“L’ultimo rapporto ONU sul clima è allo stesso tempo un avviso di sfratto per l’umanità e un manuale di sopravvivenza”
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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.
“Agire ora o sarà troppo tardi”. La parte finale del sesto rapporto di valutazione del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), ha lanciato l’ennesimo avvertimento. Sempre uguale, quasi una litania. Ascoltata, ripetuta anche dai leader politici ma che non si trasforma in azioni immediate. Queste si diluiscono, invece, nei complessi compromessi tra politica, gruppi industriali, società energetiche e mercati, senza considerare le ricadute economiche e sociali della transizione energetica.
Le Conferenze sul Clima sono uno specchio di questi complessi rapporti di forza: la prima settimana a dire che non c’è molto tempo, la seconda – quella dei negoziati politici – a spiegare che c’è bisogno di tempo. E mentre trascorriamo le nostre amabili domeniche casalinghe a discutere di vernici lavabili, azioni dimostrative e decoro urbano, il "Synthesis report” dell’IPCC dice a tutti che quella che abbiamo di fronte è l’ultima finestra di tempo per poter limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, la soglia oltre la quale i nostri danni al clima cominceranno a diventare irreversibili.
Ma il senso dell’urgenza passa quasi inosservato nel nostro panorama mediatico non perché oscurato dalle azioni degli attivisti ambientali, come sostengono gli elargitori di buoni consigli e buon senso quasi fosse pizza al metro, ma perché la questione climatica non è ancora ritenuta prioritaria dai governi nazionali che a parole parlano di emergenza climatica e nei fatti agiscono a tutela di modelli di sviluppo consolidati e inossidabili, e dal racconto dei media, porosi alla subdola e insidiosa disinformazione di società dei combustibili fossili e negazionisti climatici, e che continuano a reiterare sempre gli stessi errori, nonostante ogni anno si sprechino i convegni e le linee guida su come parlare di clima, scienza ed energia.
Il rapporto dell’IPCC ci dice che “il clima è una bomba a orologeria sempre più prossima a esplodere”, ma al tempo stesso “è una guida per disinnescarla”, ha commentato il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. “È una guida di sopravvivenza per l'umanità. E ci dimostra come il limite di 1,5°C sia ancora raggiungibile”.
Guterres ha invitato i governi a intraprendere azioni drastiche per ridurre le emissioni investendo nelle energie rinnovabili e nelle tecnologie a bassa emissione di carbonio, chiedendo ai paesi ricchi di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2040 invece che aspettare il termine massimo del 2050 che molti di loro hanno prefissato: “Questo rapporto è una chiamata a gran voce per accelerare in modo massiccio gli sforzi per il clima da parte di ogni paese, di ogni settore e in ogni momento. Il nostro mondo ha bisogno di un'azione per il clima su tutti i fronti: tutto, ovunque, in una volta sola”, ha detto.
Cosa dice il rapporto
Il “Synthesis Report”, pubblicato il 20 marzo, è la parte finale del sesto rapporto di valutazione (AR6) dell’IPCC, il panel intergovernativo di esperti istituito nel 1988 per studiare il clima e informare scientificamente le decisioni politiche internazionali sul cambiamento climatico. La revisione completa delle conoscenze scientifiche sulla crisi climatica ha richiesto otto anni di lavoro a centinaia di scienziati. Le prime tre sezioni dell’AR6, pubblicate tra l'agosto 2021 e l'aprile 2022, riguardavano la scienza fisica alla base della crisi climatica e avvertivano che i cambiamenti irreversibili erano ormai quasi inevitabili; la seconda sezione riguardava gli impatti, come la perdita dell'agricoltura, l'innalzamento del livello del mare e la devastazione del mondo naturale; la terza riguardava i mezzi attraverso i quali possiamo ridurre i gas serra, tra cui le energie rinnovabili, il ripristino della natura e le tecnologie che catturano e immagazzinano l'anidride carbonica.
L’ultimo rapporto non contiene nuovi dati scientifici, ma raccoglie i messaggi chiave di tutti i lavori precedenti. Considerato che il prossimo rapporto dell'IPCC non arriverà prima del 2030, l’AR6 è di fatto la guida scientifica che dovrà informare la transizione energetica in questo decennio davvero cruciale per la comunità internazionale e il pianeta.
Nel rapporto, l'IPCC mostra una volta per tutte la devastazione che è già stata inflitta a vaste aree del mondo. Le condizioni meteorologiche estreme causate dai cambiamenti climatici hanno provocato un aumento delle morti per l'intensificarsi delle ondate di calore a tutte le latitudini, la distruzione di vite, paesaggi urbani e rurali ed ecosistemi a causa della siccità e delle inondazioni.
Here, again pic.twitter.com/igGauCwgUw
— Giulio Betti (@Giulio_Firenze) March 21, 2023
Secondo l'IPCC, più di 3 miliardi di persone vivono già in aree “altamente vulnerabili” ai cambiamenti climatici e la metà della popolazione mondiale soffre oggi di una grave scarsità d'acqua per almeno una parte dell'anno. In molte aree stiamo già raggiungendo il limite di adattamento a questi gravi cambiamenti, e gli eventi estremi climatici stanno spingendo sempre più persone in Africa, Asia, Nord, Centro e Sud America e nel Pacifico meridionale ad abbandonare i propri centri.
