“Stiamo vivendo un momento decisivo. E dobbiamo cogliere questo momento per fare dell'Unione Europea il leader nelle tecnologie carbon neutral”. La Commissione Europea ha presentato l’1 febbraio il Green Deal Industrial Plan, una serie di proposte e iniziative a sostegno e protezione dell'industria verde dell’Unione Europea. Si tratta, di fatto, di una risposta all'Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti e ai programmi multimilionari per la transizione energetica della Cina. Il nuovo piano punta a semplificare le norme sugli aiuti di Stato per l'introduzione di energie rinnovabili e per la decarbonizzazione dei processi industriali. L'obiettivo è far sì che “l'Europa possa competere con gli Stati Uniti come centro di produzione di veicoli elettrici e altri prodotti verdi e ridurre la sua dipendenza dalla Cina”, riporta Reuters.
“Da tempo sosteniamo che la lotta al cambiamento climatico è un dovere. Un must per il nostro pianeta, un must per la nostra prosperità economica e un must per la nostra indipendenza strategica. Abbiamo bisogno di concorrenza”, ha affermato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, annunciando il nuovo piano che verrà discusso durante il Consiglio Speciale UE del 9 e 10 febbraio.
La posta in gioco è alta. L'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA) stima che il mercato globale dell'energia pulita prodotta in serie sarà tre volte maggiore fino a raggiungere circa 650 miliardi di dollari all'anno entro il 2030, con un raddoppio dei posti di lavoro nel settore manifatturiero. E in questa nuova cornice, l'Unione Europea si trova a concorrere con i massicci piani a sostegno delle tecnologie verdi varati da Stati Uniti, Cina, India e Giappone e a fronteggiare la crisi energetica e l’aumento dei prezzi dell'energia, dopo la guerra in Ucraina, e le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. Subito dopo l'approvazione dell'Inflation Reduction Act, i leader mondiali, da Bruxelles a Seul, avevano sostenuto che le clausole del provvedimento statunitense - che stabiliscono che i sussidi saranno offerti solo alle aziende che operano prevalentemente o interamente negli Stati Uniti - equivalgono a un "protezionismo verde". Molti leader dell'UE temono che il piano da 369 miliardi di dollari di sussidi per la transizione energetica approvato dall’amministrazione Biden incoraggi le aziende a delocalizzare, rendendo gli Stati Uniti leader nella tecnologia verde a spese dell'Europa. Secondo quanto riportato dal Financial Times, una serie di produttori di veicoli elettrici, batterie e pannelli solari fotovoltaici, tra cui BMW, Freyr e anche ENEL, "ha annunciato nuovi piani di investimento negli Stati Uniti.
“Sappiamo che nei prossimi anni si deciderà la forma dell'economia, l'economia a emissioni zero, e la sua collocazione. E noi vogliamo essere una parte importante di questa industria di cui abbiamo bisogno a livello globale”, ha aggiunto von der Leyen
Il piano interviene in quattro ambiti: 1) Snellimento del quadro regolatorio; 2) Incremento e semplificazione dei fondi nazionali e UE; 3) Sviluppo di nuove competenze 4) Incremento della cooperazione internazionale.
Von der Leyen ha annunciato, come parte del piano, una riorganizzazione dei fondi UE esistenti, un'approvazione più rapida dei progetti verdi e una serie di iniziative volte a rafforzare le competenze e a siglare accordi commerciali per garantire le forniture di materie prime critiche.
Nello specifico, la presidente della Commissione Europea ha proposto di allentare le norme sugli aiuti di Stato per gli investimenti nelle energie rinnovabili o nell'industria coinvolta nella decarbonizzazione, su base temporanea, fino alla fine del 2025, pur riconoscendo che non tutti i paesi dell'UE saranno in grado di offrire sussidi nella stessa misura di Francia e Germania. Per cercare di garantire condizioni di parità anche all'interno dell'UE, von der Leyen ha affermato che gli Stati membri potrebbero, ad esempio, attingere a circa 250 miliardi di euro, gran parte dei quali provenienti dal fondo di ripresa post-pandemia dell'UE.
5/n - Per: 🟢1) costi derivanti da aumenti dei prezzi energetici🟢2) investimenti e🟢3) costi operativi in generazione rinnovabile e accumuli🟢 4) la decarbonizzazione dell'industria🟢5) la riduzione dei consumi elettrici🟢6) investimenti in settori strategici per la transizione
— Simona Benedettini (@SimoBenedettini) February 5, 2023
Gli aiuti di maggiore rilievo, per risorse coinvolte e implicazioni, sono quelli della classe 6 destinati alla produzione di "batterie, pannelli solari, turbine eoliche, pompe di calore, elettrolizzatori e sistemi CCUS e relative materie prime critiche. Prima di concedere l'aiuto – che copre sino al 10% dei costi di produzione e non può superare i 100 milioni per impresa – andranno verificati i rischi reali di delocalizzazione fuori da UE o tra Stati Membri. Saranno previsti, inoltre, "aiuti maggiorati per gli investimenti nelle Regioni con PIL pro capite inferiore al 75% della media UE: per l'Italia potrebbero essere Basilicata, Molise, Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise". Per questa stessa classe di aiuti si introduce, infine, il principio di concorrenza con i paesi terzi: l'aiuto può essere aumentato fino a raggiungere l'entità di quello offerto alla stessa impresa da un paese terzo fuori UE.
