Un giorno di ordinaria follia mediatico-politica
12 min letturaSono le 8.59 di venerdì quando l'ANSA batte una notizia terribile: un carabiniere, il vicebrigadiere Mario Rega Cerciello, sarebbe stato ucciso a Roma, accoltellato in via Pietro Cossa, nel quartiere Prati. "Dalle prime informazioni", si legge, "sembra sia stato colpito da un uomo, probabilmente nordafricano, bloccato insieme a un altro perché ritenuti responsabili di furto ed estorsione".
Non si sa da dove provengano, queste "prime informazioni" che "sembrano" dirci qualcosa sull'omicidio. Sappiamo però che ciò che interessa, fin da subito, è mettere in chiaro un particolare: la nazionalità del presunto omicida.
Sarà il leit motiv della giornata. L'agenzia seguente, 10 minuti più tardi, ribadisce: "È caccia a due uomini, probabilmente africani". In seguito appare anche la fonte del possibile identikit: il collega del carabiniere ucciso, che – scrive Adnkronos – "poteva morire anche lui, e si è salvato per caso e perché ha reagito alla violenza dell'altro magrebino".
Sua è la ricostruzione a caldo, "immediatamente dopo l'aggressione": all'origine del fatto criminale ci sarebbe stato "un borseggio a piazza Mastai", racconta il sopravvissuto a colleghi e superiori, "la vittima viene derubata di borsello e cellulare, denuncia il furto ai carabinieri dopo aver chiamato il suo cellulare rubato da due magrebini. Al telefono i ladri gli avevano dato appuntamento vicino a piazza Cavour per la restituzione in cambio di una somma di denaro".
Comincia a circolare anche qualche dettaglio dei ricercati. "Secondo le prime ricostruzioni", scrive Repubblica, si tratterebbe di due uomini alti circa 1 metro e ottanta. Uno dei due è biondo, ha le meches, indossa un paio di jeans e una camicia a scacchi; l'altro ha un vistoso tatuaggio sul braccio destro". Uno dei due avrebbe un "accento straniero, probabilmente nordafricano", aggiunge il Corriere della Sera.
Un magrebino "biondo"? Neanche il tempo di farsi la domanda, che media e politica cominciano a dire la loro sull'accaduto. "Se venisse confermata la cittadinanza nordafricana o l'assenza di documenti per soggiornare in Italia", detta alle agenzie il vicepresidente della Camera e deputato di Fratelli d'Italia, Fabio Rampelli, "chiediamo l'espulsione immediata dal suolo italiano e lo sconto della pena nel proprio paese d'origine". Sullo stesso tono il capo politico dei Cinque Stelle e vicepremier, Luigi Di Maio: "So che si stanno cercando due stranieri, se gli assassini dovessero essere effettivamente non italiani spero che il carcere se lo facciano a casa loro, se sono irregolari non devono stare qui".
Matteo Salvini usa parole durissime e poco istituzionali ("è stato ammazzato da due stronzi, spero che li prendano il prima possibile e finiscano in galera ai lavori forzati a vita"), non connotate dalla nazionalità dei presunti assassini ma collegate a un articolo del Messaggero che titola: "Caccia a due nordafricani".
Ma è Giorgia Meloni a far sparire i condizionali: il carabiniere è stato "ammazzato da 2 magrebini ancora latitanti", si legge in un'agenzia in mattinata; ma, prosegue, "l'Italia non può più essere il punto di approdo di queste bestie", "questi animali" che devono essere "presi subito e marcire in galera".
I toni sono gli stessi che animano i siti delle principali testate di destra. Che, pur nella confusione dei dettagli ancora ignoti e appena abbozzati, hanno già trovato il colpevole: un "balordo straniero" (il Giornale, per cui poi diventano due), una "belva nordafricana" (Libero).
