L’idrogeno verde può davvero limitare il riscaldamento globale?
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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.
“La grande scommessa dell'idrogeno: fuffa o è il Santo Graal delle emissioni zero nette?”, così titolava un articolo del Guardian dello scorso ottobre che si chiedeva se possiamo fare davvero affidamento sull’idrogeno verde per il raggiungimento degli obiettivi climatici.
Un articolo di Adrian Odenweller e Falko Ueckerdt del Potsdam Institute for Climate Impact Research, autori di uno studio pubblicato su Nature Energy a settembre, ha cercato di rispondere a questa domanda analizzando quanto velocemente il mondo dovrebbe produrre idrogeno verde – prodotto dalla scissione dell’acqua con elettricità generata da fonti a basse emissioni di carbonio – per contribuire a limitare il riscaldamento a 1,5°C.
L'idrogeno è destinato a diventare uno degli elementi costitutivi per il raggiungimento degli obiettivi climatici globali, ma la produzione attuale proviene quasi esclusivamente da fonti ad alto contenuto di carbonio.
In buona parte viene prodotto scindendo le molecole di idrocarburi, emettendo decine di milioni di tonnellate di CO₂ e, durante la catena di approvvigionamento, anche metano. Perciò viene chiamato in gergo ‘idrogeno grigio’. Poi c’è l’‘idrogeno blu’, con minore tenore di carbonio: la CO₂ emessa durante il processo di produzione viene catturata e stoccata, tramite tecniche di Carbon Capture and Storage (CCS). L’idrogeno ‘nero’ è prodotto usando il carbone; quello ‘marrone’ con la lignite; quello ‘turchese’ dove il calore viene utilizzato per scindere il gas fossile mediante pirolisi (la decomposizione di una sostanza complessa mediante trattamento termico); quello detto ‘viola’ (o anche ‘rosa’ o ‘giallo)’ dove si usano l'elettricità e il calore dei reattori nucleari; quello per ora senza colore prodotto usando biomassa.
L’idrogeno classificato come pulito o ‘verde’, a bassissimo o praticamente nullo tenore di carbonio, viene invece prodotto da elettrolisi dell’acqua. Tramite l’apporto di elettricità, la molecola dell’acqua viene scissa in idrogeno e ossigeno. Quando l’energia elettrica utilizzata in questo processo proviene da fonte rinnovabile (perlopiù energia eolica e solare), è praticamente carbon free, ovvero ha un tenore di carbonio pressoché nullo.
Secondo lo studio di Odenweller e Ueckerdt, per fare davvero affidamento sull’idrogeno verde per limitare l’aumento delle temperature di 1,5°C dall’età pre-industriale entro il 2050, dovremmo aumentare la capacità degli elettrolizzatori di 6.000 volte rispetto ai livelli attuali di 600 megawatt (MW). Il che richiederebbe tassi di crescita simili a quelli raggiunti dagli Stati Uniti per le attrezzature militari nella seconda guerra mondiale. Un ritmo di crescita impensabile senza interventi politici rapidi.
“Le nostre analisi – spiegano i due studiosi – suggeriscono che anche con una velocità di crescita simile a quella dell'energia eolica e solare, la capacità degli elettrolizzatori non riuscirebbe a garantire più dell'1% dell'energia finale entro il 2030 nell'UE e il 2035 a livello globale - ben al di sotto del fabbisogno negli scenari di 1,5°C”.
Al momento, l'accelerazione della diffusione di alternative all'idrogeno, come le auto elettriche, i camion elettrici e le pompe di calore, offre una copertura contro il rischio che la diffusione dell'idrogeno non riesca a soddisfare le aspettative riposte in questo vettore energetico.
I progetti in cantiere
Nel 2021, a livello globale, la capacità degli elettrolizzatori di idrogeno era di circa 600 MW. Nello scenario NZE (Net-Zero emissions entro il 2050), l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha prefigurato un aumento di questa capacità di 3.670 gigawatt (GW), cioè 6.000 volte di più.
Se tutti i progetti annunciati nell’Unione Europea e in tutto il mondo verranno realizzati, entro il 2030 la capacità globale degli elettrolizzatori raggiungerà i 300GW.
L'attuale capacità di elettrolisi – spiegano i due ricercatori – è paragonabile alla capacità del solare fotovoltaico (PV) nel 2000. Per raggiungere i 300GW, ci sono voluti 17 anni. Se tutti i progetti annunciati si concretizzassero nei tempi previsti, per l’idrogeno verde ci vorrebbe la metà del tempo. Tuttavia, gli impegni di investimento negli elettrolizzatori sono in ritardo. Oltre l'80% della capacità annunciata per entrare in funzione nel 2024 non è ancora supportata da una decisione finale di investimento. Tutto questo non fa presagire scenari rosei.
