COVID-19, cosa sappiamo sui vaccini a giovani e minorenni
7 min letturaAggiornamento 3 agosto, ore 11:42: l'articolo è stato aggiornato con l'annuncio del ministro della Salute tedesco di offrire a tutti i bambini e adolescenti dai 12 anni in su il vaccino contro il nuovo coronavirus.
In vista dell'inizio dell'anno scolastico 2021/2022, il commissario straordinario per l'emergenza, il generale Francesco Paolo Figliuolo, ha dichiarato che «l'obiettivo è avere entro la prima decade di settembre il 60% dei ragazzi vaccinati per poter tornare in presenza o con pochissime limitazioni». Secondo i dati forniti dalla Presidenza del Consiglio, degli oltre 4,6 milioni di ragazzi e ragazze della fascia di età tra i 12 e 19 anni, il 33,30% è vaccinato con una dose, mentre il 17,39% ha completato il ciclo vaccinale. Dopo che il 28 luglio, l'Agenzia nazionale del farmaco (AIFA) ha approvato il vaccino Moderna per la fascia di età tra i 12 e i 17 anni, i vaccini anti Covid in Italia che si possono somministrare ai minori sono diventati due. In precedenza, l'Aifa aveva approvato l'utilizzo di Pfizer per la fascia di età tra i 12 e i 15 anni. La strategia della campagna vaccinale per quanto riguarda questa fetta di popolazione riscontra però approcci differenti tra diversi paesi. Vediamo qual è la situazione.
A fine maggio l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha raccomandato l’utilizzo del vaccino Pfizer per i ragazzi tra i 12 e 15 anni (questo vaccino era già stato approvato per gli adulti e gli adolescenti a partire dai 16 anni di età). Nella sua valutazione l’Agenzia europea riporta che lo studio, “a causa del numero limitato di minori inclusi” (2.260 ragazzi di età compresa tra 12 e 15), non avrebbe potuto rilevare effetti collaterali rari". L’EMA ha comunicato anche di star valutando casi molto rari di miocardite (infiammazione del muscolo cardiaco) e pericardite (infiammazione della membrana intorno al cuore) che si sono verificati dopo la vaccinazione con Pfizer, principalmente in persone di età inferiore a 30 anni, ma che al momento non c'erano indicazioni che questi casi fossero legati al vaccino. Per l’EMA, quindi, i benefici del vaccino nei ragazzi di età compresa tra 12 e 15 anni superano i rischi, in particolare in coloro che rischiano di contrarre una forma grave della COVID-19 (ad esempio che presentano altre patologie o immunodepressi).
Il 23 luglio da parte dell'EMA è arrivato il via libera per il vaccino Moderna per i ragazzi dai 12 ai 17 anni (il vaccino era già stato approvato per le persone dai 18 anni in poi). Nel comunicare questa decisione, l'EMA ha specificato che gli effetti del vaccino sono stati valutati in uno studio che ha coinvolto 3.732 minori di età compresa tra 12 e 17 anni. I risultati hanno mostrato che c'è stata "una risposta anticorpale comparabile (...) a quella osservata nei giovani adulti di età compresa tra 18 e 25 anni (misurata dal livello di anticorpi contro SARS-CoV-2). Inoltre, nessuno dei 2.163 minori che hanno ricevuto il vaccino ha sviluppato la COVID-19 rispetto a quattro dei 1.073 minori a cui è stato somministrato del placebo". Per quanto riguarda poi i possibili effetti indesiderati legati al vaccino più comuni registrati nello studio sono stati "lievi o moderati e migliorano entro pochi giorni dalla vaccinazione". Anche in questo caso l'EMA ha specificato che "a causa del numero limitato di bambini e adolescenti inclusi nello studio, esso non avrebbe potuto rilevare nuovi effetti indesiderati non comuni o stimare il rischio di effetti collaterali noti come miocardite e pericardite. Tuttavia, il profilo di sicurezza complessivo di Moderna è stato confermato" e per questo motivo è stato ritenuto che "i benefici del vaccino nei ragazzi di età compresa tra 12 e 17 anni siano superiori ai rischi, in particolare negli adolescenti con delle condizioni fisiche che aumentano il rischio di avere una forma grave della COVID-19". Un dato importante, sottolinea l'Ospedale pediatrico Bambino Gesù, è che seppure un legame tra i vaccini a mRNA e miocardite non possa essere escluso, "i casi riportati sono stati comunque di modesta entità e si sono risolti in breve tempo con semplici cure mediche".
