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Da grande voglio fare il freelance

29 Luglio 2013 6 min lettura

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Da grande voglio fare il freelance

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Cupi blogger, freelance rabbiosi, perfidi editor hanno dato vita in queste due settimane su Valigia Blu a un dibattito a più voci, vivace, ricco e costruttivo sul tema dei freelance e del mondo del giornalismo che cambia.

L'ebook che pubblichiamo e mettiamo a disposizione gratuitamente nasce da questo confronto. Abbiamo messo insieme testimonianze, spunti di riflessione, esperienze che al tempo stesso fotografano la situazione e avanzano (timidamente) proposte.

La discussione, come molti di voi sapranno, si deve all'articolo di Francesca Borri pubblicato dalla Columbia Journalism Review, che è stato oggetto di polemiche anche molto aspre. Alla vicenda abbiamo dedicato due post:

Freelance e guerra: una conversazione (un po’ animata) fra amici
Italian freelancer in Syria: checking @CJR fact-checking

Il nostro è un blog collettivo che ha come payoff: «viaggio nel mondo del giornalismo che cambia». Non potevamo perciò non cogliere l'occasione, andando al di là delle polemiche, per affrontare la questione di fondo che emergeva dalle conversazioni sui social network: la condizione dei freelance, il giornalismo - inteso come sistema di produzione giornalistico così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi e il relativo business - in crisi.

La crisi dei giornali non è un dramma privato di editori e giornalisti, ma un problema della società civile. Che dovrebbe riappropriasene.
(Enrico Pedemonte, Morte e resurrezione dei giornali. Chi li uccide, chi li salverà, Garzanti)

Provando ad andare oltre la denuncia o la mera fotografia del presente, speriamo nel nostro piccolo di aver contribuito a un dibattito tanto raro quanto necessario. Perché chi ha il sogno di fare il giornalista (e forse sempre più questo significherà fare il freelance) possa avere strumenti, dati, conoscenze a disposizione per provare a realizzare quel sogno.

Il nostro messaggio in fondo è un messaggio positivo: non vi diciamo di  rinunciare al sogno, ma il sogno ha più possibilità di riuscita quanto più si è consapevoli del contesto e si è in contatto con la realtà.

E a proposito di realtà, abbiamo voluto inquadrare il tema nel suo contesto più ampio. Per questo segnaliamo alcuni dati significativi del mondo del giornalismo in profonda trasformazione.

Con una premessa (tratta dall'ebook di Valerio Bassan Tutta un'altra notizia):

1) La crisi del giornalismo è globale e inevitabile;

2) Vivere di giornalismo non è mai stato così difficile;

3) C'è chi sta risalendo la corrente (vedi Die Zeit, Huffington Post, Business Insider, New York Times);

4) I lettori hanno ancora fame di buon giornalismo;

5) Ripartiamo da zero. Dobbiamo reinventare questo mestiere, partendo da quattro assunti fondamentali:

  • il giornalismo sopravviverà alla sua trasformazione;
  • l'innovazione sta portando nuove interessanti opportunità;
  • le persone contano più di quanto crediamo;
  • errori e fallimenti sono il terreno su cui dobbiamo costruire i nuovi modelli di sostenibilità.

La situazione della stampa in Italia

Il 5 giugno 2013 la Federazione Italiana Editori Giornali ha pubblicato uno studio sulla situazione della stampa in Italia (i dati si riferiscono al biennio 2010-2012). Qui si trova una sintesi che in buona sostanza certifica la crisi profonda che stiamo vivendo:

1) Il 2012 è il quinto anno consecutivo con dati negativi per l'editoria. Diminuiscono le copie vendute e nel 2012 diminuiscono per la prima volta anche i lettori: le vendite sono scese del 6,6% e negli ultimi cinque anni il calo è del 22%. Più di un milione di persone ha smesso di comprare il giornale.

2) Cala anche la pubblicità: per la prima volta dal 2003 si è scesi sotto gli 8 miliardi di euro (-14,3% rispetto al 2011). Anche gli investimenti pubblicitari sulla tv sono diminuiti, ma in maniera meno pesante (del 20%).

3) Se nel 2011 su 52 imprese considerate, quelle in perdita erano state 37 e quelle in utile 15, la situazione, rileva il rapporto, ora è notevolmente peggiorata.

