Nel 2020 distrutti oltre 4 milioni di ettari di foreste tropicali, un’area grande quanto la Svizzera
3 min letturaLo scorso anno, in tutto il mondo, la distruzione delle foreste tropicali è aumentata rispetto al 2019, nonostante la recessione economica globale causata dalla pandemia da nuovo coronavirus SARS-CoV-2, che ha ridotto la domanda di alcune materie prime che in passato avevano stimolato la deforestazione, scrive sul New York Times Henry Fountain, giornalista specializzato nel cambiamento climatico e sui suoi impatti.
Tropical forests around the world were destroyed at an increasing rate in 2020 compared with the year before.
Overall, more than 10 million acres of primary tropical forest was lost last year, an area roughly the size of Switzerland. https://t.co/YaYuzFJBCb
— The New York Times (@nytimes) March 31, 2021
Il giornalista riporta l'ultimo report annuale sul tema del World Resources Institute (WRI), un'organizzazione no profit di ricerca mondiale con sede a Washington, secondo cui la perdita della foresta tropicale primaria, che svolge un ruolo fondamentale nel mantenere il carbonio fuori dall'atmosfera e nel sostentamento della biodiversità, è aumentata del 12% nel 2020 rispetto al 2019: "Complessivamente, nel 2020 sono andati persi più di 10 milioni di acri (ndr, cioè oltre 4 milioni di ettari) di foresta tropicale primaria, un'area più o meno grande quanto la Svizzera. L'analisi del WRI ha stimato che ciò ha provocato un aumento di più di due miliardi e mezzo di tonnellate di anidride carbonica nell'atmosfera". Il 2020 è stato il terzo anno peggiore per la distruzione delle foreste a partire dal 2002, cioè da quando è iniziato il monitoraggio.
I dati citati nel report provengono dal laboratorio Global Land Analysis and Discovery dell'Università del Maryland, che ha ideato dei metodi per analizzare le immagini satellitari per determinare la copertura forestale. Il World Resources Institute specifica inoltre che i risultati del report parlano della "perdita di copertura forestale", cioè di tutta la vegetazione con un'altezza superiore a cinque metri che può assumere la forma di foreste naturali o di piantagioni, e non della "deforestazione" perché l'analisi non distingue tra alberi perduti per le attività umane e quelli persi per cause naturali.
A guidare di nuovo la classifica dei paesi che nel mondo hanno perso più foreste è il Brasile, con l'azione del presidente di destra Jair Bolsonaro contraddistinta da politiche che hanno favorito questa situazione. Fountain spiega sul New York Times che "la maggior parte della perdita di foreste in Brasile si è verificata nella foresta pluviale amazzonica, come avviene da anni. Ma quest'anno il Pantanal, l'enorme regione nella parte meridionale del paese, che copre anche parti della Bolivia e del Paraguay, ha contribuito notevolmente alle perdite. La regione ha vissuto una siccità storica, aggravata dai cambiamenti climatici, che ha portato a una grave stagione di incendi, con una perdita di foreste 16 volte maggiore nel 2020 rispetto all'anno precedente".
Perdite significative sono state registrate anche in Congo e nel sud-est asiatico. Rispetto al 2019, Indonesia e Malesia hanno invece registrato nel 2020 un diminuzione nella perdita delle foreste nel proprio territorio. L'Indonesia, in particolare, ha registrato per il quarto anno consecutivo un calo. Il picco era stato stato registrato nel 2016 a causa di grandi incendi che avevano colpito foreste e torbiere. Ua fatto che aveva portato il governo a porre una moratoria sull'abbattimento della foresta primaria e sulla conversione delle torbiere per l'agricoltura, limitando le licenze per le piantagioni di olio di palma.
Nel report si legge che, come negli anni precedenti, la causa principale di questo fenomeno in America Latina e nel Sud-Est asiatico è stata la deforestazione basata sulla ricerca delle materie prime, mentre in Africa tropicale è stata l'agricoltura. "Le foreste vengono solitamente abbattute e i resti che ne derivano vengono bruciati per preparare i campi. Spesso questi incendi possono crescere senza controllo, con una conseguente perdita maggiore della foreste, e il riscaldamento e l'essiccazione causati dai cambiamenti climatici possono peggiorare la situazione", continua il giornalista.
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Secondo Frances Seymour del WRI i paesi che devono affrontare alti livelli di debito pubblico a causa delle ricadute economiche della pandemia potrebbero essere tentati di cedere agli interessi commerciali per sfruttare le loro foreste in modo insostenibile, o potrebbero essere costretti a ridurre le risorse per la loro protezione, riporta il Guardian. Per tutti questi motivi, Seymour ha affermato che «le foreste devono essere all'ordine del giorno della COP26», la 26a Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a Glasgow il prossimo novembre.
Immagine in anteprima: foto di Bernabe Colohua via Pixabay