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La polizia croata è accusata di violenze e abusi sui migranti al confine con la Bosnia. L’UE è “complice”?

28 Novembre 2020 6 min lettura

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La polizia croata è accusata di violenze e abusi sui migranti al confine con la Bosnia. L’UE è “complice”?

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Migranti picchiati da agenti di polizia croata a volto coperto e costretti con la forza a ritornare oltre il confine in Bosnia. È il quadro che emerge dalle testimonianze e dai video riportati in un articolo pubblicato lo scorso 18 novembre da Der Spiegel che ricostruisce il tentativo di diverse persone in fuga dai propri paesi di attraversare il confine tra Bosnia e Croazia per raggiungere l'Europa occidentale.

Der Spiegel racconta quanto successo a "Ibrahim", un giovane pakistano partito due anni fa dal Kashmir, in base alle sue parole e a verifiche indipendenti: in una fredda giornata di fine marzo, insieme ad altri migranti, è stato costretto da parte di presunti uomini della polizia croata con indosso un passamontagna a togliersi giacca e scarpe. In queste condizioni, ricorda Ibrahim, lui e gli altri sono stati colpiti sulla schiena, sulle braccia e sulle gambe, anche con oggetti pesanti dagli agenti e costretti con la forza ad attraversare, in un punto largo solo pochi metri, il fiume Glina, confine naturale tra Croazia e Bosnia-Erzegovina. Un agente gli avrebbe gridato in inglese: «Salta! Torna in Bosnia!». Successivamente Ibrahim è poi riuscito ad arrivare in Italia, dove ha presentato una richiesta di asilo.

Der Spiegel continua spiegando che dopo che la "rotta balcanica" – utilizzata da centinaia di migliaia di profughi dalla Siria e da altri paesi per arrivare in Europa – è stata ufficialmente chiusa nel 2016, "migliaia di persone si sono accampate nella foresta e in antiche rovine di guerra nel nord-ovest della Bosnia-Erzegovina". Da questo punto, ogni notte cercano di superare le guardie al confine con la Croazia, armate e dotate di visori notturni. Da anni vengono denunciati abusi e respingimenti illegali effettuati da parte di agenti (spesso incappucciati) croati: "Le foto di organizzazioni umanitarie mostrano migranti con lacerazioni sanguinanti, braccia e denti rotti e segni coloro rosso scuro sulla schiena. I richiedenti asilo parlano di tortura con pistole stordenti, abusi sessuali e unghie strappate". Nel corso del tempo, numerosissime di queste testimonianze sono state raccolte da Organizzazioni non governative, medici e anche da parte dell'UNHCR.

Le autorità croate negano e respingono da sempre le denunce di abusi e respingimenti di migranti effettuati contro leggi e convenzioni. Per il ministro dell'Interno croato, Davor Bozinovic, queste persone sarebbero rimaste ferite in incidenti o si sarebbero ferite a vicenda per poi incolpare la polizia di frontiera croata, riporta sempre il settimanale tedesco. Dopo la pubblicazione dell'articolo di Der Spiegel, il ministro Bozinovic ha messo in dubbio la veridicità del racconto perché conterrebbe "una serie di incongruenze e contraddizioni" e comunicato che "naturalmente" saranno "verificati accuratamente i presunti incidenti" per poi informare l'opinione pubblica sui risultati raggiunti. Il governo di Zagabria ha parlato di un nuovo tentativo di screditare la Croazia da parte di gruppi che vorrebbero impedire l'adesione del Paese all'area Schengen, cioè lo spazio dell'Unione europea composto attualmente da 26 paesi dove poter viaggiare senza restrizioni interne.

Il processo di valutazione da parte della Commissione europea e degli Stati membri per entrare a far parte dell'area Schengen nei confronti della Croazia è iniziato nel 2016 e nell'ottobre 2019 il paese ha ricevuto una prima valutazione positiva. Nelle conclusione di questa valutazione si legge che la Croazia avrebbe dovuto continuare "a lavorare (...) all'attuazione di tutte le azioni in corso, in particolare nella gestione delle frontiere esterne". Secondo Julija Kranjec, esperta di questioni migratorie presso il Zagreb Center for Peace Studies (CPS), l'obiettivo principale della politica estera della Croazia è l'adesione all'area Schengen perché rappresenterebbe la piena integrazione del paese nell'Ue (dopo esserne divenuta membro nel 2013) e per ottenere ciò "deve dimostrare di essere disposta e in grado di difendere i suoi confini – una frontiera esterna dell'UE – da un numero notevole di migranti".

