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Il Po a secco è la crisi peggiore degli ultimi 70 anni

21 Giugno 2022 19 min lettura

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Il Po a secco è la crisi peggiore degli ultimi 70 anni

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18 min lettura

Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.

Passano i giorni, le ondate di calore si susseguono da maggio, le temperature superano regolarmente le massime storiche, continua a non piovere e la siccità si aggrava. Tutto il bacino idrografico del Po è in sofferenza. Secondo l’Autorità di bacino del Po (AdBPo), “la situazione del grande fiume è infatti allo stato di emergenza più grave, probabilmente da quando se ne ha memoria, la crisi peggiore degli ultimi 70 anni”.

In attesa che venga dichiarato lo stato d’emergenza – che non servirà per interventi strutturali ma per erogare ristori alle aziende agricole che perderanno una parte consistente dei loro raccolti e per fare intervenire le autobotti in caso di carenza d’acqua – le regioni del nord Italia, in particolare un centinaio di Comuni piemontesi e lombardi, valutano la possibilità di razionare l’acqua, limitandone l’uso per i soli fabbisogni primari (tra le ipotesi in considerazione il divieto di riempimento delle piscine private), riporta l’Ansa.

La siccità è evidente nelle ultime foto satellitari. A Pontelagoscuro, nei pressi di Ferrara, “la portata è arrivata a 180 metri cubi al secondo, come un fiumiciattolo”. E il cuneo salino, il punto in cui l’acqua salata del mare Adriatico è risalita nella pianura, è arrivato a 20 chilometri dalla costa.

In realtà, spiega in un articolo su Repubblica Antonello Pasini, fisico del clima per il CNR, quello che stiamo vedendo in questi giorni non nasce oggi. L’innalzamento del livello del mare e le sottrazioni d’acqua degli ultimi decenni, che hanno abbassato il terreno, stavano già facendo entrare il “cuneo salino” all’interno, consentendo all’acqua del mare di raggiungere i pozzi che andavano a pescare acqua salata dalle falde e impedendo così di poterla utilizzare sia per irrigare i campi che per dissetare le persone. “Ora - prosegue Pasini – la situazione si sta aggravando e potrebbe portare alla salinizzazione di parecchie falde di acqua dolce”.

Stiamo poi pagando un semestre invernale-primaverile estremamente siccitoso, con poche precipitazioni piovose e nevose, e con nevicate a quote più alte che non fanno altro che diminuire lo stoccaggio di risorse idriche fruibili nei mesi più caldi: “Se, per esempio, la neve oggi cade mediamente 200 metri più in alto di un tempo, quei 200 metri di pioggia ce li perdiamo quasi subito in mare; se fossero di neve, li sfrutteremmo piano piano. Si potrebbe pensare che sia un anno ‘sfortunato’, ma in realtà gli anni di questo tipo si stanno susseguendo con una frequenza molto aumentata negli ultimi 10-15 anni”, spiega Pasini che aggiunge:

"Con le nostre emissioni di gas serra e con la deforestazione abbiamo innescato delle risposte da parte della natura, risposte che a noi appaiono tutto sommato lente. Cosa sarai mai un grado in più di temperatura a livello globale negli ultimi cento anni? Il fatto è che non ci rendiamo conto che la dinamica della natura è forse lenta, ma talvolta può divenire inesorabile. Un chiaro esempio di questo è la fusione dei ghiacciai alpini.

I nostri ghiacciai stanno arretrando sempre più, ma il vero problema è che oggi non sono in equilibrio con la temperatura attuale, perché stanno ancora rispondendo lentamente al riscaldamento degli ultimi decenni. Così, i modelli fanno vedere chiaramente che se anche la temperatura rimanesse quella attuale, i nostri ghiacciai perderebbero comunque ancora il 30% circa della loro superficie e del loro volume da oggi a fine secolo. Ma attenzione: se la temperatura aumentasse seguendo lo scenario business as usual (BAU), al 2100 ci rimarrebbe solo il 5% della loro superficie e del loro volume attuali”.

