“Transizione ecologica non ideologica”? I nemici immaginari di Giorgia Meloni e l’occasione sprecata alla COP28
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La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha parlato nella mattina del 2 dicembre alla Conferenza sul Cambiamento climatico delle Nazioni Unite, in corso a Dubai (COP28). La premier ha rivendicato il ruolo dell'Italia nel processo di decarbonizzazione e nello sforzo di contenere l'aumento della temperatura globale entro 1.5 °C. Ma lo ha fatto nella cornice di un discorso in cui ha inteso ribadire il proprio approccio al cambiamento climatico e alla transizione energetica: "pragmatico", "libero da inutili radicalismi", "non ideologico".
Queste parole d'ordine sono quelle che caratterizzano da sempre i discorsi della destra sul clima e l'ambiente. Se le valutassimo solo per il loro significato letterale non potremmo capire perché ritornano così di frequente. Prese così, infatti, chi non le farebbe proprie? Chi non si direbbe d'accordo con la necessità che la lotta al riscaldamento globale, o qualsiasi altra azione in qualsiasi altro campo, debba essere pragmatica? Chi non rivendicherebbe di non essere "ideologico"? Dire che non bisogna essere ideologici è come dichiararsi a favore della libertà. E chi mai si dichiarerebbe nemico della libertà? Nessuno. Così come nessuno si definerebbe nemico dell'ambiente.
Le parole di Giorgia Meloni rientrano, dunque, in una precisa retorica che ha l'obiettivo di veicolare il consueto messaggio. Lo scorso luglio, in un saluto rivolto al partito di estrema destra spagnolo Vox, Meloni aveva indicato un nemico: il "fanatismo ultra-ecologista". Cambiano le parole e le espressioni polemiche, ma il messaggio è sempre quello. Nell'universo valoriale e nel programma della destra italiana il "radicalismo" e il "fanatismo" rimangono problemi ben peggiori del cambiamento climatico. Un nemico viene costruito apposta per essere evocato in ogni discorso e per giustificare le proprie posizioni, invece che difenderle attraverso argomentazioni politiche o tecniche.
Per esempio, un approccio "libero da radicalismi", dice Meloni, sarebbe quello di promuovere la neutralità tecnologica nel settore dei trasporti. Nel suo discorso alla COP28 Giorgia Meloni ha confermato la posizione del governo italiano sul tema, che è quella di sostenere i biorcarburanti. La neutralità tecnologica sarebbe dunque questa: enfatizzare la centralità di poche soluzioni tecnologiche, mentre si mettono i bastoni tra le ruote all'intero processo di transizione. E quindi alla lotta al cambiamento climatico. Il governo di Giorgia Meloni, infatti, aveva contestato la decisione di mettere al bando la vendita delle auto con motore termico dal 2035 nell'Unione Europea.
Da un lato, dunque, la destra si schiera senza remore per prodotti, come i biorcarburanti, che saranno molto probabilmente impiegati in futuro soprattutto nel trasporto aereo e marittimo; dall'altro, non promuove politiche che accelerino la diffusione della tecnologia che, piaccia o meno, avrà il ruolo decisamente preponderante e sulla quale le industrie automobilistiche hanno già scommesso miliardi in investimenti: le auto elettriche. Questo è il modo con cui la destra pensa di promuovere una «sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economica e sociale». Tutto questo è un perfetto esempio - e ce ne sarebbero altri - di quell'approccio ideologico che la premier dice di voler contrastare.
L’imbroglio dell’ecologia conservatrice, il pensiero verde della destra al potere
Nel suo primo anno di governo Giorgia Meloni ha parlato pochissimo di cambiamento climatico. Quando è successo, lo ha fatto quasi sempre per non nominarlo e per adoperare slogan come quelli citati. Mentre Meloni attacca l'ideologia altrui, il suo sostanziale silenzio sul clima dice tutto della sua. Su Valigia Blu ho parlato della "ecologia conservatrice", una sorta di pensiero verde di destra che vorrebbe essere alternativo a quello definito dominante. Si tratta in realtà di un coacervo di idee vaghe e confuse, la cui funzione si riduce a quella di serbatoio di slogan polemici contro l'ambientalismo. Come scrivevo, «più che a dotare i conservatori di un pensiero coerente e organizzato sui temi che riguardano l'ambiente, l'ecologia conservatrice sembra servire a liquidarli e a consegnarli all'irrilevanza».