A Libero, in particolare, questo è il tono della cronaca, che impone l'iterazione sui "ladri nordafricani":
Che cosa si intenda per "straniero" dalle parti del Giornale, poi, è presto detto: un nordafricano, appunto. Nei commenti all'articolo si individua immediatamente anche una sorta di mandante morale del crimine: la sinistra. O meglio: i "comunisti", i "buonisti" che "predicano accoglienza", le "zecche" e le "toghe" rosse.
Insomma, una "morte annunciata", un "ennesimo agente ucciso da un clandestino" (l'equazione implicita è chiara, nordafricano = clandestino = criminale). Poco importa che la versione del giornale (così come del Tg2) contempli, in quel momento, una vittima "donna", che sarebbe stata derubata dai "due nordafricani" - e che in realtà è non solo un uomo, ma uno spacciatore, come si apprenderà in seguito: "servono rastrellamenti con l'esercito", scrive un lettore, non moderato dalla redazione.
Tutto intorno, sempre sul sito del Giornale, fioriscono articoli che danno notizia di altre aggressioni di nordafricani alle forze dell'ordine:
Del resto, a parte Repubblica che non menziona mai nei titoli - e non lo farà nemmeno nel corso della giornata - la nazionalità dei ricercati, la caccia più che all'assassino sembra proprio alla nazionalità dell'assassino, brandita a destra e a manca senza troppi dubbi, nonostante di ufficiale ci sia ancora poco o nulla.
Cosa ho imparato dalla tragica vicenda del #Carabiniereucciso (Thread) e cosa farò / cercherò di fare le prossime volte. Leggi anche: qualche riflessione per i giornalisti che lavorano in tempo reale.
Se non volete leggere tutto, sintetizzo: rallentiamo e andiamoci cauti— Alessio Sgherza (@AlessioSgherza) July 27, 2019
Le versioni mutano (erano "incappucciati?"; o "comunque con il volto coperto", come scrive il Corriere Roma?), ma non la sostanza:
E invece è proprio la sostanza a mutare, nella confusione generale. Mentre sui social media sovranisti è partito il tiro all'immigrato,
tanto che il Segretario Generale Siap Giuseppe Tiani si vede costretto a chiedere di evitare strumentalizzazioni a fini politici (le forze dell'ordine garantiscono la sicurezza pubblica "nel rispetto della democrazia e per la salvaguardia dei valori che accomunano ogni persona senza distinzione di razza, colore o religione"), le agenzie cominciano a complicare lo scenario.
Alle 13.54, dopo una serie di telegiornali che non si fanno problemi a identificare i colpevoli come "nordafricani", Adnkronos scrive che i sospetti degli inquirenti si starebbero concentrando su "due cittadini americani". In un primo momento si precisa: sono studenti della John Cabot University. In serata giungerà la smentita del presidente dell'istituto: "Stiamo facendo tutte le verifiche del caso. Al momento non risulta". Le agenzie allora si affrettano a precisare che "su questo aspetto non arrivano conferme dai carabinieri".
Per ANSA e AGI però le persone ascoltate in caserma - al momento non in stato di fermo - sarebbero quattro.
Per Il Tempo si tratta di una "svolta nelle indagini", e sì i quattro sarebbero invece in stato di fermo.
Il quotidiano romano ne indica iniziali e date di nascita, e sostiene che si tratterebbe di tre marocchini e di un francese di origine algerina. Prelevati da un hotel di Prati, poi, ci sarebbero un italiano e un albanese (sono in realtà i due americani su cui poi convergeranno i sospetti).
Si rivelerà poi essere falso. Ecco che resta ora, di conseguenza, dell'articolo del Tempo:
E la confusione aumenta, inesorabile. Open lancia come "esclusiva" che "i due ragazzi ascoltati sarebbero in realtà un italiano e un albanese e uno dei due ha i capelli mesciati, come nella descrizione. Tra le persone ascoltate, tuttavia, ci sarebbero almeno altri due nord africani", precisava poi l'articolo, "e non è escluso che altre persone possano essere sentite nel corso della giornata". Si noti come i "capelli mesciati" fossero stati inizialmente attribuiti a uno dei "due nordafricani".
