Dalla DaD al Recovery Plan: la grande occasione per ripensare la scuola
6 min letturaA cosa serve la scuola pubblica?
Dovremmo partire proprio da questa domanda, dicono gli autori di Cambiamo la Scuola, Chiara Foà e Matteo Saudino, "se vogliamo discutere di istruzione, senza comode scorciatoie e pigrizie intellettuali, con spirito critico e onestà di pensiero, per provare a comprendere meglio la società in cui viviamo e soprattutto quella che vogliamo costruire".
L'emergenza dovuta alla pandemia, con la sospensione della scuola in presenza, con i tentativi di dare continuità didattica attraverso il digitale, ha fatto emergere ancora di più le criticità strutturali del nostro sistemata scolastico: dai trasporti all'edilizia, dalle classi sovraffollate alla mancanza di un percorso formativo vero e proprio per i docenti, ai sistemi di valutazione, alla dispersione scolastica, alle cattedre vacanti fino all'esercito dei precari...
"A marzo scorso il mondo della scuola italiana è entrato in una sorta di universo parallelo - scrive Elisabetta Tola in un approfondimento dedicato all'innovazione e alla digitalizzazione della scuola italiana su Valigia Blu - dove sono state letteralmente mandate per aria decenni di abitudini e pratiche consolidate, di ritualità, di modalità formative, anche di equilibri e rapporti tra chi insegna e chi impara. Uno shock collettivo che ha travolto milioni di bambini e ragazzi, i loro insegnanti e le loro famiglie. Non è stato però, come si ama ripetere, l’effetto drammatico di un’emergenza imprevedibile. Al contrario, le ragioni sono molto chiare e difficilmente, date le scelte politiche e culturali fatte negli ultimi 30 anni, avrebbe potuto andare in un altro modo. La digitalizzazione di un paese non si improvvisa, tutto qui. L’assenza della transizione digitale della società italiana, e della scuola con lei, posizionata addirittura in retroguardia per quanto possibile, oggi la paghiamo a carissimo prezzo di stress, senso di inadeguatezza, perdita del controllo testimoniata dalle migliaia di post disperati e afflitti di altrettanti insegnanti sui vari social media. Ma le radici, ragioni, motivazioni e responsabilità sono molto chiare, profonde e vanno indietro negli anni. Ed è molto importante inquadrarle, anche solo per leggere quello che è successo in questi mesi sotto una luce non solo emergenziale, come vorrebbero fare in troppi. Alla pandemia, siamo arrivati impreparati in termini sanitari e di organizzazione sociale, e non avremmo dovuto. Alla DaD pure. E qui, tutto sommato, era pure più semplice evitarlo".
Cosa abbiamo imparato con la pandemia e quali sono le prossime sfide, ce lo ha raccontato sempre Tola in un altro approfondimento dove si mette in evidenza l'urgenza finalmente di un piano organico e di lungo periodo: "un piano che, per una volta, andrebbe pensato, disegnato e poi pure applicato e non solamente annunciato, sbandierato e poi rimesso nel cassetto come è successo già troppe volte". Perché, come ha scritto Gino Roncaglia, docente di Editoria digitale e informatica umanistica all’Università Roma Tre, nonostante lo sforzo immane messo in campo dalle scuole italiane, se è vero che le scuole hanno cercato di portare avanti il più possibile il proprio lavoro, è indubitabile pure che i periodi in presenza, nelle condizioni dettate dalle esigenze di sicurezza, sono stati caratterizzati da profonde alterazioni delle dinamiche collettive, delle possibilità di contatto e scambio tra studenti e con gli insegnanti, di tutte quelle attività che dentro e attorno alla scuola si sviluppano. E i periodi a distanza, con strumenti digitali “pensati per accompagnare l’interazione in presenza e non certo per rimpiazzarla”, hanno dovuto essere affrontati senza possibilità di programmazione a media e lunga durata, e hanno significato per molti, troppi studenti, un’alienazione profonda rispetto alla vita scolastica cui avrebbero diritto.
Com'è andato quest'anno di scuola d'emergenza, a distanza, sperimentale, in crisi ce lo racconta anche Christian Raimo su Slow News. Cosa è mancato e cosa c'è da recuperare? Raimo tiene a precisare che 'un esame intellettualmente onesto di quest'anno accademico chiarisce quanto sia davvero fuori fuoco un racconto di una comunità di docenti, studenti, genitori, dirigenti, pro o contro la DaD".
