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Un posto al ministero: la telenovela Sangiuliano-Boccia e la debolezza sistemica del governo

6 Settembre 2024 9 min lettura

Un posto al ministero: la telenovela Sangiuliano-Boccia e la debolezza sistemica del governo

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Il ministro Gennaro Sangiuliano si è dimesso

Aggiornamento del 7 settembre 2024: Venerdì pomeriggio Gennaro Sangiuliano ha rassegnato le sue dimissioni “irrevocabili”. Nella lettera che accompagna la decisione, Sangiuliano ha parlato di giornate “dolorose e cariche di odio nei suoi confronti”, specificando che andrà fino in fondo per dimostrare la sua “assoluta trasparenza e correttezza”. Sempre nella lettera annuncia che presenterà un esposto alla Procura, avendo ora “le mani libere per agire in tutte le sedi legali contro chi mi ha procurato questo danno”.

Nella giornata di ieri ha giurato il nuovo ministro della Cultura, Alessandro Giuli. Prima della nomina Giuli è stato presidente della Fondazione MAXXI, incarico che aveva ricevuto nel dicembre 2022 proprio da Sangiuliano.

La vicenda che ha visto protagonista Gennaro Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia, intanto, potrebbe approdare alla Corte dei Conti. La magistratura contabile sta infatti procedendo a verificare le dichiarazioni di questi giorni. 

Il quotidano Domani ha invece riportato il parere di fonti vicine al caso, secondo cui “l’entourage di Boccia avrebbe fatto sapere al Mic che la pompeiana avrebbe scaricato sul computer tutta la cronologia delle chat whatsapp del cellulare del ministro, tramite il qr code”. Se così fosse, osservano, i giornalisti Stefano Iannaccone e Stefano Vergine, vorrebbe dire che Boccia è in possesso di tutti i messaggi dell’ex ministro. 

Intervistata ieri da Marianna Aprile e Luca Telese per la trasmissione In onda, Maria Rosaria Boccia ha smentito di essere “una spia”, come alluso da alcuni giornali. Boccia ha lasciato intendere che ci sia altro che potrebbe emergere “In questa verità sono coinvolte tante donne che ancora non sto menzionando”.

Possiamo guardare da diversi punti di vista la vicenda che sta vedendo coinvolti il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, la moglie del ministro, la cicatrice sulla fronte del ministro, Maria Rosaria Boccia, i rapporti tra il ministro e Maria Rosaria Boccia, l’account Instagram di Maria Rosaria Boccia, un incarico da consigliere del ministero della Cultura, Dagospia, Pompei, il G7, il governo italiano, Giorgia Meloni, tre quarti di stampa italiana appresso, la stampa internazionale, il revival della Commedia sexy all’italiana e financo la buonanima di Benedetto Croce da Pescasseroli.

Tra questi molteplici punti di vista, scegliamo il seguente: vedi che il fact-checking è importante? Da quando, lo scorso 26 agosto, Maria Rosaria Boccia ha pubblicato su Instagram un post in cui festeggiava “la nomina a Consigliere del Ministro per i Grandi Eventi 🤩”, è iniziato un botta e risposta tra il ministro stesso e Boccia. Il primo a smentire, la seconda a sbugiardare la smentita, a mezzo post o stories, causando non pochi imbarazzi e interrogativi di natura politica. Così il caso si è ingrossato, creando non pochi imbarazzi e aspettative di dimissioni. 

In mezzo a questa corrispondenza di non più amorosi sensi, abbiamo avuto il governo e la stampa appesi a un account Instagram. In particolare Dagospia, che ha pubblicato una mail ministeriale dove tra i destinatari c’è anche Boccia, e che conteneva informazioni per un sopralluogo a Pompei durante il G7. L’Italia è paese ospitante, e il 20 settembre ci vedrà accogliere i più importanti leader del mondo in un clima da telenovela e da solita italietta. “Stiamo facendo la storia, e dobbiamo esserne tutti consapevoli. E questo non prevede né pause né soste, ma tanto meno può consentire errori e passi falsi” ha detto Meloni, provando a serrare i ranghi in vista dell’importante appuntamento. Il problema è che ha ragione: stanno facendo la storia, ma delle figuracce. A ottobre, per dirne una, ci aspetta la figuraccia del padiglione italiano alla Fiera di Francoforte dove è stato escluso per ripicche politiche Roberto Saviano, con conseguenti proteste di autori e autrici italiani.

Ma Dagospia è semplicemente il contraltare fecale del retroscenismo, l’aruspice che ispeziona il cadavere del decoro istituzionale e vomita il suo responso con le mani affondate nelle interiora. Lo possiamo chiamare “assioma Amenduni” (dal cognome della persona che per primo me lo fece notare): all’aumentare di una crisi politica, aumenta la rilevanza di Dagospia nell’ecosistema dell’informazione. Così, per una decina di giorni a questa parte, il rimpallo Sangiuliano-Boccia è stato tutto un collateralismo di voci, indiscrezioni, virgolettati attribuiti, ipotesi, fino a sfociare nelle interviste. Ne è emersa una cultura istituzionale dove il privato si mescola col pubblico e il pubblico si mescola col privato, e tutti e due se ne sbattono allegramente dell’opinione pubblica. 