Cosa sta facendo l’Unione Europea
Circa la metà dei progetti in cantiere è in Europa. Il pacchetto REPowerEU si è dato come obiettivo la produzione di 10 milioni di tonnellate (Mt) di idrogeno verde entro il 2030 e l’importazione di altre dieci. Produrre ogni 10 Mt di idrogeno richiederebbe circa 100 gigawatt (GW) di capacità di elettrolisi.
Gran parte dei progetti è stata sottoposta (o è in procinto di essere sottoposto) a uno studio di fattibilità. Se il 30% di questi progetti venisse realizzato entro il 2024, come previsto, la capacità installata dovrebbe comunque raddoppiare ogni anno successivo per rispettare gli obiettivi prefissati entro il 2030 [in basso a destra nella figura qui sotto], con un tasso di crescita del 100% - necessari per raddoppiare la capacità ogni anno - senza precedenti per le tecnologie energetiche e ben al di sopra di quelli storicamente osservati per il solare e l'eolico.
E se l’idrogeno verde avesse gli stessi tassi di crescita di eolico e solare?
In caso di tassi di crescita simili a quelli di eolico e solare, le analisi di Odenweller e Ueckerdt mostrano che l’idrogeno verde potrebbe essere scarso nel breve termine per diventare – ma non c’è certezza – più abbondante sul lungo periodo.
Con questo scenario, l'idrogeno verde riuscirebbe a garantire probabilmente meno dell'1% dell'energia finale entro il 2030 nell'UE e il 2035 a livello globale, ben al di sotto del fabbisogno prefigurati negli scenari di 1,5°C.
“Le nostre simulazioni indicano che nei prossimi decenni è probabile una ‘svolta’ verso capacità elevate degli elettrolizzatori. Tuttavia, i tempi e l'entità di questo cambiamento sono molto incerti. Per l'UE, le nostre simulazioni prevedono una ‘svolta’ intorno al 2038; a livello globale, intorno al 2045”, scrivono i due ricercatori. Un lasso di tempo molto in là rispetto alle ambizioni riposte nell’idrogeno verde.
Ci vuole coordinamento e interventi in tempi rapidi da parte dei governi
Per raggiungere gli obiettivi previsti da REPowerEU ci vorrebbero tassi di crescita elevati che riuscirebbero a colmare la scarsità a breve termine. Tuttavia, per raggiungere un’espansione di tipo emergenziale ci vorrebbero interventi su un’ampia gamma di tecnologie che “vanno dalle attrezzature militari statunitensi della seconda guerra mondiale alla rete ferroviaria ad alta velocità in Cina o alle tecnologie altamente modulari, come gli smartphone e i server Internet”.
Questo tasso di crescita richiede interventi rapidi e decisi, coordinamento a livello globale e finanziamenti speciali, spiegano Odenweller e Ueckerdt. I governi dovrebbero sostenere gli investimenti delle aziende, e coordinarsi per regolamentare e gestire l'aumento simultaneo dell'offerta, della domanda e delle infrastrutture per la produzione e l'utilizzo dell'idrogeno. Recentemente, UE e Stati Uniti hanno portato avanti nuove politiche sull'idrogeno per spezzare il circolo vizioso di offerta incerta, domanda insufficiente e infrastrutture incomplete. Resta da vedere se questo sforzo sarà sufficiente.
Al momento l’idrogeno ‘blu’ – ricavato dal gas con la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica – potrebbe svolgere un ruolo di ponte. Tuttavia, restano le preoccupazioni sulle emissioni durante il ciclo di vita e i forti aumenti dei prezzi del gas nell'UE hanno complicato la competitività dell'idrogeno blu.
Finché le incertezze sulla disponibilità e sui costi non si saranno diradate, i leader politici dovranno essere consapevoli del rischio di sopravvalutare le potenzialità dell'idrogeno. Se l'offerta superasse le aspettative, ci sarebbe sempre il potenziale per espandere i casi d'uso dell'idrogeno. Al contrario, se si fa affidamento sull'idrogeno per decarbonizzare i settori e l'offerta è inferiore alle aspettative, potrebbe essere troppo tardi per passare alle alternative in tempo per gli obiettivi climatici.
Ciò suggerisce che l'espansione di alternative già disponibili e più efficienti, come l'elettrificazione diretta con pompe di calore, auto elettriche e camion elettrici, offre una via di uscita nel caso in cui l'idrogeno si riveli una strada non percorribile.
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Immagine in anteprima via iconaclima.it