Kranjec in una dichiarazione a DW ha sottolineato che il comportamento della polizia croata rappresenta una chiara violazione del diritto internazionale e dei regolamenti dell'UE: "Tutti i rifugiati che raggiungono il territorio di uno Stato membro dell'UE e fanno domanda per l'asilo lì hanno il diritto di far valutare la propria domanda". E questo vale anche per coloro che arrivano illegalmente nell'UE.

Al momento, ci sono circa 8.000-9.000 migranti che vivono vicino al confine bosniaco. La maggior parte di loro proviene dall'Afghanistan, dal Pakistan o dalla Siria. La popolazione locale era inizialmente ben predisposta nei loro confronti, ma poi l'umore è cambiato. Ora molti si lamentano delle "condizioni intollerabili" e protestano contro i campi ufficiali e informali che sono nati col tempo.

La Croazia riceve fondi europei per la gestione delle frontiere esterne e tra i requisiti di accesso all'area Schengen c'è anche il rispetto dei diritti umani. Su questo aspetto la Commissione europea scriveva nel 2019 che erano state adottate da parte di Zagabria misure "per migliorare la tutela dei diritti umani, compreso l'impegno di svolgere indagini relativamente alle accuse di maltrattamento di migranti e rifugiati alle frontiere esterne, la Croazia continua a rispettare l'impegno assunto per quanto riguarda questo aspetto".

A ottobre, Ylva Johansson, commissaria agli affari interni della Commissione Ue, dopo aver ricevuto un rapporto in cui si denunciavano respingimenti illegali e trattamenti inumani nei confronti delle persone al confine croato con la Bosnia-Erzegovina, ha annunciato "una discussione approfondita con le autorità croate su queste e altre segnalazioni di violazioni dei diritti fondamentali".

Lo scorso 10 novembre, inoltre, l’Ufficio del difensore civico europeo ha avviato un'indagine a partire dalla denuncia di Amnesty International contro la Commissione europea per capire in che modo la Commissione "intende garantire che le autorità croate rispettino i diritti fondamentali nel contesto delle operazioni di gestione delle frontiere". Secondo la denuncia infatti ci sarebbero dubbi sull'istituzione di un reale meccanismo di monitoraggio da parte della Commissione europea sulle operazioni di gestione delle frontiere esterne da parte della Croazia e sul modo in cui i fondi assegnati per questo compito sono stati utilizzati da Zagabria.

"La Croazia sta agendo sotto pressione di altri Stati dell'UE", a sostenerlo, riporta DW, l'europarlamentare Erik Marquardt del partito tedesco dei Verdi. "Molti Stati dell'UE sono complici in questo comportamento. Sembra che la Commissione europea o singoli Stati membri dell'UE stiano esercitando pressioni politiche per ignorare i diritti umani dell'UE rispetto a questo caso".

A conferma di ciò, ha detto Marquardt a DW, il fatto che "i negoziati di adesione all'area Schengen sono stati avviati solo dopo che il paese ha iniziato a respingere sistematicamente i rifugiati al confine, anche con la violenza".

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Commentando questa notizia, Eve Geddie, direttrice dell'Ufficio delle istituzioni europee di Amnesty International, ha dichiarato: «L'annuncio odierno di un'indagine da parte dell'Ufficio del difensore civico europeo sul modo in cui la Commissione europea ha consentito che i fondi continuassero ad essere utilizzati senza garantire il rispetto dei diritti umani è un primo passo significativo per affrontare questi abusi e individuare le responsabilità».

Emily O’Reilly, mediatrice europea, ha detto a Euronews che «con la nostra indagine, stiamo esaminando i finanziamenti concessi dalla commissione dell'UE alle autorità croate in relazione alla gestione delle frontiere. Le nostre domande sono molto semplici, direi giornalistiche: chi, cosa, quando, come e perché. Che cosa è stato fatto, dove sono finiti i soldi, chi si è occupato di questo meccanismo». La risposta della Commissione dovrà arrivare entro gennaio: «Una volta fatto ciò, se scopriremo che si tratta di un caso di cattiva amministrazione, faremo delle raccomandazioni alla Commissione Europea».

Foto in anteprima via @NoNameKitchen1

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