Lo abbiamo visto in particolare durante l’intervista di mercoledì al Tg1, diciassette minuti su trenta del direttore Gian Marco Chiocci con Sangiuliano pagati dal canone. Un penoso gioco delle parti con i due che si imbeccano a vicenda: “Prima di iniziare questa conversazione, io l’ho fatta accedere al dispositivo del mio telefono cellulare con la mia banca”, dice a un certo punto Sangiuliano. “Lei è ricattabile?”, domanda Chiocci, come se fosse una domanda che ammette tra le risposte un “sì”; allo stesso tempo, quando gli viene chiesto se può uscire qualcosa di compromettente, ammette che potrebbero uscire le chat (sì, abbiamo tutti pensato a quel tipo di foto). 

Le prove esibite hanno solo peggiorato la situazione di Sangiuliano. Quando pesca tra i vari fogli la mail con cui vorrebbe dimostrare di aver interrotto la collaborazione di Boccia al ministero poiché il legame con la donna è diventato nel frattempo di natura sentimentale, Sangiuliano mostra anche la data della mail 26 agosto, la stessa data del post di Boccia. Mentre è vago sulle date che vengono prima, sulle settimane in cui “l’amicizia” sarebbe diventata qualcos’altro, con in mezzo la decisione di affidare un incarico.

I “cuoricini” in chat, le consultazioni per farsi spiegare da pazienti funzionari che esisteva un conflitto di interessi in caso di nomina quando ci sono state? La nomina è stata decisa a voce o ci sono anche lì delle mail? Ci sono troppe lacune nel racconto, un buco di circa venti giorni secondo Repubblica. Su tutto emerge una gestione tutta informale e privatistica di una carica pubblica, tra un viaggio e l'altro. E, a posteriori, emerge il racconto di un mediocre romanziere che non sa tenere assieme i fatti finora emersi, né anticipare i colpi a sorpresa che potrebbero ancora arrivare. Sangiuliano dà troppi dettagli e fogli stampati sui punti che ritiene inattaccabili, mentre resta vago o si contraddice in tutti gli altri. Così per comparazione emerge la mole della magagna. Sarebbe stato poi il caso di sentire l’altra campana, ma il copione del Tg1 era per due maschi. Boccia, in ogni caso, ha replicato a mezzo Instagram il giorno dopo. 

Che l’opinione pubblica conti solo quando impedisce alla classe politica di lavare i panni sporchi in famiglia (o tra sodali) lo si evince anche dalle scuse di Sangiuliano. Il quale ha sentito di doverle porgere alla sua personale versione della triade Dio-Patria-Famiglia: ovvero sua moglie, Giorgia Meloni e i collaboratori del ministero. Mai che gli fosse venuto in mente di chiedere scusa agli italiani, visto anche che a poche settimane dal G7 la storia è arrivata sulla stampa estera, e almeno due paesi hanno chiesto delucidazioni affinché siano garantite la sicurezza e il corretto svolgimento del summit

Insomma, la vera telenovela italiana non è Un posto al sole, ma Un posto al ministero. Più delle risatine pruriginose, delle gomitate d’intesa e del vergognoso lessico sessista (“la pompeiana esperta” di Paolo Mieli), preoccupa la facilità con cui è bucabile o aggirabile la riservatezza delle comunicazioni, di come sembri mancare una elementare e necessaria cultura in tal senso; la percezione di binari da seguire e la contestuale consapevolezza di quando ci si allontana troppo. Ricordiamo per esempio lo scherzo telefonico a Giorgia Meloni, con dei comici russi che impersonano un finto leader africano e parlano con lei della guerra in Ucraina, o il caso Delmastro, rinviato a giudizio per violazione del segreto d’ufficio.

E, a proposito di Delmastro, è evidente che se Sangiuliano è ancora lì è per debolezza di Meloni, che tra fedelissimi da difendere a ogni costo e giochi di equilibri nella coalizione non può liberarsi dell’anello debole tanto facilmente. Perché se si dimette Sangiuliano, a maggior ragione diventano indifendibili il già citato Delmastro, ma anche Santanché e Salvini: la prima è rinviata a giudizio per truffa ai danni dello Stato e falso il bilancio, il secondo è imputato per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio. Lo stesso Sangiuliano rischia un’indagine per peculato. Inoltre, a voler credere a tutto ciò che dice per difendersi, resta da capire perché siano state condivise mail e comunicazioni istituzionali con una semplice cittadina senza alcun incarico.