Ma sulla vaccinazione ai più giovani ci sono linee guida differenti decise dai governi di diversi paesi, spiega il Centro europeo per la prevenzione e il controllo (ECDC) in un recente rapporto. Ad esempio in Germania, lo scorso 10 giugno, la Commissione permanente per le vaccinazioni (Stiko) del Robert Koch Institut (organizzazione responsabile per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive nel paese) ha raccomandato l’uso del vaccino Pfizer nei bambini e negli adolescenti con malattie pregresse a causa di un possibile aumento del rischio di contrarre un forma grave COVID-19, mentre non lo raccomanda per i ragazzi di età compresa tra 12 e 17 anni senza precedenti malattie. Ad inizio agosto però il ministro della Salute tedesco, Jens Spahn, ha poi annunciato che la Germania inizierà a offrire la vaccinazione contro il coronavirus a tutti i bambini e gli adolescenti dai 12 anni in su senza specifiche raccomandazioni. Spahn ha spiegato che la decisione è stata presa in accordo con la Stiko (che però non ha ancora aggiornato, rispetto al 10 giugno, le linee guida sulla vaccinazione per questa fascia di età. «Non possiamo emettere una nuova raccomandazione generale finché non abbiamo i dati necessari per farlo», ha dichiarato Thomas Mertens a capo della Stiko).
Nel Regno Unito, il Comitato congiunto per la vaccinazione e l'immunizzazione (JCVI) ha consigliato di dare la priorità nella vaccinazione ai minori dai 12 ai 17 anni (con Pfizer) che sono a rischio di avere una forma grave della COVID-19 e di ospedalizzazione, che hanno contatti familiari con persone immunodepresse e che nei prossimi tre mesi compirà 18 anni. Per gli altri ragazzi e ragazze sani della stessa fascia età deciso è stato considerato che il possibile rischio collegato alla somministrazione del vaccino non è controbilanciato dal suo beneficio. JCVI ha anche comunicato che continuerà a rivedere le prove provenienti da tutto il mondo sulla sicurezza e l'efficacia dei vaccini e che in caso modificherà la sua lettura sull'equilibrio tra rischio e benefici per questa fascia di età. Simili raccomandazioni sono state elaborate anche in Belgio, in Svezia e in Finlandia. In una recente intervista Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, ha detto che bisognerebbe rimandare «la vaccinazione dei giovani per finire gli over 50 e anche per raccogliere più dati sulle conseguenze nei ragazzi».
A cioè si aggiunge anche un tema etico: se dare priorità ai minori nei paesi ricchi o mandare le loro dosi alle nazioni più povere, ad esempio tramite il programma COVAX, progetto della GAVI Alliance (una cooperazione di soggetti pubblici e privati con lo scopo di migliorare l'accesso all'immunizzazione per la popolazione umana in paesi poveri) che comprende OMS, Banca Mondiale, UNICEF e la Bill & Melinda Gates Foundation. Lo scorso 14 maggio, il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus aveva detto: «Capisco perché alcuni paesi vogliano vaccinare i propri ragazzi e adolescenti, ma li esorto a ripensarci e donare piuttosto i vaccini al COVAX perché nei paesi a basso e medio reddito, la fornitura di vaccini anti-COVID non è stata sufficiente neanche a immunizzare gli operatori sanitari e chi si occupa di assistenza, e gli ospedali sono stati sommersi da persone che hanno bisogno di cure salvavita».
