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Le conseguenze umane, economiche ed ecologiche della distruzione della diga di Kakhovka in Ucraina

7 Giugno 2023 17 min lettura

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Le conseguenze umane, economiche ed ecologiche della distruzione della diga di Kakhovka in Ucraina

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Il round-up settimanale sulla crisi climatica e i dati sui livelli di anidride carbonica nell'atmosfera.

Sembrava una notte tranquilla nei dintorni della centrale idroelettrica di Kakhovka, in Ucraina. Poi all’improvviso un boato e il suono dell’acqua che scorre. “Siamo ormai abituati ai forti boati e così non ho pensato che fosse qualcosa di grave”, ha detto una abitante della città della sponda meridionale di Nova Kakhovka. In pochi minuti l’acqua ha iniziato a scorrere attraverso una breccia. E ben presto il passaggio che attraversa il fiume Dnipro è stato spazzato via. La diga costruita dall’URSS nel 1956, importante fonte d’acqua per la penisola di Crimea annessa alla Russia, per l’agricoltura della regione e per il raffreddamento dei reattori della centrale nucleare di Zaporizhzhia, non esisteva più mentre una massiccia ondata d’acqua iniziava a dirigersi verso valle, provocando una catastrofe sociale, economica, ecologica. 

“La più grande catastrofe causata dall’uomo in Europa degli ultimi decenni”, ha commentato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, riportando alla mente il ricordo del disastro nucleare di Chornobyl nel 1986. “Un atto di ecocidio dalle conseguenze vaste e decennali”, ha aggiunto mentre si iniziavano a cercare cause e responsabilità, a contare i danni, a cercare di mettere in salvo gli abitanti della regione, circa 16mila, già duramente messi alla prova dalla guerra e sorpresi dalle inondazioni.

Cosa è successo

Alle 2,50 del 6 giugno un’esplosione ha distrutto la diga di Kakhovka, ha dichiarato il presidente ucraino Zelensky. La diga, lunga 3,3 chilometri, la seconda più grande sul Dnipro, si trova lungo la linea del fronte nell’Ucraina meridionale e, insieme alla sua centrale idroelettrica, è stata conquistata dalle forze russe all’inizio dell’invasione su larga scala, il 24 febbraio 2022. 

via New York Times

Le immagini satellitari precedenti e successive alla distruzione della diga restituiscono un quadro ancora più chiaro dell'entità dei danni.

Le inondazioni nei territori a valle della diga di Kakhovka hanno portato via tutto quello che incontravano sul suo cammino: case, giardini, alberi, orti, automobili, capannoni, animali domestici e selvatici.

via Guardian
via Guardian

L'elenco dei villaggi colpiti è lungo: Tyaginka, Ivanivka, Mykilske Tokarivka, Ponyativka, Bilozerka e molte altre comunità rurali lungo l'argine del Dnipro. Non è chiaro quando, e se, gli abitanti del luogo potranno mai fare ritorno a casa. 

via Washington Post

Il sindaco di Nova Kakhovka, Vladimir Leontyev, insediato da Mosca, ha dichiarato che la città era sott’acqua e che 900 persone erano state evacuate. Alcune immagini hanno mostrato dei cigni scivolare nell’acqua che ha trasformato in un lago gigante la piazza centrale davanti al palazzo della cultura della città, dipinto di bianco e risalente all'epoca di Stalin. Sommersi anche lo stadio, il parco sul fiume, il cinema, lo zoo con i suoi 300 animali dichiarati annegati. 

In mattinata, in un video paradossale, il governatore della regione di Kherson, Vladimir Saldo, insediato da Mosca, aveva negato l’evidenza affermando che la vita continuava normalmente a Nova Kakhovka: “Ho appena guidato per le strade. Le stazioni di servizio funzionano, alcuni negozi funzionano, anche le aziende funzionano”, aveva dichiarato mentre dietro di lui, attraverso una finestra dell’ufficio, era possibile vedere il livello dell’acqua salire sempre di più. 

