Fonti pulite e risparmio energetico: come preservare clima ed energia e mantenere la coesione sociale
12 min letturaIl round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.
“La lotta contro il cambiamento climatico è l’ultima vittima della guerra in Ucraina?”, titolava nei giorni scorsi un articolo del New York Times presentando l'incontro in Germania, conclusosi ieri, tra i leader del Gruppo dei 7 paesi industrializzati (G7). Tra le questioni sul tavolo c'erano, infatti, anche quelle legate alla crisi energetica e ai problemi di approvvigionamento derivanti dalla guerra in Ucraina. Erano crescenti i timori di un ridimensionamento delle politiche e delle azioni per ridurre le emissioni di CO2 e limitare il riscaldamento globale.
L’invasione russa in Ucraina sembrava aver fatto comprendere l’importanza di svincolarsi dai combustibili fossili. Invece, dopo 4 mesi di guerra, la direzione intrapresa è esattamente quella opposta. L’incontro in Germania, che avrebbe dovuto consolidare l’impegno dei paesi G7 nella lotta al cambiamento climatico, ha visto i leader dei sette paesi più concentrati a far scendere il prezzo di petrolio e gas che a ridurre immediatamente le loro emissioni, scriveva il New York Times.
E le preoccupazioni della vigilia hanno trovato conferma nell'esito finale del vertice. I leader dei paesi G7 hanno concordato sulla necessità di finanziare, per un periodo limitato di tempo, progetti di estrazione di gas naturale per affrontare le conseguenze della guerra in Ucraina. "Il gas sarà necessario temporaneamente e per questo motivo potrebbero esserci investimenti che hanno senso, in questa fase di transizione, e che quindi potrebbero dover essere sostenuti", ha dichiarato il Cancelliere tedesco Olaf Scholz alla conclusione dei lavori.
Hanno trovato conferma, dunque, le voci circolate nei giorni scorsi. Due fonti istituzionali avevano riferito a Reuters che “alcuni leader dei paesi G7 stavano spingendo per il riconoscimento della necessità di nuovi finanziamenti per gli investimenti nelle energie fossili” con la dicitura nel documento finale “per un certo periodo di tempo”. Andavano in questa direzione, d'altronde, anche le dichiarazioni del Presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, che domenica scorsa aveva parlato pubblicamente della “necessità di investimenti a breve termine in infrastrutture per il gas nei paesi in via di sviluppo e altrove”.
Un accordo di questo tipo potrebbe avere effetti a cascata, scrive il New York Times, perché non solo potrebbe rendere più difficile convincere il resto del mondo a ridurre le emissioni e a investire nelle energie rinnovabili, ma mette anche a rischio l'obiettivo dichiarato di limitare il riscaldamento globale a 1,5° C.
Questa guerra rappresenta “un grande rischio o una grande apertura per il clima”, commenta Jennifer Morgan, ambasciatrice per il cambiamento climatico presso il Ministero degli Esteri tedesco ed ex presidente di Greenpeace International. “Le aziende produttrici di combustibili fossili, da tempo sulla difensiva, stanno capitalizzando le ansie per la sicurezza energetica e stanno esercitando forti pressioni per investimenti infrastrutturali a lungo termine che rischiano di far deragliare gli obiettivi internazionali sul clima concordati solo l'anno scorso. È questa la battaglia in cui ci troviamo”.
Non fa ben sperare il piano del premier britannico Boris Johnson di ridurre l'uso di carburante verde per attenuare l’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari e, a suo dire, scongiurare le carestie nei paesi più poveri, dipendenti in larga misura dal grano ucraino bloccato nei porti dalla Russia. Contro il piano – che secondo fonti di Downing Street fallirebbe senza il sostegno di tutti i paesi G7 – si sarebbero schierati gli Stati Uniti e il Canada.