Questa pensiero trae la propria linfa da posizioni negazioniste e antiscientifiche sul cambiamento climatico. E il negazionismo è esattamente ciò che si ritrova nelle uscite recenti di esponenti dei partiti dell'attuale governo, non solo Fratelli d'Italia. Proprio poche settimane fa, durante un’intervista la Presidente di Arpa Lombardia, nominata da Fratelli d'Italia, ha affermato di non credere che il cambiamento climatico sia causato dalle attività umane. Una tesi a tutti gli effetti negazionista.
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Lo scorso luglio perfino il Ministro dell'Ambiente, Pichetto Fratin, esponente di Forza Italia (che dovrebbe essere l'ala moderata del governo), ha affermato di non voler entrare in un (inesistente) "dibattito tra negazionisti e catastrofisti", che a suo dire andrebbe lasciato ai tecnici. «È solo colpa dell’uomo, come pensano i catastrofisti? Il dibattito lo lasciamo ai tecnici». Un'affermazione sconcertante.
In pratica, l'attuale Ministro dell'Ambiente della Repubblica Italiana ha sposato una delle principali tesi negazioniste, cioè quella secondo cui la scienza non sarebbe in grado di stabilire e quantificare la responsabilità degli esseri umani nell'attuale cambiamento climatico. Nello stesso tempo, il ministro non perde occasione per ribadire il proprio impegno e quello del governo nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni. Peccato che quegli obiettivi sarebbero un totale non-sense, se davvero ci fosse ancora in corso un "dibattito" come quello in cui il ministro non vuole immischiarsi. Le parole di Pichetto Fratin hanno creato ben poco scalpore. Di certo, di gran lunga inferiore a quello che avrebbe generato un'ipotetica uscita "scettica" sui vaccini del Ministro della Salute.
Non c'è bisogno di dire che anche nel discorso di Pichetto Fratin la parte del leone la faceva la polemica sul "fanatismo ecologico". La cornice era data dalla pretesa di stare in una "via di mezzo" tra catastrofismo e negazionismo, un altro vecchio leitmotiv. Dal secondo si prendono, a parole, le distanze, mentre il primo lo si identifica con il "fanatismo ecologico" quando, in realtà, non è che la posizione della scienza. Che l'attuale cambiamento climatico sia al 100% antropico non è infatti l'opinione di presunti catastrofisti, ma è quella della comunità scientifica.
La destra italiana non vuole, e forse ancora non può, risolvere le proprie ambiguità, perché ha bisogno di tenersi strette scappatoie retoriche che tornano utili a motivare alcune posizioni davanti all'opinione pubblica. Essa si trova oggi, suo malgrado, a gestire le politiche per il clima. È costretta, perciò, a tenere il piede in due scarpe. Mentre annuncia che l'Italia contribuirà con 100 milioni di euro al fondo per sostenere i paesi più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico (bene), Giorgia Meloni spreca l'occasione, rappresentata dalla COP28, per lanciare al mondo un messaggio finalmente limpido: che il problema dell'Italia e dell'umanità è la realtà del cambiamento climatico, fatta di impatti ecosistemici e di pesanti costi economici, non il fantasma del "fanatismo ultra-ecologista"; che è necessario fermare il riscaldamento globale attraverso riduzioni drastiche e rapide delle emissioni, come ha ribadito l'IPCC; che tutto questo è il vero pragmatismo ed è anche scienza, non "radicalismo ideologico". Il risultato è che invece di un messaggio di responsabilità e urgenza, ora si leggono titoli di agenzie che riportano l'ennesimo, sterile, assalto contro i propri nemici immaginari.