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Perché il vice presidente del Copasir Donzelli e il sottosegretario alla Giustizia Delmastro dovrebbero dimettersi

1 Febbraio 2023 11 min lettura

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Perché il vice presidente del Copasir Donzelli e il sottosegretario alla Giustizia Delmastro dovrebbero dimettersi

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Il sottosegretario alla Giustizia Delmastro delle Vedove rinviato a giudizio per il caso Cospito

Aggiornamento 29 novembre 2023: Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, è stato rinviato a giudizio dal Gup di Roma nell'ambito del procedimento che lo vede accusato di rivelazione del segreto d'ufficio in relazione alla vicenda dell'anarchico Alfredo Cospito. Il processo inizierà il prossimo 12 marzo.

Il Partito Democratico ha chiesto la calendarizzazione della mozione di sfiducia nei confronti del sottosegretario alla Giustizia, Delmastro delle Vedove. "Il giudice nei suoi provvedimenti ha rilevato chiaramente il fatto che i parlamentari PD Lai, Serracchiani, Orlando e Verini - dopo la visita al carcere di Sassari - sono stati diffamati in aula e, rinviando a giudizio il sottosegretario Delmastro Delle Vedove, ha confermato che i materiali trasmessi dallo stesso a Donzelli sarebbero serviti per l'intervento di quest'ultimo in aula. Al di là dell'aspetto giudiziario - che con il rinvio a giudizio di Delmastro Delle Vedove farà il suo corso - si conferma da parte dei due esponenti FdI - un modo di concepire e praticare le responsabilità istituzionali e i rapporti politici del tutto estraneo al senso dello Stato e ai principi di correttezza", hanno commentato i quattro parlamentari.

"La difesa di Nordio, basata su motivazioni politiche e non nel rispetto delle norme - prosegue - è gravissima. Per questo, torno a chiedere a Nordio chi gli abbia chiesto di difendere Delmastro, quando la violazione del segreto amministrativo era evidente", ha aggiunto il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli.

Caso Cospito, GIP di Roma dispone imputazione coatta per il sottosegretario alla Giustizia, Delmastro delle Vedove

Aggiornamento 6 luglio 2023: La giudice per le indagini (GIP) di Roma ha ordinato l’imputazione coatta per il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro delle Vedove, deputato di Fratelli d’Italia, indagato per rivelazione di segreto d’ufficio.

L’indagine era stata avviata a febbraio dopo un esposto presentato dal deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli, in relazione all'intervento del deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir, Giovanni Donzelli, sulla vicenda Cospito.

Durante la discussione sulla proposta di legge per l’istituzione della Commissione parlamentare antimafia, Donzelli era intervenuto per commentare il caso di Alfredo Cospito, l’anarchico in sciopero della fame contro il regime del 41-bis (il cosiddetto “carcere duro”). Secondo Donzelli, Cospito sarebbe stato un «influencer» che la mafia stava utilizzando ​​«per far cedere lo Stato sul 41-bis» e far rimuovere il “carcere duro”.

A sostegno delle sue affermazioni, Donzelli aveva letto alcune intercettazioni inedite tra Cospito e alcuni mafiosi detenuti al 41 bis. Per il ruolo ricoperto, Donzelli non poteva essere a conoscenza delle conversazioni tra carcerati sottoposti al 41-bis, il cosiddetto carcere duro, sottoposte a rigidi protocolli di segretezza. Quelle informazioni erano state girate a Donzelli dal suo compagno di partito, Delmastro delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia con delega al DAP, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

A maggio la Procura di Roma aveva chiesto l'archiviazione per Delmastro delle Vedove, ritenendo l'esistenza oggettiva della violazione ma che non ci fossero prove sull'elemento soggettivo, ovvero che fosse consapevole dell'esistenza del segreto. Per la GIP, invece, sussiste sia l'elemento oggettivo che quello soggettivo del reato e per questo ha chiesto alla Procura di Roma di formulare una richiesta di rinvio a giudizio.

Alfredo Cospito è un “influencer” che la mafia sta utilizzando “per cedere lo Stato sul 41-bis” e far rimuovere il carcere duro. E “voglio sapere se questa sinistra” [che ha incontrato Cospito in carcere] “sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia. Lo vogliamo sapere in quest'Aula oggi”.

