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COVID-19, il divario vaccinale fra i paesi ricchi e quelli poveri è sempre più grave. Una “disuguaglianza scandalosa” che rallenta l’uscita dalla pandemia

20 Luglio 2021 13 min lettura

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COVID-19, il divario vaccinale fra i paesi ricchi e quelli poveri è sempre più grave. Una “disuguaglianza scandalosa” che rallenta l’uscita dalla pandemia

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Più di un anno fa è stato lanciato COVAX (Covid-19-Vaccine Global Access Facility) – un progetto della GAVI Alliance che comprende Organizzazione mondiale della sanità (OMS), Banca Mondiale, UNICEF e la Bill & Melinda Gates Foundation – con l'obiettivo di garantire una distribuzione equa dei vaccini anti SARS-CoV-2 in tutto il mondo, indipendentemente dal potere d’acquisto di ogni singolo paese, e che fa parte di "Access to Covid-19 Tools Accelerator" (ACT-A), la cooperazione globale per accelerare lo sviluppo e la produzione di farmaci e vaccini contro il nuovo coronavirus. Entro i primi mesi del 2022, il progetto prevede di mettere a disposizione 2,3 miliardi di dosi di vaccino, di cui 1,8 miliardi da destinare ai Paesi più poveri. COVAX negozia un prezzo per ciascun vaccino con i vari produttori, i paesi ricchi pagano il prezzo pieno negoziato mentre quelli più poveri versano soltanto un contributo finanziario. 

Lo scorso febbraio, il Ghana è stato il primo paese a ricevere 600mila dosi di vaccino AstraZeneca tramite questo meccanismo. Da quel momento e fino al 13 luglio, COVAX ha distribuito oltre 109 milioni di vaccini in 133 paesi partecipanti, raccogliendo oltre 10 miliardi di dollari. Nel mondo, in base ai dati elaborati da Our World in Data, poco più del 26% della popolazione mondiale ha ricevuto almeno una dose di vaccino contro la COVID-19. A livello globale sono state somministrate finora oltre 3 miliardi di dosi. Ma solo l'1% delle persone nei paesi a basso reddito ha ricevuto almeno una dose.

Una situazione che a fine maggio il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità aveva definito una «disuguaglianza scandalosa» che sta prolungando la pandemia: «Non c'è un modo diplomatico per dirlo: un piccolo gruppo di paesi che producono e acquistano la maggior parte dei vaccini mondiali controlla il destino del resto del mondo. Il numero di dosi somministrate finora a livello globale sarebbe stato sufficiente a coprire tutti gli operatori sanitari e gli anziani, se fossero state distribuite equamente. Avremmo potuto essere in una situazione decisamente migliore». La maggior parte delle persone nei paesi più poveri dovrà aspettare altri due anni prima di essere vaccinata contro la COVID-19.

A maggio l'India's Serum Institute, il più grande produttore di vaccini al mondo (che avrebbe dovuto fornire la metà delle dosi previste da COVAX), ha comunicato che per far fronte alla grave crisi sanitaria nel paese indiano avrebbe bloccato fino alla fine dell’anno le esportazioni delle dosi di vaccini nel mondo, comprese quelle previste dal programma sostenuto dall’OMS. Una decisione che, aveva commentato successivamente l’Organizzazione mondiale di sanità, avrebbe portato a fine giugno per COVAX a un deficit di almeno 190 milioni di dosi di vaccino rispetto a quanto previsto originariamente. “Anche se COVAX – continuava il comunicato – avrà a disposizione volumi maggiori nel corso dell'anno attraverso gli accordi che ha già ottenuto con diversi produttori, se non affrontiamo l'attuale, urgente carenza, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche”. Per questo veniva chiesto ai paesi ricchi e al settore privato “di sbloccare urgentemente nuove fonti di dosi di vaccino, con consegne a partire da giugno e finanziamenti in modo da poter effettuare queste consegne”. Fino a quel momento i paesi ad alto reddito avevano donato 150 milioni di dosi. Bruce Aylward dell’OMS aveva spiegato che solo una piccola parte di queste dosi sarebbe stata disponibile a breve termine a giugno, luglio e agosto e che il programma avrebbe avuto bisogno «del doppio» dei vaccini finora donati.

