Fuori da qui Post

Il diritto all’aborto sotto attacco in America

8 Giugno 2022 13 min lettura

Il diritto all’aborto sotto attacco in America

Iscriviti alla nostra Newsletter

12 min lettura
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha rovesciato Roe vs Wade

Aggiornamento 24 giugno 2022: La Corte Suprema ha emesso la sua decisione nel caso Dobbs vs Jackson Women's Health Organization, rovesciando di fatto la sentenza Roe vs Wade.

La decisione sancisce che non esiste più un diritto costituzionale all'interruzione volontaria di gravidanza. Tale diritto sarà eventualmente determinato dai singoli Stati, sempre che il Congresso degli Stati Uniti non decida intervenire con una legge. Nel frattempo, già nella giornata di oggi, secondo quanto riporta la CNN, sono in corso di approvazione in quasi metà degli Stati provvedimenti per vietare l'interruzione volontaria di gravidanza, e per regolamentare in modo estremamente restrittivo il ricorso a tale diritto.

 

La sentenza della Corte suprema Usa che potrebbe cancellare il diritto all’aborto negli Stati Uniti è imminente, prevista tra la fine di giugno e i primi di luglio. Se dovessero essere confermate le anticipazioni, l’aborto potrebbe diventare illegale o fortemente limitato in 23 dei 50 Stati Usa. Nelle scorse settimane è circolata una bozza, anticipata dal sito Politico e non smentita, che revoca di fatto la storica sentenza Roe v. Wade del 1973 “che garantiva la protezione costituzionale federale del diritto di aborto” e di una successiva del 1992, la “Planned Parenthood v. Casey”.

Leggi anche >> Usa, la Corte suprema si prepara a cancellare il diritto all’aborto. Lo scoop di Politico

In queste settimane si sono moltiplicati appelli, analisi, simulazioni degli scenari che attendono le donne americane che avessero necessità di ricorrere all’interruzione di gravidanza. Siccome la sentenza rimetterebbe nelle mani dei singoli Stati Usa la possibilità di legiferare in modo autonomo in materia, senza la protezione “ombrello” garantita dalla Roe v Wade, l’incertezza e l’allarme sono massimi. Alcuni Stati a guida democratica hanno ampliato nel tempo le garanzie, ma molti Stati repubblicani hanno progressivamente ridotto l’accesso a questo diritto costituzionale e soprattutto hanno pronte leggi (cosiddette “trigger”, cioè già con il “colpo in canna”) che automaticamente entrerebbero in vigore una volta revocata la garanzia federale, rendendo immediatamente illegale l’interruzione volontaria di gravidanza.  Vediamo cosa potrebbe accadere.

La Roe v. Wade

La sentenza del 1973 affermò il diritto a effettuare aborti in base al 14esimo emendamento della Costituzione, garantendo protezione costituzionale alle interruzioni di gravidanza fino alle 23 settimane di vita del feto, quando esso può sopravvivere al di fuori dell’utero. In questo cinquantennio molti attacchi sono stati sferrati al fondamento costituzionale del diritto all’aborto, ma quello arrivato dal Mississippi lo scorso anno, con la richiesta alla Corte di lasciar passare una legge che limiterebbe l’aborto alle 15 settimane di gestazione, ha dato ai giudici costituzionali la possibilità di revisionare per la prima volta decenni di precedenti giudiziari e legislativi sollevati dalla Roe v. Wade. In attesa della sentenza della Corte, i legislatori statali si stanno preparando, in un senso e nell’altro, a regolamentare autonomamente questa delicatissima materia.

