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Ecuador, migliaia di cittadini protestano contro le misure governative di austerità

10 Ottobre 2019 3 min lettura

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Ecuador, migliaia di cittadini protestano contro le misure governative di austerità

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Ecuador, annunciato il ritiro del decreto che aveva scatenato le protese

Aggiornamento 14 ottobre 2019: Dopo circa due settimane di manifestazioni e scontri in Ecuador, il governo ha accettato di ripristinare i sussidi per il carburante la cui revoca aveva dato il via alle proteste nel paese. L'accordo è stato raggiunto insieme ai leader indigeni, ha comunicato l'ONU che insieme alla Conferenza episcopale ecuadoriana ha favorito l'incontro tra le parti.

In una dichiarazione congiunta si afferma così che "con questo accordo le mobilitazioni in tutto l'Ecuador sono terminate" e si promette un impegno per "ripristinare la pace nel Paese". Viene ora istituita una commissione, composta da movimenti indigeni e dal governo nazionale, con la mediazione dell'(ONU) e della Conferenza episcopale ecuadoriana", per elaborare un nuovo decreto in materia di politica economica, scrive il quotidiano El Telégrafo.

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Manifestazioni anti-governative continuano ad occupare le strade in Ecuador. Dallo scorso 3 ottobre, migliaia di manifestanti stanno protestando contro Lenín Moreno, presidente del paese dal 2017, e l'approvazione di un pacchetto di misure di austerità, tra cui la revoca dei sussidi per il carburante, in vigore da quarant’anni, che ha già portato all’aumento del prezzo di benzina e diesel. In diverse zone delle città si sono verificati anche violenti scontri tra gruppi di manifestanti e la polizia in tenuta antisommossa.

Le revoca di questi sussidi è parte di un accordo per un prestito di 4,2 miliardi di dollari raggiunto lo scorso anno dall’Ecuador con il Fondo monetario internazionale (FMI), come rilancio per l’economia del paese. Secondo fonti governative il taglio di questi sussidi farebbe risparmiare allo Stato circa 1,3 miliardi di dollari all’anno. Moreno ha dichiarato di sperare nel dialogo per porre fine alle proteste, promettendo misure per compensare gli aumenti dei prezzi, tra cui benefici sociali extra per i poveri e crediti per gli agricoltori. Sindacati e federazioni indigene hanno dichiarato che scioperi e manifestazioni non si fermeranno fino a quando il governo non abrogherà il decreto che elimina i sussidi per il carburante, scrive da Quito, capitale del paese, Dan Collyns sul Guardian.

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Il presidente ha dichiarato un stato di emergenza di 60 giorni, imposto un coprifuoco in alcune aree della capitale e spostato la sede del governo da Quito a Guayaquil, dove il 9 ottobre, migliaia di cittadini – con abiti bianchi e bandiere dello stesso colore – hanno marciato a sostegno di Moreno e per condannare le violenze di strada e chiederne la fine, scrive Reuters. Secondo quanto riferito da María Paula Romo, ministro dell’Interno, da quando sono iniziate le manifestazioni, sono state arrestate circa 700 persone, con 360 civili e 86 poliziotti feriti finora nei disordini. Oswaldo Jarrín, ministro della difesa dell'Ecuador, ha affermato che l’esercito ha agito per cercare di "ripristinare, ordinare, pace e tranquillità" nel paese. Erika Guevara-Rosas, direttrice delle Americhe di Amnesty International ha però invitato il governo a porre fine alla “repressione violenta delle manifestazioni, comprese le detenzioni di massa": “Lo stato di emergenza non può essere una scusa per reprimere violentemente il malcontento delle persone causato dalle misure economiche che potrebbero mettere a rischio i loro diritti".

Da parte del presidente sono arrivate accuse ai suoi oppositori politici di aver orchestrato un tentativo di colpo di Stato. Secondo Moreno, alleati dell’ex presidente Rafael Correa si sarebbero infiltrati nelle proteste e provocato disordini. A sua volte Correa – che vive in Belgio ed è soggetto a un mandato di arresto emesso lo scorso anno in Ecuador per presunta corruzione – ha respinto queste accuse e ha chiesto a Moreno di dimettersi per indire nuove elezioni.

Foto in anteprima via Ansa

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