Al G7, svoltosi nel Regno Unito a metà giugno, viene annunciato un “accordo storico”: i leader dei paesi coinvolti si impegnano a condividere 870 milioni di dosi di vaccini contro la COVID-19, con l'obiettivo di consegnarne almeno la metà entro la fine del 2021, e riaffermano il loro sostegno ad ACT-Accelerator e COVAX, ritenuto "la via principale per fornire vaccini ai paesi più poveri". “Come G7, dal nostro ultimo incontro a febbraio, abbiamo impegnato in totale oltre 2 miliardi di dollari per l'ACT-Accelerator (compresi i vaccini), portando il nostro impegno collettivo dall'inizio della pandemia a oltre 10 miliardi di dollari”, si legge nel comunicato

L’accordo raggiunto al G7 sui nuovi impegni per la donazione di vaccini è stato però ritenuto insufficiente da diversi analisti, e inoltre potrebbe essere controbilanciato dalle restrizioni sulle esportazioni dei vaccini e degli ingredienti per la loro produzione decise ad esempio da Stati Uniti d’America e Unione Europea. Dopo il G7, Henrietta Fore, direttrice esecutiva dell'UNICEF, ha dichiarato: «Abbiamo raggiunto un triste traguardo in questa pandemia: ci sono già più morti per COVID-19 nel 2021 che in tutto l'anno scorso. Senza un'azione urgente, questa devastazione continuerà. L'accesso equo ai vaccini COVID-19 rappresenta la via più chiara per uscire da questa pandemia per tutti noi, compresi i bambini. L'UNICEF ringrazia gli Stati membri del G7 per i loro significativi impegni e il continuo sostegno. Tuttavia, resta molto lavoro da fare per continuare ad aumentare sia la quantità che il ritmo della fornitura di vaccini al resto del mondo. Questa crisi non finirà finché non sarà finita per tutti». 

Durante il summit nel Regno Unito, il direttore generale dell'OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha sottolineato anche che molti paesi nel mondo stanno affrontando un'impennata dei casi senza avere a disposizione i vaccini: «I nostri obiettivi a breve termine sono di vaccinare almeno il 10% della popolazione di ogni paese entro settembre e almeno il 40% entro la fine dell'anno. Per raggiungere questi obiettivi, abbiamo bisogno di 100 milioni di dosi in più in questo momento – questo mese e il prossimo mese – e 250 milioni in più entro settembre. Ma dobbiamo puntare più in alto. Per porre davvero fine alla pandemia, il nostro obiettivo deve essere quello di vaccinare almeno il 70% della popolazione mondiale prima di incontrarci del nuovo al G7 in Germania il prossimo anno. Per farlo, abbiamo bisogno di 11 miliardi di dosi di vaccini. Accogliamo con favore i generosi annunci che avete fatto sulle donazioni di vaccini. Grazie. Ma abbiamo bisogno di più e con maggiore rapidità. Le donazioni immediate sono vitali, idealmente tramite COVAX. Ma lo è anche l'aumento della produzione, anche attraverso l'uso del trasferimento di tecnologia e delle deroghe alla proprietà intellettuale dei brevetti dei vaccini». Lo scorso ottobre, India e Sud Africa hanno chiesto all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) di sospendere temporaneamente i brevetti su alcuni farmaci e sui vaccini anti COVID-19 sostenendo che in questo modo possano essere prodotti e distribuiti più velocemente. Grandi aziende farmaceutiche e paesi tra cui Regno Unito, Canada e Germania si sono opposti al piano, perché la sua approvazione soffocherebbe l'innovazione nelle aziende farmaceutiche privandole dell'incentivo a fare enormi investimenti in ricerca e sviluppo e per la mancanza di siti produttivi adeguati per aumentare la produzione. Secondo i sostenitori della proposta, invece, la sospensione temporanea  consentirebbe l'avvio della creazione di un struttura funzionale per aumentare la produzione dei vaccini in mezzo a una pandemia, inviando anche un forte messaggio di salute pubblica. I negoziati sulla richiesta di India e Sud Africa dovrebbero continuare e un potenziale accordo potrebbe essere raggiunto in tempo per la prossima riunione del consiglio ministeriale del WTO prevista dal 30 novembre al 3 dicembre, scrive Al Jazeera.

