Lotta alla crisi climatica: le assemblee cittadine rafforzano la partecipazione democratica
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«Le istituzioni tradizionali sono sempre meno sufficienti ad affrontare il problema della crisi climatica, quindi c’è bisogno di nuove istituzioni civiche che le affianchino».
Lorenzo Mineo è coordinatore di Politici per caso - Comitato italiano per le Assemblee dei Cittadini estratti a sorte, un comitato trasversale impegnato nella campagna di informazione e raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare “Cittadinə per il Clima”, che mira a istituire assemblee di cittadini estratti a sorte e intervenire sulla crisi climatica. L’obiettivo è arrivare alle 50mila sottoscrizioni necessarie - che da luglio 2021 è possibile rilasciare anche digitalmente - affinché la proposta sia depositata e discussa in Parlamento.
Il comitato promotore riunisce diverse anime con lo scopo comune di fornire una soluzione alternativa alla democrazia italiana. Ne fanno parte Eumans!, il neonato movimento paneuropeo fondato da Marco Cappato che mira alla creazione di “Citizens Assembly” in Ue; il movimento ambientalista Extinction Rebellion; il centro di iniziativa politico-legale Democrazia Radicale; le 6000 Sardine; l’organizzazione no-profit per il bene comune The Good Lobby; il partito Volt e l’Associazione Luca Coscioni.
Le assemblee di cittadini estratti a sorte sono un innovativo istituto di democrazia deliberativa sperimentato da quasi vent’anni in tutto il mondo che ha il pregio di coinvolgere il comune cittadino nel dibattito pubblico e politico. Come funzionano? Mineo spiega che «dopo la convocazione dell’assemblea tematica da parte del Parlamento o del Governo, i cittadini sono sorteggiati secondo criteri specifici come genere, età, provenienza geografica, in una prima fase dall’anagrafe o, come previsto dalla proposta di legge, dalle liste elettorali. A seguito di questa prima chiamata, il cittadino dà il proprio consenso alla partecipazione». Sorteggiati e consenzienti, i cittadini avranno l’opportunità di informarsi con la guida di esperti che forniranno loro i pro e i contro dell’argomento in esame. Sono previsti anche facilitatori e stakeholder che, interessati alla tematica oggetto dell’assemblea, porteranno pubblicamente il loro punto di vista. La fase ultima è la deliberazione, che consiste in una proposta che potrà essere presentata in Parlamento. Mineo sottolinea che «un’assemblea dei cittadini non nasce per dare a priori le soluzioni, ma per affrontarle e meditarle nel corso della discussione».
L’idea di tali assemblee ha cominciato a muovere i primi passi con l’Organizzazione per la Democrazia Rappresentativa Aleatoria (ODERAL), organizzazione fondata nel 2018 da Samuele Nannoni (tesoriere di Politici per caso e coordinatore di ODERAL), Marco Sciolis e i professori di fisica teorica Alessandro Pluchino e Andrea Rapisarda. Attraverso la divulgazione scientifica e la consulenza a enti pubblici e privati, si occupa della promozione delle assemblee dei cittadini in Italia, ponendo particolare accento sul sorteggio, pratica democratica ritenuta dai promotori imparziale e inclusiva, capace di rappresentare la popolazione nel modo più fedele possibile.
La professoressa di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Milano, Paola Bilancia, spiega su federalismi.it nell’articolo “Crisi nella democrazia rappresentativa e aperture a nuove istanze di partecipazione democratica” [2017] come la democrazia rappresentativa stia vivendo un periodo di serie difficoltà dettate dalla distanza tra governanti e governati, dalla non-ricettività delle istituzioni verso i bisogni e le richieste dei cittadini, dalla incapacità di elaborare politiche efficaci sui grandi temi del nostro tempo (emergenza climatica, effetti della globalizzazione, flusso migratorio, ricadute della crisi economico-finanziaria).
