Su vaccini per Covid e tumori e terapia genica c’è molta disinformazione. Facciamo chiarezza
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In molti in questi anni abbiamo cercato di fare informazione corretta e contrastare disinformazione dilagante, sensazionalismo e fake news su vaccini e Covid-19, ma a quattro anni dall'inizio della pandemia l'onda lunga della disinformazione continua a crescere, si accanisce ancora contro i vaccini a mRNA con associazioni a morti improvvise, cancro e turbocancro, e oggi rischia di trascinare con sé anche la sperimentazione sui nuovi vaccini a mRNA per i tumori, cercando di convincere che i vaccini a mRNA siano terapia genica, dipinta come qualcosa di sicuramente diabolico e pericoloso.
In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza, a partire dalle parole utilizzate. Le parole sono importanti, sono la forma con cui condividiamo i fatti, li presentiamo a chi non sa e si affida a noi. E usare una parola invece di un'altra può far apparire qualcosa per quello che vogliamo noi e non per quello che è.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Premessa: l’ideazione dei vaccini per Covid-19
Tra fine dicembre 2020 e gennaio 2021 sia FDA (la Food and Drug Administration, l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) che EMA (l'Agenzia europea per i medicinali dell'Unione Europea per la valutazione dei medicinali) autorizzarono l'uso dei vaccini a mRNA per Covid-19 di Pfizer/BioNTech e Moderna. A fine gennaio venne autorizzato anche il vaccino ChadOx-1 di AstraZeneca, mentre già ad agosto 2020 in Russia era stato approvato Sputnik V di Gamaleya, entrambi ad adenovirus ricombinante. Altri ne sarebbero venuti.
Tutti vaccini ad acido nucleico. Invece di dare all'organismo un virus attenuato o inattivato, si dava direttamente l'informazione genetica con cui le nostre cellule avrebbero prodotto l'antigene, assieme a un fattore immunostimolante (lo stesso RNA e le nanoparticelle lipidiche sono molto efficaci in questo senso, a volte anche troppo...).
Tra i vari motivi alla base di questa scelta, di due non si è molto parlato:
1. La SARS nel 2003 aveva lasciato un segno profondo. Il virus responsabile tra il 2002 ed il 2003 aveva infettato circa 8.000 persone e ne aveva uccise 800. Un'enormità in un mondo non più abituato alle pandemie. I tentativi di mettere a punto rapidamente dei vaccini (tradizionali, a virus inattivato) erano falliti già in fase I dei trial. Gli animali producevano anticorpi neutralizzanti, ma si infettavano comunque e questo peggiorava le conseguenze della successiva infezione di prova (per chi vuole dettagli, infiltrati di granulociti eosinofili inducevano un danno al tessuto polmonare che non si riscontrava nei controlli non vaccinati)
Erano necessarie altre strategie.
Anche se il virus sparì dalla circolazione nel 2003, si continuò a lavorare a nuovi vaccini nel timore che riemergesse o che ne apparissero di nuovi. Era evidente a molti che un coronavirus in grado di saltare all'uomo con tanta facilità non sarebbe stato un caso isolato e che non si trattava di se ma di quando ne sarebbe apparso un altro.
2. Un vaccino per il virus della SARS non fu mai trovato, ma il lavoro fatto con i virus SARS (e MERS) tornò utile nel 2020 quando si capì quanto il virus SARS-CoV-2 fosse strutturalmente simile al SARS-CoV. Si sapeva già che la proteina Spike conteneva epitopi (i piccoli pezzi di una proteina riconosciuti da un anticorpo) in grado di stimolare una forte immunità. Si sapeva anche come modificarne la sequenza in modo che la proteina assomigliasse di più a quella che il sistema immunitario si trova davanti dopo l'infezione (post-fusione).
Alla fine tutti i vaccini approvati furono molto efficaci nel proteggere dagli esiti di un'infezione efficiente come quella di SARS-CoV-2.
Questione n. 1: i vaccini mRNA per Covid sono terapia genica? No
Ricordo che quando lessi di vaccini a mRNA in procinto di essere testati, sperai che mi venisse somministrato uno di quelli e non uno ad adenovirus. Ma io sono di parte, ho una predilezione professionale per l'RNA.