Come abbiamo visto i vaccini distribuiti nel mondo con il programma COVAX sono una minima parte, rispetto al totale delle dosi somministrate e ai piani iniziali. Una situazione creatasi non solo per fattori esterni, ma anche per criticità interne.

Su The Lancet Ann Danaiya Usher spiega che COVAX è stato progettato per reggersi su due “gambe”: i paesi ricchi che pagherebbero i propri vaccini e i 92 paesi a basso reddito, le cui dosi sarebbero finanziate con gli aiuti di donatori attraverso l’Advance Market Commitment (AMC). “La grande idea di COVAX – continua la giornalista – era che la combinazione di questi due flussi di finanziamento avrebbe dato alla struttura i mezzi per investire nella ricerca e nello sviluppo di diversi vaccini promettenti contro il nuovo coronavirus SARS-CoV-2. Inoltre, come meccanismo di approvvigionamento in comune, COVAX avrebbe avuto la forza finanziaria come acquirente per abbassare i prezzi per tutti i paesi partecipanti. Una volta che uno qualsiasi dei vaccini del portafoglio COVAX fosse stato sottoposto con successo a studi clinici e si fosse dimostrato sicuro ed efficace, sia ai paesi ricchi che a quelli a basso reddito, sarebbero stati assegnati i vaccini in proporzione alla dimensione totale della loro popolazione”. Questo però non è successo perché la maggior parte dei paesi ricchi ha stipulato accordi bilaterali con le aziende produttrice dei vaccini scavalcando COVAX e depotenziandolo, ha dichiarato Gavin Yamey della Duke University che ha fatto parte di un gruppo di lavoro convocato da Gavi all'inizio del 2020 per la progettazione di COVAX. Secondo poi Kate Elder, esperta di strategia vaccinali per Medici Senza Frontiere, GAVI ha perso tempo prezioso lo scorso anno: «COVAX ha sacrificato la velocità per convincere i paesi ricchi ad aderire all'iniziativa, quando chiaramente [quei governi] avrebbero adottato altre misure per garantirsi i vaccini. Questa tempistica a rilento ha anche portato a un ritardo nella raccolta fondi».

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Sempre su Lancet la giornalista racconta che l'incapacità di convincere i paesi ricchi ad aderire in gran numero a COVAX ha creato una situazione imbarazzante per chi gestisce il progetto: “Da un lato, un numero non sufficiente di partecipanti autofinanziati si è unito a COVAX per dargli l'enorme potere d'acquisto sperato. Dall'altro, anche se COVAX è disperatamente a corto di vaccino, la struttura è ora contrattualmente obbligata a riservare una dose su cinque per alcuni paesi ricchi. Alla fine di maggio, COVAX ha fornito circa 80 milioni di dosi ai paesi a basso e medio reddito LMIC e 22 milioni di dosi sono andate ai paesi ad alto reddito. Gavi ha prodotto vari comunicati stampa sulle consegne di vaccini ai paesi più poveri, a partire dalla spedizione di 600.000 dosi del vaccino dell'Università di Oxford-AstraZeneca in Ghana il 24 febbraio 2021, mentre non è stato annunciato quando al Canada sono state assegnate 1,62 milioni di dosi dello stesso vaccino all'inizio di quel mese e nessuna fanfara è stata fatta quando ad aprile 500.000 dosi del vaccino Pfizer-BioNTech sono state assegnate da COVAX al Regno Unito”. Un’altra problematica, per Strive Masiyiwa, presidente esecutivo del gruppo tecnologico internazionale Econet Global e filantropo miliardario dello Zimbabwe con l’incarico di aiutare a procurare i vaccini per conto dell'Unione africana (UA), è stata quella di affidarsi principalmente al Serum Institute indiano perché i rischi legati all'approvvigionamento dei vaccini da una sola struttura erano troppo elevati, racconta Quartz Africa.