L’intervento alla Camera del deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir, Giovanni Donzelli, durante la discussione sulla proposta di legge per l’istituzione della Commissione parlamentare antimafia (poi approvata), è senza precedenti e di una gravità inaudita per diversi motivi. Come osserva il giornalista Emiliano Fittipaldi, "non solo per le parole violente contro alcuni parlamentari del PD, ma perché", da vicepresidente del Copasir, l’organismo parlamentare che vigila sull’operato dei servizi segreti, "ha usato come arma politica intercettazioni tra mafiosi al 41bis" che molto probabilmente dovevano rimanere riservate. 

Cosa è successo

Come ricostruisce Carlo Canepa su Pagella Politica, il 30 gennaio, durante la discussione sulla proposta di legge per l’istituzione della Commissione parlamentare antimafia, Donzelli è intervenuto per commentare il caso di Alfredo Cospito, l’anarchico in sciopero della fame da oltre 100 giorni contro il regime del 41-bis (il cosiddetto “carcere duro”). Secondo Donzelli, Cospito sarebbe un «influencer» che la mafia sta utilizzando ​​«per far cedere lo Stato sul 41-bis» e far rimuovere il “carcere duro”.

A sostegno delle sue affermazioni, Donzelli ha letto alcune intercettazioni inedite tra Cospito e alcuni mafiosi detenuti al 41 bis. In base a «documenti che sono presenti al Ministero della Giustizia», ha detto Donzelli, a fine dicembre Cospito è riuscito a parlare della sua lotta contro il 41-bis con il «boss della ‘ndrangheta» Francesco Presta «mentre passava da un ramo all’altro del penitenziario» di Sassari. Inoltre, successivamente, il 13 gennaio, Cospito si è confrontato con un esponente della Camorra, Francesco Di Maio, dicendogli che «noi al 41-bis siamo tutti uguali». 

In quegli stessi giorni, ha aggiunto Donzelli, mentre parlava con i mafiosi «Cospito incontrava anche i parlamentari Serracchiani, Verini, Lai e Orlando, che andavano a incoraggiarlo nella battaglia. Voglio sapere se questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia».

Per quanto riguarda la visita dei quattro deputati del PD, Serracchiani, Verini, Lai e Orlando non sono andati a incoraggiare Cospito nella sua battaglia, ma come affermato dagli stessi parlamentari subito dopo la visita erano andati a «verificare le condizioni di salute» di Cospito e per sottolineare l’applicazione «dell’articolo 27 della Costituzione» secondo il quale «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Nella visita dei parlamentari PD non c’era dunque nulla di segreto e di irrituale, considerato che – spiega sempre Canepa – “in base all’articolo 67 della legge sull’ordinamento penitenziario, i membri del Parlamento possono visitare gli istituti penitenziari senza autorizzazione (...) per verificare, per esempio, le condizioni di vita dei detenuti”.

Le accuse di Donzelli, dunque, sono congetturali e, come evidenziato da diversi parlamentari, anche di altri partiti, “gravissime” e “sconcertanti”.

La questione più grave è l’uso delle intercettazioni fatto da Donzelli nel suo intervento. Secondo il vicepresidente del Copasir, si tratterebbe di «documenti inviati al Ministero della Giustizia dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, non coperti da alcun segreto, consultabili da qualsiasi deputato».

Ma le cose non stanno così. Come spiegato dal Ministero della Giustizia a Domani, “si tratta di atti riservati interni al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e che possono finire solo sulla scrivania del ministro della Giustizia o del sottosegretario con delega all’Amministrazione penitenziaria”. In questo caso, spiega Emiliano Fittipaldi, “il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, ex avvocato di Giorgia Meloni, ha ammesso di aver dato relazioni del DAP con le intercettazioni segrete dei mafiosi a Donzelli, suo compagno di partito, che le ha usate per attacco politico al Pd. Carte riservate date in via informale”.

