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L’incredibile vicenda del soldato belga di estrema destra ricercato dalla polizia per aver minacciato politici e virologi, e diventato un eroe della resistenza contro la “dittatura sanitaria”

30 Maggio 2021 10 min lettura

L’incredibile vicenda del soldato belga di estrema destra ricercato dalla polizia per aver minacciato politici e virologi, e diventato un eroe della resistenza contro la “dittatura sanitaria”

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Marc Van Ranst è uno dei più noti e importanti virologi del Belgio. Già prima della pandemia era molto attivo sui social network e in particolar modo su Twitter, dove spesso si è scontrato con militanti di estrema destra ed esponenti di partiti nazionalisti fiamminghi. Qualche anno fa, giusto per dare un’idea, l’ex ministro per l’immigrazione Theo Francken (del partito Alleanza Neo-Fiamminga) l’aveva ribattezzato “Dottor Odio” al termine di un serrato confronto.

Nella primavera del 2020, contestualmente allo scoppio primi focolai di Covid-19, Van Ranst è entrato a far parte del comitato tecnico-scientifico che si occupa di gestire il contenimento dell’epidemia. La sua presenza mediatica è aumentata sensibilmente, così come le minacce a lui rivolte sia online che offline. La scorsa estate, la polizia aveva così deciso di metterlo sotto protezione.

Il virologo ha sempre ripetuto di non essere “minimamente intimidito”. Ma la mattina del 18 maggio del 2021 la situazione è precipitata: Van Ranst e la sua famiglia sono stati prelevati d’urgenza dalle forze dell’ordine e nascosti in una località segreta. Questa volta, la minaccia era decisamente più concreta delle altre.

La sera prima, infatti, un uomo si è aggirato per circa due ore nel comune nelle Fiandre dove abita il virologo ed è sparito nel nulla. La sua macchina è stata ritrovata la mattina seguente nei pressi del parco nazionale dell'alta Campine (Hoge Kempen), nella provincia del Limburgo (che confina con i Paesi Bassi).

Come ha riportato il quotidiano belga Het Belang, prima di darsi alla fuga l’uomo ha lasciato due lettere a casa. Una era per la polizia, mentre l’altra era rivolta alla moglie. In quest’ultima si legge che

I cosiddetti politici e ora pure i virologi ormai decidono come dobbiamo vivere. Non fanno altro che spargere odio e rancore, più di quanto non facessero già prima. E nessuno si ribella a tutto questo. Se dici qualcosa, vieni punito. […] Voglio che tu sappia che ho fatto di tutto per non arrivare a questo punto, ma non posso più continuare a stare in questa situazione.

Le autorità belghe comunicano che l’individuo in questione è un militare di 46 anni, di nome Jürgen Conings, ed è “armato e pericoloso”. Si sospetta che abbia rubato munizioni (tra cui alcuni missili anticarro) e armi da fuoco nella caserma in cui presta servizio.

Per i servizi di sicurezza non è affatto uno sconosciuto: le prime segnalazioni sul suo conto risalgono al 2015. Nel 2018 viene beccato a partecipare a una manifestazione di un gruppo di estrema destra. Nel 2020 l’Ocam, la struttura nazionale anti-terrorismo, lo inserisce nel database degli “estremisti potenzialmente violenti” a seguito di alcuni post molto violenti fatti sui social network.

A febbraio del 2021 l’allerta su Conings passa al livello 3 (su 4), visto che è considerato una minaccia “grave” per la sicurezza; in base alle informazioni raccolte si ritiene che voglia commettere attentati contro delle moschee.

All’inizio di maggio, secondo le indiscrezioni raccolte dalla stampa, l’intelligence militare si prepara ad aprire un’inchiesta sul suo conto – utilizzando quindi intercettazioni, appostamenti e agenti sotto copertura. Tuttavia, la priorità viene assegnata ad un altro caso e l’indagine è sospesa. Col senno di poi, la decisione si rivelerà fatale.

Un selfie di Jürgen Conings.

A ogni modo, dopo la sua scomparsa, le forze dell’ordine belghe – coadiuvate da unità speciali provenienti dalla Germania, del Lussemburgo e dell’Olanda – lo cercano nel parco dell’alta Campine, che viene chiuso per qualche giorno. Le ricerche si rivelano però infruttuose; in parallelo, vengono anche interrogati militanti di estrema destra che hanno avuto contatti con Conings. Ma anche qui, non si riescono a ricavare indicazioni utili per la sua scoperta. “Tutte le piste rimangono aperte”, ha dichiarato la procura.

Parlando con VICE, un funzionario belga ha rivelato che c’è il “fondato timore” che il militare abbia lasciato la macchina nei pressi del parco per depistare le ricerche e concentrarle solo su quell’area. La pianificazione certosina della fuga, unito al suo alto livello di addestramento (è stato impiegato in teatri di guerra), è quello che preoccupa di più le forze dell’ordine. “Sappiamo che ha in mente qualcosa, ma non sappiamo di preciso cosa”, ha continuato il funzionario. “Ed è difficile proteggere un bersaglio se non sai chi è quel bersaglio”.

