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Perché l’aggressione alla Camera e i richiami alla X Mas non possono e non devono essere ignorati

13 Giugno 2024 8 min lettura

Perché l’aggressione alla Camera e i richiami alla X Mas non possono e non devono essere ignorati

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Aggressione alla Camera: sospesi 11 deputati

Aggiornamento del 14 giugno 2024: Dopo l’episodio alla Camera che ha visto il deputato Leonardo Donno venire aggredito mentre provava a consegnare una bandiera dell’Italia al ministro Roberto Calderoli, sono arrivati i primi provvedimenti per le persone coinvolte. L’ufficio di presidenza della Camera (composto dal presidente, dai vicepresidenti, dai questori e dai segretari), ha sospeso per 15 giorni il deputato leghista Igor Iezzi. Sono stati sospesi per 7 giorni i deputati di Fratelli d’Italia Federico Mollicone, Gerolamo Cangiano e Enzo Amich, il leghista Domenico Furgiuele e Nico Stumpo (Partito democratico). Leonardo Donno del Movimento 5 Stelle è stato sospeso per 4 giorni. Sospesi per 3 giorni Vincenzo Amendola (PD) e Stefano Candiani (Lega), mentre Arturo Scotto e Claudio Stefanazzi (entrambi del PD) sono stati sospesi per due giorni. Come riporta ANSA, PD e M5S hanno contestato le sanzioni poiché avrebbero messo sullo stesso piani aggrediti e aggressori.

Ieri, durante il dibattito alla Camera sul ddl per l’autonomia differenziata, ci sono stati momenti di tensione, poi sfociati in pugni contro l’onorevole Leonardo Donno. Durante la seduta, il deputato leghista Domenico Furgiuele ha fatto il segno della X Mas rivolto ai colleghi dell’opposizione, che in quel momento stavano cantando Bella ciao e ostentando il tricolore.

 

L’autonomia differenziata? È inutile per affrontare le trasformazioni climatiche, geopolitiche, demografiche e tecnologiche del XXI secolo

 

In un secondo momento, il deputato del M5S Leonardo Donno si è avvicinato al ministro Calderoli per consegnargli una bandiera dell’Italia, un gesto simbolico per contestare il ministro che con il ddl si stava accingendo a spaccare l’Italia. Mentre intervenivano i commessi della Camera e il presidente della Camera Lorenzo Fontana lo espelleva, alcuni deputati della maggioranza sono andati addosso a Donno. 

Come riporta il Corriere: “Ne ha pagato le conseguenze il deputato M5S Leonardo Donno, colpito da alcuni deputati fra i quali il deputato della Lega Igor Iezzi, secondo i racconti di diversi parlamentari, con due pugni in testa”. Donno è infatti stato portato via in carrozzina.

In un secondo momento, i due deputati leghisti che si sono resi protagonisti dei due diversi episodi, invece di assumersi una qualunque responsabilità, hanno negato o persino irriso. Su Facebook, Iezzi ha condiviso un video sulle simulazioni nel calcio, commentando così “E pensare che il parlamentare grillino non era neanche in area…”. 

Poi, intervistato alla Stampa, ha sia rivendicato di aver provato a dare un pugno a Donno, sia tacciato Donno di “simulazione”.

Mentre un Furgiuele a corto di scuse, come riporta ADNKronos, ha dato la colpa al “politicamente corretto”:

A X Factor facevano la X per dire no, posso fare quello che voglio? [...]. "È tutto molto strano, è questo mondo del politicamente corretto per il quale si può cantare Bella ciao in Aula alla Camera e non si può dire magari che questa canzone non è condivisa e non piace. E qualcuno può fare pure un gesto, surclassato dalle voci, per dire 'no, non mi piace'. Questa cosa viene fraintesa perché non si può fare un gesto.... [...]. Ognuno può interpretare quello che vuole. Era mia intenzione esprimere qualcosa di negativo.

Quanto accaduto ieri ci ricorda insomma due capisaldi della cultura politica della Lega: l’arroganza e la vigliaccheria. Infatti, applicando la tattica del “nega, attacca, inverti vittima e aggressore”, la Lega sta cercando anche di far passare che sia stato Donno l’aggressore responsabile del “parapiglia”. E che dunque, per proteggere Calderoli, sia stato necessario per alcuni deputati intervenire di persona. Una specie di legittima difesa parlamentare.