I “Pro Choice”

Una trentina di Stati a guida democratica, come la California, il Vermont, il Colorado, e il District of Columbia, stanno mettendo a punto leggi protettive del diritto all’aborto. Di questi, 16 Stati avevano già adottato misure in questo senso. A marzo la California ha legiferato per eliminare i costi aggiuntivi non coperti dai normali piani sanitari e rendere il “Golden State” un vero rifugio per le donne che hanno bisogno di interrompere una gravidanza, con aiuti pubblici sia alle donne che ai sanitari. In Colorado i parlamentari statali democratici hanno messo a punto una legge che garantisce il diritto di scelta di continuare o interrompere una gravidanza senza alcuna interferenza da parte di “entità pubbliche”. In Vermont è stato proposto un emendamento che rende l’aborto un diritto costituzionale (statale). In Connecticut, ora per legge non saranno solo i medici ad essere abilitati a praticare le interruzioni di gravidanza, ma anche altri professionisti - ostetriche, infermieri, assistenti sanitari. La legge protegge chi pratica l’aborto da eventuali denunce provenienti da altri Stati in cui dovesse entrare in vigore un divieto esteso anche al di fuori dei propri confini. Altri Stati che hanno messo a punto più o meno di recente leggi protettive sono Washington, Rhode Island, Oregon, New York, New Jersey, Massachusetts, Maryland, Illinois, Hawaii, Delaware. In Nevada l’aborto è consentito fino a 24 settimane da un referendum passato addirittura nel 1990, il cui esito non può essere sovvertito da una legge statale.

I “Pro Life”

Secondo il Guttmacher Institute, istituto di ricerca, raccolta dati e attivismo sulle politiche riproduttive negli Usa, sono almeno 23 gli Stati che intendono bandire il diritto all’aborto. Almeno 26 Stati hanno già approvato leggi restrittive, alcune delle quali potrebbero entrare in vigore automaticamente una volta che la sentenza “protettiva” della Corte costituzionale venisse rovesciata. “Per decenni abbiamo assistito a restrizioni su restrizioni, ora ci prepariamo a vedere divieti su divieti”, commenta Elizabeth Nash, che si occupa di studiare le politiche degli Stati per il Guttmacher Institute.

Uno spostamento legislativo, dice Nash, che riflette il rafforzamento delle maggioranze repubblicane nei parlamenti statali sia in termini numerici che di influenza cultural-politica, diretta emanazione del crescente conservatorismo della Corte costituzionale.

Secondo i calcoli del Guttmacher Institute, i divieti al diritto all’aborto sono stati approvati in almeno una delle due Camere in sette Stati: Arizona, Idaho, Wyoming, Florida, Kentucky, Oklahoma e West Virginia.

Già prima della sentenza del ‘73 alcuni Stati (Michigan, Wisconsin e West Virginia) avevano in vigore divieti che non sono mai stati rimossi. Altri (Alabama, Georgia, Iowa, Ohio e South Carolina) avevano approvato divieti parziali, leggi che limitavano il procedimento a un certo numero di settimane di gestazione, ma quasi tutti erano stati bloccati dai ricorsi in tribunale.  

I crociati

A guidare la crociata contro l’aborto sono alcuni tra i più grandi e influenti Stati della federazione. Il mese scorso il governatore della Florida (Stato che detiene il terzo posto, dopo California e New York, per percentuale di aborti su scala nazionale: 8,2%) Ron DeSantis ha sottoscritto una legge che proibisce l’aborto dopo 15 settimane di gestazione, simile a quella del Mississippi che è stata rigettata da un tribunale e il cui ricorso ha dato il via alla prevista, rivoluzionaria sentenza della Corte Suprema. La legge specifica quali sono le eccezioni che rendono l’aborto possibile: sostanzialmente, il pericolo di vita o di grave danno per la madre e un’anomalia grave (“fatal”, dunque pericolo di morte nell’utero) del feto. 

Il Texas a settembre ha proibito l’aborto dal momento in cui si ravvisa l’attività cardiaca del feto, in genere a sei settimane dal concepimento, e autorizza chiunque a denunciare medici che pratichino l’aborto, con incentivi alle denunce a partire dai 10mila dollari in caso di vittoria in tribunale. Ma nel giugno 2021 era già stato approvato un cosiddetto “trigger-ban”, cioè una legge che entrerà automaticamente in vigore 30 giorni dopo la sentenza della Corte suprema, e che prevede il divieto totale di aborto tranne che in caso di grave pericolo per la vita della madre.