4)  Il costo del lavoro incide sui bilanci: nella struttura dei conti economici delle imprese editrici di quotidiani si registra la forte ripresa dell’incidenza del costo del lavoro sul fatturato: la percentuale del costo del lavoro sul fatturato (31,6% nel 2010 e nel 2011) è considerevolmente aumentata nel corso del 2012, giungendo a rappresentare il 35,1% del fatturato.

5) L’occupazione poligrafica e quella giornalistica sono in forte flessione. Nel 2011 e nel 2012, i poligrafici sono diminuiti, rispettivamente, del 5,6% e del 6,7%. I giornalisti nel 2011 e nel 2012 sono diminuiti nel complesso, rispettivamente, dell’1,4% e del 4,2%%. Nel 2012 nei quotidiani sono diminuiti del 4,6% (da 6.393 a 6.101 unità) e nei periodici dell’1,4% (da 2.912 a 2.872 unità). Ancora maggiore la contrazione dei giornalisti occupati nelle agenzie di stampa, passati da 1.034 unità nel 2011 a 935 nel 2012 (‐9,6%).

Lo stato di salute degli All Digital italiani

E anche le testate All Digital non si sentono tanto bene. Come scrive Pierluca Santoro:

La ricerca effettuata da Human Highway, analizzando la fisionomia e l’immagine delle testate online nel nostro Paese, mostra con chiarezza che i newsbrand restano quelli che nascono dalla carta, mentre gli all digital, ahimè, non sfondano dopo anni da loro lancio ormai e queste criticità sono ulteriormente confermate dall’analisi svolta da Claudio Plazzotta su «Italia Oggi» di venerdì 26 scorso.

Se insomma la sopravvivenza è un successo e la stabilità un miraggio il rischio che le testate pure digital italiane seguano il percorso della free press cartacea è concreto.

La fabbrica dei giornalisti

A novembre 2012 Libertà di stampa e di informazione ha pubblicato un rapporto sulla situazione della professione giornalistica in Italia (i dati sono relativi al 2011). Dati che vale la pena leggere con attenzione e che in estrema sintesi dicono che:

Sono oltre 112.000 i giornalisti in Italia (103.000 se si escludono gli iscritti all’elenco speciale e gli stranieri): il triplo che in Francia, il doppio che in UK. Ma solo il 45% sono attivi ufficialmente e solo 1 su 5 ha un contratto di lavoro dipendente, (guadagnando però 5 volte più di un freelance e 6,4 volte più di un Co.co.co). Intanto i rapporti di lavoro subordinato continuano inesorabilmente a calare (meno 5,1% dal 2008) e l’ età media degli attivi a crescere.

Il momento è caratterizzato da stato di crisi dei giornali, prepensionamenti e sostanziale blocco del turnover.
I praticanti sono scesi da 1.306 del 2009 a 868, mentre dal 2007 al 2011 solo nei tre maggiori gruppi, Rcs, Espresso e Mondadori, sono stati tagliati quasi 3300 posti, il 21% circa del totale.

Il quadro è complesso, difficile da decifrare, ma quello che è sicuro è che calano i contrattualizzati e invecchia progressivamente la professione.

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Se da grande vuoi fare il freelance questi dati ti saranno utili, come i consigli pratici che emergono nei vari interventi raccolti nell'ebook.

Nei siti di informazione online, i «giornalisti della carta» sono soppiantati da una nuova generazione di «freelance da macello», non meno supersfruttati di quelli della carta stampata. Xavier Ternisien descrive così questi nuovi «forzati dell'informazione»: «Media dell'età: 30 anni. Il pallore dei geeks, i maniaci del computer che passano il tempo davanti al video. (...) Inanellano giornate di dodici ore, il lavoro nei weekend o la notte». Dopo aver fatto studi più lunghi della maggior parte dei loro coetanei ed aver acquisito una notevole conoscenza in materia di Internet, questi giovani giornalisti si ritrovano ridotti al rango di «operai specializzati del Web», di «galeotti della tastiera», reclutati con contratti precari e salari molto bassi. Ma hanno due convinzioni radicate: ci sono sempre stati degli «schiavi dell'informazione» e, questa volta, l'avvenire del giornalismo appartiene a loro.
(Ignacio Ramonet, L'esplosione del giornalismo. Dai media di massa alla massa dei media, Edizioni Intra Moenia)

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