È stato raggiunto un accordo per "esplorare" un divieto di importazione del petrolio russo venduto al di sopra di un certo prezzo. L'obiettivo prefissato alla vigilia dell’incontro in Germania era fissare un tetto per il prezzo del petrolio russo che consentisse ai paesi europei di importarlo, ma a un prezzo artificialmente basso, in modo tale da abbassare i prezzi del petrolio e della benzina in tutto il mondo, ridurre le entrate energetiche che finanziano la guerra della Russia in Ucraina e incoraggiare però anche una maggiore produzione di petrolio russo. Finora, l'embargo sul petrolio russo a causa della guerra in Ucraina ha avuto l'effetto, non voluto ma prevedibile, di far salire il prezzo globale del greggio, a vantaggio del principale esportatore, la Russia. "L'idea di porre un tetto è molto buona", ha dichiarato il Presidente francese Emmanuel Macron, "ma ci sono difficoltà tecniche di attuazione".
I leader del G7 hanno anche annunciato la nascita di un "Club del clima" per coordinare le azioni per affrontare il cambiamento climatico e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, senza fornire però dettagli su ciò che farà, pur riconoscendo che gli sforzi esistenti non sono sufficienti. "Notiamo con preoccupazione che attualmente né l'ambizione climatica globale né l'attuazione sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi riducendo le emissioni di gas serra", si legge nella dichiarazione finale.
“Invece di una massiccia ripresa delle energie rinnovabili, stiamo assistendo a un ritorno dei combustibili fossili”, ha dichiarato Luisa Neubauer, attivista tedesca di Fridays for Future, in piazza in Germania per protestare contro il vertice. "I leader del G7 hanno cinicamente usato la guerra in Ucraina come scusa per fare un enorme passo indietro nell'affrontare la crisi climatica durante questo vertice", ha aggiunto Wiktoria Jędroszkowiak, 20 anni, attivista polacca del movimento giovanile per il clima globale "Fridays for Future".
La scorsa settimana la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen aveva messo in guardia gli Stati membri dell'UE contro possibili loro disimpegni nella riduzione dell’uso dei combustibili fossili. L’intervento di von der Leyen era arrivato dopo la decisione di alcune nazioni di fare ricorso al carbone per far fronte alle minori forniture di gas dalla Russia. Tra questi, la Germania (dopo l’annuncio della riduzione delle forniture da parte della società statale russa Gazprom attraverso il gasdotto North Stream 1, ufficialmente “per motivi tecnici”), l’Austria e i Paesi Bassi che hanno annunciato l’intenzione di voler attivare la fase di “preallarme” di un piano di crisi energetica, eliminando un tetto alle centrali elettriche a carbone. Nonostante l'aumento dell'energia a carbone nel breve periodo, il governo tedesco ha dichiarato di voler rimanere fedele all'obiettivo di eliminare gradualmente il carbone come fonte di energia entro il 2030.
Nel frattempo, i ministri dell’Energia dell’Unione Europea, riuniti a Lussemburgo, hanno raggiunto un accordo dopo oltre 16 ore di negoziati su alcune proposte di legge in materia di clima. Tra queste, una nuova legge che chiede ai paesi membri di riempire i loro impianti di stoccaggio di gas fino almeno all’80% entro l’1 novembre (con il rischio di un effetto domino nel caso in cui alcuni Stati non riusciranno a raggiungere questo obiettivo, fa notare il ministro olandese per il Clima Rob Jetten); l'installazione, stando a quanto riportato da Reuters, di 1,5 milioni di "termostati 'intelligenti' a risparmio energetico", per contribuire a ridurre la domanda di energia; l'eliminazione graduale delle vendite di nuove auto a combustibili fossili a partire dal 2035 (un compromesso finale dovrà ora essere negoziato con il Parlamento europeo, anch'esso favorevole al divieto totale di vendita di veicoli con motore a combustione a partire dal 2035, riporta DW); l'istituzione di un Fondo sociale per il clima da 59 miliardi di euro (62 miliardi di dollari) per proteggere i cittadini a basso reddito da eventuali aumenti dei costi energetici causati dalla politica sulle emissioni di carbonio. "La transizione verso le energie rinnovabili ridurrà le bollette, ma molte persone avranno bisogno di un sostegno per arrivarci", ha commentato il responsabile della politica climatica dell'UE, Frans Timmermans.
