Come non intervistare criminali di guerra
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In una lectio magistralis su come non intervistare un criminale di guerra genocida, Vice News ha intervistato in esclusiva a Mosca Maria Lvova-Belova, commissaria del presidente russo Vladimir Putin per i diritti dei bambini. Il 17 marzo la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto per Lvova-Belova e il suo capo, Vladimir Putin, entrambi accusati di deportazione e trasferimento illegale di bambini dall'Ucraina alla Russia - un crimine di guerra. Proprio la scorsa settimana, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha riconosciuto la deportazione dei bambini ucraini in Russia come genocidio e ha "accolto con favore" i mandati di cattura emessi per Putin e Lvova-Belova.
Un'intervista con la Lvova-Belova è un'iniziativa giornalistica legittima, ma sarebbero dovuti suonare dei campanelli d'allarme nel momento in cui il governo russo ha accettato di mettersi a disposizione di Vice. Il governo russo ha dato un forte giro di vite ai giornalisti indipendenti, incarcerando di recente Evan Gershkovich, corrispondente del Wall Street Journal. Perché è stato così disponibile nel permettere a Vice di parlare con Lvova-Belova? Il Cremlino prevedeva che le sarebbe stato permesso di esporre il suo caso a un pubblico occidentale? Quella che poteva essere un'opportunità unica per Vice di affrontare Lvova-Belova è diventata invece una piattaforma concessa a una presunta criminale di guerra e un esempio di come il giornalismo possa essere usato come strumento di disinformazione.
In linea con la sua immagine, la voce è ferma quando parla di quanto poco l'Ucraina abbia fatto per proteggere i bambini ucraini. Sorride quando parla del suo "amore" per i bambini ucraini, compreso il ragazzo che ha adottato. Nel corso dell'intervista, le viene permesso di presentarsi così come la ritraggono i media di Stato del Cremlino: un'umanitaria appassionata che si preoccupa per i diritti dei bambini. Quando Lvova-Belova dice a Vice che l'Ucraina non ha organizzato corridoi umanitari da Mariupol, il giornalista replica che "l'Ucraina contesta questa affermazione", perdendo l'occasione di ricordare a Lvova-Belova - e al pubblico di Vice - che l'Ucraina non ha potuto creare alcun corridoio umanitario perché la Russia stava bombardando senza sosta obiettivi civili.
In un altro momento, viene mostrato un filmato di bambini ucraini che vengono portati su un palco per ringraziare i soldati russi per aver "salvato centinaia di migliaia di bambini a Mariupol" di fronte a una folla di sostenitori di Putin che applaudono nel vasto stadio Luzhniki di Mosca. La giornalista di Vice chiede: "Questi bambini sono usati come strumento di propaganda dallo Stato russo?". Utilizzando un tono il più ragionevole possibile, Lvova-Belova afferma che i bambini stavano ringraziando i soldati per averli "evacuati" da una zona di guerra. "Da quando", chiede senza obiezioni, "le parole di gratitudine costituiscono propaganda?".
L'intervista è un esempio eccellente di come il giusto tra ingenuità e accondiscendenza possa trasformare un giornalista ben intenzionato in megafono di uno Stato autoritario. Il buon giornalismo mette in discussione le bugie con i fatti, presenta le informazioni nel contesto e sì, ascolta tutte le parti, ma non in modo acritico. Il reportage di Vice fallisce su tutti questi fronti. Le bugie di Lvova-Belova non sono minimamente controbattute. Il contesto è scarso. E la parte ucraina è solo evocata, ma non è chiamata a parlare in prima persona. Anche Vice è stata poco attenta ai fatti. Nel testo che accompagna la video-intervista, Vice ha riconosciuto che la Crimea fa parte della Russia. In seguito ha pubblicato una correzione, specificando che "la Crimea è internazionalmente riconosciuta come parte dell'Ucraina".
Isobel Yeung, l'intervistatrice di Vice, in un tweet di promozione dell'intervista con la Lvova-Belova, ha scritto: "Riteniamo che sia importante chiedere ai potenti di rispondere delle loro azioni". È così. Yeung ha fatto bene a ottenere l'intervista. Ma anche tenendo conto del fatto che la Russia non è attualmente un posto sicuro per una giornalista, ciò che Yeung non è riuscita a fare è stato proprio chiedere conto a Lvova-Belova delle sue azioni. Al contrario, Vice, che per coincidenza è sull’orlo della bancarotta dopo anni di cattiva gestione e scandali, ha dato a lei e al Cremlino una piattaforma per girare e legittimare la propria narrazione.
Testo pubblicato in inglese sulla newsletter Disinfo Matters del sito Coda Story e tradotto in italiano per gentile concessione del'autrice.
Immagine in anteprima via YouTube.