Colombia, le elezioni tra violenza e speranza di una vittoria storica in nome di giustizia sociale, donne e clima
13 min letturadi Susanna De Guio e Orso Colombo
Aggiornamento 20 giugno 2022: Il candidato progressista del Pacto Histórico, Gustavo Petro, ha battuto il populista di destra Rodolfo Hernández, ex sindaco di Bucaramanga, imprenditore noto per la sua ammirazione per Hitler, con il 50,46% dei voti nel ballottaggio del 19 giugno. È una svolta per la Colombia. Petro è il primo presidente di sinistra del paese sudamericano.
“Oggi è un giorno di festa per il popolo. Che festeggia la prima vittoria popolare”, ha twittato Petro. “Che tante sofferenze siano attutite dalla gioia che oggi inonda il cuore della patria. Questa vittoria è per Dio e per il popolo e la sua storia. Oggi è la giornata delle strade e delle piazze”.
Durante il suo discorso di ringraziamento dopo la vittoria, Petro ha lanciato un appello all’unità, dicendo che tutti i membri dell'opposizione saranno accolti nel palazzo presidenziale “per discutere i problemi della Colombia”.
Petro, 62 anni, economista, è stato due volte senatore, sindaco della capitale Bogotà dal 2012 al 2015 e si era già candidato due volte alla presidenza, l’ultima quattro anni fa, quando ha perso al ballottaggio con Duque. Il suo passato da guerrigliero nel Movimento 19 aprile (M-19), un gruppo rivoluzionario di sinistra attivo negli anni Settanta e Ottanta che nel 1990 firmò un accordo di pace con il governo e si ritirò dalla lotta armata, diventando il partito Alleanza Democratica M-19, è stato uno degli argomenti utilizzati per attaccarlo durante la campagna elettorale. Petro ha sempre sostenuto di non aver combattuto direttamente e di aver svolto soltanto incarichi amministrativi.
“Da questo governo che sta per iniziare non ci saranno mai persecuzioni politiche o legali, ma solo rispetto e dialogo”, ha detto, aggiungendo che ascolterà anche “quella maggioranza silenziosa di contadini, indigeni, donne, giovani”.
La vicepresidente di Petro sarà Francia Márquez, la prima donna afro discendente, attivista ambientale e femminista a diventarlo, che rappresenta los nadie, la gente comune e in particolare la popolazione nera in una società profondamente razzista e iniqua. “Oggi vincono tutte le donne”, ha twittato Márquez alla chiusura dei seggi. “Siamo di fronte alla più grande possibilità di cambiamento degli ultimi tempi”.
“Questa vittoria è per la nostra generazione, per i nostri desaparecidos, per i falsos positivos”, afferma un ragazzo in piazza Bolivar, nel centro di Bogotá, tra i cori che ripetono sì, se pudo, “ce l’abbiamo fatta!”. Gli fa eco una signora che mette l’accento “sulla dignità e sull’amore, per superare l’odio e la morte” nella politica colombiana.
La necessità di una riconciliazione sociale e della pace è stato uno degli assi centrali del primo discorso alla nazione di Petro. Anche Francia Marquez ha ricordato “tutti i colombiani e le colombiane che hanno dato la vita per arrivare a questo momento”, i leader sociali e i giovani che sono stati uccisi o fatti sparire, le donne che hanno sofferto violenza. A loro ha dedicato parole di ringraziamento, perché “hanno seminato il germe della resistenza e della speranza”.
Per un paese che viene da oltre 70 anni di conflitto armato e 30 di neoliberismo, la proposta politica è innanzitutto quella della pace con giustizia sociale, che significa per esempio l’impegno ad applicare integralmente l’Accordo di Pace stipulato tra lo Stato e le Farc già nel 2016, e il rispetto della Costituzione del 1991, che sancisce il riconoscimento dei popoli indigeni e afro discendenti in Colombia.
“Questa è una vittoria fondamentale per i giovani, per nuove opportunità di lavoro, l’istruzione gratuita e di qualità”, osserva una ragazza, già quasi senza voce per i canti che attraversano la piazza. Effettivamente, Petro deve la sua vittoria soprattutto alle nuove generazioni che sono andate alle urne al ballottaggio, aggiungendo 1,2 milioni di voti al totale del primo turno. Una partecipazione elettorale così alta (58%) non si vedeva da mezzo secolo in Colombia. Petro è riuscito a raccogliere 2,7 milioni di voti in più rispetto al 29 maggio, grazie anche a una strategia che nelle ultime settimane gli ha permesso di costruire alleanze politiche al centro e utilizzare la comunicazione contro l’avversario, che presentava un discorso anti corruzione e contro la classe politica ma privo di altri contenuti e che ha continuato a sottrarsi al confronto televisivo perfino quando è stato ordinato dal tribunale di Bogotá.