Siccome purtroppo in Italia non bisogna ormai dar nulla per scontato, e tra rimasugli di fogna e stampa compiacente certe scemenze una sponda la trovano sempre, occorre ribadire di nuovo che il presidente della Camera intervenuto ieri per far espellere Donno è della Lega. Dunque delle due l’una: o Fontana è inadatto al suo ruolo e si deve dimettere, o dalla Lega, tanto per cambiare, sparano cazzate. Non è da escludere siano vere entrambe, poiché resta ancora da vedere se ci saranno provvedimenti per Iezzi e gli altri deputati che hanno aggredito Donno. 

Qui veniamo a uno dei punti che ci preme sottolineare. Sono le conseguenze cui andranno incontro o meno i deputati responsabili a decidere se e quanto condotte del genere sono lecite. Da parte leghista è evidente come ci sia da tempo la volontà di alzare il tiro, raschiando il fondo di un barile che, alla fine, per quanto schifoso resta tranquillamente al centro del dibattito pubblico e trova persino giustificazioni o apprezzamenti. Questo avviene perché c’è prima di tutto la consapevolezza che la si farà franca, e perché in parte la Lega è con le spalle al muro.

Il leader della Lega Salvini, infatti, è ormai ampiamente eclissato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che da questo punto di vista è sia la sua principale alleata che, soprattutto, sua principale rivale. E lo scenario politico gli offre due alternative: eclissarsi in un declino che lo congederà come il mediocre che è sempre stato, oppure dibattersi per occupare lo spazio a destra di Meloni. 

Va da sé che Salvini ha ovviamente scelto la seconda opzione, puntando quindi a quell’estrema destra che a Bruxelles siede nei banchi di Identità e Democrazia. E da cui di recente è stato espulso il partito Alternative for Deutschland, dopo l’intervista della giornalista di Repubblica Tonia Mastrobuoni all’europarlamentare tedesco Maximilian Krah. Intervista da manuale dove Mastrobuoni fa pelo e contropelo a Krah, in particolare sull’apologia delle SS e sui legami con Russia e Cina. Ecco il passaggio in questione:

Krah, lei ha dichiarato che i tedeschi devono essere fieri dei propri antenati. Anche se erano ufficiali delle SS?
“Dipende da cosa hanno fatto”.
Le SS erano criminali di guerra.
“Dipende. Bisogna valutare individualmente le colpe. Alla fine della guerra c’erano quasi un milione di SS. Anche Guenter Grass era nelle Waffen-SS. Tanti tedeschi all’estero sono stati reclutati all’ultimo momento, le SS funzionavano con un principio etnico. I parenti di mia moglie erano tedeschi che vivevano in Ungheria, avevano la scelta se arruolarsi con l’esercito ungherese o con le SS. Se si fossero arruolati con l’esercito ungherese da tedeschi, lo sapevano dalla Prima guerra mondiale, sarebbe stata una condanna a morte. Indi si arruolarono nelle SS. La storia tedesca del 20 secolo purtroppo è oscura e complicata. E prima di dichiarare qualcuno un criminale, voglio sapere cosa ha fatto. Tra le 900mila SS c’erano anche tanti contadini: c’era sicuramente una percentuale alta di criminali, ma non tutti lo erano. Non dirò mai che chi aveva una uniforme delle SS era automaticamente un criminale”.

Cito questo caso perché rivela quanto invece un certo tipo di figure e sparate in Italia trovano purtroppo complicità o aperto fiancheggiamento. Ecco perché Salvini ha scelto di candidare Roberto Vannacci, ennesimo personaggio creato da una stampa collaterale e a caccia di contenuti “controversi”, e perché quest’ultimo ha potuto tranquillamente evocare il simbolo della X Mas durante la campagna elettorale, con tanto di maglietta neraMetti una decima” (povero Enrico Montesano, cacciato da Ballando sotto le stelle nel novembre 2022 per una maglietta col motto della X Mas!). 