Sulla scorta del bando texano, anche il Parlamento dell’Oklahoma ha approvato una legge che proibisce l’aborto dopo 6 settimane di gestazione. Il Wyoming ha approvato una legge che - in caso la Corte suprema revocasse la Roe v. Wade - limiterebbe l’aborto solo a specifici casi (stupro, incesto, rischio di vita per la madre).

La battaglia della pillola (via posta)

Circa la metà degli aborti praticati negli Stati Uniti sono farmacologici, mentre il resto è chirurgico. I divieti in vigore e quelli in arrivo si applicano a entrambi i metodi. Ed è sulla pillola abortiva che potrebbe aprirsi la battaglia legale decisiva per i diritti riproduttivi.

L’aborto farmacologico si ottiene con l’assunzione di due farmaci, mifepristone e misoprostolo. Il mifepristone, venduto negli Usa con il nome commerciale di Mifeprex e prodotto da Danco Laboratories e, in forma di generico, da GenBioPro, è stato approvato nel 2000 dall’agenzia federale di regolamentazione del farmaco (Food and Drug Administration, FDA). Viene usato in combinazione con il misoprostolo per indurre un aborto spontaneo: il mifepristone blocca il progesterone, necessario per l’evoluzione della gravidanza. Il misoprostolo (farmaco generico, usato anche come gastroprotettore) preso tra le 24 e le 48 ore dopo il primo farmaco causa crampi, sanguinamento e svuotamento dell’utero. La combinazione di farmaci è stato approvata come sicura ed efficace entro le prime 10 settimane di gestazione e la FDA non ha dato indicazione che debba essere assunta in ambiente sanitario medicalmente assistito, cosicché la maggior parte delle donne lo assume in casa. E proprio su questo punto si gioca una partita legale che - secondo alcuni esperti - potrebbe rivelarsi una delle armi più efficaci di protezione del diritto all’aborto in un’America “post Roe v. Wade”. I divieti di nuova normativa sono mirati sia all’uso (otto Stati) che alla commercializzazione (sette Stati) di questi farmaci. Nel 2020 la GenBioPro ha fatto ricorso contro la (ormai famosa) legge del Mississippi, sostenendo che le restrizioni alla commercializzazione della pillola contraddicevano le direttive della FDA, ente federale e in quanto tale di grado superiore agli enti statali. La legge contestata prevede anche che le donne debbano assumere la pillola in presenza di un sanitario (richiesta presente in altri 19 Stati). Ma, come abbiamo visto, la FDA non prevede questo obbligo e la casa produttrice basa anche su questo il suo ricorso.

Di fronte all’ergersi delle barriere legali sul territorio, per le donne che abitano negli Stati “rossi” più antiabortisti resta sempre la possibilità di procurarsi le pillole abortive online. Diffusasi naturalmente durante la pandemia, la possibilità di “telecurarsi” a casa è diventata ormai pratica radicata negli Stati Uniti. La FDA nel 2000 ha reso permanente - racconta il Washington Post - la possibilità di praticare l’aborto a casa con farmaci ordinati online negli Stati in cui la pratica è legale. Ma già prima della determinazione dell’agenzia del farmaco, gli aborti farmacologici erano cresciuti fino a coprire oltre il 54% delle interruzioni di gravidanza totali in tutti gli Usa. E molte donne si rivolgono a cliniche e produttori stranieri (in cima a tutti l’India) per ordinare farmaci di uguale composizione ma più facile reperimento, sempre però con l’incognita che il pacchetto arrivi entro i tempi indicati per poter praticare l’aborto in modo sicuro.

