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Le bugie di Berlusconi sul Donbas e l’invasione russa dell’Ucraina

20 Ottobre 2022 9 min lettura

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Le bugie di Berlusconi sul Donbas e l’invasione russa dell’Ucraina

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di Andrea Braschayko

Per il mio compleanno mi ha mandato venti bottiglie di vodka e una lettera dolcissima. Gli ho risposto con bottiglie di Lambrusco e una lettera altrettanto dolce. Sono stato dichiarato il primo dei suoi cinque veri amici.

Sono queste le parole di Silvio Berlusconi mentre parla del presidente russo Vladimir Putin in una riunione con i deputati di Forza Italia. L’audio viene pubblicato in esclusiva da LaPresse lo scorso martedì.

L’opposizione passa all’attacco, ma anche all’interno della coalizione di centrodestra c’è perplessità, seppur tenue. Maurizio Lupi prende le distanze, mentre il neopresidente del Senato Ignazio La Russa parla di semplici rapporti personali e non di visione politica d’insieme, una sbandata insomma.

Le giustificazioni mediatiche della destra italiana ripercorrono ogni volta la stessa traiettoria: minimizzare per poi smentire. Così fa Antonio Tajani, asserendo che le bottiglie di vodka di cui si parla risalgono al 2008. Un’annata tristemente ironica, peraltro, poiché quell’anno il Cavaliere festeggiava il compleanno un mese dopo l’invasione russa della Georgia. Ma che allora a nessuno importasse più di tanto dell’espansionismo di Putin non è di certo un segreto da svelare tramite un audio rubato.

Appena ventiquattro ore dopo, è già impossibile negare. Viene rivelato un secondo audio (e si vocifera pure di un terzo in arrivo), questa volta di circa quattro minuti.

Annunciando l’annessione delle repubbliche di Donetsk e Lugansk il 21 febbraio, Putin ha pronunciato un discorso lungo e dettagliato. Berlusconi ne ha riprodotto la versione italiana: la spiegazione approssimativa di un insegnante che non vede l’ora di finire la lezione per poi andare a fare ricreazione con i suoi ragazzi, che nel frattempo ridono e fanno baccano, facendo finta di ascoltarlo. 

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La storiella di Berlusconi comincia da Zelensky, che dopo essere stato eletto nel 2019, “triplica gli attacchi nel Donbas”. Non ci sarebbe più bisogno spiegare del motivo per cui da cinque anni l’Ucraina era costretta a combattere nell’Est del paese, ma al di là delle motivazioni (e cioè l’insorgenza pro-russa e il successivo intervento militare mascherato di Mosca del 2014), sono falsi pure i fatti: Zelensky ha fin dalla campagna elettorale mostrato maggiori volontà di appeasement con le repubbliche separatiste rispetto al predecessore Poroshenko. Di conseguenza, nel 2020 – primo anno solare della sua presidenza – le violazioni di cessate il fuoco nel Donbas diminuiscono del 55% e le morti dei civili del 93% rispetto all’anno precedente, secondo un rapporto OSCE.

Berlusconi continua poi nel suo show di fronte ai deputati di Forza Italia. La ricostruzione sulle motivazioni di Putin a invadere, cioè l’essere stato costretto dalle richieste di aiuto delle repubbliche e dalla volontà popolare russa, ricalcano gli editoriali di Ria Novosti e i discorsi alla Duma dei più oltranzisti dei parlamentari di Russia Unita.

Il grosso imprevisto dell’operazione speciale, secondo Berlusconi, è stata la resistenza degli ucraini supportata dall’Occidente. E così, purtroppo, la guerra “invece di essere un’operazione di due settimane, è diventata una guerra di duecento e rotti giorni”.

Sul presidente ucraino le parole sono “Zelensky, secondo me… lasciamo perdere… non posso dirlo”, interrotte da sonori applausi. Berlusconi avrebbe infatti preferito “la minoranza ucraina di persone per bene” per le quali Putin voleva creare le condizioni per un colpo di Stato a Kyiv. Persone per bene tra cui il probabile prescelto per guidare l’eventuale governo golpista, l’oligarca Viktor Medvedchuk, ai domiciliari prima dell’invasione e poi catturato dopo aver tentato la fuga in Russia (poi effettivamente speditoci in uno scambio di prigionieri), oppure le centinaia di criminali di provincia e politici corrotti che i russi hanno appuntato come collaborazionisti nelle zone occupate del Sud e dell’Est dell’Ucraina. Ma anche la visione di “persone per bene” berlusconiana difficilmente ci può più stupire.

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Gli audio di martedì e mercoledì sono stati uno shock che ha investito la politica italiana a ridosso della formazione del nuovo governo. Uno shock che, tuttavia, non trova riscontro sulle prime pagine dei giornali esteri e nemmeno di quelli ucraini e russi, segno inequivocabile dell’importanza attribuita in politica estera all’Italia del post-berlusconismo dal resto del globo.