Al centro del programma politico del nuovo presidente c’è l’obiettivo di proteggere l’Amazzonia per salvare il pianeta dal cambio climatico. Guidare la transizione energetica e vincolarla a una trasformazione economica della Colombia è anche la proposta per una nuova integrazione latinoamericana, rivolta ai paesi che sono tornati a scegliere governi progressisti negli ultimi anni, come il Cile, il Messico, l’Argentina, oltre a Perú e Honduras. E con le prossime elezioni in Brasile a ottobre, la mappa politica del continente potrebbe registrare una nuova potente svolta verso sinistra.
Aggiornamento 30 maggio 2022: Dal primo turno delle elezioni di questa domenica Gustavo Petro è uscito in netto vantaggio, con il 40,3% dei voti, ma non è riuscito a vincere. Sebbene i sondaggi indicavano Federico Gutiérrez come suo principale sfidante, in realtà il candidato della destra è rimasto al 23,8% e al ballottaggio andrà invece Rodolfo Hernández, rappresentante dell’anti politica sullo stile di Trump, con il 28,1% delle preferenze.
In ogni caso, il voto ha espresso insomma il rifiuto della continuità, che si osservava negli ultimi mesi nel 73% di disapprovazione raggiunta dal presidente uscente Iván Duque.
Le forze progressiste hanno ottenuto il suo miglior risultato storico, raddoppiando i voti presi al primo turno nel 2018 e posizionandosi per primo, con oltre 10 punti di distacco dal secondo candidato. Eppure, dovrà cercare nuovamente alleanze e strategie per vincere.
Nel suo discorso dopo la chiusura delle urne, infatti, Gutiérrez ha già dichiarato che sosterrà Hernández: se il prossimo 19 giugno i voti della destra uribista andranno in blocco al candidato che si presenta come outsider, per il Pacto Histórico sarà difficile rimontare.
A Rodolfo Hernández piace farsi chiamare ingegnere, è imprenditore ed è stato sindaco di Bucaramanga (città 400 km a nord di Bogotá). Sono già virali i video in cui dice di essere ammiratore di Hitler, dove tira uno schiaffo a un consigliere o in cui dice che è meglio se le donne non partecipano alla politica e restano a casa. Eppure, è proprio sui social che ha gestito la sua campagna elettorale, con messaggi semplici e diretti alla pancia dell’elettorato.
Per raggiungere la presidenza, Gustavo Petro e Francia Márquez dovranno rivolgersi soprattutto al 45% della popolazione che non ha votato, cercando di rompere la barriera strutturale dell’astensionismo, dove si trovano i settori popolari a cui si rivolge il progetto progressista, e conquistare le regioni agrarie e di frontiera con il Venezuela, dove la violenza dei gruppi armati è più forte e l’alternativa rappresentata dal Pacto Histórico non ha fatto breccia.
Si è chiusa la tesissima campagna elettorale in Colombia e ora si aspetta il 29 maggio con il fiato sospeso per conoscere il risultato delle urne, mentre colombiani e colombiane all’estero stanno già votando per decidere chi sarà il prossimo presidente del paese.
Tra i sondaggi e la realtà
Il tandem che guida la coalizione progressista del Pacto Histórico nella sfida elettorale è da mesi in testa nei sondaggi: l’ex sindaco di Bogotá, con un passato giovanile nella guerriglia urbana dell’M-19, Gustavo Petro e l’attivista ambientale afro discendente, Francia Marquez, candidata alla vice presidenza, hanno riempito domenica una emozionata Plaza de Bolívar, nel centro della capitale Bogotá, con una quantità di partecipanti inedita per una manifestazione elettorale, e una spiccata presenza giovanile.