Specifiche raccomandazioni sulla vaccinazione nella fascia di età dai 12 ai 17 anni non esistono invece nei paesi come Italia, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Grecia, Austria, Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Danimarca, Svizzera, Romania, Bulgaria, Lituania, Lettonia ed Estonia, si legge in un approfondimento della Fondazione Veronesi. Negli Stati Uniti d'America, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) hanno raccomandato la vaccinazione con Pfizer per i ragazzi a partire dai 12 anni di età. Nel comunicato si legge che “sebbene i bambini si infettino meno rispetto agli adulti, i ragazzi possono comunque infettarsi con il virus che provoca la COVID-19, ammalarsi e diffondere il nuovo coronavirus Sars-CoV-2 alle altre persone”.
Come spiega infatti Heidi Ledford su Nature sebbene ci siano molte meno probabilità che gli adolescenti si ammalino gravemente di COVID-19 rispetto agli adulti, la possibilità esiste. «Ho passato la pandemia a prendermi cura dei bambini in un ospedale pediatrico. Ne abbiamo visti non tanti come per i casi negli adulti, ma molti bambini sono stati piuttosto male», ha detto Adam Ratner, specialista in malattie infettive pediatriche presso la New York University a Nature. Nello stato statunitense dell'Arkansas, gli ospedali, situati a Little Rock e Springdale, hanno comunicato il 29 luglio che 24 pazienti pediatrici sono stati ricoverati per COVID-19, un aumento del 50% rispetto a qualsiasi precedente picco durante la pandemia, riporta la CNN: "Dei 24 bambini, sette sono in terapia intensiva e per due è stata necessaria la ventilazione. Più della metà avrebbe potuto essere vaccinata, ma nessuno di quelli ricoverati aveva ricevuto il vaccino". Rick Barr, direttore clinico dell'Arkansas Children's Hospital, ha detto all'emittente statunitense di star «assistendo a un aumento decisivo, non visto in precedenza, con la variante Delta del virus». Barr ha aggiunto che i ricoveri per i bambini di recente sono diventati più comuni.
C'è poi da considerare anche lo spettro del long COVID, un insieme di sintomi a volte debilitanti che possono persistere per mesi nelle persone di qualunque età che hanno avuto la COVID-19 (anche in forma lieve). Il long COVID è stato descritto per la prima volta negli adulti, ma diversi studi hanno ora riportato un fenomeno simile (in percentuali però nettamente minori) nei bambini, si legge sempre su Nature. Si tratta di un fenomeno ancora da studiare e approfondire: "In generale, sappiamo molto poco delle condizioni croniche post-virali, afferma Danilo Buonsenso, pediatra del Policlinico Gemelli di Roma, perché la maggior parte dell'attenzione clinica e dei finanziamenti si è concentrata sulla fase acuta delle infezioni" da nuovo coronavirus Sars-CoV-2. Secondo Deepti Gurdasani, epidemiologa e medica dell’università Queen Mary di Londra, inoltre “non è accettabile esporre alcun gruppo alla trasmissione di un virus di cui ancora non sappiamo molto, che provoca disturbi debilitanti non solo acuti ma anche cronici, e che conosciamo a malapena”.
Per questi motivi, molti pediatri sollecitano la vaccinazione per gli adolescenti. C’è poi anche da considerare il rischio che più a lungo il virus circola, ad esempio nei giovani non vaccinati (evidenze scientifiche mostrano che i vaccini anti COVID-19 riducono anche la trasmissione di SARS-CoV-2, oltre le forme gravi della malattia), e più a lungo dura la pandemia, maggiori sono la possibilità che emergano nuove varianti con una certa resistenza ai vaccini. Per questo, Julian Tang, virologo dell'Università di Leicester, nel Regno Unito, considera la vaccinazione dei minori un punto cruciale per tenere sotto controllo la pandemia, perché eviterebbe che i giovani diventino un potenziale serbatoio di infezioni asintomatiche e proteggerebbe dall'emergere di nuove varianti.