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Il caso Riotta-Greenwald: il problema delle fonti e del metodo giornalistico

24 Ottobre 2013 6 min lettura

Il caso Riotta-Greenwald: il problema delle fonti e del metodo giornalistico

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Martedì sul sito della Stampa viene pubblicato un articolo sullo scandalo Nsa firmato da Gianni Riotta.

L'articolo provoca la reazione critica della giornalista Stefania Maurizi, che sull'Espresso si era occupata del tema.

Maurizi fa riferimento a un passo specifico dell'articolo, dove Riotta scrive:

La campagna di Edward Snowden, ora rifugiato nella Russia di Putin a gestire la cassaforte di dati trafugata in Nsa, non è finita. L’ex giornalista del Guardian Glenn Greenwald è stato assunto dal miliardario Pierre Omidyar, fondatore della catena di aste online eBay, e il duo intende lanciare nuovi documenti, senza le precauzioni giornalistiche «old media» dei quotidiani, considerate obsolete. La filosofia di Greenwald e Snowden, condivisa dall’ex agente Kgb Putin e ora corroborata dalla ricchezza e diffusione digitale di Omidyar, è opposta a quella del giornalismo professionale, senza controllo delle fonti, ricerca dei motivi per cui certi documenti vengono diffusi, analisi delle conseguenze che la pubblicazione comporta, per esempio sull’antiterrorismo.

Il passo va tenuto bene a mente per due motivi:

  1. è il fulcro delle critiche;
  2. nelle repliche, Riotta userà, tra gli argomenti, quello del non si è detto quali punti sarebbero falsi.

Interviene personalmente Greenwald che critica i presupposti dell'articolo sulla parte che lo riguarda ("about how we publish").

Nel turbine di commenti e reazioni che si scatenano, Riotta parla di "groupies italiane" (in italiano e inglese!): a dispetto del plurale, è ovvio che sta parlando della collega Maurizi.

Il giornalista Fabio Chiusi, su Facebook, commenta senza citare esplicitamente Riotta. La critica investe un modo complessivo di trattare il caso Nsa da parte di "certa stampa", riducendo la portata dello scandalo o deviando su aspetti secondari, o ricorrendo addirittura a "invenzioni".

È magnifico l'atteggiamento di certa stampa che cerca in ogni modo di ridimensionare lo scandalo NSA. Sono passati dal '...

Pubblicato da Fabio Chiusi su Martedì 22 ottobre 2013

Fabio Chiusi parla con cognizione di causa, avendo dedicato molto tempo al Datagate.

Su Facebook Anna Masera, Social media editor alla Stampa, condivide lo status di Chiusi:

Caro Fabio Chiusi, spiace doversi trovare qui a dirlo, ma personalmemte sono d'accordo con te: sono posizioni preconcette, ideologiche, superficiali, senza alcun tentativo di verifica e di ricerca di alcun genere. Io credo nel giornalismo ben fatto e piuttosto che scrivere sciocchezze, non scrivo e mi inchino di fronte al lavoro ben fatto altrui... Come il tuo.

Su Twitter continuano i botta e risposta con Riotta. Interviene anche lo stesso Chiusi.

Il direttore della Stampa, Mario Calabresi, interviene il giorno dopo con un editoriale in italiano e in inglese.

Di Greenwald Riotta ha raccontato che sta varando un sito online con il miliardario fondatore di «eBay» Pierre Omidyar e ha messo in guardia dal ritenere obsoleti i vecchi strumenti del giornalismo: verificare fonti, ascoltare le due campane, dare diritto di replica. Osservazioni che non giustificano quel tipo di reazione, ma soprattutto non mi aspettavo che chi si fa paladino di buon giornalismo non si informi sulla natura di questo giornale che solo dieci giorni fa – a mia firma e proprio sulle pagine del «Guardian» – difendeva il suo lavoro dall’accusa di far regali ai terroristi. [...]

Questo è il modo di ragionare de «La Stampa», aperto al confronto delle idee e ai contributi, per questo sarei felice se Greenwald volesse raccontare su queste pagine i suoi progetti e il suo punto di vista, così come se accettasse l’invito di Arianna Ciccone a un pubblico dibattito al Festival Internazionale di Giornalismo. Ma con una premessa indispensabile: è difficile sapere cosa diventerà il giornalismo del futuro, avventura per cui tifiamo e in cui ci impegniamo, se ogni critica diventa «bugia», e i fatti che non ci piacciono «menzogna». In questo modo di certo perderemo tutti.

Le risposte all'articolo non si fanno attendere. Tra le repliche, ce n'è una lunga ed esauriente proprio di Stefania Maurizi, che risponde articolatamente in 21 tweet.

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Restano dunque aperte la questioni: su quali basi Riotta parla di pubblicazioni non verificate? Ha verificato a sua volta, prima di scrivere l'articolo? La credibilità di un articolo - e dunque - del giornalista che l'ha scritto e della testata che l'ha pubblicato, messe apertamente in dubbio da almeno due colleghi (Greenwald e Maurizi), possono aspettare fino a un dibattito pubblico (#ijf14) che, allo stato attuale, è solo ipotetico?

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