Secondo poi Monica De Bolle, professoressa alla Johns Hopkins University, COVAX soffre anche per due grossi difetti di progettazione: “Per prima cosa, distribuisce i vaccini in proporzione alla popolazione del paese, che non è la metrica migliore di salute pubblica. In secondo luogo, non tiene conto delle capacità dei paesi di lanciare massicce campagne di immunizzazione”. De Bolle spiega che distribuire le dosi di vaccino guardando alla dimensione della popolazione è sbagliato per diversi motivi perché i paesi vivono fasi molto diverse della pandemia: “In alcuni casi la situazione è molto grave, con i sistemi sanitari nazionali al collasso. Altri paesi hanno una mancanza di adeguate misure di salute pubblica. Altri, invece, affrontano scenari molto meno scoraggianti”. Per questo motivo, per la professoressa della Johns Hopkins University, COVAX, per la distribuzione dei vaccini, dovrebbe adottare metriche differenti basate sul tasso di incidenza dell’infezione nella popolazione di un paese, sul tasso di attacco (cioè la percentuale di persone che si ammalano – o muoiono – di una malattia nella popolazione), sulla capacità del sistema sanitario (ad esempio misurata sul numero di posti letto in terapia intensiva per 1.000 persone in un dato paese).

Nel frattempo, i casi di COVID-19 stanno aumentando in tutta l'Africa, riporta Nature: “L'ufficio africano dell'Organizzazione mondiale della sanità, con sede a Brazzaville, nella Repubblica del Congo, afferma che il numero di infezioni da COVID-19 è aumentato del 39% dal 13 al 20 giugno e del 25% al 27 giugno. Almeno 20 paesi, tra cui Zambia, Uganda, Sudafrica e Repubblica Democratica del Congo, stanno vivendo una terza ondata di infezioni, secondo i Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa CDC), con sede ad Addis Abeba, in Etiopia. Le strutture sanitarie sono sopraffatte”. «La terza ondata sta prendendo velocità, si diffonde più velocemente, colpisce più forte. Questo è davvero preoccupante. Con il numero di casi in rapido aumento e l'aumento delle segnalazioni di malattie gravi, l'ultima ondata rischia di essere la peggiore mai registrata in Africa», ha dichiarato il Matshidiso Moeti , direttore regionale dell'OMS per l'Africa.

Tra febbraio e maggio 2021, in totale, i paesi africani hanno ricevuto tramite COVAX poco meno di 20 milioni di dosi di vaccini rispetto alle 66 milioni di dosi attese: “Su quasi 1,3 miliardi di persone in Africa, solo il 2% ha ricevuto una dose di vaccino contro la COVID-19. E poco più dell'1% – 26 milioni di persone – sono completamente vaccinate, secondo l'ufficio africano dell'OMS”. In questa difficile situazione l’Unione africana sta provando altre strade per ottenere i vaccini contro il nuovo coronavirus. A fine giugno il direttore dell'Africa Centers for Disease Control and Prevention, John Nkengasong, ha dichiarato: «Lasciatemi dire senza mezzi termini, in Africa non stiamo vincendo la battaglia contro il virus, quindi non mi importa se i vaccini provengono da COVAX o da qualsiasi altra parte. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è un rapido accesso ai vaccini». Sempre Nature spiega che i singoli paesi africani stanno anche negoziando accordi con le aziende produttrici di vaccini, ma il loro potere di acquisto è nettamente inferiore rispetto ai paesi più ricchi. 