I due principali candidati del Pacto Histórico alzano la bandiera della pace per un paese che è stato soffocato da oltre mezzo secolo di conflitto armato. Portano avanti i principi della dignità del popolo colombiano, dell’accesso all’educazione e dei diritti sociali per tutti, temi centrali nelle rivendicazioni dei cicli di proteste degli ultimi tre anni. E con la forza accumulata durante la campagna, puntano a vincere al primo turno. Ma i numeri, malgrado il sostanzioso vantaggio di Petro, non sembrano scongiurare il rischio di un ballottaggio: l’ultimo sondaggio, infatti, gli assegna il 40,6% delle intenzioni di voto, seguito dal 27,1% per Federico Gutierrez, detto Fico, della coalizione di destra "Equipo por Colombia" e dal populista Rodolfo Hernández con il 20,9%. Sergio Fajardo, leader delle forze politiche centriste, è rimasto con un esiguo 6,1%, segnale della forte polarizzazione che ha predominato nella campagna elettorale.
La battaglia politica è dunque ancora tutta aperta e densa di una tensione che si è accumulata con il crescere della violenza e delle minacce durante le ultime settimane di campagna elettorale.
Una campagna politica tra soggetti armati
Mentre i primi risultati del voto all’estero mostrano uno straordinario risultato per Petro, la Defensoria del Pueblo ha pubblicato un report sui municipi a rischio di violenza in vista delle elezioni di domenica in Colombia, per la presenza di gruppi armati quali le AGC e la guerriglia dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN). Nel documento, si fa riferimento a oltre 80 municipi ad estremo rischio ed oltre 200 ad alto rischio, di cui la gran parte erano già stati segnalati dalla Defensoria con un’altra allerta prima delle elezioni del 13 marzo, destinate a eleggere i rappresentanti del Congresso e le primarie presidenziali.
La presenza di gruppi armati e il pericolo di attentati ai candidati progressisti è stata una costante dell’intera campagna elettorale. Infatti, a inizio maggio, Petro ha dovuto sospendere la sua visita nel distretto “cafetero” (Quindio, Risaralda e Caldas), a circa 250 km a ovest da Bogotà a causa di un possibile attentato ad opera della formazione neo paramilitare Cordillera. La polizia e le istituzioni statali hanno sminuito la portata di tale minaccia, ma Petro è riapparso nei comizi in piazza con scudi, giubbotto antiproiettile, oltre al rinforzo di guardie del corpo.
Nei giorni seguenti, tra il 5 e il 9 maggio, oltre 200 municipi nella zona nord-occidentale del paese (circa il 30% del territorio) sono stati investiti dal paro armado delle Autodefensas Gaitanistas de Colombia (AGC), anche conosciuto come Clan del Golfo. L’azione armata (sorta in seguito all’estradizione negli Stati Uniti del capo narcos e paramilitare Antonio Usuga ‘Otoniel’), con coprifuoco, blocchi stradali, diversi omicidi e circa 200 veicoli incendiati, ha avuto soprattutto l’effetto di diffondere un clima di terrore e di intimidazione, mentre il governo cercava di ridurre la portata della dimostrazione di forza del Clan del Golfo e la polizia mostrava certa reticenza all’intervento.
L’omicidio del procuratore paraguaiano Marcelo Pecci, lo scorso 10 maggio, su una spiaggia nei pressi di Cartagena mentre era in viaggio di nozze, ha riportato subito dopo al centro delle cronache la violenza del narcoparamilitarismo in Colombia. Pecci stava investigando i legami tra le organizzazioni criminali in Paraguay e in Colombia, ed era specializzato in temi di corruzione, narcotraffico, riciclaggio di denaro e finanziamento al terrorismo.
Al clima di intimidazione generato si è sommata poi una quotidianità fatta di comunicati di schieramenti paramilitari che circolano da mesi, minacciando uno ad uno i rappresentanti del Pacto Historico. Il 18 maggio, uomini armati e a volto coperto hanno ucciso Jesus Orlando Dorado Burbano, militante della coalizione nel Cauca, regione a sudovest del paese.
Nonostante ciò, è la prima volta che in Colombia si intravede la possibilità di una vittoria elettorale per un candidato progressista. Nella storia del paese altre figure politiche che hanno percorso questo cammino sono state assassinate prima del voto: la morte di Jorge Eliecer Gaitan, ucciso nel centro di Bogotà il 9 aprile 1948, scatenò una rivolta popolare conosciuta come il Bogotazo. In seguito, negli anni ‘80 e ‘90, sono stati uccisi a pochi giorni dalle elezioni Jaime Pardo Leal e Bernardo Jaramillo Ossa, della Unión Patriótica, l’ex integrante del M-19 Carlos Pizarro e il leader progressista liberale Luis Carlos Galán.