Insomma, abbiamo innescato un cambiamento climatico e non ci resta che seguire due strade contemporaneamente: "Ridurre le emissioni (mitigazione) per evitare vere e proprie catastrofi. Ridurre i consumi, adottare stili di vita più sostenibili e nuove tecniche di coltivazione (adattamento) per affrontare ciò che ormai è inevitabile, a cominciare dalla carenza d'acqua nei mesi estivi. A questo tipo di siccità dovremo abituarci", conclude Pasini. “Il Po in questi giorni ci sta dando una chiara lezione: con le poche risorse idriche che scenderanno in futuro dalle Alpi e le siccità sempre più frequenti anche l'adattamento ha dei limiti. Bisogna mitigare, e farlo subito”.

“La situazione è delicata”, commenta il ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli. Oltre allo stato d’emergenza, è probabile che le Regioni chiedano che siano messi a disposizione fondi del PNRR per realizzare nuovi invasi.

Soluzione, quest’ultima, che però potrebbe portare a un'ulteriore intrusione del cuneo salino del Po. Spiega, infatti, al riguardo il prof. Pasini:

“Il sistema monti-fiume-mare è estremamente interconnesso e fare molti ampi invasi dove stoccare la poca acqua disponibile potrà far scendere ulteriormente il livello del Po e incrementare l'intrusione del cuneo salino. Insomma, la coperta è corta: adattarsi per contrastare la siccità fa aggravare il problema della salinizzazione delle falde alla foce del Po”.

Intanto, in un incontro dell’Osservatorio dell’AdBPo, lo scorso 10 giugno, gli enti che gestiscono i prelievi dai grandi laghi – il Lago Maggiore, il Lago di Como, il Lago d’Iseo, il Lago d’Idro e il Lago di Garda – hanno concordato che si potrà scendere sotto i livelli minimi per permettere le irrigazioni a valle e salvaguardare gli habitat di molte specie animali e vegetali. 

"Ogni decisione porta con sé margini di criticità ma il traguardo è minimizzare il danno quanto più possibile in attesa di potenziali integrazioni amministrative dei territori e organi di governo”, spiega il segretario dell'Autorità di bacino Meuccio Berselli. In questo momento, scrive ancora l’Ansa, l'emergenza più grande riguarda il Piemonte (che ha chiesto aiuto alla Val d’Aosta, a sua volta in difficoltà) dove l'allerta riguarda 145 Comuni soprattutto nel Novarese e nell'Ossolano e dove il livello del lago Maggiore è sceso di un metro negli ultimi 3 giorni. Nell’area del Delta del Po, la protezione civile ha fatto una ricognizione sui potabilizzatori di Acque Venete e Romagna Acque che servono le utenze di circa 7-800mila persone. L'Emilia Romagna dalle prossime ore sarà in stato di calamità e nel Lazio il presidente della Regione Nicola Zingaretti ha definito “grave” la situazione della provincia di Roma.

Gli effetti si faranno sentire anche sulla produzione agricola. “Si può già dire addio al pomodoro tardivo così come a molte orticole, la cui coltivazione, vista la mancanza di acqua necessaria per irrigare, non può neanche essere avviata”, ha detto la Confederazione italiana agricoltori (CIA). Secondo le previsioni dell’organizzazione, ci saranno tra il 30 e il 40% di meloni e cocomeri in meno e il 50% in meno di mais e soia.

Il mondo stretto tra ondate di calore nell’emisfero settentrionale e freddo estremo in quello meridionale

Non solo l’Italia. Spagna, Francia e altri paesi dell'Europa occidentale stanno vivendo un’ondata di caldo torrido che ha provocato incendi nelle foreste e alimentato il timore che queste ondata saranno la norma negli anni a venire. 

