Quando la disinformazione arriva dal Ministero dell’Istruzione e del Merito: il caso dei dispositivi elettronici a scuola
4 min letturaLo scorso martedì 20 dicembre è stata ricevuta con grande accoglienza sulla stampa la circolare del Ministro dell’Istruzione e del Merito (MIM), Giuseppe Valditara, “sull’utilizzo dei telefoni cellulari e analoghi dispositivi elettronici in classe”. Il tema è uno di quelli più produttivi e potenti e già ben rodato nello scatenare click, confusione e scontri. Dal momento in cui la notizia ha cominciato a essere condivisa sui social media si è innescato un ridondante frastuono che è durato per due giorni. L’intrattenimento ha funzionato, il pubblico ha interagito massivamente.
Il punto è che non era una notizia.
La circolare richiedeva, invece, una minima lettura per intercettarne le incongruenze.
Nelle premesse, sono citate la circolare dell’allora ministro Fioroni del 2007 che vietava l’uso personale di ogni tipo di dispositivo in classe durante le lezioni, e la relazione finale dell’indagine conoscitiva della VII Commissione Permanente del Senato della Repubblica “sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento”, votata in Parlamento nella precedente legislatura e che paventava “effetti dannosi derivanti dal perdurante uso di telefoni cellulari, tra cui, perdita di capacità di concentrazione, di memoria, di spirito critico, di adattabilità, di capacità dialettica”.
Non mi soffermerò sul fatto che nel 2021 i nostri rappresentanti in Parlamento abbiano votato una relazione in cui la pseudoscienza sposa un linguaggio volutamente scandalistico.
Tornando alla circolare, nonostante le due dissuasive premesse, mirabilmente il ministro Valditara aggiunge che “è viceversa consentito l’utilizzo di tali dispositivi in classe, quali strumenti compensativi di cui alla normativa vigente, nonché, in conformità al Regolamento d’istituto, con il consenso del docente, per finalità inclusive, didattiche e formative, anche nel quadro del Piano Nazionale Scuola Digitale e degli obiettivi della c.d. “cittadinanza digitale” di cui all’art. 5 L. 25 agosto 2019, n. 92”.
Dalla circolare è però omesso il riferimento al Decalogo sull’uso dei dispositivi mobili a scuola che nel gennaio 2018 l’allora ministra Valeria Fedeli aveva promosso, chiarendo che “non è compito del Ministero o della scuola decidere se i device sono bene o male, ma lo è insegnare ad usarli nel modo più utile e corretto. Per permettere a ogni ragazza e ogni ragazzo di avere esperienze sicure, libere e consapevoli, contrastando in modo positivo e attivo, non con divieti ma proprio con l’educazione, ogni tipo di dipendenza, anche dagli strumenti tecnologici”.
Può essersi trattato di una svista oppure di una scelta parziale e auto-confermativa dei documenti citati per corroborare gli intenti di una comunicazione alle scuole diffusa – ironicamente – anche a mezzo del registro elettronico.
Sta di fatto che le incongruenze non sono state rilevate nel corso della stesura e della diffusione della notizia. Non solo non c’è stata una lettura critica ma si è spostata l’attenzione sugli slogan che sapientemente farcivano la circolare e, dopo un intero giorno e dopo che qualche volenteroso si è preso la briga di leggerlo, si è acceso un insperato e immotivato clamore anche su uno dei documenti a cui essa rimandava, ovvero quello votato dal precedente parlamento.
Peraltro, il ministro Valditara, affermando che l’uso dei dispositivi a scuola è consentito per finalità didattiche, ragionevolmente smentisce una tra le tante affermazioni avventurose di quel documento.
Insomma un’operazione di selezione parziale dei riferimenti e di falso bilanciamento che fa rintracciare in sole due pagine quelle affermazioni straordinarie, mancanza di autocorrezione, appello alla tradizione e parzialità (politica) delle fonti farcite di prove aneddotiche che, nel 2012, lo psicologo Lilienfeld, Ammirati e David avevano elencato tra gli indicatori di pseudoscienza che si insinua nelle professioni della scuola, inclusa la psicologia scolastica.
C’è un ulteriore elemento di novità. Fino all’anno scorso le tesi pseudoscientifiche sull’impatto devastante delle nuove tecnologie originavano da acclamati esperti o dagli uffici stampa di qualche centro di ricerca che, perseguendo il successo mediatico o interessi propri, rivelavano - e continuano a farlo - una minore devozione per l’integrità scientifica.
Nell’ultimo anno, la disinformazione sull’impatto dei dispositivi elettronici – e in questi ultimi giorni sulla digitalizzazione in generale - parte dagli uffici governativi e, amplificata dai media tradizionali e dai social media, genera un contesto confuso che relativizza le conoscenze scientifiche validate e i concreti e acquisiti benefici delle innovazioni tecnologiche.
Il rischio di contribuire a questo flusso disinformativo che va ad alterare le credenze è alto. Gli aneddoti, i sondaggi polarizzanti, la ripetizione di slogan che abbiamo visto proliferare in questi giorni riguardo alla circolare ministeriale, anche da parte di professionisti della comunicazione che dovrebbero aiutare la comunità ad arginare il fenomeno, hanno contribuito ad alimentare quel clima informativo in cui falsità e verità sono più facili da confondere.
Dato che non abbiamo ancora sviluppato sufficienti anticorpi contro la falsa e pseudo informazione, occorre uno sforzo consapevole nel non ripetere né contribuire a diffondere notizie provocanti non prive di conseguenze. Difatti, su una distorsione informativa di lunga durata si innestano le operazioni di influenza e propaganda che in questo nostro frangente seguono spinte revisioniste e proibizioniste.
In conclusione, la circolare del Ministero dell'Istruzione e del Merito (MIM) del 19 dicembre nulla cambierà a scuola dato il ragionevole riferimento al Piano Nazionale Scuola Digitale del 2019 ma, intanto, ha contribuito a riacutizzare il ciclo del panico morale sui dispositivi elettronici, in modo che, non più solo alcuni rappresentanti politici ma l’attuale governo ci possa mostrare il suo impegno e rassicurarci sul fatto che si occupa del tema con forza, autorità e pseudoscienza, approfittandone anche per instillare una cultura della sorveglianza.
Una “scuola seria”, come auspicata dal MIM, andrà oltre questo episodio e certamente si fonderà su documenti seri, validati e inclusivi di evidenze scientifiche replicate, oltre che scritti in un linguaggio appropriato a un contesto educativo.
Immagine via tg24sky.it