Per la città di Kherson, che ha sopportato otto mesi di occupazione, l'inondazione è stata un altro colpo terribile. Il livello dell'acqua è salito di oltre 3 metri nel corso della giornata e a metà pomeriggio stava ancora aumentando di 6-8 cm ogni mezz'ora nelle parti più basse della città, secondo l'idrologa Larysa Musian. Il micro-distretto di Ostiv, un’area residenziale nel mezzo del Dnipro, collegata a Kherson da diversi incroci, tra i più colpiti da questi mesi di guerra, è in gran parte scomparso. L'idroparco e il terminale petrolifero sono stati sommersi per primi, seguiti dalle abitazioni private, delle quali si potevano intravedere spuntare dall’acqua solo i tetti metallici. I residenti sono stati portati via in autobus da tre punti di raccolta; le persone costrette a letto e i disabili sono stati portati via dagli operatori di emergenza dalle case e dagli ospedali.

In totale, sono circa 16.000 le persone sulla sponda occidentale del fiume Dnipro, nella regione di Kherson, controllata dall'Ucraina, secondo Oleksandr Prokudin, amministratore militare della regione. I residenti sono stati evacuati con autobus e treni. 

Squadre di soccorso hanno raggiunto l'Ucraina meridionale da Kyiv: sono stati inviati veicoli progettati per attraversare le acque alluvionali, generatori, impianti mobili di trattamento delle acque, camion per l'acqua e altre attrezzature. Le autorità hanno inviato 53 autobus di evacuazione per portare in salvo le persone di Nova Kakhovka e di altri due insediamenti vicini. A Mykolaiv, un treno di emergenza è partito per portare in salvo le persone in fuga dall'innalzamento delle acque a Kherson. Alle 15 locali, secondo quanto riferito dal Ministero degli Interni ucraino, erano state evacuate 1.300 persone da un totale di 24 villaggi allagati. 

I soccorritori sulla riva destra del fiume hanno portato in salvo le persone cercando di schivare colpi di arma da fuoco, come mostrano anche alcuni video diffusi sui social. 

“La difficoltà più grande in questo momento non è l'acqua. Sono i russi dall'altra parte del fiume che ci stanno attaccando con l'artiglieria”, ha detto Andrew Negrych che coordinava i soccorsi per un'organizzazione benefica statunitense, Global Empowerment Mission.

Le cause

Dopo aver inizialmente negato che fosse successo qualcosa alla diga, le autorità filo-russe locali hanno attribuito la distruzione della diga ai bombardamenti ucraini. Il portavoce del Cremlino, Dmitri S. Peskov, ha parlato di “attacchi multipli” e di un’azione di “sabotaggio” da parte delle forze ucraine, senza però fornire alcuna prova. 

Ipotesi respinta dall’Ucraina. “È fisicamente impossibile farla esplodere in qualche modo dall'esterno, con un bombardamento. È stata minata dagli occupanti russi. E l'hanno fatta esplodere”, ha dichiarato Zelensky su Twitter.

Natalia Humeniuk, portavoce del comando delle Forze congiunte sud dell'Ucraina, ha detto all'agenzia di stampa UNIAN e a Radio Liberty che “non c'è alcun dubbio” che la diga sia stata demolita da una o più esplosioni interne come testimoniato da alcuni video e immagini fisse di pubblico dominio che sembrano mostrare come la struttura principale della diga sia crollata dall'interno. "L'anno scorso, l'intelligence militare ucraina ha riferito che la centrale idroelettrica di Kakhovka era stata minata dalle truppe russe, pubblicando prove fotografiche e video", ha dichiarato al Kyiv Post Andriy Yusov, portavoce dell'intelligence militare delle Forze Armate dell'Ucraina (AFU). Secondo l’intelligence militare ucraina, dietro l’esplosione ci sarebbe la 205^ Brigata di Fucilieri a Motore della Russia che avrebbe installato gli esplosivi all'interno della diga. Una mossa per frenare la controffensiva di Kyiv a est del Dnipro, nella regione di Donetsk, per riconquistare i territori in mano alle forze di Mosca, di cui si era iniziato a parlare appena un giorno prima. 