In Francia è stata registrata la temperatura media (27,4°C) più alta mai rilevata nel mese di giugno. A Biarritz, nota per le sue estati miti, i termometri hanno raggiunto i 42,9°C, riporta Bloomberg. Nelle zone più colpite dalle ondate di calore sono stati annullati gli eventi all’aperto, aggiunge BBC. “Gli ospedali sono al limite della capacità, ma stanno tenendo botta”, ha dichiarato il ministro della Salute, Brigitte Bourguignon. Agli studenti è stato detto di rimanere a casa nei centri con livello di allerta “rosso”, mentre il ministero della Salute ha attivato una linea telefonica speciale per le ondate di calore. A Tolosa, dove sabato scorso erano previste punte di 38°C, la Croce Rossa ha distribuito acqua fresca ai senza tetto. Memori dell’ondata di calore del 2003 che fece diverse vittime, le case di cura per anziani sono state innaffiate d’acqua per raffreddare gli edifici, mentre i residenti vengono fatti ruotare in stanze con aria condizionata. “Quella attuale è l’ondata di caldo più precoce mai registrata in Francia” dal 1947, ha dichiarato Matthieu Sorel, climatologo di Meteo France. Secondo i dati citati proprio da Meteo France, il cambiamento climatico sta rendendo le ondate di calore da 5 a 10 volte più intense rispetto a un secolo fa e più calde di 1,8-4°C.

“A causa dei cambiamenti climatici, le ondate di calore iniziano prima”, ha affermato Clare Nullis, portavoce dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale a Ginevra. “Quello a cui stiamo assistendo oggi è purtroppo un'anticipazione del futuro” se le concentrazioni di gas serra nell'atmosfera continueranno ad aumentare e spingeranno il riscaldamento globale verso i 2°C rispetto ai livelli preindustriali, ha aggiunto.

In Spagna, che ha appena superato il maggio più caldo dall’inizio del secolo, quasi 9.000 ettari di terreno nella regione nord-occidentale della Sierra de la Culebra sono stati bruciati da incendi boschivi, con lo sfollamento di 200 persone. Oltre 3.000 persone, inoltre, sono state evacuate dal parco a tema Puy du Fou, nella Spagna centrale, sempre per un incendio. 

Lo scorso venerdì il Regno Unito ha registrato il giorno più caldo dell’anno, con oltre 30°C nel sud-est dell’Inghilterra e un massimo di 31,8°C a Heathrow, mentre a Londra è stato emesso un allarme di sicurezza della salute di livello tre. E le case del Regno Unito non sono preparate ad affrontare l’aumento delle temperature, riferisce Big Issue. Milioni di edifici sono stati costruiti quando le ondate di calore erano eventi eccezionali. Oggi, il 20% delle abitazioni si surriscalda già in estate e sono le persone più vulnerabili a soffrire di più.

Proprio quello delle abitazioni è un tema toccato da un articolo di El Pais. “Le amministrazioni devono essere chiare sul tipo di città che vogliono, un modello di città che sappia adattarsi al caldo estremo”, spiega Ángela Baldellou, direttrice dell'Osservatorio 2030 del Consiglio superiore dei collegi degli architetti spagnoli. Le città sono più vulnerabili agli effetti negativi delle alte temperature, che stanno diventando sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici, scrive El Pais: giardini pensili, alberi africani, come i cedri, strade coperte di calce bianca per sostituire l’asfalto e ​​creare superfici più riflettenti sono alcune delle soluzioni suggerite. 

Il caldo estremo non si è limitato all'Europa. La scorsa settimana gran parte degli Stati Uniti è stata colpita da un’ondata di caldo estremo, che ha ucciso almeno 2.000 capi di bestiame in Kansas. Un terzo dell'intera popolazione degli Stati Uniti ha ricevuto il consiglio di rimanere in casa per le temperature record. Nuove temperature record sono state registrate a Toledo, in Ohio, e a Nashville, in Tennessee, mentre il governatore del Texas ha ordinato alle autorità regionali di dispiegare le risorse di emergenza in risposta a un guasto alle linee idriche che ha colpito 165.000 persone. Secondo il sito web Poweroutage.us, più di 20.000 case e aziende negli Stati del Michigan, Missouri, Ohio, Wisconsin e Illinois sono rimaste senza corrente lo scorso fine settimana.