E qui purtroppo non possiamo non sottolineare il ruolo dei media che di certo non ha aiutato. Dice Tiziana Metitieri, neuropsicologa e coordinatrice dell'Ambulatorio di Neuropsicologia presso l'Ospedale Pediatrico Anna Meyer di Firenze, a Valigia Blu: "Per diverse settimane le notizie sulla DaD hanno disseminato quell'onda di panico morale che non si vedeva dal periodo pre-pandemia con i dispositivi digitali, i social e i videogiochi. Il meccanismo è stato lo stesso: si è diffusa una nuova tecnologia in grado di produrre cambiamenti nella società, la nuova tecnologia è stata associata a gravi problematiche sui più giovani, l'opinione di esperti sprovvisti di dati ha convalidato o rafforzato questa associazione, i politici si sono fatti interpreti del panico morale per dimostrare il loro impegno nella risoluzione delle problematiche. Ne è derivata ancora una volta molta confusione nella comunicazione, accompagnata dallo spostamento dell'attenzione dagli annosi problemi strutturali della scuola e da una copertura sensazionalistica del disagio psicologico causato dalla pandemia nei più giovani".
Siamo oggi anche grazie ai fondi del Recovery Plan e al Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) davanti a una grande occasione: ripensare la scuola.
Quello che emerge dal PNRR però è una scuola, scrive Girolamo De Michele, "pensata e disegnata come un tapis roulant verso l’impresa 4.0. Del resto, la filosofia del New Public Management innerva tutte le proposte del Piano sull’uso del Recovery Fund. La scomparsa della sfera pubblica senza che scompaia del tutto la proprietà pubblica, immergendola nelle leggi del mercato, è la logica di fondo. In questi anni la scuola è stata intesa come l’anticamera del mondo del lavoro, una riserva di caccia per industria e terzo settore. Se l’indebolimento della scuola pubblica ha favorito le lobby dell’istruzione privata e il mercato delle lezioni private, la crisi pandemica ha reso evidente la penetrazione, in corso da tempo, del capitalismo delle piattaforme nell’istruzione. Per contro, una scuola in aule spaziose all’interno di edifici sicuri, con numeri di studenti, docenti e collaboratori scolastici compatibili con il percorso educativo, una distribuzione dei plessi sul territorio, adeguati collegamenti fra casa e scuola, e un’infermeria scolastica in ogni plesso, è una condizione per la messa in sicurezza della didattica oggi; ma anche la precondizione imprescindibile per progettare la scuola del domani, che sappia confrontarsi con quattro crisi epocali e sistemiche: climatica, migratoria globale, economica, e la prima delle crisi pandemiche del nuovo secolo. Su questi presupposti, il Piano governativo è inaccettabile".
"La scuola oggi è più che mai a un bivio: da una parte può scegliere di un essere un luogo di una istruzione realmente democratica con l'obiettivo di cambiare in meglio la vita di studenti e studentesse, - scrivono Foà e Saudino - permettendo loro di emanciparsi dall'ignoranza, sudditanza tecnologica, sfruttamento economico e nichilismo al fine di provare a edificare una pluralità di mondi in cui le persone possono provare ad autodeterminarsi per vivere liberi e felici. Dall'altra parte corre il rischio di tramutarsi, in modo inarrestabile, in un triste non luogo, che reitera e in molti casi acuisce le tante miserie e ingiustizie di una realtà in cui i diritti di tutti sono soffocati dai privilegi di pochi e dove la vuota retorica della meritocrazia è il classico dito che nasconde una luna fatta di crescente marginalità e insuccesso formativo".
Davanti a questa sfida qual è la situazione della scuola italiana? Le riforme di certo non sono mancate, quello che è mancata sempre però è una visione futura della società. Dalla Moratti alla Buona Scuola ha prevalso l'approccio aziendalista / economicista, gli economisti hanno avuto la meglio sui pedagogisti. Meritocrazia, scuola-azienda, burocrazia stanno sempre più affossando il vero spirito costituzionale del diritto all'istruzione. Finendo così la scuola pubblica per essere un luogo di disuguaglianze, dove, scrive Girolamo De Michele, nell'importante saggio, La scuola è di tutti, "la trasmissione ereditaria dell'ignoranza e della disuguaglianza sociale è molto più accentuata rispetto a quasi tutti i paesi europei". Un paese, aggiunge Christian Raimo, di figli di papà, nel bene o nel male, e identico da un decennio all'altro.
Ecco perché, sempre citando Raimo dal suo libro Tutti i banchi sono uguali - La scuola e l'uguaglianza che non c'è: "Non possiamo ragionare di scuola delle disuguaglianze senza mettere in discussione l'intera struttura sociale".
"Dalla DaD al Recovery Plan: la grande occasione per ripensare la scuola" è il tema del prossimo incontro di Valigia Blu Live che si terrà giovedì 13 maggio alle 18.30 sul Gruppo Facebook Sostenitori di Valigia Blu. Con noi ci saranno Christian Raimo (docente, scrittore e giornalista), Elisabetta Tola (Radio 3 Scienza), Tiziana Metitieri (neuropsicologa e coordinatrice dell'Ambulatorio di Neuropsicologia presso l'Ospedale Pediatrico Anna Meyer di Firenze) e Pietro Blu Giandonato (geologo, insegnante di scienze in un liceo pugliese, esperto di tecnologie educative e formatore docenti).
Il video dell'incontro sarà poi disponibile a tutti a partire dal giorno dopo sul nostro canale youtube.
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