Tuttavia, non è ancora chiaro cosa abbia causato il crollo della diga. Un'analisi della CNN di alcune immagini satellitari mostra che la diga era già danneggiata pochi giorni prima di subire il crollo strutturale. Le immagini satellitari mostrano che il ponte stradale che attraversa la diga era intatto il 28 maggio e suggeriscono che la perdita della sezione del ponte possa essere avvenuta tra l’1 e il 2 giugno, fino ad arrivare al cedimento del 6 giugno.

Nel corso di oltre un anno di pesanti combattimenti, la diga di Kakhovka è stata ripetutamente danneggiata e ciascuna parte ha accusato l'altra di averla bombardata. I russi l'hanno conquistata l'anno scorso quando sono avanzati verso il Dnipro , ma mesi dopo gli ucraini hanno spinto le forze russe fuori dalla riva occidentale, il fiume - e la diga - sono diventati una parte della linea del fronte. I russi si sono tenuti la diga. La CNN ha però precisato di non essere in grado di verificare in modo indipendente se il danno al ponte stradale possa esser stato decisivo per il crollo della diga o se il ponte sia stato distrutto in un attacco deliberato.

"Le dighe cedono; è assolutamente possibile. Ma rifletto su questo caso e mi dico: 'Caspita, sembra sospetto'", ha dichiarato al New York Times Gregory B. Baecher, professore di ingegneria all'Università del Maryland e membro dell'Accademia Nazionale di Ingegneria, esperto di cedimenti delle dighe.

I funzionari filo-russi di Kherson hanno proposto un'altra tesi: che le debolezze strutturali e la pressione dell'acqua abbiano causato il cedimento della parete del serbatoio. Ci sono alcune prove che potrebbero sostenere l'idea che il crollo della diga sia stata la conseguenza di un incidente, causato da una grave negligenza russa, riporta il Guardian. Lo scorso novembre le truppe russe hanno fatto esplodere parte della strada che attraversa la diga, durante la loro ritirata generale dalla sponda settentrionale della regione di Kherson. L'obiettivo era quello di impedire all'esercito ucraino di avanzare. Le foto hanno mostrato che la superficie era danneggiata. Secondo le immagini satellitari, la settimana scorsa parte della strada è stata spazzata via. Le acque del bacino erano così alte che, secondo quanto riferito, hanno iniziato a scorrere oltre la sommità delle paratoie della diga.

Infine, c’è un’altra ipotesi che sta circolando: e cioè che i russi abbiano tenuto aperte poche paratoie facendo arrivare il livello dell’acqua nel bacino al suo livello massimo degli ultimi 30 anni. 

“I russi hanno permesso che il bacino si riempisse fino a livelli record: se la diga ha ceduto ‘naturalmente’, di sicuro lo ha fatto a causa di sei settimane di sovraccarico e di stress sulla struttura”, ha spiegato al Guardian David Helms, un ex meteorologo dell'aeronautica statunitense e della National Oceanic and Atmospheric Administration che ha monitorato la diga.

Tuttavia, aggiunge il professor Baecher, "normalmente, un cedimento di questo tipo inizia dalla parte in terra della diga, su una delle due sponde". Invece, in questo caso, le foto e i video mostrano che la diga di Kakhovka si è aperta a partire dal centro. Secondo il docente dell'università del Maryland, una combinazione di paratoie danneggiate e di acqua alta avrebbe potuto strappare qualche paratoia, ma non al punto da distruggere la diga in questo modo.

I danni

Dalla potenziale perdita immediata di vite umane alle migliaia di persone costrette ad abbandonare le loro case e le loro fattorie, dalle mine sepolte nelle rive del Dnipro che potrebbero essere trasportate dalle inondazioni nei villaggi e nei terreni agricoli a valle fino agli impatti ecologici, le conseguenze del disastro sono molteplici e potrebbero durare per generazioni. Ci vorranno settimane prima che siano chiare tutte le conseguenze di uno shock così massiccio e improvviso sull'ecosistema fluviale.

