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Striscioni e silenzi: il tifo italiano contro la violenza sulle donne

11 Aprile 2025 9 min lettura

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Striscioni e silenzi: il tifo italiano contro la violenza sulle donne

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Domenica 6 aprile due striscioni campeggiavano nel settore ospiti dello stadio Italia di Sorrento, occupato dai tifosi della Curva Sud del Messina: “L’amore non uccide… Sara vive in tutti noi!”. Il riferimento è ovviamente al femminicidio di Sara Campanella, studentessa di 22 anni dell’università di Messina uccisa il 31 marzo, delitto per cui è stato incriminato un suo collega di studi, reo confesso. 

È raro vedere simili prese di posizione da parte delle tifoserie di calcio, in Italia in particolare, eppure di recente sembra che qualcosa stia cambiando. Se lo sport più amato del paese è uno specchio della nostra società, allora c’è motivo di credere che la percezione del tema della violenza sulle donne stia gradualmente cambiando. Prima della partita di domenica tra Sorrento e Messina in Serie C, i giocatori della squadra di casa hanno deposto sotto gli spalti del settore ospiti un mazzo di fiori in ricordo della donna uccisa. Nella notte tra il 3 e il 4 aprile, un gruppo della tifoseria messinese aveva srotolato uno striscione in città contro l'uomo accusato di averla uccisa, Stefano Argentino.

Questo caso e quello di Ilaria Sula, studentessa di Terni uccisa a Roma dall’ex-fidanzato (anche lui reo confesso), hanno scosso tutta la società italiana. Nella stessa domenica, il Palermo - club che milita in Serie B - è sceso in campo con una maglietta speciale contro i femminicidi, e la società ha invitato in tribuna la famiglia Campanella. I tifosi della Ternana, per la partita di Serie C contro il Carpi, hanno realizzato due striscioni dedicati a Ilaria Sula: “Per Ilaria e per tutte le altre vittime. Basta violenza sulle donne” recitava quello della Curva Est; “Non ci sono parole davanti a queste atrocità. Ciao Ilaria, nel cuore di un’intera comunità” diceva invece quello della Curva Nord.

A dire il vero, le cose sono più probabilmente iniziate a cambiare, nel mondo del tifo calcistico, dopo il ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin il 18 novembre 2023. Cinque giorni dopo la tifoseria della Roma femminile mostrava allo stadio la scritta “L’amore vero non uccide… Basta!!! Ciao, Giulia”. Il 25 novembre la curva del Pisa, in Serie B, portava per la prima volta la protesta contro i femminicidi in uno stadio di calcio maschile, con uno striscione che recitava “Nessuno padrone di nessuna. Basta soprusi, basta femminicidi”. Nei giorni successivi, questo esempio era stato seguito dagli ultras del Cosenza, del Foggia, dell’Avellino, del Pescara e della Spal, con questi ultimi che avevano realizzato una grande scritta “Basta!” e l’avevano esposta assieme a tanti piccoli cartelli con i nomi di diverse vittime degli ultimi anni.

Una questione a lungo ignorata

Il calcio ha un rapporto controverso con la violenza sulle donne. Da diverse stagioni, in Italia, vengono organizzate iniziative di sensibilizzazione in occasione del 25 novembre, come ad esempio quella di far scendere in campo i giocatori con un segno rosso sul volto e far poi leggere ad alcuni di loro dei messaggi preconfezionati a margine delle interviste post-partita. Queste iniziative hanno però iniziato a mostrare evidenti limiti e sollevare delle perplessità per la loro scarsa efficacia. Lo scorso novembre Paolo Condò, uno dei più noti giornalisti sportivi italiani, si lamentava su Sky Sport: “Una lettura così robotica del messaggio sulla giornata contro la violenza sulle donne, un tema così terribile e connaturato alla nostra società, non aggiunge nulla a un’iniziativa lodevole. Se magari glielo diciamo prima, io credo che tutti gli allenatori o giocatori siano in grado di avere loro una pensata”.

A ciò si aggiunge che la questione della violenza di genere riguarda da molto vicino il mondo del pallone. La cultura dello stupro è un argomento che, per quanto ignorato dalla quasi totalità dei media sportivi, affiora continuamente, con un’impressionante crescita, negli ultimi anni, dei casi di calciatori più o meno noti accusati - e a volte pure condannati - per stupro. Si verificano di frequente situazioni in cui i club si ritrovano ad avere in rosa giocatori accusati di violenza sessuale, senza sapere bene come agire nel concreto per rispettare l’impegno preso - a parole - ogni 25 novembre.

