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Musk e Trump: il “Regime Mump” e l’ombra di un’America autoritaria

30 Dicembre 2024 8 min lettura

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Musk e Trump: il “Regime Mump” e l’ombra di un’America autoritaria

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“Quando usi il funzionamento del governo come moneta di scambio, ne paghi le conseguenze”. Sono le parole di Mitch McConnell, ancora per pochi giorni leader della minoranza repubblicana al Senato, prima di passare il ruolo al senatore del South Dakota John Thune. McConnell ha pronunciato quelle parole prima di votare favorevolmente all’allocazione dei fondi federali per i prossimi tre mesi, evitando il pericolo di shutdown

Ogni anno, molte agenzie federali devono vedersi il bilancio approvato dal Congresso; se non viene raggiunto un accordo tra i partiti, tutte le agenzie non essenziali del governo americano smettono di funzionare. Uno shutdown non si verificava dal 2018, quando le camere non trovarono un accordo sull’inserimento nel bilancio di 6 miliardi, voluti dall’allora presidente Trump per finanziare il muro al confine col Messico.

Finora non pareva ci fosse alcun pericolo che il governo potesse andare in shutdown: è vero che è tutto l’anno che le discussioni sul bilancio vengono continuamente rimandate di tre mesi in tre mesi, senza trovare un accordo per un’allocazione annuale di fondi. Data la recente vittoria di Trump alle elezioni, però, si riteneva che lo Speaker della Camera Mike Johnson potesse trovare facilmente un punto d’incontro con i democratici: finanziare risorse per altri tre mesi, in attesa dell’insediamento di Trump e del successivo passaggio di potere al Senato, con il ritorno dei repubblicani alla maggioranza che mancava dal 2020.

Ne sono seguiti, invece, giorni caotici: il primo piano, negoziato da Johnson coi democratici, non piaceva particolarmente ai repubblicani, ma non sembrava ci sarebbero stati problemi a votarlo. Elon Musk, invece, ha denunciato su X la sua opposizione totale: ha detto che i repubblicani avrebbero dovuto distruggere la legge, minacciando il finanziamento di avversari alle primarie per i deputati che si fossero dichiarati favorevoli al piano. Oltretutto, ha criticato alcuni passaggi del bilancio con notizie platealmente false: ha detto che tutti i deputati avrebbero ottenuto con questa legge un aumento del 40 per cento dello stipendio, quando in realtà si trattava del 3,8; ha affermato che il bilancio avrebbe allocato 3 miliardi per la costruzione del nuovo stadio da football dei Washington Commanders, quando in realtà avrebbe semplicemente elargito gratuitamente al governo del District of Columbia l’area del vecchio stadio intitolato a Robert Kennedy, oggi dismesso, per poterne costruire uno nuovo, senza dare fondi di alcun tipo.

Queste bugie sono rimbalzate nella sfera d’informazione di X. A quel punto Trump ha rilanciato sul suo social, Truth, l’opposizione alla legge, di cui non aveva parlato fino a quel momento, e ha chiesto di riscriverla eliminando dal bilancio il tetto al debito, in modo da poter tagliare velocemente miliardi di dollari di tasse appena eletto. Saltata la prima versione del piano, i democratici si sono dichiarati fermamente contrari a sostenere la seconda, scritta la mattina seguente sotto l’impulso dei tweet del “presidente Musk”, come da loro stessi definito. Anche molti conservatori intransigenti dal punto di vista fiscale hanno deciso di votare contro, ritenendo che tagliare il tetto al debito avrebbe distrutto anni di lotte di conservatorismo fiscale. Johnson ha comunque posto una votazione sul cosiddetto “piano B”, e l’ha persa: in questo modo, Trump ha perso la sua prima votazione alla Camera ancora prima di entrare in carica. Poche ore prima che lo shutdown avvenisse si è votato un “piano C”, che ha eliminato alcune spese negoziate coi democratici nel mese precedente, ma ha reinserito il tetto al debito, ed è diventato legge.