Nelle ultime settimane vi è stata inoltre una presa di posizione da parte delle forze armate, con le dichiarazioni del generale Eduardo Zapateiro, che ha sollevato una polemica via Twitter contro Gustavo Petro, nonostante alle gerarchie militari sia proibito emettere dichiarazioni politiche durante la campagna elettorale, secondo le norme della Costituzione del 1991.
Infine, a cinque giorni dalle elezioni, l’attuale presidente Duque ha celebrato la designazione della Colombia come membro esterno della NATO in qualità di alleato strategico per gli Stati Uniti. Questa decisione si preparava da marzo, quando Duque si era riunito con Biden alla Casa Bianca, e mostra l’importanza che riveste la Colombia nelle politiche regionali elaborate da Washington. Questa alleanza stabilisce la possibilità per il paese latinoamericano di accedere ad armamenti e prestiti per rinforzare le sue capacità belliche e di rafforzare le collaborazioni con il dipartimento della Difesa statunitense, laddove sul territorio sono già presenti sette basi militari e forze speciali statunitensi.
La politica del cambiamento e per la vita
Nonostante il clima di intimidazioni, e le imponenti misure di sicurezza degli ultimi comizi, domenica scorsa, i rappresentanti della coalizione progressista hanno sono riusciti a chiudere la campagna elettorale in una plaza de Bolivar gremita, in un clima disteso e pieno di speranza: la “Festa del cambiamento e per la vita”.
Gustavo Petro ha dichiarato di voler istituire una commissione giudiziaria indipendente sotto l’egida delle Nazioni Unite, come quella diretta da Ivan Velazquez in Guatemala, per dare battaglia contro la corruzione. Fin da quando era senatore (2006-2009), Pero ha portato avanti una campagna contro la parapolitica, denunciando le collusioni tra la classe politica colombiana e il paramilitarismo, responsabile di crimini di lesa umanità come sparizioni forzate, esecuzioni extra-giudiziarie e massacri. La corruzione della classe politica colombiana è uno dei motivi dell’indignazione sociale sorta in Colombia negli ultimi anni, dovuta anche al regime di impunità nel quale si muove.
Inoltre Petro ha rilanciato la sua agenda di riforme sociali che, oltre al tema dell’istruzione e delle pensioni, richiama la volontà di una transizione ecologica che metta fine all’economia di guerra e di violenza per l’accaparramento (legale ed illegale) delle ingenti risorse naturali presenti in Colombia. Per superare un’economia fondata intorno a carbone, petrolio e cocaina, i tre maggiori prodotti di esportazione, secondo Petro, la Colombia dovrà ritornare a produrre ciò che attualmente importa, dagli alimenti ai prodotti tessili fino alla tecnologia. Per poter finanziare l’ambizioso progetto, sarà necessario ridistribuire la ricchezza attraverso una tassazione progressiva, ridurre l’evasione fiscale e combattere la fuga di capitali.
Al di là di quanto accadrà il 29 maggio, in Colombia è in atto un cambiamento politico che comincia ben prima delle stesse candidature alla presidenza. Come osserva il direttore di Indepaz, Camilo González Posso, “la trasformazione dello scenario politico e della coscienza sociale è destinata a segnare il prossimo decennio”: se gli Accordi di Pace sono rimasti un tema centrale nell’agenda di queste elezioni è perché c’è una società che si è mobilitata contro la guerra.
A seguito dei lunghi e complessi negoziati tra lo Stato e le Farc-Ep, gli accordi di pace firmati all’Avana nel 2016 con l’obiettivo di porre fine a mezzo secolo di conflitto armato in Colombia, sono stati boicottati dall’ultimo governo e lo spazio - territoriale e militare - lasciato dalla ritirata della guerriglia è stato occupato dalle formazioni paramilitari che si sono riorganizzate e rafforzate negli ultimi anni. Solo nel 2022 nel paese sono già avvenuti 42 massacri, l’ultimo è del 21 maggio a Barranquilla e ha ucciso tre persone. A questo si aggiungono 78 leader sociali e territoriali assassinati dall’inizio dell’anno e 21 ex guerriglieri, raggiungendo la cifra di 320 ex-integranti delle Farc-Ep e 1305 leaders sociali morti dalla firma degli accordi di pace nel 2016: una cifra che dice chiaramente che il paese non ha chiuso i conti con la violenza strutturale e la persistenza di attori armati presenti in buona parte del territorio.