Tutti questi impatti sono destinati ad aumentare rapidamente poiché non siamo stati capaci di invertire la tendenza di 200 anni di aumento delle emissioni di gas serra, nonostante gli oltre 30 anni di avvertimenti dell'IPCC, avverte il rapporto.
Il mondo si riscalda in risposta all'accumulo di anidride carbonica e di altri gas serra nell'atmosfera. Ogni anno in cui le emissioni aumentano consumiamo più rapidamente il “budget di carbonio” disponibile: questo significa che negli anni futuri saranno necessari tagli molto più drastici.
#IPCC AR6 is out.https://t.co/mSKvOJjb3f pic.twitter.com/Gtk72vsjNQ
— marina vitullo (@marinavitullo1) March 21, 2023
Tuttavia, secondo il rapporto, c'è ancora speranza di rimanere entro un aumento delle temperature globali di 1,5°C. Le temperature attuali superano di circa 1,1°C i livelli pre-industriali. Se si riuscirà a raggiungere il picco delle emissioni di gas serra il prima possibile e a ridurle rapidamente negli anni successivi, potrebbe essere ancora possibile evitare le conseguenze derivanti da un aumento di 1,5°C.
Le emissioni cumulative future di CO2 previste, in base alla durata di vita delle infrastrutture a combustibili fossili esistenti e di quelle pianificate, ci portano approssimativamente a uno scenario di 2°C (83%) (alta confidenza). Tuttavia, “l’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili avrebbe l’effetto di ridurre le emissioni e produrre benefici come il miglioramento delle entrate pubbliche e delle prestazioni macroeconomiche e di sostenibilità”, spiega il rapporto.
This image from last @IPCC_CH is unquestionable. And shows the scenarios above all which generations will be living on a hotter to very very hot planet.
Now do you understand why many of them are scary?
#ClimateRepor pic.twitter.com/lvQvZYL1zh
— Rudi Bressa (@RudiBressa) March 20, 2023
“In parole povere, l'IPCC afferma ancora una volta che il carbone, il petrolio e il gas che abbiamo già in produzione ci faranno superare i nostri obiettivi climatici. La sintesi per i politici è semplice: fermare i nuovi progetti di combustibili fossili, ridurre gradualmente i progetti inquinanti esistenti, mettere in moto l'accesso alle energie rinnovabili. La scienza è inequivocabile, il problema è la mancanza di volontà politica che ci impedisce di agire con coraggio per invertire questa crisi”, commenta Alex Rafalowicz, direttore esecutivo della Fossil Fuel Non-Proliferation Treaty Initiative.
“Il rapporto non potrebbe essere più chiaro: è arrivato il momento di intraprendere azioni coraggiose che affrontino direttamente la crisi climatica in modo efficace”, aggiunge Tzeporah Berman, presidente dell'Iniziativa per il Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili e direttore del programma internazionale di Stand.earth. “Carbone, petrolio e gas continuano ad alimentare la catastrofe climatica, causando devastazioni diffuse in regioni vulnerabili come il Pacifico, dove gli eventi meteorologici estremi si verificano regolarmente e diventeranno ancora più frequenti. Milioni di persone in tutto il mondo stanno perdendo le loro case, le loro vite e i loro mezzi di sostentamento a causa della continua espansione di queste energie sporche. I nostri governi devono smettere di fingere di poter garantire la sicurezza pubblica continuando a espandere i combustibili fossili. Devono smettere di permettere alle grandi compagnie petrolifere e del gas di realizzare profitti record a fronte di impatti distruttivi per le nostre comunità e il nostro ambiente. Questo rapporto dell'IPCC ci sbatte ancora una volta in faccia la realtà: la nostra casa è in fiamme, quindi è ora che i leader mondiali si assumano le proprie responsabilità e smettano di gettare benzina per alimentare l'incendio”.
“Questo rapporto è allo stesso tempo un avviso di sfratto e un manuale di sopravvivenza”, commenta Ferdinando Cotugno su Twitter. “Il punto è che stiamo scegliendo di non sopravvivere. La Cina sta autorizzando 168 nuove centrali a carbone. Gli Stati Uniti hanno concesso il permesso per aprire un nuovo immenso giacimento di petrolio in Alaska. L'Europa e l'Italia continuano a comprare rigassificatori”.
“Stiamo facendo progressi, ma non abbastanza. Abbiamo gli strumenti per scongiurare e ridurre i rischi dei peggiori impatti della crisi climatica, ma dobbiamo approfittare di questo momento per agire subito”, chiosa John Kerry, inviato speciale del Presidente degli Stati Uniti per il clima.
Quest’ultimo rapporto dell’IPCC arriva, infatti, dopo un anno in cui le principali compagnie petrolifere e del gas hanno annunciato profitti record, dopo che per la prima volta un amministratore delegato di una grande compagnia petrolifera è stato nominato presidente della COP, e a pochi giorni di distanza dall’impegno dei ministri e dei funzionari di sei paesi del Pacifico - Vanuatu, Tuvalu, Tonga, Fiji, Niue e le Isole Salomone - per creare un “Pacifico libero dai combustibili fossili”, chiedendo a tutti gli Stati di unirsi al loro sforzo per un’eliminazione globale, equa e senza riserve di carbone, petrolio e gas. Insomma, l’esempio arriva dai governi delle nazioni più vulnerabili che si stanno muovendo per proteggere le loro economie e popolazioni.
Immagine in anteprima via ecodellacitta.it