Eppure, la sintesi del secondo audio è esattamente uguale dalle dichiarazioni rilasciate dal Cav a Bruno Vespa il 23 settembre. "Le truppe russe dovevano entrare e in una settimana sostituire il governo di Zelensky con persone per bene e ritornare indietro. Invece hanno incontrato una resistenza imprevista e imprevedibile da parte delle truppe ucraine che poi sono state foraggiate con armi di tutti i tipi da parte dell'Occidente", mentre Putin “è stato spinto dalla popolazione russa, dal suo partito, dai suoi ministri a inventarsi questa operazione speciale", secondo le fantasie berlusconiane di appena un mese fa a Porta a Porta.

Come ci si possa indignare solo una volta no l’altra sì per le stesse identiche dichiarazioni, rimarrà un mistero interno alla coalizione di destra e a Giorgia Meloni, che si è prontamente smarcata dalle dichiarazioni del suo alleato ribadendo la collocazione filo NATO-UE, a costo di rinunciare alla formazione del nuovo governo (ma evitando di dire lo stesso tre giorni prima delle elezioni).

Molti analisti politici si sono sorpresi della “sbandata”, per citare La Russa, di Berlusconi dell’ultimo mese. Appena quest’estate, essi avevano attribuito a Forza Italia la maggior affidabilità in politica estera all’interno della coalizione. Per ogni uscita del cavaliere, si poteva contare su voci autorevoli a livello europeo, come quella di Tajani. Allo stesso modo, molti di loro non erano riusciti a razionalizzare il ruolo del partito di Berlusconi nella caduta del governo Draghi.

Probabilmente abituati alla sua dominanza assertiva e noncurante nell’ultimo trentennio, non avevano preso sul serio le sue capacità trasformiste, che non aveva mai usato in questo contesto, prima dell’inevitabile necessità di prendere temporaneamente le distanze da Putin a fine febbraio.

A ridosso dell’invasione Berlusconi ha scelto di parlare tramite altri: Tajani riferiva che il suo leader non aveva sentito il presidente russo ma si metteva a disposizione per aiutare nel dialogo pochi giorni prima del 24 febbraio, mentre il giorno dopo l’invasione il deputato di FI Giorgio Mulé diceva che “Berlusconi non riusciva a riconoscere lo stesso Putin che stringeva la mano a Bush a Pratica di Mare”. Due giorni dopo manteneva il silenzio, vedendosi per cena con Salvini in via Moscova a Milano (l’ironia della destra italiana, non capisci mai se è voluta o meno).

Il mutismo continua, persino il suo parlamentare Elio Vito si augura che “parole nette di condanna provengano dallo stesso presidente Berlusconi, che non ha mai nascosto la sua amicizia con Putin”. In risposta il Cavaliere organizza il suo matrimonio, il 20 marzo, senza aver ancor pronunciato il cognome del presidente russo in una condanna ufficiale, limitandosi a una preoccupazione generale per l’escalation del conflitto e della situazione mondiale.

Dopo quasi un mese e mezzo Berlusconi riesce, il 9 aprile, e in questo influisce molto il clima conseguente ai massacri russi di Bucha e Irpin, a dichiararsi “profondamente deluso e addolorato dal comportamento di Putin, che si è assunto una gravissima responsabilità di fronte al mondo intero. Venti anni fa l’ho conosciuto come un uomo di grande buonsenso, di democrazia, come un uomo di pace. Peccato davvero per quel che è successo”. 

L’ultima frase suona come una commiserevole giustificazione, ma perlomeno Berlusconi elogia l’Ucraina, che “dobbiamo dirlo, con valore e molta determinazione, sta combattendo per la sua libertà”. Ma già il 21 maggio scopre le carte, asserendo che Kyiv va convinta ad accettare le richieste di Putin, poiché le sanzioni sono nocive in primis per le economie europee.

Il tenore delle sue parole è apertamente in contrasto con la tragedia circostante, ma la commisurazione del contesto non è tra le caratteristiche principali di Berlusconi. Come quando, nel 2009, ha mimato il gesto del mitra a una cronista che aveva rivolto una domanda scomoda a Putin riguardo il suo divorzio, noncurante dei duecento giornalisti uccisi in Russia nei dieci anni di governo del suo amico, tra cui Anna Politkovskaja.

Gli amici sono solo amici, come lo è (era?) il calciatore ucraino Andriy Shevchenko, che da Berlusconi aveva fatto battezzare suo figlio quando giocava al Milan e che il Cavaliere aveva definito un figlio a sua volta, e lo aveva pure fatto alloggiare nelle sue ville in Sardegna.

