Il curriculum dello studente e il rischio di aumentare le disuguaglianze
7 min letturaIl 16 giugno 2021, con l’avvio degli esami di Stato del secondo ciclo, debutterà il Curriculum dello Studente, un documento che raccoglie tutte le esperienze scolastiche ed extrascolastiche svolte dai maturandi nel corso dei cinque anni di studi. Il Curriculum dello Studente era stato introdotto dalla legge 107 del 2015 – la cosiddetta ‘Buona scuola’ – e in seguito disciplinato dal Decreto legislativo 62 del 2017, ma non era stato ancora formalizzato. Ad adottarlo ufficialmente, con un decreto del 6 agosto 2020, è stata l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che ha poi passato il testimone all’attuale ministro Patrizio Bianchi.
Per la prima volta, quindi, gli studenti e le studentesse che dovranno sostenere la maturità 2020/2021, saranno chiamati a compilare un vero e proprio curriculum in vista dell’esame di Stato, che sarà poi allegato al diploma scolastico. Si tratta di un documento “rappresentativo dell’intero profilo dello studente, che riporta al suo interno le informazioni relative al percorso scolastico, le certificazioni conseguite e le attività extrascolastiche svolte nel corso degli anni”, come si legge sul sito del ministero creato appositamente per aiutare alunni e docenti nella compilazione.
“È uno strumento dal rilevante valore formativo ed educativo, importante per la presentazione davanti alla commissione e lo svolgimento del colloquio dell’esame di Stato del secondo ciclo – recita il video-tutorial pubblicato su Youtube dal ministero dell’Istruzione – e può costituire un valido supporto per l’orientamento universitario e lavorativo”.
Il Curriculum, che si compila online, è composto da tre parti. La prima, di competenza delle scuole, contiene tutte le informazioni riferite al percorso di studi. La seconda parte, a cura delle scuole e degli studenti, è inerente alle certificazioni di tipo linguistico, informatico o di altro genere. La terza parte, compilata dagli studenti, riguarda le attività extrascolastiche di tipo professionale, sportivo, musicale, culturale e di volontariato.
L’introduzione di questo nuovo documento ha subito suscitato qualche perplessità all’interno del mondo scolastico e non solo. Secondo il saggista e storico dell'arte Tommaso Montanari, è “una delle decisioni che chiariscono meglio la natura di questo governo: un gabinetto paleoliberista di destra”. Per Nicola Fratoianni, segretario del partito politico ‘Sinistra Italiana’, è “un errore, un elemento di diseguaglianza. Un anno fa riuscimmo a prorogare la sua attivazione. L’attuale maggioranza non l’ha fatto. È improvvida la decisione del ministero dell’Istruzione”. Ne è nata anche una petizione online, promossa da un gruppo di docenti, per rinviare l’applicazione del Curriculum dello Studente “vista la complessità organizzativa e professionale di una didattica scossa dalla seconda e dalla terza ondata di un evento pandemico assolutamente eccezionale”.
I punti critici sollevati sono due: la tempistica (il curriculum fa la sua prima apparizione nel secondo anno scolastico segnato dalla pandemia) e il rischio di aumentare le disuguaglianze già dai banchi di scuola. I docenti che hanno promosso la petizione su change.org, insistono sul primo punto: “Negli ultimi 14 mesi – scrivono – una gran parte delle attività extra-curriculari proposte dalle scuole non sono state attivate per ragioni legate alla pandemia e, fatta eccezione per chi ha potuto privatamente accedere a progetti extra-scolastici, anche nel periodo estivo, per molti studenti potrebbe apparire quanto meno frustrante trovarsi privi della possibilità di compilare quanto richiesto dalla piattaforma”.
Il maestro e pedagogista Franco Lorenzoni, fondatore del centro di sperimentazione educativa ‘Casa-laboratorio di Cenci’, sentito da Valigia Blu, ha detto che «questo è l’anno peggiore per fare una cosa del genere che necessita di una grande discussione anche con gli studenti. Abbiamo aspettato cinque anni, potevamo aspettare ancora. Bisognava coinvolgere in modo serio il mondo della scuola. In più c'è il paradosso di averlo introdotto in un anno in cui si è potuto fare pochissimo. Sembra una presa in giro».
Il paradosso è quello di aver chiesto agli studenti delle superiori di inserire le loro esperienze extrascolastiche nell’anno in cui hanno potuto a malapena svolgere le loro lezioni in presenza.
«C’è chi ha inserito corsi di nuoto fatti tre anni fa, non sapevamo cosa mettere», ha raccontato Daniele Conti a Valigia Blu, studente del liceo ‘Pacinotti-Archimede’ di Roma, maturando, e membro della ‘Rete Studenti Medi’, un’associazione studentesca d'ispirazione sindacale.
«Siamo rimasti molto perplessi – ha spiegato Anna De Marchi sempre a Valigia Blu, studentessa del liceo classico ‘Primo Levi’ di Montebelluna – ci siamo chiesti perché scrivere un curriculum se siamo studenti: la scuola non è un ambiente di lavoro. Riportare le proprie esperienze può essere vantaggioso se un ragazzo ha la possibilità di farle, ma per altri può essere sminuente, se queste esperienze non ci sono».
Il secondo – e più delicato – elemento critico, è appunto il divario che si verrebbe a creare tra studenti che hanno alle spalle famiglie in grado di finanziare corsi di lingua ed esperienze di studio all’estero, e alunni che non hanno questa opportunità. Anche il presidente della Corte Costituzionale, Giancarlo Coraggio, durante la conferenza stampa di presentazione della relazione annuale ha dichiarato che il Curriculum dello studente «rischia di favorire i più ricchi, che possono mandare i figli all’estero».