Le Citizens’ Assembly si inseriscono proprio in questo scenario, con lo scopo di integrare e potenziare la democrazia rappresentativa. Il primo firmatario della proposta di legge e già segretario di Radicali Italiani, Mario Staderini, afferma che «le elezioni non consentono più di rappresentare la popolazione, cancellano i temi scomodi ai partiti, facendo prevalere i gruppi di potere sull’interesse generale. Il calo della partecipazione al voto, nonostante la permanente campagna a favore delle elezioni, ne è l’effetto».
Secondo il report Democracy and the Rule of Law in the European Union [luglio 2021] elaborato da eupinions, piattaforma indipendente per l'opinione pubblica europea, alla domanda “Quanto sei soddisfatto del modo in cui funziona la democrazia nel tuo paese e in seno all'UE?”, il 60% si è detto insoddisfatto del funzionamento della democrazia in Italia, il 59% nell’Unione europea [dati: dicembre 2020]. L’International Institute for Democracy and Electoral Assistance (International IDEA) [2020] rileva, assegnando un punteggio tra 0 e 1, che il sistema italiano registra le più basse performance nella partecipazione elettorale (0.65) e nella democrazia diretta (0.50). L’Italia figura tra le “flawed democracies” (democrazie imperfette) nel Democratic Index 2021 elaborato da Economist Intelligence Unit (EIU), attestandosi un punteggio su 10 pari a: 6.43 per il funzionamento del governo; 7.22 per la partecipazione politica; 7.50 per la cultura politica; 7.65 per le libertà politiche; 9.58 per il processo elettorale e il pluralismo.
È da queste tendenze che prende forma l’intuizione di Staderini alla base della proposta di legge “Cittadinə per il Clima”, depositata in Cassazione nel dicembre 2019. Il radicale, sempre attento alla vitalità del sistema democratico italiano, nel luglio 2019 fu tra gli organizzatori del convegno “Citizens’ Assembly” al Palazzo San Macuto, occasione in cui furono presentate per la prima volta in Italia le diverse esperienze internazionali di assemblee di cittadini, permanenti e temporanee, generatesi in risposta alla crisi della democrazia elettiva.
Se in termini cronologici la prima Citizens’ Assembly si ebbe nel 2004 in Columbia Britannica per la riforma elettorale, l’esperienza virtuosa e di successo divenuta modello è quella irlandese: il progetto The Irish Citizen’s Assembly nacque a seguito del crollo finanziario ed economico del Paese causato dalla crisi del 2008. Un gruppo di scienziati politici propose di portare i cittadini al centro del dibattito per migliorare il sistema democratico rappresentativo. La proposta fu presa in carico e culminò in We the Citizens, la prima assemblea di cittadini irlandese. Successivamente, nel 2012 il governo irlandese decise di istituire la Convenzione costituzionale irlandese (ICC) per apportare modifiche alla Costituzione, e l'Assemblea dei cittadini irlandese (ICA). ICC e ICA hanno permesso ai cittadini di deliberare su temi che, per un Paese come l’Irlanda con la fama d’essere conservatore e tra “i più cattolici al mondo”, erano considerati difficili da affrontare. Si è giunti così alla convocazione dei referendum sul matrimonio egualitario (legale dal 2015) e l’aborto (legale dal 2018). Questa esperienza ha mostrato quanto l’opinione pubblica fosse più avanti del sistema politico e come i cittadini, quando sono chiamati a dare un contributo attivo, si responsabilizzano, si documentano e interessano alla cosa pubblica, considerandosi capaci di “impattare”: è quello che la scienza politica chiama “senso di efficacia”.
Le assemblee civiche sono ormai parte consolidata del sistema democratico irlandese, le ultime sono state convocate tra il 29 aprile e il 1 maggio scorso, Assemblea dei cittadini di Dublino (Dublin Citizens' Assembly), per discutere sul tipo di sindaco da eleggere direttamente e presentare proposte, e il 14 maggio, Assemblea dei cittadini sulla perdita di biodiversità (Citizens' Assembly on Biodiversity Loss), la prima al mondo su questo tema, per riflettere ed elaborare soluzioni su come lo Stato possa migliorare la sua responsabilità nella perdita della biodiversità. Si ricorda che l’Irlanda sul punto aveva dichiarato nel 2019 lo stato di emergenza.
