Brasile, l’uccisione di due cugine di 4 e 7 anni infiamma le proteste contro la violenza della polizia e il razzismo sistemico
6 min letturaUna settimana fa Emily Victoria e Rebeca Beatriz, due cugine di quattro e sette anni, giocavano insieme in attesa dell'arrivo della nonna a Barro Vermelho, una favela di mattoni rossi nella fatiscente periferia settentrionale di Rio de Janeiro. Fino a quando, alle 20.00 circa, si sono sentiti degli spari.
Le bambine, entrambe coinvolte nella raffica di proiettili, sono morte sul colpo. Secondo quanto raccontato dai familiari un'unica pallottola avrebbe raggiunto prima Rebeca Beatriz alla testa e poi Emily Victoria all'addome.
Alcuni testimoni hanno detto di aver visto partire dei proiettili da un'auto della polizia. È stata infatti confermata la presenza in zona di una pattuglia del 15° battaglione che – in base a quanto dichiarato dalle autorità – avrebbe sentito gli spari senza rispondere al fuoco.
Tra le dichiarazioni raccolte quella della nonna di Rebeca che ha raccontato di stare rientrando a casa dal lavoro. Le bambine la aspettavano sul marciapiede, per fare uno spuntino insieme, quando è passata un'auto della polizia.
«Stavo tornando a casa dal lavoro e sono scesa dall'autobus. Ho sentito almeno dieci spari. L'autobus è andato via. L'auto della polizia si è fermata e ha sparato», ha spiegato Lídia Santos che aveva appena terminato un turno di 12 ore all'ospedale dove si occupa delle pulizie in un reparto dedicato alle cure per il COVID-19.
«Era la mia unica nipote, la mia carne e il mio sangue, e me l'hanno portata via nel modo più ridicolo, crudele e brutale possibile. Non avevano il diritto di farlo», ha detto la donna 51enne. «È folle, semplicemente folle.»
La morte delle piccole fa salire a otto il numero di bambini uccisi a Rio nel 2020, tutti di colore, come la maggior parte delle vittime di omicidio brasiliane. Secondo i dati forniti dalla piattaforma digitale collaborativa Fogo Cruzado sono 22 i bambini colpiti da armi da fuoco nel corso di quest'anno.
«Mi sento schiacciata, ma troverò la forza di combattere. Per Emily, Rebeca e tutte le altre ragazze, perché le vite dei neri contano», ha promesso la madre di Emily, Ana Lúcia Silva Moreira, che crede che la polizia sia responsabile della sparatoria. «Non ho cresciuto mia figlia per farla diventare un numero delle statistiche».
«Avrebbe compiuto cinque anni il 23 dicembre», ha proseguito Moreira, che le aveva appena comprato un vestito da principessa da indossare alla piccola festa – a causa della pandemia – che aveva organizzato.
LAERTE pic.twitter.com/2Ik63ocEta
— Dilma Rousseff (@dilmabr) December 8, 2020
Il governatore ad interim di Rio, Cláudio Castro, ha promesso un'indagine "rigorosa" sugli omicidi e ha affermato di essere favorevole a una politica di sicurezza basata sull'intelligence e mirata a proteggere i cittadini.
Qualche giorno dopo la morte di Emily e Rebeca la polizia di Rio ha riferito che nel corpo di una delle due bambine sono stati trovati frammenti di un proiettile. I reperti saranno analizzati e messi a confronto con cinque pistole e cinque fucili appartenenti ai cinque agenti della polizia militare che erano in servizio quella sera in zona.
Quest'ultimo grave episodio ha scatenato indignazione in tutto il Brasile e ha intensificato il dibattito sulla violenza della polizia e sul razzismo strutturale in un paese ancora alle prese con l'eredità della schiavitù.
L'ex presidente Dilma Rousseff ha criticato l'"autentica carneficina" scatenata nelle comunità più povere di Rio per la "totale mancanza di controllo" da parte delle autorità. Lo scorso 5 agosto, infatti, con una decisione della Corte suprema federale sono state sospese le operazioni di polizia nelle favelas di Rio durante la pandemia.
2 Mais duas crianças assassinadas, mais duas vidas que não se realizam. Resultado do absoluto descontrole da ação da polícia nas áreas mais pobres das cidades. Uma verdadeira carnificina, impune e incentivada pela defesa da violência por parte das autoridades estadual e federal. pic.twitter.com/RrJizMICqy
— Dilma Rousseff (@dilmabr) December 6, 2020
All'indomani dei due omicidi l'intellettuale Thiago Amparo, sulle pagine di Fohla de São Paulo, si è chiesto chi abbia ordinato l'uccisione delle due bambine.
“Se potessimo fermare il tempo, le cugine Emily Victoria Silva dos Santos e Rebeca Beatriz Rodrigues dos Santos suonerebbero ancora alla porta di casa a Duque de Caxias e non sarebbero vittime di un genocidio in corso. Utilizzo il termine nella sua accezione legale: omicidio con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, i poveri e i neri”, commenta Amparo.
“Arriva un momento in cui le lacrime non possono più esprimere il dolore che ci inonda di disperazione e sete di giustizia. Secondo i dati forniti da Fogo Cruzado, ventidue bambini sono stati colpiti da armi da fuoco nel 2020”, conclude. “Chi risponderà del genocidio in corso?"
Per Cecília Olliveira, giornalista ed esperta di pubblica sicurezza, gli omicidi hanno evidenziato l'inutilità e il pregiudizio razziale della incessante "guerra alla droga" che miete ogni anno migliaia di vittime per lo più nere.