A questo si aggiungono poi le inondazioni. Per la prima volta in 30 anni il Parco nazionale di Yellowstone ha dovuto chiudere per un disastro naturale, scrive Reuters. Secondo il New York Times, le inondazioni sono “un segno della crisi a venire”: “È difficile collegare direttamente i danni a Yellowstone al rapido riscaldamento globale - i fiumi sono esondati per millenni - ma gli scienziati stanno lanciando l'allarme che nei prossimi anni la distruzione legata al cambiamento climatico raggiungerà quasi tutti i 423 parchi nazionali, particolarmente vulnerabili all'aumento delle temperature”.

Nel fine settimana alcune zone della Cina meridionale sono state colpite dai più forti acquazzoni degli ultimi 60 anni. Alcuni giorni prima, riporta Associated Press, sei persone erano morte e 200.000 erano state evacuate a seguito di frane e inondazioni. Anche il Giappone, che da secoli convive con il rischio di inondazioni, è negli ultimi tempi alle prese con precipitazioni estreme. “L'incidenza delle piogge intense di breve durata - tempeste che lasciano cadere più di 50 mm di acqua in un'ora - è aumentata del 40% negli ultimi 30 anni. Ed è aumentato anche il numero di giorni con precipitazioni di 100 mm e forti piogge di oltre 200 mm”, scrive Nikkei Asia. Singapore, invece, sta affrontando “un'impennata” dei casi di febbre dengue: “gli esperti attribuiscono ai cambiamenti climatici la causa dell'elevato numero di zanzare”, si legge sul Daily Telegraph.

A destare preoccupazione, tuttavia, non sono i record e i picchi toccati, ma la frequenza degli eventi. Il clima fuori stagione di giugno ha fatto seguito a un maggio molto caldo, che è stato il quinto più caldo mai registrato, eguagliando quanto raggiunto nel 2018 e nel 2021, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration statunitense. Gli ultimi sette anni, dal 2015 al 2021, sono stati i più caldi, a livello globale, mai registrati. A marzo, entrambi i poli hanno registrato temperature record: al polo sud le temperature sono state di ben 15°C superiori al precedente record di tutti i tempi, mentre alla base costiera di Terra Nova l'acqua si è mantenuta sopra lo zero, un valore mai raggiunto prima per quel periodo dell'anno; al polo nord, nel periodo dell'anno in cui l'Artico dovrebbe lentamente uscire dal gelo invernale, la regione era più calda di oltre 3°C rispetto alla sua media. Un'ondata di calore in un polo può essere considerata un avvertimento; un'ondata di calore in entrambi i poli contemporaneamente inizia a somigliare a una catastrofe climatica, scrive Fiona Harvey sul Guardian.

Da allora, le stazioni meteorologiche di tutto il mondo hanno visto salire la colonnina di mercurio: un'ondata di calore ha colpito l'India e il Pakistan a marzo raggiungendo le temperature più alte mai registrate in quel mese da 122 anni fa. Negli Stati Uniti, la primavera è stata più simile alla mezza estate, con temperature elevate in tutti gli Stati a maggio. Le ondate di calore di giugno sono sotto i nostri occhi.

Nel frattempo, nell'emisfero meridionale, riporta Financial Times, alcune parti dell'Australia sono state interessate da un'ondata di freddo che ha portato nevicate insolite negli Stati meridionali e ha aumentato la domanda di energia per il riscaldamento, mettendo a dura prova la rete elettrica. Il Nuovo Galles del Sud ha invocato poteri di emergenza per richiedere ai minatori di reindirizzare il carbone destinato all'estero verso i generatori locali.

