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Cose di cui non si è parlato in abbazia con Letta

13 Maggio 2013 2 min lettura

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Cose di cui non si è parlato in abbazia con Letta

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L'altra mattina in Calabria il Giro d'Italia ha attraversato la città nella quale sono nato - e dalla quale mi tengo a distanza di sicurezza da qualche anno - per l'eccitazione e l'orgoglio dei miei contatti social locali e di quelli che ancora sento con gli strumenti dell'altro secolo (nel senso dell'eccitazione per il Giro, ma forse anche per la mia assenza). Ho cercato in rete qualche testimonianza di questo passaggio storico in quelle stesse ore, trovandone in verità numerose: nel primo pomeriggio YouTube già contava una manciata di video amatoriali della carovana in diverse fasi del tracciato, i portali online d'informazione regionale pubblicavano foto di famiglie e negozi di scarpe della conurbazione che salutavano con striscioni e coreografie volenterose l'arrivo della banda. Gli atleti al trotto, eroici come solo nella tradizione dell'immaginario ciclistico, passavano fra ali di anziani consci del portato epico del momento e giovani pronti a immortalare tutto coi loro smartphone per portarsi a casa un pezzo di televisione vissuto davvero.

È sicuramente un'osservazione poco creativa quella che porta a argomentare il passaggio del carrozzone ciclistico nazionale per il "Paese reale" come concessione di un circo più grande a quella porzione di Italia che infinitamente grata, coi sindaci fieri e i consiglieri conciati a festa, tornerà tre ore dopo a rituffarsi inconsapevole nell'anonimato più cupo. Eppure è come se i benefici dell'annessione geografico-politica a un territorio nazionale combaciassero solo e soltanto all'arrivo dell'evento mediatico, a ricordare l'importanza di un "ma guarda che bello che è e non ci badiamo" centro storico, a sopravvalutare quei luoghi che immaginaiamo meritino rispetto. La cosa mi ha messo un po' di malinconia e avevo voglia di incupire anche il resto del mondo.

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Cosenza si è fatta trovare pronta alla tappa che ha portato il plotone al di là del Pollino con la sua voglia di farsi vedere "Italia", gli striscioni degli impiegati della municipalizzata che ricordano all'amministrazione di versare gli arretrati di cui sono creditori da anni (la creazione di questo debito affonda nella mia memoria forse a prima che ne avessi una), l'accoglienza di una regione che si può paragonare alla Romagna del passaggio della Rex solo per il fatto di non avere materialmente voce, restare ebete sul bagnasciuga e tornare alle noie quotidiane al passaggio del mostro.

Smesso il badge stampa ottenuto per raccomandazioni localistiche o cocciuta e peculiare insistenza ognuno torna mesto ad abitare la Regione più depressa e irrecuperabile d'Italia, che pur vivendo da gran capitale dello sport per un'oretta non troverà spazio negli spogliatoi dell'abbazia di Spineto. Le replica della tappa su www.gazzetta.it/giro (vado a braccio).

(CIAO A TUTTI è una specie di rubrica satirica ignorata da Andrea Scanzi).

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