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Lo scorso 8 luglio Aurelia Nguyen, a capo di COVAX, ha dichiarato che il programma punta a consegnare quest’anno 520 milioni di dosi di vaccino COVID-19 in Africa, con un aumento delle forniture a partire dal prossimo settembre. Entro la fine del primo trimestre del 2022, poi, COVAX mira a fornire al continente africano quasi 850 milioni di dosi. A livello generale, il 12 luglio, è stato comunicato da parte di GAVI un accordo con cui si renderanno immediatamente disponibili 110 milioni di dosi dei vaccini cinesi Sinopharm e Sinovac – già approvati per l’uso emergenziale dall’OMS – ai paesi partecipanti a COVAX. Secondo inoltre le previsioni elaborate durante una riunione a fine giugno del consiglio di amministrazione di GAVI, l'obiettivo di COVAX di fornire 1,8 miliardi di dosi alle economie a basso reddito sarebbe raggiunto nel primo trimestre del 2022. Durante l'incontro è stato anche approvato un nuovo finanziamento di 775 milioni di dollari per sostenere per i prossimi due anni la consegna di dosi finanziate da COVAX nei paesi poveri.

Al di là degli obiettivi di COVAX, Scientific American scrive che secondo gli esperti per fermare la pandemia in corso saranno necessari altri sforzi, come il somministrare dosi di vaccini in regioni remote, affrontare l'esitazione vaccinale e ampliare il numero di strutture in grado di produrre vaccini. Secondo Krishna Udayakumar, direttrice del Duke Global Health Innovation Center, COVAX è un progetto necessario ma non sufficiente: «Fino a quando i paesi ricchi e le aziende non intensificheranno gli sforzi per condividere i vaccini e aiutare a distribuirli in tutto il mondo, le mani della collaborazione saranno legate». Secondo una stima del Fondo monetario internazionale per vaccinare almeno il 40% della popolazione in tutti i paesi entro la fine del 2021 e almeno il 60% entro la prima metà del 2022 sarebbero necessari 50 miliardi di dollari, con i benefici di questa operazione stimati intorno ai 9 trilioni di dollari.

L’OMS ha ricordato inoltre che per il 2021 “sono ancora necessari oltre 16 miliardi di dollari per finanziare completamente il lavoro di ACT-Accelerator che è a metà della sua necessità di finanziamento per il 2020-21”. “Oltre al vitale lavoro di ricerca e sviluppo e approvvigionamento di vaccini – afferma l'agenzia delle Nazioni Unite –, ACT-Accelerator ha bisogno di fondi per rafforzare i sistemi sanitari e proteggere gli operatori sanitari che lavorano per porre fine alla pandemia; test per rilevare e contenere i focolai e per identificare nuove varianti che continueranno ad apparire; trattamenti per salvare la vita di coloro che continueranno a contrarre la COVID-19 e a soffrire. C'è un urgente bisogno di trattamenti come l'ossigeno che sta registrando un'impennata della domanda 5 volte maggiore – e in casi come l'India, 10 volte – rispetto a prima della pandemia”. 

In recente conferenza, il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha detto che dopo un calo di 10 settimane dei decessi globali per coronavirus, il numero di pazienti per COVID-19 che muoiono ogni giorno è ricominciato a salire e che la variante Delta sta «portando ondate catastrofiche di casi» nel mondo. 

«Il divario globale nella fornitura di vaccini contro il nuovo coronavirus SARS-Cov-2 è estremamente irregolare e iniquo. Alcuni paesi stanno ordinando milioni di dosi di vaccino per il richiamo, prima che altri Stati abbiano le forniture per vaccinare i loro operatori sanitari e le persone più fragili». Per questo motivo, ha concluso Tedros, la priorità ora deve essere quella di vaccinare coloro che non hanno ricevuto dosi e che non sono protetti contro la COVID-19.

Foto in anteprima: "COVID-19 testing" di World Bank Photo Collection sotto licenza CC BY-NC-ND 2.0

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