Nelle stesse case aveva poi soggiornato pure Vladimir Putin, ma il rapporto tra i due è difficilmente riassumibile come un innocente amicizia di lunga data, come la linea ufficiale di Berlusconi, di Forza Italia e dell’intero centrodestra ha provato a lungo a sostenere. A lungo gli altri leader occidentali hanno provato a capire a fondo la natura della loro amicizia. Secondo un cablo diffuso da Wikileaks, l’ex ambasciatore statunitense in Italia Ronald Spogli avrebbe parlato di affari tutt’altro che chiari: “Berlusconi e i suoi compari stanno traendo lauti vantaggi personali da molti degli accordi energetici tra Italia e Russia”. 

Il dossier di spionaggio della NSA parla di una “figura misteriosa”, Valentino Valentini, deputato di Forza Italia e da vent’anni consigliere di Berlusconi per la politica estera, che si reca a Mosca, a cavallo degli ’00 e ’10, diverse volte al mese, senza staff né segretaria, per seguire gli affari di Berlusconi in Russia.

Nel 2005, un accordo tra ENI e Gazprom con cui venivano rivisti i contratti di fornitura di gas all’Italia salta dopo gli scandali scaturiti dalle inchieste dei giornali. Secondo le ricostruzioni, con tale accordo ENI avrebbe concesso alla società russa di vendere direttamente ai clienti italiani circa il 10% delle sue esportazioni in Italia, trasformando di fatto un fornitore in un concorrente diretto tramite la creazione della Centrale Energy Italia.

Dopo la caduta del governo nel 2011, Berlusconi diventa una figura sempre più marginale a livello internazionale – lo testimoniano le famose risate di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Con l’ascesa di Matteo Salvini e della Lega sembra diventarlo pure in Italia; sono ora quest’ultimi ad aver preso le redini delle intricate tele di affari para-mafiosi tra Italia e Russia. Nel 2015, quando Berlusconi è ospite di Putin nella Crimea annessa illegalmente appena un anno prima, nessuno sembra essere sorpreso né scandalizzato nel vedere i due bere vino insieme in riva alle spiagge della penisola, poche settimane prima dell’intervento russo in Siria.

Il rapporto tra i due sembrava essersi ridotto ora al rango di semplice, quanto inquietante, reciproca stima. Forza Italia poteva così godere, a livello internazionale e interno, della faccia pulita nello scacchiere internazionale, appaltando alla Lega gli affari a Mosca e il lobbying anti-sanzioni.

Col rapido declino di Matteo Salvini, che Berlusconi ha più volte dichiarato come suo erede nel centrodestra prima dell’ascesa di Giorgia Meloni, il Cavaliere ha dovuto prendere le redini del gioco in mano. Il mutismo selettivo di inizio invasione e le dichiarazioni contrastanti di quest’estate sono servite, come sempre, a buttare fumo negli occhi di fronte all’opinione pubblica e ai player internazionali. Allo stesso modo sono da intendere le sue spiegazioni in diretta telefonica con Enrico Mentana, in cui ha tentato di inserire le sue frasi in una più ampia, quanto confusa, logica geopolitica e di competitor internazionali.

Con le sue azioni, Berlusconi ha completamente scardinato il già fragile equilibrio geopolitico della coalizione. All’interno del suo partito, come in gran parte della Lega, Berlusconi può contare sul tacito consenso nelle fissazioni personali in politica estera, pur se non totalmente. In caso contrario, gli audio non sarebbero trapelati così facilmente, anche se da Forza Italia è arrivata la voce secondo cui le “talpe” sarebbero candidati non rieletti desiderosi di vendetta

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A un mese dalle elezioni, infatti, Berlusconi e Meloni non sembrano parlare agli elettori cercando di buttare messaggi illusori di pace e armonia nella coalizione. Berlusconi cerca di riconquistare spessore nei confronti di colui che dice di considerarlo come il migliore amico (mai è stato detto, però, il contrario, aiutando a chiarire le posizioni di forza tra i due), mentre lMeloni sa che non può vedere l’all-in geopolitico del suo alleato, poiché nello stesso documento rivelato da Wikileaks gli Stati Uniti avevano già fatto sapere, tramite Spogli, di non desiderare intermediari – soprattutto italiani – nelle relazioni con la Russia, e la fascinazione della leader di FdI per Putin è prettamente ideologica, non avendo possibilità di affrancarsi dall’influenza USA.

Molto difficilmente la situazione che verrà a crearsi condizionerà la guerra in Ucraina, o persino il ruolo strategico dell’Italia per la Russia. La tendenza più evidente è solamente una: nonostante Meloni abbia detto mercoledì che “l’Italia non sarà mai l’anello debole dell’Occidente”, la credibilità e il peso del paese nella politica internazionale si sono rapidamente dilapidati, e il principale artefice è il protagonista indiscusso dei suoi ultimi trent’anni.

(Immagine anteprima via WikiMedia Commons)

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