Nel frattempo, la magistratura belga ha ufficialmente messo sotto indagine Conings per terrorismo, tentato omicidio e porto illegale di arma da fuoco. Anche l’Interpol ha spiccato un mandato di cattura.

Ma se per la giustizia e le autorità il militare è un pericoloso latitante, introvabile da ormai dieci giorni, per migliaia di persone è diventato qualcos’altro: un vero e proprio eroe della resistenza contro la “dittatura sanitaria”.

Tutti per Jürgen, Jürgen per tutti

La prima marcia di supporto per Jürgen Conings si è svolta sabato 22 maggio a Maasmechelen, cittadina di poco meno di 40mila abitanti nel Limburgo belga: vi hanno preso parte circa 150 persone. Il giorno dopo ce n’è stata un’altra, sempre nella stessa città; e l’indomani ancora si è tenuta la terza.

Le manifestazioni sono state organizzate dentro il gruppo Facebook “Als 1 achter Jürgen” (traducibile come “Tutti per Jürgen”), che in pochissimi giorni ha raggiunto i 50mila iscritti prima di essere rimosso dal social network.

Stando ad un’analisi del portale olandese NOS, i simpatizzanti di Conings pensano che “abbia bisogno di aiuto” e che la “caccia all’uomo” sia sproporzionata. “Cosa faresti se un giorno fossi accusato di essere un terrorista senza un giusto processo?”, ha scritto un utente nel gruppo. “Cosa faresti se avessi problemi di salute mentale ma non avessi abbastanza sostegno e nessuno si prendesse cura di te?”

Su “Als 1 achter Jürgen” non ci sono solo “fanatici nazionalisti” ed estremisti di destra, ma anche persone contrarie alle misure di sanità pubblica – inclusi complottisti e antivaccinisti. Tra le varie immagini e slogan postati nel gruppo spiccano quelli che scimmiottano Charlie Hebdo o Black Lives Matter, come “Je suis Jürgen” o “Jürgen’s Life Matters”.

In base alle foto postate sul gruppo e su Telegram, qualcuno li ha addirittura messi su automobili, magliette, felpe, mascherine e vetrine dei negozi.

Oltre a questi gruppi, Conings ha pubblicamente ricevuto altri attestati di stima e sostegno. Thomas Bouten, leader dell’ex gruppo neonazista fiammingo Bloed-Bodem-Eer en Trouw (“Sangue, suolo, onore e lealtà”), ha scritto su Twitter: “I miei pensieri vanno ad un vecchio fratello. J., ovunque tu sia, non sei solo.” Boutens, che conosce personalmente Conings, è stato arrestato nel 2006, insieme altri 16 membri del gruppo (tra cui 11 soldati) per la violazione delle leggi contro i crimini d’odio e per aver pianificato un attentato terroristico con l’obiettivo di “destabilizzare” il Belgio.

Anche Carrera Neefs, ex consigliera comunale del partito fiammingo di estrema destra Vlaams Belang, ha espresso il suo supporto per Conings, definendolo un uomo che “ha lavorato tutta la sua vita” e che “non ne può più di questa follia del coronavirus”; l’unico suo problema “è che è di destra”.

La ministra dell’interno Annelies Verlinden ha condannato con fermezza tutte le manifestazioni di sostegno, dicendo che “fare di Conings un eroe è del tutto inappropriato” perché “questo uomo è semplicemente una persona pericolosa che esprime delle intenzioni molto pericolose”.

Eppure, come ha detto il politologo Dave Sinardet a RTBF (l’emittente pubblica del Belgio francofono), la mera esistenza di sostenitori di Conings mette in luce quanto la pandemia abbia accelerato “la polarizzazione della società, dividendola tra chi vuole regole più stringenti e chi vuole liberarsi più in fretta possibile di queste misure liberticide”. E non solo: secondo un altro politologo, Jonathan Dehoust, l’epopea del soldato radicalizzato è un “fascio di luce puntato sulla nebulosa d’estrema destra che esiste indisturbata tutto in Belgio”.

Il fatto che il partito Vlaams Belang non abbia detto una sola parola sulla vicenda (a parte il caso menzionato prima), sempre per Dehoust, è una specie di vittoria per Conings e chi lo difende. “Non è un sostegno implicito alla sua azione, ma al tempo stesso non è nemmeno una condanna”, scrive. “Chi sostiene Conings, insomma, può sentire di avere una sponda in Parlamento”.

Un altro aspetto preoccupante sollevato dal caso è il livello di penetrazione dell’estrema destra dentro le forze armate e la polizia belga. La scorsa domenica, la ministra della difesa Ludivine Dedonder ha annunciato che undici soldati – già sorvegliati dai servizi in quanto “soggetti radicalizzati” – non potranno più accedere agli armamenti o a informazioni sensibili.