I colloqui di Bonn si concludono senza un accordo e con tensioni sui risarcimenti dei paesi ricchi verso quelli poveri

Due settimane di colloqui sul clima in Germania sono “finite con lo scontro tra i paesi ricchi e quelli poveri sui risarcimenti per i danni climatici”, scrive la BBC. La questione delle “perdite e dei danni” è diventata la “nota dolente di questi negoziati”, con gli Stati Uniti e l'Europa che "temono che, se risarciscono per le emissioni storiche, potrebbero trovarsi a dover pagare miliardi di euro per decenni o addirittura secoli”. 

Alla COP26 del 2021 a Glasgow, gli Stati insulari e i paesi in via di sviluppo hanno concordato di dare priorità ai tagli alle emissioni di carbonio sulla base della promessa che le nazioni più ricche avrebbero finalmente istituito un processo di compensazione nel 2022. Un compromesso che si sperava avrebbe dato i suoi frutti. Ma nelle due settimane di discussioni a Bonn, non c’è stato modo di inserire la dotazione di uno strumento di finanziamento nell'agenda della prossima conferenza delle Nazioni Unite sul clima, la COP27 di Sharm El-Sheikh, in Egitto, a novembre. 

“Il compromesso raggiunto a Glasgow si basava sull'intesa che i paesi sarebbero stati disposti a iniziare a parlare e a prendere decisioni su come erogare i fondi per le ‘perdite e i danni’. Ma non abbiamo visto nulla di tutto questo”, spiega Alex Scott del thinktank E3G. “I paesi ricchi, in particolare l'UE, hanno messo in secondo piano la discussione sulle perdite e i danni in ogni singolo momento”, ha commentato ad Associated Press Teresa Anderson, di ActionAid International. 

La strategia dei procuratori repubblicani per indebolire l'azione per il clima negli Stati Uniti è nel suo momento cruciale

Entro pochi giorni, la maggioranza conservatrice della Corte Suprema dovrebbe emettere una decisione che potrebbe limitare fortemente l'autorità del governo federale nel ridurre l'anidride carbonica delle centrali elettriche.

Il caso in questione è West Virginia contro Agenzia per la Protezione dell'Ambiente. I querelanti  vogliono arginare quello che chiamano lo Stato amministrativo, l'E.P.A. e le altre agenzie federali che stabiliscono norme e regolamenti che influenzano l'economia americana. Questa dovrebbe essere competenza del Congresso, più responsabile nei confronti degli elettori, dice Jeff Landry, procuratore generale della Louisiana e uno dei leader del gruppo repubblicano che ha presentato la causa. Ma, in realtà, spiega la giornalista Coral Davenport sul New York Times,  il Congresso per decenni ha delegato questi compiti alle agenzie perché non ha le competenze degli specialisti che scrivono norme e regolamenti complessi e che possono rispondere rapidamente a quanto viene rilevato dalle osservazioni scientifiche, soprattutto quando Capitol Hill è bloccata. 

In sintesi, scrive Davenport, questa causa è il prodotto di una strategia coordinata e pluriennale da parte di procuratori repubblicani, attivisti legali conservatori e loro finanziatori, molti dei quali legati alle industrie del petrolio e del carbone, per usare il sistema giudiziario per riscrivere la legge ambientale, indebolendo la capacità del ramo esecutivo di affrontare il riscaldamento globale.

Ed è solo un inizio perché sono in arrivo nei tribunali federali altri casi sul clima, alcuni dei quali presentano argomentazioni legali inedite, ognuna accuratamente selezionata per il suo potenziale di bloccare la capacità del governo di regolamentare le industrie e le imprese che producono gas serra. Lo schema si ripete in altre cause sul clima presentate dai procuratori generali repubblicani e ora in corso nei tribunali di grado inferiore: i querelanti sono sostenuti dalla stessa rete di donatori conservatori che hanno aiutato l'ex presidente Donald Trump a piazzare più di 200 giudici federali, molti dei quali sono ora in grado di decidere sui casi di clima nel prossimo anno.

“È una mossa a tenaglia”, ha dichiarato Lisa Graves, direttrice esecutiva del gruppo di vigilanza progressista True North Research ed ex funzionaria del Dipartimento di Giustizia. “Stanno preparando gli avvocati per portare il contenzioso davanti agli stessi giudici che hanno scelto”.

