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Cari Onorevoli Cassinelli e Palmieri, abrogate il comma ammazza-blog

11 Giugno 2010 4 min lettura

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Cari Onorevoli Cassinelli e Palmieri, abrogate il comma ammazza-blog

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Onorevoli Cassinelli e Palmieri,

come certamente saprete il disegno di legge sulle intercettazioni al comma 29, articolo 1, prevede l’estensione dell’obbligo di rettifica contenuto nella disciplina sulla stampa ai “siti informatici”. Il che, tradotto dal linguaggio del diritto a quello ordinario, significa che un blogger come il sottoscritto avrebbe – in caso di approvazione definitiva alla Camera – il dovere di rettificare una notizia entro 48 ore dalla richiesta, pena una multa fino a 12500 euro. Se da un lato chi fa informazione, è vero, deve ricercare la massima correttezza, è altrettanto vero che questa misura, non tenendo conto della distinzione tra giornalismo professionale e amatoriale né delle dinamiche della Rete, rischia di tradursi in un puro e semplice deterrente per chi, come il sottoscritto, ritenga che ogni cittadino abbia il diritto di provare a fare informazione ed esprimere liberamente la propria opinione.

Provate, Onorevoli, a pensare a che accadrebbe nel caso questo comma diventasse legge. Come reagirebbe la grande maggioranza dei blogger di fronte a una richiesta, fondata o meno, di rettifica di una notizia? Quanti tra i comuni cittadini che, pur senza disporre della professionalità, della competenza e delle tutele di un giornalista vero e proprio, tengono un blog sarebbero disposti a interpellare un avvocato, sostenere spese legali e insomma complicarsi dannatamente la vita a fronte di una attività che oltre a costare molte ore al giorno non produce alcuna remunerazione? Pochi, credo. La maggior parte, per evitare ulteriori conseguenze, procederebbe alla rettifica. Magari prima di verificare se vi fosse realmente un motivo per farlo. E se un blogger, per qualunque ragione, si assentasse dal monitor per più di quarantotto ore (basta un week-end al mare) proprio mentre riceve una richiesta di rettifica? Sarebbe giusto costringerlo a pagare una multa?

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A me sembra che questa idea di libertà di espressione in Rete non corrisponda alla vostra. Diversi episodi della vostra recente storia politica lo testimoniano. Lei, Onorevole Palmieri, ha dichiarato ad esempio in una intervista con Alessandro Gilioli, che l’obbligo di rettifica “andrebbe applicato soltanto a chi fa l’informazione di professione“. E lei, Onorevole Cassinelli, ha ripetutamente manifestato il suo interesse a una libertà di espressione in Rete che non preveda filtri preventivi o censure (come nel caso della sua opposizione all’emendamento D’Alia) ma che invece sia regolamentata da un legislatore competente e attento alle istanze degli esperti della Rete.

Ciò non significa, si badi bene, che a un blogger tutto sia concesso: chi compie apologia di reato o diffama deve essere perseguito, fuori come dentro la Rete. Ma gli strumenti per farlo ci sono già. Aggiungere a questi strumenti un comma come quello previsto dal ddl sulle intercettazioni risponde unicamente, a mio avviso, a una volontà se non censoria quantomeno eccessivamente cautelativa di fronte ai pericoli derivanti da una notizia diffusa su un blog. Vorrei a questo proposito sottolineare come se da un lato è vero che spesso circolino “bufale” e mezze-falsità in Rete, è altrettanto vero che i blog più frequentati – e dunque quelli potenzialmente più “diffamatori” o dannosi per la verità in termini di bacino di utenza – sono anche quelli che ricevono il maggior numero di commenti. Tra questi, di norma, vi sono già richieste di rettifica da parte dei lettori più attenti. La sanzione, in questo caso, è “morale”: chi troppo sbaglia (magari senza correggersi) perde credibilità e, un po’ alla volta, lettori. Ripiombando nel mare di blog che magari contengono molte inesattezze, ma hanno pochissimo seguito e dunque faticano ad apparire sui motori di ricerca. A questo modo, i loro errori restano a disposizione di tutti, è vero, ma vengono realmente reperiti da pochi che, inoltre, possono far valere una “fonte” ben poco autorevole nel caso volessero utilizzarli contro qualcuno.

Alla luce di tutto questo, cari Onorevoli, ho l’ardire di chiedervi – molto immodestamente – di opporvi alla Camera dei Deputati al mantenimento del comma 29 nel testo definitivo del disegno di legge sulle intercettazioni. Proponendo un vostro emendamento, o magari appoggiando quello ipotizzato dai senatori Vincenzo Vita e Felice Casson. Credo che rendervi corresponsabili di una misura così antistorica, così irrispettosa del buonsenso e del funzionamento della Rete non appartenga alla vostra tradizione e al vostro curriculum di attività politica. Un atto di coraggio, anche simbolico, farebbe sì che la Rete continuasse a ritenervi un interlocutore Istituzionale serio e aperto all’ascolto. Internet, lo ricordava il presidente della Camera Gianfranco Fini, è prima di tutto uno strumento di libertà, accoglienza, scambio e condivisione. Dimostrateci con i fatti di essere dello stesso avviso.

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