Fratelli d’Italia e il disegno di legge per rendere il governo più potente e il parlamento sempre più debole e irrilevante
3 min letturaDa anni il ruolo normativo del governo si espande a discapito del parlamento, soprattutto a causa dell’eccessivo utilizzo dei decreti legge.
Nonostante, in base all’art. 77 della Costituzione, vi si possa ricorrere solo “in casi straordinari di necessità e di urgenza”, essi sono ormai diventati lo strumento prevalente e ordinario attraverso cui l’esecutivo esercita l’iniziativa legislativa. Ciò determina in alcuni momenti ingorghi normativi, che rendono difficile il rispetto dei 60 giorni previsti per la conversione da parte delle Camere.
Per questo motivo, un disegno di legge costituzionale presentato da Fratelli d’Italia, a prima firma di Domenico Matera, vuole portare tale termine a 90 giorni. Non è la prima proposta in questo senso. Già nel 2023 ci aveva provato Forza Italia. Se la maggioranza continua a ritenere che allungare il periodo di conversione sia la soluzione, evidentemente non ha individuato il vero problema da risolvere: l’abuso della decretazione d’urgenza. Abuso che la proposta, se approvata, rischia di amplificare.
Come rende noto Openpolis, «l’attuale esecutivo emana decreti legge allo stesso ritmo di quelli che hanno dovuto fronteggiare le fasi più concitate della pandemia». Ma all’epoca le condizioni di “necessità e urgenza” c’erano veramente.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Dal monocameralismo “di fatto” ai decreti “salvati”
Tra le storture determinate dal continuo utilizzo della decretazione d’urgenza c’è il monocameralismo “di fatto”. I 60 giorni previsti per la conversione permettono a un solo ramo del parlamento l’esame reale dei provvedimenti. Alla seconda camera non resta il tempo di apportare modifiche al testo e rimandarlo alla prima per l’approvazione entro il termine fissato. Ciò trova riscontro nei dati dell’ultimo monitoraggio svolto del Servizio studi di Montecitorio: nei primi 28 mesi di legislatura per tutte le leggi di conversione c’è stata una sola lettura in ciascuna camera.
E non è tutto. Per aggirare il limite dei 60 giorni che, come visto, l’abuso della decretazione d’urgenza rende difficile rispettare, si utilizza l’artificio di recepire nella legge di conversione di un decreto legge in via di approvazione il contenuto di un decreto prossimo alla scadenza o già decaduto. Sempre secondo i dati della Camera, degli 86 decreti legge emanati alla data del 13 febbraio scorso, 10 sono decaduti perché non convertiti in tempo, ma il loro contenuto è stato salvato con le modalità indicate.
Il ddl costituzionale
«Nel caso in cui si renda necessario al fine di garantire l'esercizio collettivo della funzione legislativa delle Camere e qualora ne facciano domanda un decimo dei componenti di una Camera» - recita la proposta di legge di Fratelli d’Italia - il decreto «può essere convertito in legge entro novanta giorni dalla sua pubblicazione».
Nella relazione di accompagnamento si spiega che il fine è quello di «permettere un esercizio più equilibrato della funzione legislativa tra le due Camere riducendo il rischio che una delle due sia costretta a causa di tempi ristretti per il suo esame, a confermare il testo trasmesso dall'altro ramo del Parlamento senza possibilità di esaminarlo con attenzione e, eventualmente, apportare modifiche, pena la sua decadenza».
Si afferma, inoltre, che ciò rafforzerebbe «la centralità del Parlamento nel procedimento legislativo». Di fatto, è vero l’opposto.
Un Parlamento irrilevante
La proposta di FdI non solo “legittima” indirettamente l’abuso di decreti legge, ma lo rende anche più agevole. Come ha detto Giuliano Amato, «avendo il peccatore ancora qualche pudore nel commettere il peccato, si vuole che lo commetta del tutto tranquillo».
C’è anche un altro aspetto da considerare. L’allungamento a 90 giorni del termine previsto dall’art. 77 impegnerebbe più a lungo il parlamento nella conversione dei decreti del governo, riducendo il tempo a sua disposizione per svolgere la funzione legislativa che gli è propria. Tutto questo, lungi dal restituire ad esso centralità, lo depotenzierebbe ulteriormente a favore dell’esecutivo.
È la stessa conclusione cui si giunge riguardo alla riforma del premierato. Quest’ultima, anziché ripristinare un bilanciamento tra poteri nella produzione normativa – disponendo ad esempio “corsie privilegiate” per determinate leggi, affinché i decreti siano usati solo in casi effettivi di necessità ed urgenza, o il monocameralismo, per superare la crisi del bicameralismo paritario - rende il parlamento ancora più irrilevante. Sorge il sospetto che vi sia un disegno unitario in questo senso. E forse non è solo un sospetto.
*Articolo pubblicato su Domani il 21 marzo 2025 e riprodotto per gentile concessione del quotidiano. Qui è possibile abbonarsi a Domani
Immagine in anteprima via governo.it

Marco Borserio
Domanda: per quale motivo il Presidente della Repubblica oltre che mandare delle comunicazioni al Parlamento e al Governo non si rifiuta di firmare i decreti legge palesemente incostituzionali?
Valigia Blu
Ciao, la questione è giuridicamente un po' più complessa, qui un articolo che spiega come funzionano i poteri di firma del Presidente della Repubblica - la discussione nacque già durante il suo primo mandato, nel 2017. https://www.agi.it/fact-checking/news/2017-10-31/mattarella_obbligo_firma_leggi_costituzione-2307109/