«Quello che è successo a queste due bambine, in un quartiere prevalentemente nero e povero, lontano dal centro di Rio, è la sintesi di quella che per il Brasile è la politica sulla pubblica sicurezza: lo sterminio di persone invisibili e 'indesiderate'», ha detto.
Come riporta il Guardian il 56% dei 211 milioni di cittadini brasiliani si identifica come nero o meticcio. Quasi l'80% delle persone uccise dalla polizia lo scorso anno e il 75% delle vittime di omicidi erano neri.
Tra gli episodi più recenti l'omicidio di João Alberto Silveira Freitas, 40enne, padre di quattro figli, picchiato a morte da una guardia della sicurezza mentre un'altra lo immobilizzava, all'esterno di un supermercato Carrefour, a Porto Alegre, il 19 novembre, alla vigilia della Giornata della consapevolezza nera in Brasile. L'orribile attacco, ripreso da una telecamera di sicurezza, ha scatenato proteste di piazza in diverse grandi città ed è stato paragonato all'uccisione di George Floyd negli Stati Uniti. Entrambi gli agenti coinvolti nell'omicidio di Silveira Freitas sono attualmente indagati.
Protesto contra a morte de João Alberto Silveira Freitas em um supermercado da rede Carrefour na 402 Sul, em Brasília. João Alberto, negro, morreu após ser espancado por dois seguranças do mercado em Porto Alegre #justicaporbeto
Fotos de Gustavo Moreno para o @Metropoles pic.twitter.com/MgbFcRuDNz
— Rafael Campos (@rafaelcampos) November 20, 2020
Flávia Oliveira, affermata giornalista nera, ritiene che gli omicidi di cittadini di colore appartengano all'"eredità tossica della schiavitù" del paese occidentale che per ultimo l'ha abolita nel maggio 1888.
L'incapacità del Brasile di offrire istruzione, terre o risarcimenti a centinaia di migliaia di schiavi emancipati ha determinato la persistenza, a distanza di 132 anni, di profonde disuguaglianze, con i brasiliani neri che guadagnano meno, vivono peggio e sono uccisi di più rispetto ai loro omologhi bianchi. «Il Brasile rimane un paese che si basa sui privilegi dei bianchi», ha commentato Oliveira.
L'esperta di sicurezza pubblica Olliveira non ha dubbi sulla natura razzista delle uccisioni di Silveira Freitas, Emily e Rebeca.
«Ciò che questi casi ci dicono, in termini sfacciati e cristallini, è che le vite dei neri non contano in Brasile», ha detto Olliveira, respingendo le recenti affermazioni del vicepresidente del paese, Hamilton Mourão, che commentando l'omicidio di Silveira Freitas ha dichiarato che il razzismo non esiste.
Anche l'ONU ha affermato che il pestaggio mortale di Silveira Freitas da parte di agenti bianchi è un esempio di "razzismo strutturale" e ha chiesto che sia svolta un'indagine indipendente e che siano adottate riforme urgenti nel paese.
Ravina Shamdasani, portavoce dell'Ufficio dell'Alto commissario Onu per i diritti umani, nel corso di un briefing ha spiegato ai giornalisti che l'uccisione di Silveira Freitas è stata "un esempio estremo ma purtroppo fin troppo comune della violenza subita dai neri in Brasile".
«Offre un chiaro esempio della persistente discriminazione strutturale e del razzismo che le persone di origine africana devono affrontare» ha dichiarato, aggiungendo che i funzionari del governo hanno la responsabilità di riconoscere il problema di fondo del persistere del razzismo come primo passo essenziale per risolverlo.
Shamdasani ha tuttavia insistito sul fatto che "il razzismo strutturale, la discriminazione e la violenza che le persone di origine africana devono affrontare in Brasile sono documentate da dati ufficiali" come le statistiche che mostrano che “il numero di vittime afro-brasiliane di omicidio è sproporzionatamente più alto rispetto ad altri gruppi”.
«I brasiliani neri sopportano il razzismo strutturale e istituzionale, l'esclusione, l'emarginazione e la violenza, con, in molti casi, conseguenze letali», ha ribadito.
Riconoscendo al Brasile di aver aperto un'indagine sulla morte di Freitas, Shamdasani ha chiesto che sia "veloce, completa, indipendente, imparziale e trasparente" e ha insistito sul fatto che debba appurare “se i pregiudizi razziali abbiano avuto un ruolo".
Come per Silveira Freitas anche per le due bambine uccise si sono svolte manifestazioni di protesta alle quali hanno partecipato i familiari delle vittime e varie associazioni.
Parentes e amigos das meninas Rebeca Beatriz Rodrigues dos Santos, de 7 anos, e de Emily Victoria da Silva Moreira...
Pubblicato da Rio de Paz su Domenica 6 dicembre 2020
Sui propri canali social, l'ONG Rio da Paz ha commentato gli episodi di violenza a Rio de Janeiro e la notizia della morte delle due bambine.
“Ogni volta che si verificano queste morti, pensiamo che tutto cambierà, poiché il volto più orribile del crimine a Rio è la morte, a causa di proiettili vaganti, di bambini e bambine. E, invece, non cambia nulla. Le famiglie rimangono impotenti, la paternità degli omicidi non è chiarita, gli assassini non vengono puniti e non avviene alcuna trasformazione nelle politiche di pubblica sicurezza. Vale la pena ricordare che quelli che muoiono sono bambini poveri. E questo è il motivo dell'indifferenza da parte delle autorità”, ha detto il presidente della ONG, Antonio Carlos Costa.