Ci furono invece molte reazioni contrarie, che andavano da dubbi e timori per questi vaccini così nuovi ed innovativi fino a un terrore irrazionale, spesso indotto da informazioni false diffuse da personaggi ben noti a chi segue il mondo della disinformazione, inutile elencarli qui. Oltre ovviamente a chi si opponeva per principio a tutti i vaccini e quindi anche a questi.
Oltre a trovate, a volte divertenti come i microchip, il grafene, gli eritrociti impilati, il sangue nero e denso come catrame, a volte odiose come la minaccia di aborti, malformazioni e sterilità per le donne in maternità, la contrarietà ai nuovi vaccini è stata spesso sintetizzata nelle parole "non sono vaccini" (perché non contengono un virus come i vaccini tradizionali) e "sono una terapia genica" che avrebbe modificato il nostro DNA.
Sulla prima affermazione, è evidente che va aggiornato il nostro concetto di vaccino. Qualcosa che attiva il sistema immunitario contro un virus è un vaccino, anche se non contiene il virus in forma inattivata.
La seconda affermazione non trova riscontro né sulla base del comune intendimento di terapia genica né delle attuali definizioni di EMA ed FDA: "Gene therapy medicinal products shall not include vaccines against infectious diseases” (“I medicinali di terapia genica non comprendono i vaccini contro le malattie infettive"). Quelli per Covid-19 sono vaccini.
Ma probabilmente chi (e sono in tanti) ha usato il termine "terapia genica" non è che avesse studiato i documenti dell’EMA. Voleva solo diffondere l'idea che i vaccini per Covid-19 sono pericolosi e dannosi perché la terapia genica è pericolosa e dannosa.
Certo sarebbe interessante sapere perché chi bollava come “terapia genica” i vaccini a mRNA non abbia fatto lo stesso con il vaccino russo Sputnik V, un adenovirus a DNA che entra nel nucleo, potrebbe integrarsi nel genoma e solo dopo produce un RNA esattamente come quelli di Pfizer e Moderna... Eppure un sito come ZeroHedge (che diffonde spesso fake news e propaganda che poi arrivano anche da noi) un giorno spiega perché i vaccini a mRNA siano prodotti per terapia genica, un altro annuncia la grande efficacia di Sputnik V.
Questione n. 2: la terapia genica, i vaccini mRNA e l’immunoterapia dei tumori
E ora complichiamo le cose. Superata l'emergenza pandemica finalmente iniziano a essere provate nuove terapie a base di mRNA e nanoparticelle lipidiche. Che poi erano il motivo di interesse iniziale per la tecnologia, il SARS-CoV-2 è stato un'incidente. Uno dei campi più promettenti riguarda l'immunoterapia dei tumori, ci sono varie sperimentazioni in corso o in attesa di approvazione.
In un caso di cui forse abbiamo letto perché coinvolgeva un paziente italiano, nella fase III di un trial clinico approvato da FDA, pazienti già operati per melanoma, ma a rischio di metastasi e recidive, sono stati trattati con Pembrolizumab (Keytruda) ed mRNA-4157 di Moderna. Il primo è un anticorpo monoclonale approvato da tempo che impedisce il legame tra la proteina PD-L1 del tumore e il suo recettore PD-1 sui linfociti (questo legame "blocca" il sistema immunitario che così tollera il tumore). Purtroppo, anche tolto il blocco, molti tumori non sono immunogenici e il sistema immunitario non si attiva come si sperava.
Da qui l'idea di stimolarlo con quello che a tutti gli effetti è un analogo del vaccino a mRNA per Covid-19. Ma invece dell'RNA che codifica per Spike, si usa un mix di mRNA (fino a 34 nel protocollo di Moderna) che codificano per proteine tumorali.
Tutti i tumori sono caratterizzati dall'avere geni mutati (le mutazioni sono alla base della trasformazione tumorale) che saranno tradotti in proteine con alterazioni strutturali generalmente vantaggiose per il tumore perché perdono la capacità di essere regolate dai sistemi di controllo della cellula.
Ma dal punto di vista del sistema immunitario queste proteine mutate sono degli antigeni (neoantigeni tumorali), specifici per le cellule tumorali e non per i tessuti sani. È su quello che oggi si cerca di lavorare sensibilizzando il sistema immunitario del paziente contro le proteine tumorali. Proprio come un vaccino.
Ma assieme a quelli per Covid, anche questi prodotti a mRNA per immunoterapia vengono bollati come terapia genica. Solo che stavolta è più complicato: è vero che sono una terapia genica? Qui si va in salita, avvisati.