C’è quindi un incredibile effetto domino che, partendo da un post su Instagram e passando per una patta ministeriale, ha messo il governo al centro di un uragano sotto gli sguardi attoniti dei più importanti leader mondiali. Non è che se ti indagano il ministro della Cultura alla vigilia del G7 puoi dire “e allora Caravaggio che ammazzava la gente?”. Al Tg1 Sangiuliano ha anche detto che si dimetterebbe, se Meloni lo chiedesse. Prima però aveva detto alla Stampa di non aver fatto nulla di male; del resto, visto l’andazzo generale, ci manca solo debba andarsene lui. Abbiamo pur sempre un governo dove fa il ministro il cognato della sorella della presidente del Consiglio, ora fresco di separazione. Così, a dispetto dei virgolettati circolati su molte testate, traducendo dal sangiulianese all’italiano si ottiene questo: “Nessuno mi ha chiesto di dimettermi, né io ho rassegnato le dimissioni”.

Queste non sono persone serie, sono persone che vanno prese necessariamente sul serio perché occupano posizioni di potere. Tanto più sembrano ridicoli, tanto più questa risata dovrebbe risuonare amara al pensiero che, alla fin fine, se stanno lì è perché sono i migliori che hanno trovato. Così ora pur di difenderlo, dagli ambienti governativi si prova a far passare Boccia per una specie di femme fatale, di arrampicatrice; una che filma e registra a mo’ di infiltrata, per intendersi. 

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Ma nel momento in cui scriviamo la telenovela è arrivata a nuovi colpi di scena. Boccia è in realtà da anni una frequentatrice abituale della Camera dei deputati, non certo una arrivata dal nulla e avvolta da chissà quale aura di mistero. E, dopo tanto parlare di lei, rilanciando post e Instagram Stories o informazioni sul profilo LinkedIn, alimentando più lo sfruculiamento che l’informazione, qualcuno alla fine ha pensato bene di intervistarla. Ci ha pensato La Stampa. Nell’intervista Boccia rimette insieme i frammenti fatti circolare nei giorni scorsi ("ho avuto accesso semplicemente a tutta l'organizzazione del G7"), lanciando però un’accusa inedita e sibillina: “Ci sono alcune persone che ricattano il ministro per delle agevolazioni che hanno avuto”. Boccia non ha ammesso alcuna relazione sentimentale (“questo dovrebbe chiarirlo lui”, rispondendo a una domanda sulla natura del loro legame). Sulle registrazioni, ha spiegato, tutto nascerebbe come forma di auto-tutela, dopo uno scambio avuto con Sangiuliano:

Perché ha registrato tutto da un certo punto in poi?
«Perché il ministro mi ha detto una frase che mi ha colpito molto. Ha detto: “Io sono il ministro, io sono un uomo, io rappresento l’istituzione e in futuro nessuno crederà a tutto quello che tu dirai”».
Quando ha detto questa frase?
«A fine luglio».
Perché ha fatto quel filmato con gli occhiali in Parlamento?
«In quel momento la nostra frequentazione non era assidua ma era una semplice conoscenza. Come si può vedere dai miei profili social, avevo appena comprato quegli occhiali e volevo provarli. È tutto legale. Perché quando si inizia una registrazione si accendono dei led ai lati».

Non è da escludere che, invece di arrivare all’esito più ovvio e decente, ossia dimissioni di Sangiuliano, si butterà nel mucchio qualche disegno di legge “anti-infiltrati”, andando a ripescare le strumentali polemiche sollevate in risposta all’inchiesta di Fanpage sulla “gioventù meloniana” e i commenti di Ignazio La Russa per il giornalista della Stampa aggredito mentre stava riprendendo militanti di CasaPound. Il collante di questi episodi è la mentalità da accerchiamento al posto della trasparenza istituzionale: si deve attaccare all’esterno per difendere la cerchia di fedelissimi, costi quel che costi, e per mantenere il sistema di potere e le sue reti, non importa quante falle o conflitti si aprano. Così in piena crisi abbiamo anche i resoconti di direttori di quotidiano che entrano ed escono a Palazzo Chigi, come il direttore della Verità Maurizio Belpietro, non si sa bene perché: tutto è lasciato all’immaginazione del cittadino-spettatore, libero di unire puntini. Nel frattempo, siamo arrivati già al classico dei classici: è un complotto contro il governo, c’è una “regia occulta” dietro Boccia.

A prescindere da come finirà la faccenda, Dagospia continuerà a macinare nei prossimi giorni varie citazioni da parte della stampa più abbottonata, o quanto meno picchi di visite al sito. Se c’è qualcuno insoddisfatto per l’andazzo della maggioranza, state pur certi che tutto quello che non può finire in un virgolettato ufficioso attribuito a questo o quel politico dal retroscenista di turno, troverà infatti spazio su Dagospia, tra un “Genny Delon” e un “Bombolo del Golfo”. Degli scandali politici, insomma, non si butta via niente.

(Immagine anteprima: frame via RaiPlay)

 

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