Lo scorso ottobre, un gruppo di ingegneri svedesi aveva modellato le potenziali ricadute nel caso in cui la Russia avesse usato degli esplosivi per distruggere la diga. Secondo il modello, realizzato dallo studio Damningsverket, un'ondata d'acqua alta dai 5 ai 6 metri avrebbe colpito Kherson entro 19 ore. Il modello prevedeva che l'acqua sarebbe sgorgata dal bacino idrico più velocemente di quella che sgorga dalle cascate del Niagara e avvertiva che le città rivierasche sarebbero state travolte. Ma, ha commentato Henrik Olander-Hjalmarsson, uno degli autori dello studio, "sembra che lo scenario reale sia peggiore di quello che prefigurato, dal momento che i livelli dell'acqua nel bacino idrico erano significativamente più alti di quelli del modello".

"Ci sono conseguenze catastrofiche per l'ambiente", ha dichiarato ai giornalisti il ministro ucraino dell'Ambiente, Ruslan Strilets. I funzionari ucraini hanno avvertito che almeno 150 tonnellate di petrolio immagazzinate nella centrale idroelettrica della diga sono state riversate nel corso d'acqua.

L'impatto più immediato riguarda innanzitutto gli abitanti dell'Ucraina meridionale che dipendevano dall'acqua del bacino per il fabbisogno quotidiano, oltre che per l'agricoltura che è la fonte di gran parte delle importanti esportazioni agricole del paese. "Sebbene sia possibile che l'Ucraina riesca a pompare acqua dal terreno per compensare parte delle perdite del bacino, potrebbe esaurirlo rapidamente", ha dichiarato al Washington Post Doug Weir, direttore della ricerca e delle politiche dell'Osservatorio Conflitti e Ambiente, un'organizzazione britannica che segue gli impatti ambientali della guerra in Ucraina.

"La gente non avrà acqua potabile né acqua per cucinare. Non ci sarà acqua per coltivare i campi", ha dichiarato Anna Ackermann, membro del consiglio di amministrazione di Ecoaction, una delle principali organizzazioni civiche ambientaliste ucraine. Inoltre, aggiunge Ackermann, gli inquinanti provenienti dalle industrie lungo le rive del fiume Dnipro potrebbero essere trasportati dal corso d'acqua nel Mar Nero.

"Ci sono molti detriti diversi che confluiscono nell'alluvione, compresi quelli provenienti da tutte le fabbriche e le officine che producono e utilizzano sostanze chimiche e altri elementi tossici", spiega Mohammad Heidarzadeh, assistente alla cattedra di architettura e ingegneria civile presso l'Università di Bath.

E siccome il fiume Dnipro è stato una linea del fronte nel conflitto, un'inondazione improvvisa potrebbe comportare altri pericoli, hanno detto gli esperti, tra cui quello di portare con sé le mine antiuomo che erano state collocate sugli argini e spostarle in altri luoghi inaspettati.

A questo si aggiungono i timori per il funzionamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Data la vicinanza dell’impianto e considerato che la diga forniva l’acqua necessaria per il raffreddamento dei reattori, in un primo momento si è temuto che l’esplosione diga potesse innescare un incidente nucleare, ma l'operatore energetico ucraino Energoatom ha subito chiarito che la situazione era sotto controllo. Anche l’Agenzia internazionale per l'energia atomica, organo di controllo nucleare delle Nazioni Unite, ha escluso “rischi immediati per la sicurezza nucleare” e ha dichiarato che stava monitorando attentamente la situazione.

“Per poter operare in sicurezza, la centrale nucleare di Zaporizhzhia ha bisogno di un certo volume d'acqua per svolgere i processi di raffreddamento essenziali per le sue unità. C'è acqua a sufficienza per rifornire la centrale per un lungo periodo di tempo”, ha spiegato al Kyiv Post Victoria Voytsitska, ex segretaria della Commissione per i combustibili, le politiche nucleari e la sicurezza del Parlamento ucraino.

Ci sono, infine, le conseguenze sulla sicurezza energetica. La distruzione della diga priva l'Ucraina di una capacità di generazione di energia idroelettrica a lungo termine. Come affermato dalla società idroelettrica statale ucraina, “la centrale di Kakhovka non potrà più essere ripristinata”. 