Nel gruppo Facebook “Als 1 achter Jürgen” c’erano anche diversi militari, alcuni in servizio. La circostanza è stata commentata su Twitter dal generale Marc Thys, il vice capo dell’esercito belga, che ha definito “ingiustificabile” il sostegno ad un commilitone che “ha infranto il giuramento militare con il suo comportamento e le sue azioni”.

Il “giorno X”

Quasi contestualmente alla fuga di Conings nel Limburgo belga, la settimana scorsa in Germania si è aperto quello che la corrispondente del New York Times Katrin Bennhold ha descritto come “uno dei più spettacolari processi per terrorismo” mai tenutosi nel paese. L’imputato è un soldato tedesco accusato di voler organizzare un attentato, spacciandosi però per un rifugiato siriano.

Il tenente della Bundeswehr Franco Albrecht, che ora ha 32 anni, è stato arrestato nel 2017 praticamente per caso: stava recuperando una pistola nel bagno dell’aeroporto a Vienna. Le forze dell’ordine, analizzando le sue impronte digitali, hanno scoperto che erano registrate anche a nome di un certo David Benjamin.

Nel 2015 – all’apice della cosiddetta “crisi dei migranti” europea – Albrecht era entrato in un commissariato e, parlando in un inglese stentato, aveva fatto credere di essere di nazionalità siriana. Per rendersi più credibile si era pure scurito il volto. Alla fine aveva addirittura ottenuto degli aiuti economici e un’udienza per discutere la sua “richiesta d’asilo”.

Secondo la procuratrice Karin Weingast, il soldato già all’epoca stava pianificando un attentato con la sua falsa identità per far ricadere la colpa sui migranti, alimentare sentimenti xenofobi e “rovesciare lo Stato federale”. A tal proposito aveva accumulato più di mille proiettili, quattro pistole e 50 esplosivi (rubati dalla sua caserma e stipati nello scantinato della casa dei suoi genitori). Il militare aveva anche una lista di bersagli da eliminare, tra cui politici, ministri e attiviste antirazziste.

Albrecht ha respinto le accuse, dicendo che sono "politicamente motivate"; il suo obiettivo era quello di "rafforzare la democrazia" denunciando l'ipocrisia della "politica delle porte aperte" di Angela Merkel.

In base all’indagine è venuto fuori che Albrecht aveva da tempo posizioni antisemite, neonaziste e complottiste; credeva inoltre nella teoria del “genocidio dei bianchi”, e l’aveva persino inserita nella sua tesi del master alla École spéciale militaire de Saint-Cyr in Francia. In più, frequentava diversi gruppi Telegram in cui decine di soldati e poliziotti di estrema destra si preparavano per il cosiddetto “Giorno X” – il giorno in cui avrebbero provocato “il collasso dell’ordine sociale” in Germania.

Un altro clamoroso episodio di infiltrazione c’è stato quasi un anno fa. Nel giugno del 2020, la ministra della difesa tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer ha sciolto alcune unità delle forze speciali tedesche (Kommando Spezialkräfte, Ksk) perché ormai “compromesse” dalla presenza di soldati di estrema destra. La decisione è stata presa dopo la sparizione dall’arsenale di 48mila munizioni e 62 chili di esplosivo.

Passando ad un altro paese, il Regno Unito, nell’aprile di quest’anno un poliziotto di 22 anni è stato condannato per aver fatto parte del gruppo neonazista National Action – un piccolo movimento di estrema destra messo fuorilegge nel 2016 in base alla legislazione antiterrorismo.

Benjamin Hannam, questo il nome dell’agente, aveva mentito sui suoi trascorsi ed era in possesso di materiali e testi “idonei” a commettere azioni violente (tra cui il manifesto dello stragista norvegese Anders Behring Breivik). Si è trattata di una sentenza senza precedenti, visto che Hannam è stato il primo poliziotto condannato per reati legati al terrorismo.

Negli Stati Uniti, invece, ben 52 persone arrestate per l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 hanno legami con l’esercito o la polizia; la maggior parte erano veterani, ma dieci di loro erano ancora in servizio al momento dell’assedio. L’anno scorso l’Fbi ha informato il dipartimento della difesa di aver aperto procedimenti penali nei confronti di 143 membri dell’esercito (in servizio e non); 68 di questi sono indagati per reati di matrice politica.

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Come si può vedere, insomma, il caso di Jürgen Conings non è affatto un caso isolato. Al contrario, sottolinea Manuel Abramowicz del sito ResistanceS, “è soltanto la punta dell’iceberg” – un iceberg che si espande molto al di là del Belgio, e si sta facendo sempre più minaccioso.

*Articolo pubblicato anche sulla newsletter Complotti!, che si occupa dell'impatto delle teorie del complotto sulla politica, sulla società e sulla cultura. Per iscriverti alla newsletter Complotti! clicca qui.

Immagine in anteprima: foto con slogan a sostegno di Conings, dal gruppo Als 1 achter Jürgen.

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