L’emergenza climatica è tra i temi favoriti per convocare Citizens’ Assembly nei Paesi europei. È il caso della Francia, che ha dato vita alla Convention Citoyenne pour le climat (2019-2020) per definire misure volte alla riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 40% entro il 2030 rispetto al 1990; della Spagna con l’Asamblea Ciudadana para el clima, che ha tenuto la sua quinta sessione il 23 e 24 aprile scorso sul consumo, uso del suolo, lavoro, comunità, salute, ecosistemi. L’occasione è servita per lavorare su proposte che saranno perfezionate e approvate nell'ultima sessione, prevista per il 21 e 22 maggio a Madrid.
Anche l’Unione Europea ha riconosciuto il potenziale delle assemblee civiche istituendo la Conference on the future of Europe, una conferenza formata da 200 cittadini europei estratti a sorte dai 27 Stati membri per ciascuno dei quattro panel tematici per ragionare, confrontarsi e deliberare sul futuro dell’Europa. Proposta nel 2019, a causa della pandemia da Covid-19 la Conferenza ha posticipato l’inizio delle sue attività con un anno di ritardo il 9 maggio 2021 (Festa dell’Europa). Nel periodo settembre-febbraio 2022 i sorteggiati hanno elaborato delle raccomandazioni, discusse in sessioni plenarie tra marzo e aprile, che sono state sottoposte alle tre istituzioni europee il 9 maggio, e da loro esaminate che d’ora in avanti si impegneranno per dargli seguito.
In Italia, uno dei più grandi sostenitori delle Citizens’ Assembly è da sempre Rodolfo Lewanski, già professore di democrazia partecipativa all’Università di Bologna, membro del Comitato scientifico di Politici per caso. Lewanski immagina la democrazia come «una creatura biologica in evoluzione, che si adatta al mondo che abita e che quindi deve poter fare un salto in avanti», e lo fa guardando indietro, alle origini: nell’Antica Grecia ci si riuniva, infatti, in un’assemblea, la cosiddetta “ecclesia”, dove, dopo regolari riunioni, si discuteva dei progetti di legge emanati dal Consiglio (boulé). E il sorteggio, come illustra il professore emerito di Storia della filosofia antica alla Normale di Pisa, Giuseppe Cambiano, nell’articolo “Piccola archeologia del sorteggio” (in Teoria politica), era la pratica con cui si eleggevano i 500 membri della boulé, tra quanti di età superiore ai 30 anni si candidavano [Aristotele, Costituzione degli Ateniesi]. Il sorteggio serviva a impedire che si formasse un gruppo di potere duraturo o permanente, ritenendo quindi la rotazione necessaria all’equilibrio democratico.
Testimone di esperimenti di partecipazione in Italia, Lewanski, oltre a fornire la sua conoscenza, si è speso e si spende quotidianamente per essi. Dal 2008 al 2013 fu eletto Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione, carica istituita dalla Legge regionale n.69 del 2007, in Toscana. Si trattava di una legge che anticipava i tempi, e che intendeva rinnovare la democrazia e le sue istituzioni attraverso strumenti di democrazia partecipativa. Nello specifico, la legge prevedeva due ambiti di intervento, regionale e locale, per i quali si organizzavano dibattiti pubblici su temi definiti e circoscritti. La fase ultima del dibattito prevedeva la presentazione di progetti all’Autorità regionale che era chiamata a valutarli e finanziarli secondo i requisiti previsti dalla legge.
Ad oggi, diversi comuni italiani si stanno muovendo per rendere le assemblee dei cittadini estratti a sorte l’istituto di democrazia deliberativa - o meglio, “Partecipazione Deliberativa” - capace di migliorare il processo di decisione democratica. La vera sfida sarebbe farle affermare a livello nazionale, rimettendo la società civile al centro dei temi che la interessano, perché, come afferma Rodolfo Lewanski, «La democrazia deve coinvolgere i cittadini, abbiamo bisogno di decisioni condivise, accettate e che vengano dai nostri pari, che mobilitano la nostra capacità di riflettere, di pensare ai temi complessi che abbiamo di fronte oggi e che non hanno soluzioni facili».
Immagine in anteprima via buergerrat.de