Al via i negoziati ONU sul clima in Germania senza un'agenda finale

È iniziato a Bonn, in Germania, l'ultimo ciclo di negoziati delle Nazioni Unite sul clima prima della COP28, senza che sia stata concordata un’agenda per le discussioni tecniche. L'ottimismo sulla possibilità che l'incontro di 10 giorni porti a un programma chiaro per la Conferenza sul clima di Dubai a dicembre è sempre più tenue, riporta Reuters. “Nonostante mesi di discussioni dalla precedente COP27 in Egitto, non c'è stato alcun accordo sull'adozione delle agende proposte dagli organi sussidiari permanenti della COP”, ha detto all’apertura dei colloqui di Bonn Nabeel Munir, presidente dell'organismo sussidiario per l'attuazione (SBI) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

“Credo che siamo a un punto di svolta. Sappiamo che i cambiamenti rapidi spesso seguono un lungo periodo di gestazione. Ma il periodo di gestazione dell'azione per il clima è stato abbastanza lungo. Cerchiamo di anticipare il punto di svolta”, ha detto ai delegati presenti Simon Stiell, segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. 

"L’Unione Europea e molti paesi in via di sviluppo volevano mettere all'ordine del giorno la discussione del ‘programma di lavoro sulla mitigazione’, che riguarda gli impegni dei governi a ridurre le emissioni di gas serra, ma la Cina ha lottato per ottenere un mandato per dare priorità ai piani di adattamento agli impatti della crisi climatica”, scrive Fiona Harvey sul Guardian. Tra le altre principali fonti di contesa, la risoluzione per l'eliminazione graduale dei combustibili fossili, il ruolo delle energie rinnovabili, la questione delle “perdite e dei danni”, che si riferisce ai fondi per aiutare il salvataggio dei paesi poveri maggiormente esposti agli effetti della crisi climatica, e la valutazione di quanto i governi siano lontani dal rispettare gli impegni assunti a Parigi nel 2015. Stiell non ha citato espressamente questi temi, ma ha esortato i governi a trovare un terreno di convergenza comune. 

Le osservazioni satellitari dell'ultimo secolo e un nuovo modello climatico prevedono che il Polo Nord si scioglierà completamente ogni settembre entro il 2030

Secondo uno studio pubblicato su Nature Communications, anche se le emissioni di gas serra saranno ridotte drasticamente, nei prossimi decenni l'Artico sarà privo di ghiaccio già nel mese di settembre. Se invece le emissioni diminuiranno lentamente o continueranno ad aumentare, la prima estate senza ghiacci potrebbe essere nel 2030, un decennio prima rispetto alle precedenti proiezioni. La ricerca mostra che il 90% dello scioglimento è il risultato del riscaldamento globale causato dall'uomo, mentre il resto è dovuto a fattori naturali.

Dall'inizio delle registrazioni satellitari nel 1979, il ghiaccio artico estivo si è ridotto del 13% in un decennio. Il ghiaccio marino artico raggiunge il suo minimo annuale alla fine dell'estate, a settembre, e nel 2021 ha raggiunto la seconda estensione più bassa mai registrata.

“Purtroppo è ormai troppo tardi per salvare il ghiaccio marino estivo dell'Artico”, ha dichiarato il Prof. Dirk Notz, dell'Università di Amburgo, in Germania, che ha fatto parte del team di studio. “Come scienziati, sono decenni che mettiamo in guardia sulla perdita del ghiaccio marino estivo artico. La gente non ha ascoltato i nostri avvertimenti”.

Nello studio, gli studiosi hanno stabilito per la prima volta quanto l'aumento dei gas serra abbia contribuito allo scioglimento dei ghiacci rispetto ai fattori naturali come la variazione dell'intensità del sole e le emissioni dei vulcani. Calibrando i modelli sulla base di queste informazioni, la ricerca ha portato a proiezioni che prefigurano uno scioglimento più rapido e un'estate senza ghiacci anche nello scenario a basse emissioni. Nello scenario intermedio e in quello ad alte emissioni, anche i mesi di agosto e ottobre diventeranno privi di ghiaccio entro il 2080 circa. Non è possibile individuare un anno preciso per la prima estate senza ghiaccio a causa della naturale variabilità del sistema climatico.