Limitare l’accesso a pacchetti postali ordinati online è naturalmente molto difficile, ma i tentativi non mancano. In 19 Stati è proibita la telemedicina a scopo di consulenza per l’aborto, e c’è l’obbligo per medico e paziente di trovarsi fisicamente nella stessa stanza. In Arizona, Arkansas e Texas è proibito ordinare le pillole per posta. L’aborto farmacologico è limitato a 49 giorni in Texas e 10 settimane in Indiana, e altri Stati (Kentucky, Montana, Oklahoma e South Dakota) hanno approvato regolamentazioni che al momento sono bloccate da ricorsi in tribunale. In Alabama è allo studio una legge che abolirebbe del tutto l’aborto farmacologico: problema “risolto” alla radice.

Leggi anche >> Usa, “Siamo davanti a una minaccia senza precedenti. Il 2021 sarà un anno determinante nella storia del diritto all’aborto”

Il mosaico di divieti e ostacoli incrociati rischia di mettere in moto (e in parte sta già accadendo) un effetto domino micidiale, in cui le restrizioni si accumulano e si sovrappongono fino a far diventare impossibile l’aborto in alcune parti del paese, e dunque incentivare i “viaggi della speranza” (o meglio, della “scelta”) verso Stati più garantisti. Ma anche questo scenario rischia di creare squilibri e tensioni inediti. 

In viaggio per la scelta

L’aborto sta già diventando un’arma politica tra Stati blu e Stati rossi, e il ribaltamento della Roe v. Wade acuirà questo scontro in modo esponenziale, rendendo sempre più complesso per le donne trovare un approdo sicuro per vedersi assicurato il diritto all’aborto. Chi ad esempio decidesse di partire dal Missouri per andare ad abortire nel vicino Illinois potrebbe presto rischiare un’incriminazione, insieme al medico del vicino Stato che dovesse praticare l’aborto. La California ha adottato misure protettive specifiche per operatori sanitari locali che si trovassero in guai giudiziari per aver aiutato donne di altri Stati. Altra situazione precaria è quella del Colorado, un’isola garantista in un mare di Stati proibizionisti: Utah, Wyoming, Arizona e Oklahoma sono pronti al bando totale non appena la Corte suprema prenderà la sua decisione. Il Colorado si sta attrezzando per accogliere le donne che potranno permettersi di passare il confine per andare ad abortire. Flussi ingenti si attendono anche dal Texas. Tutto ciò ha un costo, e per questo si stanno muovendo attivisti e organizzazioni filantropiche per raccogliere fondi per le spese legali e l’ausilio a cliniche e operatori sanitari. La multimiliardaria ex di Jeff Bezos, MacKenzie Scott, ha già donato 20 milioni di dollari alla sede di Planned Parenthood delle Montagne Rocciose (Colorado) proprio per far fronte al flusso di “rifugiate” dell’aborto. La Whole Woman’s Health, attiva in Texas e in cinque altri Stati, oltre ad aver creato un fondo per aiutare le donne nelle spese di viaggio e di soggiorno, ha aperto una nuova sede vicino l’aeroporto di Minneapolis: anche il Minnesota potrebbe diventare meta dei “viaggi della scelta”.

Le mappe del diritto

Per orientarsi nel labirinto di divieti, limitazioni, rischi penali, ed eventualmente per organizzare il “viaggio della scelta”, sono ormai reperibili online ogni genere di mappe interattive. Il Guttmacher offre un database aggiornato in tempo reale sullo stato della legislazione in materia di aborto. Il sito offre una mappa interattiva che permette agli utenti di calcolare quanto bisognerebbe viaggiare da ciascuno Stato in caso venissero adottati diversi livelli di divieto dell’interruzione volontaria di gravidanza.

Anche Planned Parenthood ha sul sito una mappa interattiva con aggiornamenti in tempo reale della legislazione, Stato per Stato

Altri siti di informazione e attivismo stanno fornendo questo servizio, a riprova dell’urgenza informativa legata all’incertezza di questo limbo legislativo in cui le anticipazioni della decisione della Corte Suprema hanno fatto piombare le donne americane. Come The 19th, progetto giornalistico dedicato alle donne, che mappa le diverse condizioni di aborto legale nei diversi Stati.

