Consiglio UE e copyright: cosa svelano i leak su tassa sui link e filtri antipirateria
4 min letturaIl 30 agosto Statewatch ha pubblicato un documento, trapelato dal Consiglio dell'Unione europea, che svela l'attuale stato delle discussioni sulla cosiddetta Direttiva Copyright, la proposta di riforma della normativa in materia di copyright, presentata nel settembre 2016 dalla Commissione europea e in diverse occasioni emendata. Gli ultimi emendamenti di compromesso proposti dall'attuale presidenza estone sono significativi, come sintetizzato dalla parlamentare Julia Reda e da Copybuzz.
Qui facevamo il punto della situazione >> Direttiva europea sul Copyright, a che punto siamo
Qui spiegavamo la proposta iniziale >> Europa e copyright: indietro tutta
La tassa sulle News
In merito alla cosiddetta tassa sulle news o link tax, in pratica un nuovo diritto a favore degli editori, le due alternative proposte sono le seguenti:
a) La prima versione sostanzialmente recepisce la proposta originaria della Commissione, che introduce un nuovo diritto esclusivo a favore degli editori, diverso e separato rispetto a quello degli autori, la cui durata è fissata in 20 anni. L'emendamento estende la proposta iniziale di tassa sui link, inglobando esplicitamente video, fotografie e perfino gli hyperlink (quando costituiscono comunicazione al pubblico), nonostante la questione sia ancora dibattuta dalla giurisprudenza europea.
Ricordiamo che una normativa simile è stata già adottata in Spagna e Germania, con risultati negativi, soprattutto per i piccoli editori. L’effetto di norme simili sembra essere quello di far scomparire gli aggregatori di notizie e ridurre la quantità delle pubblicazioni con un impatto sulla diversità delle fonti di notizie. E, con il diffondersi delle fake news e del concetto di post-verità, questo è decisamente negativo.
Axel Springer says search traffic fell 40% and Google News traffic plunged by 80% after removal from index: https://t.co/xyrsaoxp3F
— Mathew Ingram (@mathewi) 5 novembre 2014
b) La seconda versione riprende il testo della parlamentare Comodini Cachia, eliminando il diritto aggiunto a favore degli editori, ma introducendo a loro favore la capacità giuridica di citare in giudizio in nome proprio al fine di tutelare i diritti degli autori. In tal modo si eviterebbero danni collaterali sulla libertà di espressione online e ricadute negative sui piccoli editori.
Leggi anche >> Direttiva europea copyright: la tassa sui link non ci sarà
Tale proposta ha importanti implicazioni, perché dinanzi a un giudice l’editore non solo dovrà provare l’utilizzo illecito dell’articolo (considerando quindi anche le possibili eccezioni al copyright) ma dovrà anche provare l’effettivo danno subito da tale utilizzo (immaginiamo una causa contro un aggregatore di news tipo Google News, che, ad esempio, porta maggiore traffico ai giornali).
Si tratta di una proposta che mira a contemperare equamente i diritti in gioco.
Filtri antipirateria
Il famigerato articolo 13 introduce l’obbligo per i fornitori di hosting di dotarsi di algoritmi di filtraggio dei contenuti per rimuovere dai loro server i contenuti ritenuti illeciti da parte dei titolari dei diritti. Di fatto investe i provider del ruolo di sceriffi del web, imponendo loro degli oneri anche estremamente costosi. E questo in contrasto con la giurisprudenza della Corte europea che vieta il monitoraggio generalizzato dei contenuti immessi online dagli utenti.
Anche in questo caso il Consiglio dell’Unione europea propone due versioni. Entrambe prevedono l'introduzione di filtri per i contenuti immessi online dagli utenti dei servizi.
a) Il testo della prima alternativa, nel prevede comunque l’introduzione dei filtri, rimuove però il riferimento a “tecnologie di riconoscimento dei contenuti” e precisa che devono essere esaminati solo i contenuti caricati da utenti che non ne possiedono i diritti. Stabilisce che dovrebbero essere tenuti in considerazione non solo la natura dei contenuti ma anche il volume dei contenuti caricati, nonché la dimensione del servizio sul quale sono caricati. Sembrerebbe, quindi, riferirsi a una valutazione condotta dai provider con la collaborazione dei titolari dei diritti. Rimuove però la previsione di una responsabilità diretta da parte dei provider per questi contenuti, in caso di ottimizzazione della loro presentazione. Si prevede, infine, un obbligo di trasparenza nei confronti dei titolari dei diritti (non degli utenti!) nell’attuazione di queste misure di monitoraggio.
Si tratta, ovviamente, sempre di un monitoraggio generalizzato dei contenuti immessi dagli utenti, e quindi in contrasto con le sentenze della Corte di Giustizia europea (e della direttiva eCommerce), perché per verificare se un contenuto è illecito bisogna inevitabilmente controllarli tutti.
b) La seconda versione riprende la proposta della Commissione sul punto, addirittura peggiorandola, in quanto, oltre all'obbligo di filtraggio, introduce anche una responsabilità diretta per i provider che ottimizzano la presentazione dei contenuti caricati sui loro server (“including by optimising the presentation of the uploaded works or subject-matter or promoting them”).
Una situazione del genere si potrebbe riscontare non solo nell’inserimento di un elenco dei “video più belli” o “più popolari”, ma anche in un semplice indice dei contenuti caricati. In tal modo anche i cloud provider come Dropbox potrebbero essere ritenuti responsabili in caso di caricamento di contenuti in violazione del copyright, anche se solo presentano un indice alfabetico dei contenuti. Ad esempio, nella recente sentenza Pirate Bay, la Corte di Giustizia europea ha considerato l’indicizzazione dei torrent come indice della responsabilità per i contenuti immessi dagli utenti (sulla problematica dell’avvicinamento della giurisprudenza europea alle norme della proposta di direttiva copyright, si legga La nuova responsabilità degli intermediari in Europa).
La decisione finale del Parlamento europeo sulla proposta di direttiva dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno.
Immagine in anteprima via juliareda.eu