In sintesi, Donzelli avrebbe utilizzato informazioni sensibili come strumento politico per attaccare i suoi avversari. E, ha aggiunto Debora Serracchiani intervistata a Rai Radio 1, durante la trasmissione Menabò, potrebbe aver “messo a rischio un eventuale lavoro investigativo delle autorità e della magistratura, rivelando informazioni non di pubblico dominio”. Successivamente, Serracchiani ha chiesto le dimissioni di Donzelli e Delmastro dai loro incarichi istituzionali.

Nel frattempo, il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha accettato la richiesta di istituire il cosiddetto “Giurì d’onore”, in base all’articolo 58 del regolamento della Camera, per verificare quanto accaduto, mentre la procura di Roma, dopo un esposto del deputato e co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, ha aperto un fascicolo d'inchiesta sulle dichiarazioni di Donzelli

Il 2 febbraio, in una nota, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha dichiarato che, dopo una rapida ricostruzione dei fatti, è in grado di poter affermare che le conversazioni riportate da Donzelli non erano coperte da segreto. I documenti che contenevano la relazione presentavano la dicitura "limitata divulgazione" e, pertanto, non erano materia di segreto di Stato ed esulavano "dalle classifiche di segretezza". Va precisato, tuttavia, che nessuno aveva parlato di segreto di Stato ma, come riportato sin dall'inizio dall'articolo di Pagella Politica, di "atti riservati interni al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e che possono finire solo sulla scrivania del ministro della Giustizia o del sottosegretario con delega all’Amministrazione penitenziaria”. E che invece sono finiti a Donzelli.

Inoltre, secondo una ricostruzione pubblicata da Repubblica, la scritta “limitata divulgazione” sarebbe stata applicata dal generale Mauro D’Amico, a capo dal reparto di polizia penitenziaria del GOM (Gruppo operativo mobile), per accelerare la consegna della relazione proprio al ministro Nordio che l'aveva richiesta in vista del intervento sul caso Cospito alla Camera. Il GOM di Roma avrebbe inviato un plico con tutti i documenti al DAP, che poi lo avrebbe dovuto consegnare a Nordio. In base a quanto ricostruito da Repubblica, quel plico presentava la dicitura “riservato”. Ma per velocizzare la pratica, il GOM avrebbe deciso di inviare per email al capo segreteria del DAP la sola nota introduttiva del generale D’Amico. A quel punto sarebbe stata aggiunta la formula “limitata divulgazione”, considerato che i documenti riservati non possono essere inviati per email. Dunque, stando alla ricostruzione di Repubblica, la declassificazione dei documenti sarebbe stata dettata da una questione burocratica.

Sabato 4 febbraio, invece, è intervenuta sul caso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera. “Sicuramente i toni si sono alzati troppo, e invito tutti, a partire dagli esponenti di Fratelli d’Italia, a riportarli al livello di un confronto franco ma rispettoso” scrive Meloni, che ribadisce quanto detto da Nordio specificando che le “notizie contenute nella documentazione [...] sono state addirittura anticipate da taluni nei media”

Aggiunge poi Meloni:

Trovo singolare che ci si scandalizzi perché in Parlamento si è discusso di documenti non coperti da segreto, mentre da anni conversazioni private - queste sì da non divulgare - divengono spesso di pubblico dominio. [...] Trovo paradossale che non si possa chiedere conto ai partiti della sinistra delle loro scelte, quando all’origine delle polemiche di questi giorni si colloca oggettivamente la visita a Cospito di una qualificata rappresentanza del Partito democratico, in un momento in cui il detenuto intensificava gli sforzi di comunicazione con l’esterno, come emerge dalle note dell’autorità giudiziaria che si è pronunciata sul caso, rese note dai mezzi di informazione.

La presidente del Consiglio conclude invitando a non “surriscaldare” ulteriormente i toni, ricordando che a Donzelli e Delmastro è stata di recente assegnata una scorta.

Tuttavia quanto riferisce Meloni sulle anticipazioni è fuorviante, come fa presente Emiliano Fittipaldi, che su Twitter scrive: “Su Repubblica erano uscite due righe su Cospito che ‘parla con tre mafiosi nell’ora d’aria’. Stop. Donzelli ha urlato nomi dei boss, colloqui riservati, date. Basta bugie.”