Il Fueller Project, altra redazione online dedicata al giornalismo investigativo su tutte le tematiche che impattano sulla vita delle donne nel mondo, amplia la sua mappatura anche alla regolamentazione delle pillole per l’aborto farmacologico.

La rivista Nature ha graficizzato le possibilità di sopravvivenza delle strutture sanitarie cui sarà possibile rivolgersi: la scarsità di risorse economiche, unita al rischio di sanzioni e carcere, sono disincentivi quasi insormontabili in alcune zone del paese. 

Iscriviti alla nostra Newsletter


Come revocare il consenso: Puoi revocare il consenso all’invio della newsletter in ogni momento, utilizzando l’apposito link di cancellazione nella email o scrivendo a info@valigiablu.it. Per maggiori informazioni leggi l’informativa privacy su www.valigiablu.it.

Quest’ultima mappa è forse quella che restituisce l’immagine più brutale dell’America post “Roe v. Wade”: un’America ancora più polarizzata, e sempre meno egualitaria. Soprattutto, un’America in controtendenza rispetto al resto del mondo, dove le leggi sull’interruzione volontaria di gravidanza si stanno facendo più espansive anche in considerazione dei risultati di anni di ricerche sull’impatto positivo che la salute riproduttiva ha per l’intero tessuto sociale dei Paesi. Perché il diritto all’aborto è anche uno spartiacque sociale molto potente, soprattutto per le donne di classe più disagiata e appartenenti alle minoranze etniche. Nature racconta di come i giudici della Corte Suprema (Roberts e Alito in particolare) abbiano reagito con insofferenza alle audizioni degli scienziati sociali ed economisti che tentavano di presentare dati tangibili: come le gravidanze non volute portino a conseguenze fisiche gravi per le donne, ma anche a conseguenze economiche, psicologiche, sociali di lungo termine (indebitamento, licenziamento, sfratto, separazione, con relativi stati depressivi e conseguenze negative per la salute). “Gli Stati Uniti possono già vantare il tasso più alto di mortalità materna e infantile tra le nazioni sviluppate. Se la Corte rovesciasse la Roe v. Wade, queste tristi statistiche peggiorerebbero ulteriormente”. Per non parlare dell’allargamento del gap già così pesante negli Stati Uniti: “il 75% delle donne che decidono di abortire si trovano nella fascia di reddito più bassa e circa il 60% di loro hanno già figli (...) Viaggiare di Stato in Stato per ottenere assistenza sanitaria potrebbe rivelarsi particolarmente difficile per chi non ha i soldi per pagarsi un biglietto aereo o non può assentarsi dal lavoro, o non riesce a trovare chi guardi gli altri bambini”. 

Eppure - come se si stesse parlando non di due Paesi differenti, ma di due pianeti differenti - uno degli argomenti portati a sostegno dai legali dello Stato del Mississippi contro la Roe v. Wade è che gli aborti non sono più necessari in una società in cui ormai c’è libero accesso alla contraccezione, le donne possono fare carriera conciliando famiglia e lavoro, le pratiche di adozione sono accelerate, l’assistenza sociale garantita, i datori di lavoro efficacemente dissuasi dal licenziare o non assumere donne incinte: le sentenze “Roe e Casey - dice Lynn Fitch, avvocata dello Stato del Mississippi - impediscono agli Stati e ai cittadini di proteggere a pieno la vita dei non nati, la salute delle donne, e la loro avanzata professionale”. Una lettura della società americana, e della condizione femminile all’interno di essa, diametralmente opposta a quella offerta da decenni di ricerche dall’esperienza quotidiana, in America e non solo: la partita dell’aborto è anche e soprattutto un gigantesco braccio di ferro culturale, sulla pelle delle donne.

Immagine anteprima: Legoktm / May 2022 abortion protest at Foley Square , CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons 

Segnala un errore

Leave a comment