Successivamente, quando emerge che a essere fermati sono stati due ragazzi americani, titolo e contenuti vengono modificati, tanto è vero che l'url del vecchio articolo ("esclusivo-un-italiano-e-un-albanese-ascoltati-per-lomicidio-del-carabiniere-a-roma-foto-e-video/") punta ora a un pezzo che titola e parla della confessione del ragazzo americano.
Nel frattempo un'altra agenzia spiega che l'iniziale descrizione fatta dal collega del carabiniere ucciso, che vedrebbe protagonisti "due magrebini di 20-25 anni" ha già fatto "il giro delle pattuglie del 112 delle volanti del 113 e nelle chat interne dei carabinieri". I canali "interni" sembrano del resto – scrive Wired – avere avuto un ruolo sostanziale nella diffusione della notizia, falsa ma circolata in rete, che i responsabili dell'omicidio sarebbero stati "3 cittadini di origini marocchine e uno di origine algerina". Le loro foto segnaletiche, pur se a occhi coperti, avevano circolato, si legge nell'articolo di Simone Fontana, su una pagina Facebook "agganciata al sito della Polizia e dunque utilizzata dalle forze dell'ordine", e "amministrata da due carabinieri attualmente in servizio". Da lì, poi, altre pagine di giustizieri da tastiera avevano contribuito a migliaia di condivisioni.
Il tutto mentre il Questore della Camera dei Deputati di Fratelli d'Italia, Edmondo Cirielli, mette agli atti che "se davvero, come sembra dalle prime informazioni, gli assassini del carabiniere sono di origine nordafricana la responsabilità non è solo loro, ma anche dei governi del Pd che in questi anni hanno trasformato l'Italia in un campo profughi per delinquenti".
E poi, perché tutto questo? Cosa è accaduto davvero? Quale il movente? "Nelle vicinanze, secondo quanto si apprende, c'erano altre due pattuglie di carabinieri pronte a intervenire in caso di emergenza", batte AGI. Per cosa?
Per bloccare quello che in gergo viene chiamato "cavallo di ritorno", pare: "soldi in cambio della restituzione di qualcosa che è stato rubato", spiega Repubblica.
Secondo la ricostruzione più recente Cerciello Rega e il collega che era con lui sono stati assaliti appena arrivati all'appuntamento con due giovani americani. A condurli in via Pietro Cossa, in Prati, era stato un uomo che li aveva allertati dicendo di essere stato derubato a Trastevere e di aver ricevuto una richiesta di denaro in cambio del borsello che gli era stato portato via.
Ma nel tardo pomeriggio le agenzie rivelano che gli inquirenti avanzano "non poche perplessità" anche su questo. "La vicenda potrebbe anche essere più complessa di quello che si pensava all'inizio". A distanza di giorni, i dubbi si moltiplicano al punto da far parlare i principali quotidiani italiani di domenica di "troppe ombre" e di "tutto quello che non torna".
Eppure ormai, dal primo pomeriggio di venerdì, le indagini sembrano puntare sempre più decise sulle responsabilità dei due americani. Anche qui, non senza contraddizioni su aspetti cruciali: per AGI "i due, secondo quanto si apprende da fonti investigative, avrebbero avuto un ruolo sia nel furto del borsello sia nell'omicidio del vicebrigadiere"; secondo l'ANSA, alle 20.28 "non è ancora chiaro se abbiano un ruolo nel furto o nell'omicidio del vicebrigadiere".
Non tutti, a destra, accettano la svolta. Francesco Storace per esempio twitta indignato: "C'è chi brinda perché sono stati fermati due americani. Sono più preoccupati per l'identità di chi ammazza che per la morte di un povero carabiniere". Eppure finché i sospetti parlavano di assassini nordafricani la nazionalità sembrava interessare anche all'ex leader de La Destra.
Giorgia Meloni passa con disinvoltura dal denunciare gli sbarchi di "bestie" e "animali" assassini a parlare di un "porto franco": quello che l'Italia non può consentire a chiunque violi la legge. C'è una richiesta di "massima severità nei confronti di questa carogna". Non ci sono invece, come in nessuno dei casi elencati, le scuse per il granchio preso in precedenza.