Questi ammiccamenti avvengono in un lessico pronto a relativizzare (“polemica”), a sposare nei titoli la prospettiva di chi lancia queste provocazioni, dando poi acriticamente spazio alle successive. "Mi riferivo alla X Mas che fu un glorioso reparto della regia Marina di Tesei", è stata la spiegazione di Vannacci. Che però poi a Porta a porta, in uno spazio fin troppo amico, ha tranquillamente rincarato la dose. Di fronte a una domanda simile a quella di Mastrobuoni a Krahn, infatti, Vannacci ha rifiutato di dissociarsi. “La storia è fattuale, è fatta di eventi e non ammette giudizi morali”. Casualmente certi fatti Vannacci ha problemi ad ammetterli, e così per lui Mussolini è “uomo di Stato” come Stalin. E casualmente nella parata del 2 giugno il reparto “erede” della X Mas ha preferito evitare di farsi strumentalizzare da Vannacci. Siamo quindi a militari che devono difendere l’onore di un reparto da colleghi a caccia di voti.

Ma del resto, nel giocare con questi simboli, Vannacci sa di poterla far franca perché i giornalisti come Vespa, nel momento in cui si fa presente quanto siano indifendibili certe dichiarazioni, sono pronti ad attaccare chi punta il dito. Ne ha fatto le spese Marco Furfaro, deputato democratico che nella stessa puntata è stato persino redarguito da Vespa per aver detto che è inaccettabile ascoltare nel servizio pubblico frasi del genere. 

Ecco perché rasentano l’idiozia risposte come la campagna #ignoraVannacci del PD. Ora che è europarlamentare a Bruxelles cosa si fa, si traduce l’hashtag in inglese, francese, tedesco e spagnolo? Lo stesso Vannacci ha irriso la campagna del PD mettendosi il volantino alle spalle, mentre faceva il suo show in collegamento da Vespa. Del resto, quando hai come conduttore un giornalista che, invece di fare il cane da guardia, al potere versa il vino, cosa ti aspetti?

Il caso Vannacci: l’ennesimo tentativo di radicalizzare il discorso pubblico

 

Proprio perché il tiro si sta alzando, politicamente è fondamentale capire come rimarcare quelle linee che non devono essere oltrepassate. L’indignazione e le dichiarazioni passano: i comportamenti e gli esempi restano, specie se non incontrano attriti. Se è inaccettabile che il servizio pubblico ospiti determinati commenti, allora non si può stare seduti in quegli studi, o rispondere a quei conduttori, o tenere lontano dalle iniziative parlamentari certi episodi. Altrimenti, passa il messaggio che chi si lamenta non fa davvero sul serio, e quella lamentela è parte del gioco. 

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E, per i giornalisti, diventa ormai un esercizio sterile pensare che il lavoro consista nel chiedere conto a chi mente apertamente di rispondere sul proprio operato. Le interviste così condotte sono passi di danza, balletti di rito e niente più; uno dei momenti previsti in una strategia di propaganda e radicalizzazione. Leghisti alzano le mani in Parlamento? Vanno intervistati i colleghi di partito, chiesto loro se lo ritengono accettabile. Va chiesto agli europarlamentari di commentare le immagini dei video in questione, o le “goliardate” del loro nuovo collega Vannacci. O agli editori che ne pubblicano le nefandezze in nome "del mercato". Se vanno raccontati i fatti, va anche raccontata questa cosciente erosione democratica, e vanno trovati modi per contrastare l’assuefazione di cui si nutre; per alzare il sasso e controllare quanti vermi ci sono sotto. Altrimenti si diventa parte del processo.

La fase di normalizzazione dell’estrema destra in Italia si è conclusa da un pezzo. Ora siamo in quella fase in cui si radicalizzano gli spazi del dibattito pubblico considerati solitamente di “centro”. In cui al massimo verranno a dirci che, di fronte a una Lega così, Meloni e i suoi sono i nuovi “moderati”. Lasciando così scivolare via, per esempio, l’aggressione subita da Riccardo Magi in Albania dagli agenti del posto, con la premier che a pochi metri lo accusa di essere in cerca di attenzione, mentre irride i “poveri cristi” che subiscono le sue disumane, inutili e costose politiche migratorie. 

Immagine in anteprima: frame video Vista via YouTube

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