfattoquotidiano.it, “Come ti frego il virus”, un libro a fumetti, commissionato a Silver (il creatore di Lupo Alberto) dal ministero della Sanità, per spiegare agli alunni delle scuole medie e superiori come evitare l’Aids attraverso l’uso dei preservativi, venne bloccato subito dopo essere andato in stampa dall’allora ministro dell’Istruzione Misasi e sostituito da un libretto dal titolo evocativo “Non ho l’età”.
Negli ultimi trent’anni diverse proposte di legge sono state bocciate. Nel 1995 ci ha provato il Pds, nel 1996 Alberta De Simone (Sinistra Democratica) e Nichi Vendola, nel 1999 il leghista Rodeghiero, nel 2007 è stato il turno di Franco Grillini. Nel 2013, l’onorevole Celeste Costantino di SeL, ha presentato una proposta di legge, che punta a introdurre l’educazione sentimentale nelle scuole. Del novembre scorso, infine, è la proposta di legge presentata dalla deputata di Forza Italia, Giuseppina Castiello. Obiettivo del testo, assegnato alla commissione Cultura della Camera, è «educare i giovani alla complementarità tra uomo e donna e alla valorizzazione di un rapporto umano e rispettoso tra i sessi».
Nel 2011, in un discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, papa Benedetto XVI definiva l’educazione «sessuale o civile una minaccia alla libertà religiosa delle famiglie». Nel 2013, la deputata cattolica di Scelta Civica, Paola Binetti, ha presentato un’interrogazione parlamentare sul report del 2010 dell’Oms “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa”, definendo il testo un «manuale di corruzione di minori». Interpretazione, questa, ampiamente smentita.
Nell’ultimo anno e mezzo, ha avuto grande eco nell'opinione pubblica il pericolo che secondo alcuni avrebbe comportato l'educazione di genere nella scuola pubblica italiana. Diversi consigli comunali e regionali hanno presentato atti di indirizzo e mozioni per contrastare infatti la cosiddetta "teoria gender". A ottobre 2015, come riporta Loredana Lipperini, è nato l’Osservatorio Nazionale sull'educazione affettiva e sessuale, «che si autodichiara "in proficuo dialogo" con il ministero dell'Istruzione, per tutelare i figli dal gender». Lo scorso giugno a Roma è stato organizzato un "Family day" anche per «fermare la colonizzazione ideologica della teoria Gender nelle scuole».
Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnano, ha messo all’indice diversi libri che parlano di “gender, o di genitore 1 e genitore 2” e Michela Marzano, si è vista negare la presentazione del suo saggio “Papà mamma e gender”, che – scrivevamo in un post sull’inesistenza di “teorie gender” e “pericolo gender” – «prova a dissipare la nebbia che offusca gli anti-gender».
Di conseguenza, scrive Francesca Sironi sull'Espresso, affrontare ad esempio il problema omofobia all'interno degli istituti scolastici diventa estremamente difficile per gli insegnanti, visto anche la mancanza di testi a cui far riferimento, «perché ogni solida iniziativa avanzata per informare, discutere, problematizzare gli schemi che vogliono i maschi machi e le ragazze narcise, rischia di finire immancabilmente, da almeno due anni, fra gli strali delle crociate "Anti-ideologia-del-gender"».
L'assenza di un'educazione sessuale e di un serio dibattito pubblico hanno però impatti culturali, sanitari e sociali sulla vita quotidiana del paese. Secondo un’indagine della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, presentata al congresso dei ginecologi, il 37% delle donne italiane vuole maggiori informazioni su benessere e salute sessuale e oltre il 20% delle giovani tra i 20 e i 30 anni ha appreso su Internet informazioni false, o parzialmente esatte, sulla sessualità. Inoltre, Scrive Sandro Iannaccone su Wired:
Un’indagine dell’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza, condotta nel 2013 su 1.400 giovani di sette scuole diverse, ha svelato in particolare che il 19% degli adolescenti ha rapporti sessuali prima dei 14 anni, una cifra quasi raddoppiata rispetto alle stime dell’anno precedente: il problema è che il 73% dei ragazzi non conosce le principali malattie a trasmissione sessuale (Mts) e il 33% pensa che la loro incidenza sia trascurabile.
Marco Rossi, Presidente dell'Associazione Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale, commenta così a Vice Italia questa situazione: «I ragazzi hanno informazioni sulla sessualità che derivano prevalentemente dai propri coetanei, e che i loro coetanei prendono da internet, senza gli strumenti per discernere il falso dal vero». Una realtà critica che, spiega Rossi, deriva dal fatto che in Italia «non si fa educazione sessuale, che principalmente dovrebbe essere svolta nelle scuole, perché si vuole ancora evitare di affrontare questo tema».
Le conseguenze si ripercuotono anche sulla salute delle persone. Un recente studio a cura dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), del centro studi IMS Health, di Nielsen Italia e Kondom.it, pubblicato su Repubblica Salute ha mostrato come in Italia non stiano calando le malattie trasmesse sessualmente.
Nel 2014 sono state registrate 3.695 nuove diagnosi di Aids, per l'84% attribuibili a rapporti sessuali non protetti. Più di 5.000 i casi di infezioni da clamidia, sifilide o gonorrea, aumentati del 31% dal 2005 al 2013, soprattutto tra gli adolescenti. Nel 46% dei casi degli uomini, e del 48% delle donne, le persone che ha contratto le infezioni hanno ammesso di non aver usato contraccettivi. Solo l’8,8% aveva indossato il profilattico sempre.
In Francia, si legge ancora nell'articolo, «l'ex ministro all'Istruzione Vincent Peillon aveva proposto di mettere distributori nelle hall dei licei perché non bastava fossero già regalati nelle infermerie scolastiche. Da noi? "Abbiamo chiesto diversi appuntamenti con il ministero – racconta Paolo Scollo, presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia – ma non ci ha mai ricevuti. L'educazione sessuale è un tema che scandalizza e divide. Ancora"».