Di questa storia è interessante notare nuovamente l'influenza di Elon Musk sul mondo conservatore: con pochi post, scritti in piena notte, ha mandato nel caos il governo per alcuni giorni, e anche se alla fine non ha ottenuto grandi risultati, ha ribadito la propria influenza sulle Camere dietro la minaccia di spendere miliardi contro i deputati ribelli. Lo storico americano Timothy Snyder ha scritto di questa fase della politica americana come del “regime Mump”, una crasi tra Musk e Trump che evidenzierebbe una pari importanza tra i due. Regime, quindi, e non amministrazione per definire il prossimo governo, in modo da evidenziarne la svolta autoritaria.

Ancora più interessante è comprendere come i repubblicani non hanno ancora una visione economica comune: il piano principale di Musk, evidenziato dal nuovo Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE) da lui guidato insieme a Vivek Ramaswamy, è quello di tagliare la spesa pubblica, quello di Trump è tagliare le tasse, e per farlo è disposto a eliminare il tetto al debito, caposaldo del conservatorismo fiscale. Un’altra posizione, più marginale ma comunque parte del movimento MAGA, è quella di Steve Bannon, che vorrebbe invece alzare le tasse sui grandi capitali, in virtù della visione populista del cittadino comune come punto focale dell’azione di governo, in antitesi alle cosiddette élite economiche. Tenere insieme queste tre posizioni è difficile; durante il mandato è probabile che su questi temi ci saranno frequenti scontri, come quelli che sono subito arrivati sulle politiche di immigrazione.

Trump ha infatti selezionato come consigliere sull’intelligenza artificiale Sriram Krishnan, un professionista indiano che ha collaborato a stretto contatto con Musk dopo l'acquisizione di Twitter. La nomina ha generato sdegno nell’ala più radicale del movimento MAGA, e Laura Loomer, personaggio controverso tra i più estremisti sostenitori di Trump, nonché teorica delle più varie cospirazioni, ha affermato di essere contraria all’estensione dei permessi di lavoro negli Stati Uniti per chiunque, compresi i lavoratori qualificati.

Durante il caos istituzionale Musk ha fatto parlare di sé anche per un’altra posizione: dopo la decisione di sostenere, forse anche economicamente, il Reform Party di Nigel Farage nel Regno Unito, ha twittato il suo sostegno per le posizioni del partito di estrema destra tedesco Alternative fur Deutschland in vista delle prossime elezioni federali di febbraio. “Solo AfD può salvare la Germania”, ha scritto Musk, e questa posizione è stata attaccata da molti parlamentari tedeschi, sia socialdemocratici che cristiano-democratici, che vedono in questa posizione un’interferenza diretta del magnate sudafricano nella politica del loro paese. Per tutta risposta Musk ha ripostato un video dell’influencer di destra tedesca Naomi Seibt in cui critica apertamente Friedrich Merz, il leader della CDU, di centrodestra, e favorito alla vittoria delle prossime elezioni. 

Christian Lindner, principale esponente dei liberali ed ex-ministro dell’Economia del dimissionario governo Scholz, si è invece distaccato dalle posizioni di sdegno e vorrebbe dialogare con il proprietario di X, convincendolo delle posizioni contrarie alla spesa pubblica del suo partito, per diventare l’uomo di riferimento di Musk in Germania. Nel frattempo, a Magdeburgo è avvenuto un attacco terroristico che ha provocato almeno 5 morti e decine di feriti in gravi condizioni: se in un primo momento è circolata la voce che la matrice dell’attacco, compiuto da un cittadino saudita, fosse l’estremismo islamico, si è poi scoperto che l’attentatore aveva diffuso in passato messaggi anti-islam e sosteneva apertamente AfD. Nonostante questo, Musk ha subito twittato che quello che è successo dovrebbe portare alle dimissioni immediate di Scholz per incompetenza. Sabato scorso, poi, Musk ha pubblicato un articolo d’opinione per il settimanale tedesco Welt am Sonntag, edito dal colosso dell’informazione Axel Springer. Nel pezzo Musk nega che AfD sia un partito estremista, e la pubblicazione ha portato l’editor della sezione a dimettersi in segno di protesta.