Il Parlamento Europeo ha approvato una direttiva che chiede alle aziende di valutare i rischi e prevenire i danni ai diritti umani, al clima e all'ambiente lungo le loro filiere

Il primo giugno, il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva sul comportamento degli imprenditori per la sostenibilità delle imprese, la Corporate Sustainability Due Diligence Directive

Secondo il testo, approvato con 366 voti a favore, 225 contrari e 38 astensioni, le aziende saranno tenute a identificare e, se necessario, prevenire, porre fine o mitigare, l'impatto negativo che le loro attività hanno su diritti umani e ambiente, come il lavoro minorile, la schiavitù, lo sfruttamento del lavoro, l'inquinamento, il degrado ambientale e la perdita di biodiversità. Inoltre, dovranno monitorare e valutare l'impatto sui diritti umani e sull'ambiente dei loro partner della catena del valore, compresi i fornitori, la vendita, la distribuzione, il trasporto, lo stoccaggio, la gestione dei rifiuti e altre aree.

Le norme interesseranno le imprese UE con più di 250 dipendenti e un fatturato superiore a 40 milioni di euro, indipendentemente dal loro settore d’appartenenza, e le società “madri” con più di 500 dipendenti e un fatturato superiore a 150 milioni di euro. Saranno incluse anche società con sede fuori dall’UE aventi un fatturato superiore a 150 milioni di euro, se hanno generato almeno 40 milioni di euro con business all'interno dell'UE.

“La nuova Direttiva, così come la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) o la Tassonomia europea, rappresenta un ulteriore strumento per aumentare la comparabilità delle informazioni non-finanziarie e per promuovere un mercato finanziario trasparente”, spiega il think tank Ecco su Twitter. 

Ora inizierà il processo di negoziazione tra Parlamento, Commissione e Consiglio UE, per raggiungere un accordo sul testo definitivo. Spetterà poi agli Stati membri introdurre le nuove norme nella loro legislazione nazionale

Almeno 42 morti e migliaia di sfollati a causa di un’alluvione ad Haiti

Almeno 42 persone sono morte e migliaia sono state sfollate dopo un fine settimana di forti piogge e inondazioni ad Haiti che hanno provocato l’allagamento di più di 13mila abitazioni. I danni maggiori nelle zone occidentali del paese caraibico. 

“Sebbene non si tratti di un ciclone né di una tempesta tropicale, sono stati osservati danni considerevoli nelle aree colpite”, ha dichiarato Jean-Martin Bauer, coordinatore umanitario ad interim per Haiti presso le Nazioni Unite.

Questa alluvione è solo l'ultimo colpo inferto a un paese sempre più spesso colpito da disastri naturali, a partire dal terremoto di magnitudo 7 che nel 2010 provocò la morte di oltre 200mila persone e la distruzione di gran parte di Port-au-Prince. Da allora, Haiti ha lottato per riprendersi dalle conseguenze devastanti del sisma sull’economia e sulle infrastrutture del paese, affrontando però altri disastri naturali. Nell'agosto del 2021, più di 1.900 persone sono state uccise da un altro terremoto di magnitudo 7,2, seguito da forti piogge per una depressione tropicale appena due giorni dopo.

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“Sono particolarmente preoccupato da questa situazione in un momento in cui la popolazione haitiana è già altamente vulnerabile”, ha aggiunto Bauer: “Le inondazioni sono arrivate in un momento in cui il paese sta affrontando una grave crisi umanitaria”.

Secondo le Nazioni Unite, anche prima delle piogge e delle inondazioni di questo fine settimana, quasi la metà della popolazione di Haiti, circa 5,2 milioni di persone, aveva bisogno di assistenza umanitaria.

Immagine in anteprima: Frame video Guardian

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