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Il razzismo e la violenza della polizia continuano a fare vittime in Brasile

5 Giugno 2022 5 min lettura

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Il razzismo e la violenza della polizia continuano a fare vittime in Brasile

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Giovedì 26 maggio ci sono state forti proteste nella località di Umbaúba, nello Stato di Sergipe, che si trova nella parte nordorientale del Brasile (tra Bahia e Recife). “Fino a quando continueranno ad ammazzarci?”, urla una donna al microfono, riunita con altre persone nere davanti alla sede della Polícia Rodoviária Federal (PRF).

Il giorno prima, a Umbaúba, la polizia ha ucciso un uomo di 38 anni, nero, fermato perché circolava in moto senza casco. Tre agenti della PRF hanno detenuto in strada Genivaldo de Jesus Santos, e poi l’hanno torturato e ammazzato in pieno giorno, davanti alla gente impotente, armata solo del cellulare per registrare il delitto. I video sono agghiaccianti: i tre poliziotti perquisiscono l’uomo, gli legano mani e piedi e poi lo mettono nel baule dell’auto. Mantengono il portellone abbassato sulle gambe di Genivaldo, mentre all’interno gettano gas lacrimogeno. Si vede il fumo bianco che esce dai bordi dell’auto, le gambe dell’uomo che cercano di divincolarsi, le urla. Poi più niente. Quando infine la polizia lo porta in ospedale è troppo tardi, la causa del decesso è asfissia e insufficienza respiratoria secondo il rapporto dell’Istituto Medico Legale, confermata venerdì 27 dalla Segreteria della Sicurezza Pubblica.

Sergipe è il terzo Stato brasiliano con il maggior numero di morti causate dalla polizia, con un tasso di 8,5 omicidi ogni 100 mila abitanti, dietro solo ad Amapá (13) e Goiás (8,9), secondo i dati del Forum brasiliano sulla Sicurezza Pubblica dello scorso anno. I dati, relativi al 2020, hanno registrato 6.416 le vittime, il più alto numero di morti per interventi di polizia da quando questo indicatore ha iniziato a essere monitorato, nel 2013, e l’aumento è stato del 190%.

“Il Brasile ha vissuto in un sistema razzista per oltre 500 anni. È in corso un genocidio che ha come obiettivo la gente con la pelle nera", ha dichiarato Simone Nascimento, del Movimento Nero Unificato (MNU). Esattamente due anni fa moriva George Floyd negli Stati Uniti, asfissiato con il ginocchio di un poliziotto sul collo e partiva il ciclo di mobilitazioni conosciuto il tutto il mondo con lo slogan “Black Lives Matter”. La settimana scorsa l’indignazione ha sollevato ancora una volta la protesta delle comunità nere, che hanno richiamato l’uso di camere a gas da parte dei nazisti, mostrando il nesso tra razzismo e metodi fascisti nell’azione delle forze di polizia, incoraggiate dal presidente Bolsonaro, che non perde occasione per difendere il regime militare della dittatura durata in Brasile dal 1964 al 1985.

Il giorno dopo l’omicidio di Genivaldo de Jesus Santos, Bolsonaro ha pubblicato sul suo canale Telegram un testo di elogio della PRF. Incalzato a esprimersi sul caso, ha dichiarato di non esserne al corrente, quando la popolazione di Umbaba era già scesa in piazza per protestare contro le azioni della polizia. Solo cinque giorni dopo si è rammaricato per l’accaduto, assicurando che sarà fatta giustizia “ma senza esagerare e senza pressioni da parte dei media.”

Nel primo comunicato della PRF di Sergipe si sostiene che l’uomo detenuto “ha resistito attivamente” ed è stato necessario usare “tecniche di immobilizzazione e strumenti di minore potenziale offensivo come spray al peperoncino e gas lacrimogeno” per contenerlo. Solo durante il tragitto verso il commissariato si sarebbe sentito male e sarebbe stato condotto all’ospedale, secondo la ricostruzione. Il nipote di Genivaldo era con lui quando è stato fermato perché circolava senza casco (un’infrazione che lo stesso Bolsonaro ha commesso più di una volta). Ha spiegato di aver avvisato i poliziotti che suo zio soffriva di schizofrenia, che aveva con sé i suoi farmaci, e che si stava agitando. Ma nonostante le sue spiegazioni, l’uomo è stato colpito con uno spray in faccia ed è stato chiuso nell’auto con un gas lacrimogeno.

La polizia stradale federale ha aperto un’indagine interna, senza pubblicare i nomi degli agenti coinvolti, e solo tre giorni dopo l’uscita del comunicato in cui si sosteneva che i poliziotti avevano fatto un uso legittimo della forza, la PRF ha preso le distanze, dichiarando di non essere d’accordo con le misure adottate dagli agenti. Domenica 29 un giornale online è riuscito a confermare l’identità delle tre persone responsabili del soffocamento dell’uomo e a dimostrare che non si tratta di un caso isolato: in altre 18 sentenze giudiziarie in sei Stati brasiliani negli ultimi 12 anni si trovano testimonianze simili, dove diverse forze di polizia hanno usato spray al peperoncino su persone confinate in un veicolo.

L’omicidio di Genivaldo è l’ultimo di una lunga lista di abusi di una polizia razzista e violenta, in cui si inscrive anche la morte di 25 giovani a Vila Cruzeiro, una favela di a Rio de Janeiro, trucidati durante un operativo di polizia solo il 24 maggio scorso. Si è trattato del secondo massacro più grande della storia di Rio, dopo quello avvenuto solo l’anno scorso a Jacarezinho, un’altra zona dove le vittime sono povere e hanno la pelle nera.

All’epoca, il Presidente Bolsonaro si era congratulato con gli esecutori, dando un chiaro via libera alla violenza da parte delle forze dell'ordine, e dopo il massacro di Vila Cruzeiro, mentre Genivaldo moriva asfissiato, ha nuovamente sostenuto l'azione criminale della polizia.

A maggio, il Movimento Nero Unificato (MNU) ha organizzato il suo diciannovesimo Congresso Nazionale, ponendo tra i suoi obiettivi la sconfitta di Bolsonaro alle prossime elezioni presidenziali in ottobre, per frenare la legittimazione del razzismo e delle violazioni dei diritti umani dell’attuale presidente. 

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L'MNU è un’organizzazione nata negli anni Settanta, in piena dittatura, come movimento di protesta nera che rivendicava la democrazia razziale. A metà maggio, insieme alla Colazione Nera per i Diritti (CND) ha depositato presso il Tribunale Federale Superiore un atto chiamato Argomento di non conformità al precetto fondamentale (ADPF), denunciando il genocidio della popolazione nera brasiliana. Sempre la Coalizione si è rivolta alla Corte Interamericana per i diritti umani dopo l’omicidio di Genivaldo de Jesus Santos. 

Il rappresentante ONU per l’America del Sud, Jan Jarab, ha richiesto “un’indagine rapida e completa” sul caso. “La letalità della polizia nei confronti della popolazione nera in Brasile è estrema e così comune da sembrare naturalizzata”, ha commentato, per poi concludere che “la violenza sproporzionata della polizia non cesserà finché le autorità non adotteranno misure definitive per combatterla,” con sanzioni agli abusi, evitando l’impunità, e con “cambiamenti strutturali nelle politiche e nelle procedure di polizia affinché siano basate sui diritti umani e l’uso della forza venga limitato in conformità con gli standard internazionali”.

Immagine in anteprima: Frame video AlJazeera via YouTube

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