Nella Giornata contro la violenza sulle donne del 2024, nei campionati professionistici italiani sono scesi in campo quattro giocatori condannati in via non definitiva per stupro: Manolo Portanova della Reggiana, in Serie B; Michael Liguori del Padova, Gianni Manfrin della Virtus Verona, e Santiago Visentin dell’Audace Cerignola, in Serie C. Nello stesso turno ha giocato poi Demba Seck, giocatore del Catanzaro (Serie B) in prestito dal Torino. Seck era stato accusato di revenge porn e minacce, ma secondo la Procura di Milano il pm che aveva condotto le indagini, Enzo Bucarelli, avrebbe invece aiutato il calciatore, anche facendo pressioni sulla vittima. Il tutto per proteggere il giocatore della squadra per cui tifava. Bucarelli è stato condannato per depistaggio lo scorso febbraio con rito abbreviato a un anno e dieci mesi, oltre all'interazione dai pubblici uffici. E questi sono solo alcuni dei casi più recenti che hanno coinvolto il calcio italiano.

Diventa quindi necessario chiedersi quanto sia realmente sentito il tema all’interno delle società, e più in generale nel mondo del pallone, se le iniziative del 25 novembre non hanno poi conseguenze reali in casi come quelli citati. E i tifosi, lungi dall’essere la “parte sana” del sistema, sono stati spesso parte del problema: nel luglio 2023, per esempio, all’arrivo alla Reggiana di Manolo Portanova gli ultras esposero uno striscione durante un’amichevole che diceva “Nella vita come allo stadio… fino al terzo grado nessuno è condannato”. Nell’ottobre 2024, una pagina Facebook di tifosi del Padova (Noi siamo i padovani) dichiarava il proprio sostegno al “beniamino” Liguori, all’indomani della sua condanna, aggiungendo: “saremo senza indugio alcuno al suo fianco e grideremo forza Michael!”. Negli stessi giorni, Appartenenza Biancoscudata, un’associazione di tifosi del Padova, scriveva una lettera al Gazzettino lamentandosi della “modalità fuorviante, scorretta, non sincera e sensazionalistica” con cui il quotidiano veneto aveva - a loro avviso - dato notizia della condanna del calciatore.

Nuove voci dal mondo del tifo

Alla luce di tutto questo, i messaggi di alcune curve italiane degli scorsi giorni non possono non far pensare a un cambiamento nel modo in cui il mondo dei tifosi guarda alla violenza di genere. Va precisato che queste prese di posizione non sono però contro individui che condividono un legame di appartenenza con le tifoserie in questione. Mentre, come abbiamo visto, quando la persona sotto accusa è un giocatore del proprio club, non si agisce allo stesso modo.

Il problema non è solo italiano, ma si ritrova anche all’estero, un contesto da cui arriva però uno degli esempi migliori di tifosi e tifose che provano a reagire: è il caso del gruppo inglese Arsenal Supporters Against Sexual Violence (ASASV), formatosi all’interno della tifoseria londinese dell’Arsenal. Questa associazione è nata lo scorso novembre, dopo che i media britannici hanno rivelato che un giocatore dei Gunners era indagato per almeno tre casi di stupro: il suo nome non può essere rivelato, dato che non c’è stata ancora un’incriminazione ufficiale, ma nell’ambiente tutti sanno di chi si tratta.

Quattro mesi fa ASASV ha inviato una lettera al club per chiedere di prendere le distanze dal giocatore e metterlo fuori squadra, e da fine febbraio il gruppo ha iniziato a organizzare delle proteste fuori dallo stadio prima delle partite, che vengono comunicate tramite i social. “Vogliamo andare avanti a protestare fino al termine della stagione. - ha spiegato Will, uno dei membri di ASASV, a Valigia Blu - Il nostro obiettivo non ufficiale è fare pressioni sul club perché non rinnovi il contratto di questo giocatore, che scade a giugno 2025”. Anche a quelle latitudini, sensibilizzare sul tema espone a critiche e contestazione da parte di altri tifosi, molti dei quali insistono che fino a condanna definitiva non c’è colpevolezza. “Proviamo a spiegare che solo il 2% delle accuse di stupro porta a un’azione penale, nel Regno Unito. Non diamo per scontata la sua colpevolezza, ma ci sono calciatori che sono stati sospesi dai loro club per molto, molto meno”.

Il caso dei sostenitori e delle sostenitrici dell’Arsenal è al momento più unico che raro nel calcio europeo, ma è il sintomo che qualcosa lentamente si muove. Sono più spesso le organizzazioni femministe a portare avanti queste battaglie, come nel nostro paese 'Non Una di Meno', che però sono esterne al mondo del calcio. 