Giovani, per lo più donne e provenienti dall’Europa orientale. Il nuovo attivismo che unisce la lotta contro la guerra in Ucraina al contrasto della crisi climatica

Quando il presidente della Francia, Emmanuel Macron, ha concluso il suo discorso sul futuro dell’Europa e sulla guerra in Ucraina al Parlamento Europeo, lo scorso maggio, è stato avvicinato da due giovani: Dominika Lasota, francese, e Wiktoria Jedroszkowiak, polacca. Le due giovani attiviste hanno cominciato a tempestare Macron di domande su un controverso nuovo oleodotto in Uganda (che la compagnia petrolifera francese Total sta aiutando a costruire) e sulla guerra in Ucraina. Il video del loro scambio con il presidente francese è diventato virale.

Giovani, per lo più donne e principalmente provenienti dall’Europa orientale, Lasota e Jedroszkowiak rappresentano una diversa tipologia di attivisti, scrive Jeffrey Gettleman sul New York Times: hanno unito due cause - l'attivismo contro la guerra e il cambiamento climatico;  credono che la guerra in Ucraina sia una manifestazione brutale della dipendenza del mondo dai combustibili fossili; per far valere le proprie ragioni, affrontano i leader europei faccia a faccia.

La dipendenza dell’umanità dai combustibili fossili sta causando miseria e spargimento di sangue. E questo non riguarda solo la Russia, ma anche l'Arabia Saudita, il Venezuela e altri Stati petroliferi con una lunga storia di conflitti e repressioni. “Clima e guerre sono collegati”, ha detto recentemente Greta Thunberg. “Un'espansione sempre maggiore dei combustibili fossili significa più potere per gli autocrati. Questo permette loro di iniziare guerre come quella in Ucraina”.

Nessuno di questi attivisti si è accontentato dei tentativi dell’Unione Europea di mettere sotto embargo il carbone e la maggior parte del petrolio russo entro la fine dell'anno. Vogliono un embargo totale su tutta l'energia russa nell'immediato, indebolendo così l’economia della Russia e spegnendo la sua macchina da guerra in otto settimane. Si tratta di una richiesta enorme, con conseguenze di vasta portata, osserva Gettleman. 

Fino a quando non ci sarà un’accelerazione della transizione verso le energie rinnovabili, come l'eolico e il solare, altri ucraini moriranno inutilmente, sostengono Lasota e Jedroszkowiak che hanno organizzato proteste in tutta Europa e si sono confrontate anche con il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e importanti uomini d'affari, tra cui gli azionisti della Total. “Sono giovani donne molto brillanti, molto preparate”, ha detto di loro von der Leyen, dopo un incontro lo scorso marzo.

#ShowYourStripes, la giornata delle strisce del riscaldamento globale

Oggi è la giornata delle strisce del riscaldamento globale. Le abbiamo viste sulle bacheche di alcuni nostri contatti social, sui muri degli edifici, sulle fiancate dei treni, sui vestiti, sulle sciarpeaddirittura sulle maschere facciali in questi anni di pandemia. Sono le strisce colorate, ideate dal climatologo dell’Università di Reading, Ed Hawkins, che visualizzano graficamente come sono cambiate ogni anno le temperature medie del pianeta dalla metà del XIX secolo a oggi.

Le strisce vanno dal blu al rosso a testimonianza di come in questi 150 anni le temperature globali siano cresciute di oltre 1° C. Quelle strisce sono la rappresentazione iconica del riscaldamento globale e il solo osservarle ci ricorda a cosa andiamo incontro se non ridurremo l’immissione di combustibili fossili nell’atmosfera, come ricorda Antonio Scalari in un post su Facebook: “Più riscaldamento globale = più eventi meteorologici estremi, siccità e ondate di calore più frequenti e intense, aumento del livello dei mari, inverni sempre più brevi e miti, primavere anticipate (suona come una cosa buona ma non lo è) e molti altri impatti ecosistemici. Più costi, non solo ambientali ma anche economici”

Nel 2018 Hawkins è stato premiato dalla Royal Society per “contributi significativi alla comprensione dei cambiamenti climatici per un vasto pubblico”. E sempre nel 2018, un meteorologo statunitense, Jeff Belardinelli, dopo aver visto le strisce online, esortò i colleghi a utilizzarle in occasione del solstizio d’estate, il 21 giugno. L’anno successivo è nato l’hashtag #ShowYourStripes e da allora il 21 giugno è diventata la giornata delle strisce colorate.