Il sostegno di Musk per partiti dell’estrema destra europea non è una presa di posizione episodica o individuale: alcuni giovani rappresentanti di Alternative fur Deutschland erano presenti a una festa dell’universo MAGA a Washington, insieme a colleghi del partito olandese Forum per la Democrazia di Geert Wilders, islamofobo e favorevole alla cosiddetta “remigrazione”, la teoria etno-nazionalista che predica per richiedenti asilo, immigrati e cittadini "non assimilati" l'espulsione verso i paesi d'origine. Quello che ha colpito i giornalisti presenti alla festa, che ha visto parlare esponenti di lungo corso dell’estrema destra americana, tra cui Steve Bannon, è la ferrea volontà di vendetta. Dal palco si è detto che i nemici dello Stato devono pagarla, attraverso investigazioni, processi, e in ultima istanza arresti.

Se sui temi economici le varie anime del partito repubblicano possono trovarsi discordi, l’idea di vendicarsi contro uno Stato amministrativo e un settore politico e mediatico che li ha messi all’angolo è comune a tutti. Persone come Russell Vought, il nuovo direttore del Budget nella futura Casa bianca trumpiana, ritengono che l’ordine costituzionale sia saltato da tempo, che le agenzie statali sono tutte controllate da un élite di sinistra e quindi ci sarebbe bisogno di una controrivoluzione per riaffermare i principi cardine della Costituzione.

Queste idee non hanno tardato a presentarsi negli ultimi giorni: i deputati repubblicani alla Camera hanno accusato Liz Cheney di aver fatto cambiare versione a Cassidy Hutchinson, una testimone chiave del fallito golpe del 6 gennaio, per mettere in cattiva luce Trump. Si tratta di un attacco puramente politico: non ci sono prove di tutto questo, se non il fatto che Cheney avrebbe consigliato alcuni avvocati ad Hutchinson dopo che la donna avrebbe deciso di non avvalersi più di Stefan Passantino, il legale fornitogli dal team Trump per le testimonianze. La proposta dei deputati, che hanno richiesto all’FBI di investigare Cheney, fa sì che Trump possa, in caso lo volesse, iniziare indagini contro una sua avversaria politica senza che tutto questo sia partito in prima istanza da lui. Non va dimenticato che per tutta la campagna elettorale Trump ha più volte affermato che Liz Cheney dovrebbe andare in galera.

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Un altro timore per le possibili restrizioni alla libertà viene dal mondo dei media: ABC, la rete televisiva che fa capo al colosso dell’intrattenimento Disney, ha patteggiato un’accusa di diffamazione mossa dal presidente eletto pagando direttamente a Trump 15 milioni di dollari. Secondo molti analisti, ABC aveva buone possibilità di vincere in tribunale, e la causa sembrava simile a molte che Trump ha mosso contro il sistema mediatico negli anni per screditarlo e costringerlo a lunghi processi. Il pagamento sembra una volontà diretta della rete per non avere problemi col presidente eletto. Per di più Trump ha alzato il livello dello scontro, citando in giudizio anche il Des Moines Register, quotidiano dell’Iowa che aveva pubblicato pochi giorni prima delle elezioni un sondaggio che vedeva Kamala Harris favorita.

Un miliardario a sua disposizione, che da un lato genera caos a Washington ma dall’altro costruisce importanti ponti con l’estrema destra europea, un sistema mediatico che sembra inginocchiarsi volontariamente, i miliardari del settore tecnologico, come Jeff Bezos e Mark Zuckerberg, contrari a Trump nel 2016, che donano un milione di dollari a testa al fondo per l’inaugurazione della nuova presidenza. Sono tutti segnali del fatto che il nuovo mandato di Trump potrebbe non iniziare con le proteste di piazza che contrassegnarono il mese di gennaio del 2016, ma con una quieta rassegnazione a una retorica sempre più cupa, che minaccia di trasformarsi in azioni concrete.

(Immagine anteprima via FMT) 

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