Dipende dal significato che si da a quelle parole. Le definizioni di FDA ed EMA non aiutano, sono vaghe e non descrivono i prodotti in sperimentazione oggi, che dobbiamo forzare in categorie che non li rappresentano.
Inoltre sono discordanti tra di loro.
Per FDA, in sintesi la terapia genica punta a modificare l'espressione di un gene. Lo fa in diversi modi:
- Sostituendo un gene che non funziona con uno sano.
- Inattivando un gene che non funziona
- Introducendo un gene nuovo o modificato per trattare una malattia
E queste cose le fa, per esempio, mediante DNA plasmidico, vettori virali, vettori batterici, sistemi di gene editing, cellule ingegnerizzate. Una definizione essenziale in cui comunque un vaccino a mRNA per cancro non rientra.
La definizione di EMA è più complessa e controversa. I prodotti per terapia genica sono inseriti nel gruppo dei Prodotti Medicinali per Terapie Avanzate (ATMP). Un prodotto per terapia genica in particolare deve soddisfare contemporaneamente due condizioni:
- Contiene o consiste di un acido nucleico ricombinante somministrato ad esseri umani allo scopo di regolare, riparare, rimpiazzare, aggiungere o eliminare una sequenza genica.
- Il suo effetto terapeutico, profilattico o diagnostico dipende direttamente dall'acido nucleico che contiene, o dal prodotto della sua espressione.
Una condizione preliminare è che il prodotto sia di origine biologica (ovvero non di sintesi chimica).
Infine, già visto prima, i prodotti per terapia genica non includono in nessun caso i vaccini contro malattie infettive.
Il documento più recente è del 2015 anche se esistono delle linee guide del 2018, ma cambia poco.
Ora serve un po' di pazienza: in base a questa definizione, se somministrassi a un paziente un adenovirus ricombinante con la sequenza di un gene, per esempio RPE65, per curare una retinopatia, si tratterebbe di una terapia genica (e lo è, il prodotto esiste e si chiama Luxturna).
Se invece che con un vettore virale a DNA (persistente) trattassi il paziente con un mRNA codificante per RPE65, sarebbe sempre terapia genica perché è comunque un acido nucleico ricombinante di origine biologica. Anche se viene degradato in pochi giorni. Se però quel filamento di RNA non lo avessi prodotto mediante trascrizione di un plasmide di DNA ma per sintesi chimica, non si tratterebbe di una terapia genica perché un RNA sintetizzato chimicamente non è di origine biologica. Infine, se invece di codificare per RPE65, l'RNA codificasse per una proteina di un virus come la Spike, non sarebbe terapia genica perché sarebbe un vaccino per una malattia infettiva.
E allora, un vaccino a mRNA per il cancro cos'è? Ad oggi non rientrerebbe nella definizione di vaccino perché un tumore non è una malattia infettiva. È vero anche che nel 2015 un vaccino poteva essere solo contro malattie infettive, oggi no.
Tuttavia, un mRNA codificante per una proteina tumorale soddisfa la prima delle due condizioni di EMA (acido nucleico ricombinante, di origine biologica) e non la seconda, perché l'effetto terapeutico non dipende direttamente dall'attività dell'acido nucleico che contiene, o della proteina codificata, ma dal fatto che la proteina del tumore venga aggredita dal sistema immunitario. Anzi, nel Trial di cui stiamo parlando le proteine tumorali sono quelle di eventuali recidive o metastasi.
Per complicare le cose, in un vaccino a mRNA contro il cancro la molecola di RNA è contemporaneamente acido nucleico codificante e sostanza immunostimolante (qualcuno sta anche pensando di non utilizzare più il nucleoside modificato N1-metilpseudouridina per aumentarne l'effetto immunostimolante). Quindi dovrebbe essere soggetto a due regolamentazioni diverse, da parte di due commissioni diverse.
Insomma un quadro complicato, e potrei complicarlo ancora con altre incongruenze. Per esempio, cellule T di un paziente oncologico attivate ex-vivo contro il tumore transfettando il DNA codificante per una proteina tumorale sono terapia genica (vero, è il sistema CAR-T), ma se invece sono state attivate con un mRNA codificante per la stessa proteina (caso affrontato da EMA) non è terapia genica perché nel tempo necessario all'espansione e reinfusione delle cellule nel paziente l'RNA si sarà degradato quindi le cellule non contengono un acido nucleico ricombinante.