Daniele Capezzone riesce invece ad accusare chi non parla di assassini nordafricani: "i giornaloni", scrive, "non ve lo fanno sapere".
Stessi tesi accreditata dal giornale sovranista Primato Nazionale in una tirata contro il "bardo cosmopolita" Roberto Saviano, colpevole di avere compreso da subito che a destra la strumentalizzazione contro le "belve africane" sarebbe stata la regola, non l'eccezione. "Vietato parlare della correlazione tra immigrazione clandestina e morte del carabiniere accoltellato da due marocchini", attacca il pezzo che però, col procedere delle ore, diventa involontariamente comico, dato che di quella correlazione, nel caso in esame, non arrivano che smentite. Il Primato Nazionale allora ci mette una pezza, "per onestà giornalistica": l'ipotesi, ammette, "in queste ore è vacillata", anche se "la possibilità resta".
Sempre "per onestà giornalistica", al momento in cui scrivo il pezzo resta online invariato, anche se la "possibilità" ormai non "resta".
E non resta perché, nella tarda serata di venerdì, uno dei due ragazzi americani confessa di avere ucciso lui il carabiniere. Sarebbe proprio "l'americano con i capelli mesciati", un ragazzo "molto facoltoso" che avrebbe "pagato il conto dell'hotel di lusso anche all'amico" – quello che nella sera di sabato sarebbe finito bendato e ammanettato a capo chino in caserma in una foto pubblicata da La Stampa, scatenando un'ulteriore e inevitabile ondata di polemiche e accuse.
Quello che inizialmente era stato raccontato come uno scippo da parte di due nordafricani finito in tragedia per evitare un "cavallo di ritorno", diventa ora tutt'altro: una storia di due ragazzi americani benestanti vogliosi di una notte di eccessi a Roma, finita in tragedia. Prima della mezzanotte, le agenzie battono finalmente quella che sembra una ricostruzione più plausibile dell'accaduto. "Volevano comprare droga da un pusher a piazza Mastai ma hanno rubato il borsello dello spacciatore per riavere i soldi dopo essersi accorti che lo spacciatore gli aveva dato semplice aspirina", riassume AdnKronos. "Sarebbe stato lo stesso pusher a contattare i carabinieri dopo che i due americani gli hanno rubato il borsello dicendo di aver preso appuntamento con i due statunitensi per la restituzione della borsa". È a quel punto che intervengono i due carabinieri, in borghese, e – per ragioni e con modalità ancora non del tutto note – avviene la reazione scomposta e violenta di uno dei due, che infligge otto coltellate mortali a Cerciello.
Ma molti restano i dettagli da chiarire, ancora oggi. Il Corriere di domenica 28 luglio, per esempio, scrive che "la versione di una chiamata al 112" da parte del pusher (o intermediario del pusher) "non trova conferme nel decreto di fermo", per esempio, "e resta in piedi l'ipotesi che l'uomo si sia rivolto di persona a una pattuglia in zona. Senza contare che, in un altro articolo, sempre il Corriere aveva dato conto del diffondersi di una "voce" per cui "il borsello derubato contenga droga e soldi oltre al cellulare sul quale i due autori del furto sarebbero stati rintracciati e minacciati dagli stessi pusher così da convincersi ad accettare l'incontro per la restituzione. Sarebbero stati cioè loro", non lo spacciatore, "a chiamare i carabinieri temendo la vendetta degli spacciatori".
Sempre il 28 luglio è invece emerso un audio da cui si apprende che è lo spacciatore a chiamare i carabinieri per denunciare un furto, mentre il fatto che inizialmente si sia parlato di una vittima "donna" potrebbe dipendere dal fatto che la chiamata è introdotta da una voce femminile, quella che avrebbe risposto secondo Repubblica di lunedì 29 luglio al Numero unico di emergenza composto dal pusher scippato. Il che solleva ulteriori questioni: con quale telefono ha chiamato i due americani, che poi lo avrebbero ricattato?