«Il Curriculum va a cristallizzare un modello di scuola aziendalistica che mette nero su bianco la disparità educativa che gli studenti hanno per fattori esterni, a volte legati alla mancanza di risorse – continua Daniele Conti – nella mia classe c’è chi ha inserito corsi di progettazione 3D e chi invece nel tempo extrascolastico fa il cameriere, ma non ha potuto neanche certificare quell’esperienza perché lavora in nero, come la maggior parte dei giovani. La scuola deve valutarci nell’ambito della sua offerta formativa, non invitarci a pagare attività extrascolastiche per la nostra formazione. Non mi dispiace l’idea che alla fine di un percorso venga rilasciato una relazione di tutto quello che è stato fatto, ma tutto questo può funzionare solo se è la scuola a fornire queste opportunità». Un’opinione condivisa dal 45% degli studenti che, in un sondaggio realizzato dal portale Skuola.net, ha definito il Curriculum “discriminatorio per i giovani che non possono permettersi di svolgere attività extra”.
Come recita l’articolo 3 della Costituzione Italiana, “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. La scuola svolge un ruolo cruciale nell’applicazione dell’articolo 3, ed è per questo che il Curriculum dello studente rischia di rappresentare «il contrario di quello che dovrebbe fare il settore dell’istruzione», dice Franco Lorenzoni. «È giusto che la scuola si accorga di cosa sappiano fare i ragazzi e che gli studenti intraprendano un processo di conoscenza di sé – commenta il pedagogista – ma è indubitabile che ci sia un aspetto discriminatorio. Se il Curriculum viene utilizzato per aiutare gli studenti a individuare il proprio progetto di vita e capire cosa possono essere nel mondo, può essere uno strumento interessante. Ma se invece il senso è pensarsi in quanto capitale umano da vendersi sul mercato, allora la scuola perde la sua funzione educativa e si limita a ratificare, senza critica, ciò che viene richiesto dall’industria».
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Per Cristina Costarelli, dirigente del liceo scientifico ‘Newton’ di Roma e vicepresidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp) del Lazio, questo rischio non c’è. «Le scuole conoscono bene le situazioni sociali e familiari degli alunni, e tutti i giorni lavorano per aiutare chi è in difficoltà. Chi ha un Curriculum vuoto di certo non verrà penalizzato in sede d’esame. Il rischio di una sfumatura classista c’è, ma possiamo attribuirgli anche un’altra lettura: quella di una scuola attenta all’apprendimento non formale, in grado di considerare e valutare anche le esperienze extrascolastiche degli alunni. Può essere uno stimolo per studenti e studentesse, non buttiamolo via a priori. Le criticità ci sono, ma ci sono anche delle opportunità».
A difendere il nuovo strumento, disegnato dalla Buona Scuola, è anche Alessandro Fusacchia, parlamentare del gruppo Misto (Facciamo Eco- Federazione dei verdi) e membro della VII Commissione (Cultura, scienze e istruzione), che all’epoca della riforma renziana era Capo di gabinetto del ministero allora guidato da Stefania Giannini. «È un’innovazione da utilizzare con cautela, soprattutto nell’anno più difficile per la scuola dalla Seconda guerra mondiale in poi. Ma la direzione che segna mi sembra buona – spiega il parlamentare a Valigia Blu –. Il nostro Paese è molto refrattario a qualsiasi elemento di valorizzazione, perché subentra sempre la paura che qualcuno subisca una penalizzazione. Ma valorizzare le esperienze degli studenti può essere importante per permettere ai giovani di fare un bilancio in prima persona. Sottrarsi ad un confronto con l’esterno non serve a nulla, né aiuta i giovani svantaggiati a uscire dalla loro condizione. Prima o poi, usciti dalla scuola, il confronto ci sarà, e non sarà solo con i coetanei che vivono nella stessa città o Regione ma sarà un confronto globale. Al contrario, rendere evidenti le disuguaglianze può permetterci di intervenire e magari potenziare le attività formative dove sono carenti. Non è il Curriculum a creare le differenze». «Il compito della scuola – aggiunge Fusacchia – è aiutare gli studenti a individuare la loro strada. Se la scuola non aiuta i giovani a capire chi sono e cosa vogliono fare, questo li renderà solo più confusi e li porterà a fare lavori che li appassionano di meno. Ed è solo facendo tante piccole esperienze, anche extracurriculari, che ragazzi e ragazze potranno individuare i loro talenti».
Scrive Christian Raimo su Internazionale: "L’idea – e l’impostazione – del curriculum dello studente risale alla legge 107 del 2015, la cosiddetta Buona scuola. E qui occorre aprire una parentesi su questa legge allora molto dibattuta: dall’alternanza scuola-lavoro alla chiamata diretta del dirigente, dall’organico di potenziamento al bonus del merito per i docenti, tutto l’impianto della Buona scuola si è rivelato in questi anni clamorosamente sbagliato e fallimentare, classista e farraginoso. Le poche cose da salvare, come la riforma della selezione e della formazione dei docenti, sono state le uniche disattese. Anche il curriculum dello studente non fa eccezione: si tratta di un mostro da un punto di vista pedagogico e normativo, come al solito mascherato da innovazione. Una piccola riforma talmente inutile, e pensata male, che non si riesce davvero a salvare nulla".
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