IEA: l’Europa dovrà farsi trovare pronta in caso di interruzione totale delle esportazioni di gas dalla Russia
Sulle soluzioni alla crisi energetica senza pregiudicare gli impegni climatici, è intervenuto anche il presidente dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), Fatih Birol. In un’intervista al Financial Times, Birol ha detto che “l’Europa deve farsi trovare pronta nel caso in cui le esportazioni di gas russo vengano interrotte del tutto… Credo che i tagli siano orientati a evitare che l'Europa riempia i depositi e ad aumentare la rilevanza energetica della Russia nei mesi invernali”. I paesi “dovrebbero fare tutto il possibile per preservare le forniture ora, per garantire che gli stoccaggi possano essere riempiti prima dei mesi invernali”, ha aggiunto il presidente della IEA.
“Credo che, con l'avvicinarsi dell'inverno, i governi europei adotteranno misure sempre più severe in materia di domanda”, ha dichiarato Birol, aggiungendo che il razionamento delle forniture di gas rimane una possibilità concreta se la Russia dovesse tagliare ulteriormente le esportazioni.
Tra le soluzioni suggerite da Birol, il risparmio energetico e il mantenimento in attività delle centrali nucleari attive per le quali era prevista la chiusura. Tutti “dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di rimandare la chiusura [delle centrali nucleari] finché ci sono le condizioni di sicurezza”.
L’attuale spesa per il petrolio e il gas è in bilico tra due visioni del futuro: è troppo alta per un percorso allineato con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C, ma non è sufficiente a soddisfare la crescente domanda in uno scenario in cui i governi mantengono le attuali impostazioni politiche e non riescono a mantenere gli impegni assunti in materia di clima.
Senza l'attuazione di politiche volte a ridurre in modo significativo il consumo di combustibili fossili, il mondo continuerà ad affrontare pericolose oscillazioni dei prezzi del petrolio e del gas, ha concluso Birol: “A meno che i governi non si mettano alla guida e non mobilitino fondi importanti per creare una transizione energetica pulita, dovremo fare i conti con un'estrema volatilità dell'energia”.
Le sue affermazioni arrivano alla vigilia della pubblicazione di un nuovo rapporto della IEA sugli investimenti energetici nel mondo per il 2022, che evidenzia come i governi non stiano ancora facendo abbastanza per incoraggiare gli investimenti nelle energie rinnovabili per frenare la domanda di combustibili fossili e per evitare che l’attuale crisi energetica spinga milioni di persone verso la povertà energetica. Da questo punto di vista, “i finanziamenti extra per i paesi in via di sviluppo sono cruciali”.
Secondo il rapporto della IEA, si prevede che nel 2022 gli investimenti energetici complessivi aumenteranno dell'8%, raggiungendo i 2,4 miliardi di dollari. Gli investimenti nelle energie pulite “dovrebbero superare gli 1,4 miliardi di dollari”, con una crescita annuale del 12% dal 2020. Le tendenze attuali, tuttavia, restano ben al di sotto di quanto sarebbe necessario per mantenere il riscaldamento globale entro gli 1,5°C, commenta su Twitter l’analista di Carbon Brief Simon Evans.
“Sebbene gli investimenti nel settore del petrolio e del gas siano aumentati del 10% rispetto all'anno scorso, rimangono ben al di sotto dei livelli del 2019”, si legge nel rapporto. I prezzi alti dei combustibili fossili stanno generando guadagni “inaspettati” per i produttori di petrolio e gas che, scrive la IEA, potrebbero essere “un'opportunità unica per le economie produttrici di finanziare attività di diversificazione, nonostante i maggiori investimenti in energia pulita da parte delle aziende petrolifere e del gas, questi ammontano ancora solo al 5% della loro spesa in conto capitale complessiva. I profitti inaspettati di quest'anno basterebbero per “finanziare quasi un decennio di investimenti in combustibili a basse emissioni e cattura e stoccaggio del carbonio in uno scenario a emissioni zero nette”.