In un articolo sul New York Times, la giornalista Somini Sengupta ha chiesto a Hawkins come è nata l’idea delle strisce. Tutto è partito nel 2017 da una coperta per bambini fatta all’uncinetto da una sua collega universitaria, Ellie Highwood, racconta il climatologo. Highwood aveva realizzato una “coperta del riscaldamento globale” come regalo al figlio di una coppia di amici climatologi, associando una stringa colorata diversa ai dati sulla temperatura media globale dal 1916 al 2016 tra i filati a portata di mano. “È stato difficile trovare le combinazioni di colori così ho optato per la versione nerd!”, scrisse all’epoca su Twitter.

Poi Highwood aveva raccontato sul suo blog come era nata l’idea e come aveva associato i dati ai colori. E Hawkins aveva realizzato un grafico utilizzando quelli che Highwood aveva definito i colori più facili da visualizzare, partendo dal viola per rappresentare le temperature globali a metà del 19° secolo, e poi passando al rosa, all'arancione fino al giallo per la fine del 21° secolo. E così una coperta da regalare al figlio di amici si è trasformata nella più efficace grafica di comunicazione sul clima.

La coperta realizzata da Ellie Highwood
Il grafico realizzato da Ed Hawkins ispirato dalla coperta di Ellie Highwood

Ma Highwood non è stata l’unica scienziata a realizzare coperte del riscaldamento globale all’uncinetto. Nel novembre 2015, Joan Sheldon, ricercatrice sugli estuari all’Università della Georgia, aveva realizzato quella che ha definito una "sciarpa calda a livello globale": 400 anni di temperature medie annuali per le 400 righe delle trame della sciarpa, associando i blu alle temperature più basse del normale, i rossi a quelle più calde e il viola a quelle nella norma.

I colori scelti da Sheldon sono molto simili a quelli utilizzati da Hawkins nella prima presentazione pubblica della striscia del riscaldamento globale, nel corso di un discorso all'Hay Literary Festival, nel 2018, quando il climatologo ha mostrato per la prima volta la grafica con l’obiettivo dichiarato di comunicare l’aumento delle temperature a un pubblico non esperto di cambiamento climatico. I viola e i gialli della versione iniziale erano diventati strisce di un blu intenso, punteggiate da un occasionale blu chiaro, a indicare un anno più caldo della media. A metà dell'immagine si trovano altri blu pallidi, poi il dorato e il rosso. “Mi è sembrato più intuitivo usare la percezione delle persone che il blu è freddo e il rosso è caldo”, ha commentato lo scienziato.

Hawkins ha detto di averlo scoperto solo il mese scorso, quando Sheldon gli ha inviato un'e-mail.

Le strisce colorate ci dicono in modo schietto e non edulcorato dove stiamo andando anno dopo anno. Ma ci dicono anche che siamo ancora in tempo per “scegliere il nostro futuro climatico”, come twittato lo scorso maggio proprio da Ed Hawkins.

Sulla tavola delle strisce colorate Hawkins ha prospettato cinque possibili scenari di riscaldamento globale: 1) il nostro futuro climatico è nelle nostre mani. Possiamo evitare gli scenari e gli impatti peggiori; 2) Possiamo farlo con diverse azioni e soluzioni. La prima: abbandonare il più rapidamente possibile i combustibili fossili.

Immagine in anteprima: fiume Po, provincia di Mantova, giugno 2022 – Foto di Antonio Scalari

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