L’ascesa e l’impegno politico di Francia Marquez per le donne e per il clima
Proprio per questa ragione, la prima proposta del Pacto Histórico è una politica “per la vita” che insiste sulla necessità della pace attraverso il rispetto e l’attuazione degli accordi. Il suo elettorato, oltre al mondo progressista e intellettuale, si è ampliato tra la popolazione che conosce direttamente le conseguenze della guerra, ma anche tra i settori urbani più giovani, protagonisti della rivolta sociale esplosa nel 2019 e poi di nuovo nel 2021. La disuguaglianza estrema, la disoccupazione e l’aumento della povertà, acutizzati con la pandemia sono stati i principali detonanti delle proteste, che ora trovano nella proposta di Petro e Marquez uno sbocco politico. Nelle elezioni dello scorso 13 marzo il Pacto Histórico ha ottenuto la maggior parte dei suoi rappresentanti nelle zone dove la rivolta sociale è stata più forte e dove sono emersi candidati legati alle organizzazioni sociali e territoriali.
Le primarie hanno anche sancito un successo, per molti insperato, della leader Francia Marquez che si era presentata come alternativa a Petro per la presidenza dentro alla coalizione del Pacto Histórico, con il movimento Soy porque Somos (“Sono perché Siamo”). Con una austera campagna durata pochi mesi Marquez è arrivata terza, superando personaggi storici della politica colombiana e raccogliendo da sola quasi 800mila voti. La sua traiettoria di attivista ambientale contro le miniere d’oro illegali nel Cauca, una delle regioni più povere della Colombia, l’ha portata a vincere nel 2018 il Premio Goldman, e la sua potente figura politica come donna nera, ragazza madre che ha cresciuto da sola due figli, divenendo un’importante avvocata per i diritti umani, rappresenta la Colombia popolare che vive lontano dalle grandi città, che conosce gli sfollamenti forzati e la violenza del conflitto armato, che subisce razzismo e machismo. Non si definisce femminista, ma incarna tutto ciò che va contro il patriarcato e l’ondata verde, che anche in Colombia ha conquistato il diritto all’aborto lo scorso 21 febbraio, è dalla sua parte.
“Non passeranno, libereremo il nostro popolo”, ha gridato dal palco in una delle ultime giornate di campagna elettorale, quando un laser che la puntava da un edificio vicino ha costretto la sicurezza a proteggerla con gli scudi. “Non ci zittiranno, la nostra lotta è ed è sempre stata contro ogni tipo di violenza che vuole metterci paura”, ha concluso.
Nel discorso politico di Francia Márquez c’è l’impegno a implementare integralmente il processo di pace verso una riconciliazione nazionale che metta fine alla campagna del terrore e della violenza che ha cinicamente dominato il panorama politico degli ultimi decenni. Ricalcando le parole di speranza di Martin Luther King, Marquez nei suoi discorsi parla del sogno di vedere il proprio paese in pace, parla di felicità, dignità e diritti, specialmente per le donne, affinché non siano più uccise, violentate, perseguitate. Ricorda infine le centinaia di giovani che hanno perso la vista, colpiti dalle pallottole e dai lacrimogeni della polizia durante la rivolta scoppiata ad aprile del 2021.
In un paese dove storicamente l’astensionismo raggiunge la metà della popolazione da vent’anni, l’esito delle elezioni presidenziali del 29 maggio dipenderà proprio dalla volontà delle migliaia di giovani presenti in piazza, nella speranza di trasformare la rabbia e le rivendicazioni in voti in grado di permettere al Pacto Historico di raggiungere per la prima volta la presidenza. In questo modo i colombiani e le colombiane potranno iniziare un cammino verso la dignità e la giustizia sociale o, come sottolinea spesso Francia Marquez, potranno ricominciare a “vivir sabroso”.
Immagine in anteprima: da sinistra verso destra i quattro principali candidati alle elezioni presidenziali in Colombia: Gustavo Petro, Federico Gutiérrez, Rodolfo Hernández and Sergio Fajardo – Foto via peopledispatch.org