Nonostante l'aumento dei prezzi dovuto alle pressioni sui costi della catena di approvvigionamento, le energie rinnovabili rimangono più economiche della generazione a carbone o a gas in tutto il mondo, soprattutto alla luce dei prezzi record del gas.
Crisi energetica: come ridurre la domanda di energia in tre settori proteggendo le economie e il clima
Secondo un’analisi pubblicata su Nature da Felix Creutzig, docente di Economia della Sostenibilità all'Università tecnica di Berlino, la dipendenza globale dal gas, dal petrolio e dal carbone russo può essere ridotta del 20-60% e le emissioni di gas serra del 2,9% entro un anno, con azioni precise nei settori dei trasporti, delle costruzioni e della filiera alimentare.
La guerra in Ucraina ha innescato una crisi energetica e di approvvigionamento delle risorse. Le esportazioni russe rappresentano il 3,6% del carbone, il 7% del gas naturale e il 5,8% del consumo di petrolio a livello globale. Gran parte di queste esportazioni è destinata all'Europa. La Russia fornisce circa il 40% del gas dell'Unione Europea, quasi il 50% del suo carbone e un quarto del suo petrolio. La Russia sta tagliando le esportazioni di gas verso i paesi che non pagano in rubli. I prezzi sono in aumento e il gas e il petrolio scarseggiano. Alla luce di tutto ciò e delle sanzioni economiche contro la Russia, come possono i paesi ridurre le importazioni di energia russa? E, soprattutto, come possono farlo affrontando il problema del cambiamento climatico? In breve, spiega Creutzig, la soluzione è ridurre la domanda di energia: produrre più cibo e meno foraggio, guidare e volare di meno, abbassare il termostato nelle nostre abitazioni ed evitare di consumare più energia nelle ore di punta.
Nel campo dei trasporti l’analisi evidenzia cinque priorità: lavorare a distanza, quando possibile; ridurre i limiti di velocità; vietare le auto nei centri città; adattare le strade mettendo in sicurezza la mobilità ciclabile; sostituire i voli a corto raggio con teleconferenze.
Un altro ambito in cui gli interventi potrebbero generare enormi risultati, osserva su Facebook Gianluca Ruggieri, ricercatore dell’Università dell’Insubria, commentando lo studio pubblicato su Nature, “è quello del cibo, riducendo il consumo di alimenti animali (e di conseguenza la coltivazione e produzione di mangimi)”.
“Queste soluzioni non sono nuove – spiega Creutzig – ma la guerra in Ucraina ha reso la loro attuazione più urgente, politicamente e socialmente. Le scelte personali non sono sufficienti senza interventi normativi e di mercato per rendere le basse emissioni di carbonio un'opzione naturale”.
Energia: Total, EDF ed Engie invitano i francesi a consumare meno
I leader delle tre compagnie energetiche francesi TotalEnergies, EDF ed Engie hanno invitato i francesi domenica 26 giugno a ridurre i loro consumi di carburante, petrolio, elettricità e gas di fronte al rischio di carenze delle forniture e all’impennata dei prezzi che potrebbero minacciano “la coesione sociale” il prossimo inverno.
“Lo sforzo deve essere immediato, collettivo e massiccio. Ogni gesto conta”, scrivono in un testo congiunto pubblicato da Le Journal du dimanche Patrick Pouyanné (TotalEnergies), Jean-Bernard Levy (EDF) e Catherine MacGregor (Engie), mentre la Francia , come il resto d' Europa, sta cercando di riempire le sue riserve di gas per il prossimo inverno, con un obiettivo francese di stoccaggio del 100% entro l'inizio dell'autunno, nonostante il calo delle consegne di gas russe.
“L'energia migliore resta quella che non consumiamo”, sottolineano le tre compagnie che chiedono “consapevolezza e azione collettiva e individuale affinché ognuno di noi - ogni consumatore, ogni azienda - modifichi i propri comportamenti e limiti immediatamente il suo consumo di energia, elettricità, gas e prodotti petroliferi”.