In un editoriale uscito sempre il 4 febbraio, il direttore di Domani Stefano Feltri accusa Meloni di rivendicare la “personale strategia della tensione”, destabilizzando allo scopo di mantenere il consenso e distogliere l’attenzione dal “vuoto siderale dei primi cento giorni”. Scrive Feltri:

Meloni legittima le mosse scomposte del suo deputato Donzelli, che in parlamento ha declamato documenti riservati passati dal suo coinquilino ed ex avvocato della premier, Delmastro, sui contatti tra l’anarchico Cospito e i boss mafiosi ostili al 41 bis. Vero, anche i giornali ne hanno parlato ma, cara presidente, noi non li abbiamo usati per evocare in un’aula parlamentare suggestivi legami addirittura tra il Pd e la mafia (per la verità, è Fratelli d’Italia che voleva alla guida del Consiglio superiore della magistratura un indagato per rapporti con la ‘ndrangheta). Meloni arruola nella sua falange di propagandisti riluttanti anche gli anonimi estensori di manifesti affissi alla Sapienza di Roma, che chiamano assassini vari esponenti delle istituzioni. Ogni violenza, grande o piccola, reale o simbolica, è utile per rafforzare l’immagine di un governo legge (poca) e ordine.

Perché Donzelli e Delmastro delle Vedove devono dimettersi?

La vicenda evidenzia una cultura politica totalmente incompatibile con quello che dovrebbe essere il normale svolgimento dell'attività parlamentare e di governo. Prima di tutto il discorso pronunciato da Donzelli ha voluto criminalizzare agli occhi dell'opinione pubblica un fondamentale potere che hanno i parlamentari. Alludere all'idea che visitare carceri o prigionieri sia indice di potenziale collusione significa prima di tutto criminalizzare questa funzione attraverso l'attacco all'opposizione. Usare questo potere per sincerarsi delle condizioni di salute di un detenuto, come nel caso specifico, è prima di tutto un gesto di umanità e poi di responsabilità. Far passare l'idea che entrambi questi gesti siano collusione significa dividere il paese in "persone" e "non persone", e criminalizzare chi decide di non punire le seconde.

Risulta gravissimo inoltre l'uso strumentale di informazioni contenute in intercettazioni segrete allo scopo di attaccare l'opposizione, per giunta attraverso un detenuto che non può far valere la sua voce e che versa in gravi condizioni di salute. Questo aspetto squalifica le istituzioni di cui fanno parte i protagonisti (il Parlamento e il Copasir per Donzelli, il Ministero della Giustizia della Delmastro Delle Vedove). Non è ammissibile a nessun livello che informazioni riservate, cui un Sottosegretario ha accesso in virtù del ruolo che ricopre, diventino una risorsa per imbastire campagne di delegittimazione, per giunta portate avanti dal vicepresidente del Copasir.

Ciò è stato possibile solo perché ha prevalso una cultura di potere in cui la fazione di cui si fa parte (il partito, Fratelli d'Italia) prevale sul senso delle istituzioni, che sono così piegate ai giochi di potere. Che credibilità avrebbe una qualunque legge proposta da Fratelli d'Italia avente per oggetto l'uso di intercettazioni, finché Donzelli e Delmastro delle Vedove rimangono al loro posto? E quale esponente del governo sarebbe credibile, d'ora in avanti, nello stigmatizzare a qualunque livello l'abuso di intercettazioni? Con che scopi svolge normalmente Donzelli la funzione di controllo dei servizi segreti, è mosso dall'interesse pubblico o da quello personale e del suo partito?

Come se ciò non bastasse, lo stesso Donzelli inizialmente ha nascosto la provenienza delle informazioni usate per attaccare l'opposizione. Ha quindi omesso la verità, e solo in un secondo momento ha ammesso il passaggio di informazioni. Solo lo scrupoloso lavoro dei giornalisti che hanno seguito il caso ha fatto emergere i suoi inquietanti retroscena.

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Immagine in anteprima via ANSA

Aggiornamenti

Aggiornamento 6 febbraio 2023: l'articolo è stato integrato con le dichiarazioni nei giorni successivi di Nordio e Meloni.

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