Ancora più complicato, ma di probabile prossima applicazione, il gene editing (la modifica della sequenza di un gene) mediante il sistema CRISPR/CAS9 è terapia genica (e ci mancherebbe) ma se, sulla scia dei vaccini per Covid, invece di usare RNA e proteine prodotti in laboratorio si dessero al paziente direttamente le sequenze codificanti per prodursi da solo gli strumenti molecolari sotto forma di RNA di sintesi, al momento rischierebbe di non essere considerata terapia genica.
Forse è il momento di aggiornare i concetti di terapia genica e di vaccino sia per FDA ed EMA che per noi, per evitare incomprensioni, equivoci e strumentalizzazioni.
E la comunità scientifica? In un articolo del 2015 su Molecular Therapy , due ricercatori che di queste cose un po' ne sanno come Katalin Karikó e Drew Weissman considerano in buona fede gli RNA trascritti in vitro (IVT-RNA) come terapia genica.
Ma era il 2015, e un IVT-RNA che codifica per un antigene che attiverà il sistema immunitario è molto diverso da uno che sostituisce o modifica un gene che non funziona e, di nuovo, per le sue caratteristiche andrebbe in contraddizione con la definizione attuale di "Prodotti medicinali per terapia genica" (GTMP).
I prodotti per terapia genica infatti in base alle linee guida più recenti (ultimo aggiornamento del 2018) sono sottoposti a controlli particolari, diversi da quelli di un farmaco. Per escludere, per esempio, il rischio che il gene introdotto o modificato sia visto come estraneo e quindi come antigene dal sistema immunitario (ed è giusto, se succedesse sarebbe molto grave). Che però è esattamente quello che ci si aspetta che succeda con i vaccini per cancro. Quindi la caratteristica per cui un vaccino per cancro funziona (attiva il sistema immunitario conto la proteina del tumore) sarebbe di fatto una reazione avversa grave per un prodotto per terapia genica. Si creerebbero anche altre contraddizioni, per esempio un prodotto per terapia genica non deve essere oncogeno, ma gli RNA del vaccino codificano proprio per proteine tumorali, che del resto nel paziente già ci sono, mentre in un modello sperimentale (cellulare o animale) adatto al test non ci sono, e potrebbero avere un effetto, sebbene transitorio come la molecola di mRNA.
Insomma un vaccino a mRNA per cancro si non si adatta alle linee guide attuali, pensate in effetti per prodotti esistenti ma molto diversi.
Per la comunità scientifica comunque, per chi queste immunoterapie per il cancro le ha immaginate e rese possibili, questi sono vaccini per il cancro, “cancer vaccines” con 15.000 pubblicazioni negli ultimi 5 anni su Pubmed.
Conclusioni: Perché non dobbiamo avere paura del termine 'terapia genica'
In conclusione, è giusto e necessario mettere ordine e aggiornare gli aspetti normativi, ma dobbiamo stare molto attenti a non cadere nel tranello e nei tentativi di condizionamento di chi ha bollato i vaccini a mRNA come terapia genica allo scopo di spaventare e dissuadere dall'usarli. Ricordiamo che come in molti sono in guerra contro i vaccini, in tanti lo sono contro le terapie per il cancro, cercando di convincere pazienti impauriti o disperati che le terapie per il cancro sono inefficaci e pericolose, e a far ricorso a terapie alternative (e purtroppo ne abbiamo letto in questi giorni).
Ma se anche in futuro FDA ed EMA aggiornassero le loro definizioni di terapia genica adeguandole ai vaccini a mRNA per cancro, prima di lasciarci condizionare da chi usa quel termine per spaventare, per intendere qualcosa di dannoso e pericoloso, mettiamoci nei panni di quel 44% di pazienti della fase II del trial clinico che hanno ricevuto mRNA-4157 e che oggi sono sani, oppure di quei pazienti affetti da epidermolisi bollosa, che oggi sono vivi solo grazie a un retrovirus ricombinante integrato nel DNA delle staminali della loro pelle (decisamente terapia genica) o di quelli che sono stati curati da una leucemia mediante il CAR-T, e chiediamoci se sia poi giustificato avere paura di quella parola, come qualcuno vuole spingerci a fare.
Immagine in anteprima via l'Assedio Bianco