L’invito delle tre compagnie energetiche francesi non è isolato. Il governo giapponese ha esortato i cittadini di Tokyo e dintorni a consumare meno elettricità, circa 37 milioni di persone, avvertendo che le forniture saranno limitate a causa dell'ondata di caldo. Mentre nel Regno Unito, milioni di famiglie potrebbero essere pagate per consumare meno elettricità nelle ore di punta il prossimo inverno per ridurre il rischio di blackout. Secondo National Grid, la multinazionale britannica di servizi di elettricità e gas, questa potrebbe essere un'opzione più economica ed ecologica rispetto a quella di pagare le centrali elettriche alimentate da combustibili fossili per generare più elettricità. Lo schema proposto dall'operatore del sistema elettrico (ESO) di National Grid premierebbe le famiglie che spostano l'orario in cui svolgono attività ad alto consumo di energia elettrica.
António Guterres (Segretario generale ONU): “Gli egoismi nazionali ritardano l’accordo globale sugli oceani”
Intervenuto all'apertura della conferenza dell'ONU sugli oceani a Lisbona, in Portogallo, il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, ha detto che l’“egoismo” di alcune nazioni sta ostacolando gli sforzi per concordare un trattato a lungo atteso per proteggere gli oceani del mondo. Il Segretario generale delle Nazioni Unite ha dichiarato che il mondo si trova nel mezzo di una "emergenza oceani" e ha esortato i governi a fare di più per ripristinare la loro salute.
A marzo, gli Stati membri dell'ONU sono stati criticati da scienziati e ambientalisti per non essere riusciti a concordare un piano per proteggere le acque d'altura dallo sfruttamento. Del 64% delle acque d'altura che si trovano oltre i limiti territoriali, solo l'1,2% è attualmente protetto. L'innalzamento del livello del mare, il riscaldamento degli oceani, l'acidificazione degli oceani e le concentrazioni di gas serra hanno raggiunto livelli record lo scorso anno, secondo il rapporto sullo stato del clima globale dell'Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) del 2021.
L'inquinamento marino è in aumento e le specie marine in declino, compresi squali e razze, le cui popolazioni si sono ridotte di oltre il 70% negli ultimi 50 anni. Quasi l'80% delle acque reflue mondiali viene scaricato in mare senza essere trattato, mentre almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani ogni anno. "Senza un'azione drastica, la plastica potrebbe essere superiore a tutti i pesci dell'oceano entro il 2050", ha avvertito Guterres. "Non possiamo avere un pianeta sano senza un oceano sano".
Nel suo intervento Guterres ha fatto riferimento anche alle notizie positive emerse dall'ultima conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani nel 2017, tra cui i progressi su uno strumento giuridicamente vincolante per conservare e proteggere la biodiversità nelle acque al di fuori della giurisdizione nazionale - parte del progetto di trattato delle Nazioni Unite sulle acque d'altura - e l'accordo dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) della scorsa settimana per ridurre i sussidi alla pesca distruttiva degli ecosistemi. Ma ha lanciato un appello ai governi affinché aumentino le loro ambizioni in materia di salute globale.
La conferenza di Lisbona dovrebbe portare all’adozione di una dichiarazione che, sebbene non sia vincolante per i suoi firmatari, potrebbe facilitare la protezione e la conservazione degli oceani e delle loro risorse. Anche se, riporta Reuters, secondo l'inviato speciale delle Nazioni Unite per gli oceani, “le speranze si stanno affievolendo”. La bozza della dichiarazione finale riconosce il fallimento collettivo del mondo e si impegna a invertire lo stato di salute degli oceani, senza però elaborare le modalità di realizzazione. Fa inoltre riferimento alla necessità di finanziamenti per i paesi in via di sviluppo per contribuire all'implementazione delle aree marine protette.
Immagine in anteprima via essentialsiteskills.co.uk