Nei prossimi mesi, la Commissione proporrà una legge sull'industria a zero emissioni per snellire i processi di autorizzazione e armonizzare gli standard, e una sulle materie prime critiche per promuovere l'estrazione, la lavorazione e il riciclo a livello locale. L’UE dipende fortemente dalla Cina per le terre rare e il litio, materiali fondamentali per la transizione verde. Nelle intenzioni della Commissione anche facilitare accordi di libero scambio e partenariati per rendere le catene di approvvigionamento più sicure e per aprire i mercati ai prodotti verdi. In estate, la Commissione proporrà la creazione di un Fondo europeo per la sovranità per investire nelle tecnologie emergenti.
La proposta non ha riscosso il consenso di tutti gli Stati membri, dei partiti e del settore industriale. Il gruppo di centro-destra del Partito Popolare Europeo, di cui fa parte anche von der Leyen, ha detto che il piano è “troppo poco” e arriva “troppo tardi”. Il gruppo industriale del settore solare SolarPower Europe si è detto preoccupato per la “scarsa attenzione” a tecnologie specifiche nel piano dell'UE: “Le tecnologie net-zero non sono tutte uguali, né in termini di importanza strategica, né per gli impatti del piano statunitense”.
A favore si sono dichiarati i ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck, e delle Finanze francese, Bruno Le Maire. Scettici altri paesi che temono che il nuovo piano possa favorire proprio Francia e Germania. La scorsa settimana, i ministri delle Finanze di Finlandia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Irlanda, Austria e Slovacchia hanno inviato una lettera al vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis, criticando quelli che definiscono “sussidi permanenti o eccessivi non mirati” in risposta al piano degli Stati Uniti.
Criticità espresse anche dalla Commissaria UE per la concorrenza, Margrethe Vestager, che ha ricordato come Germania e Francia abbiano rappresentato quasi l'80% degli aiuti di Stato approvati in base alle norme di emergenza sulle sovvenzioni. "I paesi europei non sono uguali quando si tratta di aiuti di Stato", ha dichiarato.
“L'Europa si sta imbarcando in una corsa ai sussidi che non può vincere per due motivi”, commenta un articolo di Politico in un commento al piano. Il Green Deal Industrial Plan “attinge in gran parte da linee di finanziamento esistenti, non nuove, e rischia di mettere i paesi più piccoli dell'UE contro le grandi potenze Germania e Francia per il timore che la maggior parte dei sussidi vada a beneficio di queste ultime due. Significa che l'UE, con questa sua nuova iniziativa, non ha ancora la potenza di fuoco necessaria per contrastare l'aggressività dei sussidi statunitensi - e gli Stati Uniti lo sanno”. Infatti, come dichiarato da un funzionario statunitense, “l'UE sta facendo una mossa sensata per la transizione verde, ma le imprese decideranno da sole i mercati verdi più attrattivi”.
“Non saremo mai in grado di competere alla pari con gli Stati Uniti quando si tratta di finanziamenti”, ha detto a Politico un diplomatico dell'UE. "L'intero dibattito sugli aiuti di Stato è un'arma a doppio taglio. Se allentiamo troppo le restrizioni sui sussidi, compromettiamo l'integrità del mercato unico. Ma se non facciamo nulla, ammettiamo il fallimento. E questa non è un'opzione sul campo”.
La battaglia sui sussidi potrebbe scatenare una guerra commerciale transatlantica e rendere irrilevante l'Organizzazione Mondiale del Commercio, scrive Bloomberg: "Se l'UE seguirà le orme dell'Inflation Reduction Act, il WTO – e il sistema che rappresenta dopo la Seconda Guerra Mondiale – finirà ai margini, mentre le superpotenze economiche del mondo si imbarcheranno in una nuova era di confronto senza esclusione di colpi".
"Il grande problema che abbiamo in questo momento è che alcuni degli strumenti che i Paesi stanno utilizzando per combattere il cambiamento climatico sono contrari alle norme del commercio internazionale", ha affermato in un'intervista Arancha González Laya, ex direttore esecutivo dell'International Trade Centre ed ex ministra degli Esteri spagnolo. "Stiamo entrando in un periodo in cui una nuova forma di interdipendenza, che è il cambiamento climatico, sarà affrontata con approcci puramente nazionalistici. Il nocciolo della questione è rendere compatibili i diversi strumenti che i paesi utilizzano per combattere il cambiamento climatico", ha affermato Gonzalez Laya. "E il WTO è un attore importante per farlo".