Ancora, né nell'audio della prima né in quello della seconda telefonata del pusher (ora dal telefono di un ragazzo, si evince) ai carabinieri si fa menzione di "nordafricani" o "magrebini". Perché nel resoconto iniziale invece se ne parla? E chi lo ha fatto: il carabiniere sopravvissuto, come raccontano le prime agenzie, lo spacciatore, come racconta Repubblica domenica, o entrambi?
E da ultimo, il collega del carabiniere ucciso "afferma che lui e il collega si sono subito identificati come carabinieri, gli indagati negano". In ogni caso, come mai si è fatto ricorso a due agenti in borghese? C'entra forse che, come scrive Repubblica, lo spacciatore "sarebbe una fonte confidenziale dei carabinieri"? Per questo vengono mandati i due agenti in borghese incontrati per strada a Trastevere? È "un intervento di favore al confidente, senza avvertire i superiori"?
Sono solo alcune delle domande ancora senza risposta. Domande che non interessano minimamente ai tanti che, lo abbiamo visto, prima dei fatti cercano le strumentalizzazioni: a sfondo di odio razziale, finché le "voci" ne danno il pretesto; su qualunque altra cosa, non appena possibile. Non è un caso che il ministro Salvini abbia immediatamente cercato di virare il focus del dibattito sul contrasto, che a destra si vorrebbe essere sempre e invariabilmente più severo, alla droga, e sul confronto con la pena di morte ancora vigente in America. O che il profilo ufficiale della Lega giunga perfino a chiedere su Twitter – seguito poi da Salvini, che ha rincarato la dose togliendo i punti di domanda - se quella del ragazzo americano bendato e ammanettato sia davvero una "foto choc", come sostengono "alcuni giornali". L'evento diviene funzionale alla propria narrazione politica, non all'accertamento dei fatti o al rispetto delle istituzioni.
Alcuni osservatori pensano che un tweet del genere sia da regime autoritario e non da paese democratico.
Voi cosa ne pensate? https://t.co/gBKEOEiQU3
— Fabio Chiusi (@fabiochiusi) July 28, 2019
Restano poi altre domande, sul sistema dell'informazione e come si interfacci all'attualità e alla politica in casi estremamente delicati come questo. Per i giornali e i canali di news: come è possibile dire tutto e il contrario di tutto, fomentando odio e caos, senza nemmeno premurarsi di far conoscere, in modo chiaro e trasparente, le correzioni ai lettori e agli spettatori, e facendo invece semplicemente sparire titoli e articoli scorretti? Come è possibile pezzi come quelli di Libero, ampiamente smentiti dai fatti, siano ancora reperibili come nulla fosse, senza alcun aggiornamento? Non vi rendete conto delle conseguenze di ciò che scrivete?
Il Post segnala che sul sito di Libero è ancora online questo articolo che indica nella "belva nordafricana” l'assassino del carabiniere. Lo spregio di ogni minima deontologia e, sopra ogni cosa, il giornalismo trasformato in propaganda. pic.twitter.com/pE1QOh5Boi
— massimo mantellini (@mante) July 27, 2019
Alla politica anche si debbono chiedere delle cose: a chi ha strumentalizzato questa vicenda per parlare di migranti, di clandestini, di questioni di pelle e colore va chiesto se sia rimasto un briciolo di dignità e vergogna. A chi ha da subito sottolineato la nazionalità dei presunti colpevoli, come perfino l'ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, forse pure. A chiunque ricopra una carica istituzionale poi, si potrebbe domandare: ma è davvero necessario commentare sempre tutto in tempo reale? Davvero necessario esprimersi a insulti ("bastardi", "animali"), in termini da far west ("caccia all'uomo") più che da democrazia compiuta? Non vi rendete conto delle conseguenze di ciò che dite?
Foto in anteprima: il luogo dove è stato ucciso il carabiniere Mario Cerciello Rega – ANSA via tgcom24