Nel già citato caso Liguori, il gruppo di tifose del Padova Tacco 12, legato ad Appartenenza Biancoscudata, ha deciso di non esprimere alcun giudizio sulla vicenda. Lo scorso 12 febbraio, invece, la Lanerossi Crew del Vicenza ha affisso uno striscione contro Liguori fuori dagli uffici della FIGC (“Guance dipinte di rosso, coscienze sporche di silenzio”), ma va tenuto presente come questa protesta sia inserita nel contesto di una rivalità sportiva tra le due squadre, ed è infatti avvenuta nei giorni precedenti al derby.

Eppure a Verona gli ultras della Rude Firm, sostenitori della Virtus, sono entrati in aperto contrasto con il club per via delle decisione di mantenere in rosa Manfrin, che a dicembre è stato condannato in appello per violenza sessuale, assieme ad altri quattro colleghi. I tifosi veronesi hanno chiesto più volte alla società di mettere fuori squadra il giocatore e, di fronte al rifiuto, hanno avviato uno storico sciopero del tifo: ogni volta che Manfrin è in campo, ritirano gli striscioni e rimangono in silenzio, e sistematicamente disertano le trasferte.

Per adesso la protesta dei sostenitori della Virtus è l’unico caso nel nostro paese di una tifoseria che prende posizione contro un proprio giocatore accusato di violenza sessuale, invece di difenderlo o ignorare la questione. Se qualcosa sta veramente migliorando, è però ancora vero che i passi in avanti che deve fare il mondo del calcio sono molti. Al di là dell’ormai innegabile problema delle violenze commesse dai calciatori, ci sono altri casi di molestie e sessismo - nei confronti delle arbitre, delle calciatrici, ma pure delle tifose, un tema di cui nel Regno Unito si parla spesso ma che in Italia è ancora largamente inesplorato - che devono essere affrontati.

Il calcio ha il dovere di rapportarsi con queste problematiche, come ha detto chiaramente a fine marzo Gareth Southgate. L’ex-allenatore dell’Inghilterra ha denunciato gli “influencer tossici e manipolatori” che fanno proseliti sui social tra i giovani, spingendoli verso la misoginia, facendogli credere “che il successo si misura con il denaro e la prevaricazione, che forza significa non mostrare mai emozioni, e che il mondo, incluse le donne, sia contro di loro”. Il discorso di Southgate, fatto negli stessi giorni in cui su Netflix usciva la serie Adolescence, verte attorno al fatto che il calcio - e lo sport in generale - devono diventare un freno a questa deriva, offrendo ai ragazzi dei modelli positivi e alternativi a figure come Andrew Tate.

Ma per riuscirci non basteranno solo belle parole e campagne vaghe, incapaci di confrontarsi con situazioni reali. Le società e le istituzioni sportive non sembrano avere interesse a entrare realmente in questo discorso, preferendo restare portavoce di valori unicamente teorici. Dall’altra parte, trovare giocatori pronti a schierarsi realmente contro la violenza sulle donne è ancora più difficile che trovarne disposti a farlo contro il razzismo o l’omofobia. Dopo la discussa assoluzione di Benjamin Mendy da diverse accuse di stupro, l’attaccante olandese Memphis Depay, all’epoca all’Atlético Madrid, interveniva sui social parlando della necessità di difendere i calciatori dalle false accuse di violenza. Tanti colleghi famosi hanno espresso soddisfazione per l’assoluzione di Mendy, mentre nessuno ha mai trovato nulla da dire nei casi in cui sono state emesse delle condanne.

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I modelli positivi di cui parla Southgate sono dunque molto difficili da trovare, in questo momento. Un eccezione è rappresentata dal portiere della Roma Mile Svilar, che proprio dopo gli ultimi casi avvenuti in Italia ha parlato dei femminicidi con incredibile lucidità: “Dobbiamo ripartire dall'educazione dei nostri figli, dobbiamo crescere degli uomini con i giusti valori e capaci di accettare un ‘no’ come risposta” ha detto al Corriere dello Sport.

In attesa che l’intero sistema prenda coscienza del problema e inizi a lavorare per cambiare la cultura tossica del calcio, i tifosi e le tifose possono però essere il motore di un cambiamento dal basso, come si vede per esempio a Londra o a Verona.

Il 1522 è il numero gratuito da tutti i telefoni, attivo 24 ore su 24, che accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. Per avere aiuto o anche solo un consiglio chiama il 1522 oppure apri la chat da qui.

(Immagine anteprima via X/Twitter)

 

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