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La Banca Centrale Europea non ha alzato i tassi di interesse per danneggiare l’Italia

21 Dicembre 2022 7 min lettura

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La Banca Centrale Europea non ha alzato i tassi di interesse per danneggiare l’Italia

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Qualche giorno fa la Banca Centrale Europea (BCE) ha alzato i tassi di interesse nel tentativo di contrastare l’inflazione che colpisce l’Eurozona e non solo. A partire dall’estate infatti la BCE ha dato il via a una politica monetaria restrittiva, seguendo quanto già fatto dalla Bank of England e dalla Federal Reserve

Questa mossa ha suscitato una serie di reazioni all’interno dello scacchiere politico: non solo la maggioranza, ma anche membri dell’opposizione. A partire dal Ministro della Difesa Guido Crosetto che su Twitter si è lanciato contro la mossa di Lagarde. Secondo il Ministro, che però a detta sua parlava in quanto privato cittadino, si tratta di un regalo di Natale che Lagarde avrebbe riservato all’Italia, affermando poi che si tratta di “decisioni prese e comunicate con leggerezza e distacco”. 

Si sono poi aggiunti vari esponenti della maggioranza e del mondo culturale della destra e non solo. A partire dai ministri Matteo Salvini e Antonio Tajani: per il primo la mossa della Lagarde “in un pomeriggio di metà dicembre [...] brucia miliardi di euro di risparmi", per il ministro degli Esteri invece la mossa di Lagarde non ha senso e non tiene in considerazione le ricadute che avrà sull’economia italiana ed europea. Anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha criticato la strategia della Banca Centrale Europea.

Non mancano poi i commenti dell’opposizione, come quelli dell’ex ministro Andrea Orlando. Sempre su Twitter, Orlando si scaglia contro la trappola monetarista della BCE che rischia di affossare l’Europa, scatenando gli attacchi di economisti di scuola liberale che vedono nelle affermazioni del ministro una virata verso la sinistra populista. 

Per affrontare la polemica di questi giorni è però necessario porsi tre domande: che cosa sta facendo la BCE e perché lo sta facendo? Le mosse della BCE sono giustificate? La BCE sta cercando di danneggiare il nostro paese?

Che cosa sta facendo la BCE?

Partiamo dalla prima. Come è noto a chiunque, dal 2021 l’Eurozona (e non solo) sta attraversando un periodo di elevata inflazione come non si vedeva da decenni. L’inflazione su base annua in Europa ha toccato il 10.1%. Alle banche centrali tocca, in linea di principio, il compito di contrastarla. Lo strumento principale in mano alle banche centrali per controllare l’offerta di moneta è il tasso di interesse.

Il tasso di interesse della banca centrale influenza poi i tassi di interesse delle banche private, che prestano denaro a consumatori e imprese, oltre al rendimento dei titoli di Stato. Si può quindi capire quanto le decisioni di politica monetaria non siano totalmente staccate da quelle del mondo di tutti i giorni: basti pensare all’aumento della rata dei mutui a tasso variabile. 

In che modo agisce una banca centrale, e quindi la BCE?

Se l’economia è in fase di recessione, la BCE può ridurre il tasso di interesse, rendendo più conveniente per le banche private mettere in circolazione il denaro, erogando prestiti al sistema produttivo o ai consumatori. Questa è detta "politica monetaria espansiva”.

Il rischio però è che un’eccessiva offerta di moneta porti a un aumento della domanda - consumi e investimenti - che la produzione non riesce a reggere: in gergo si parla allora di “economia surriscaldata”. 

Un simile scenario porterebbe i produttori ad aumentare i prezzi e di conseguenza si avrebbe un aumento del tasso di inflazione. Per evitare ciò, pertanto, la Banca Centrale aumenta i tassi: ovvero rende meno conveniente per le banche private prestare (o crearlo, secondo una scuola di pensiero) denaro e cerca così di deprimere la domanda, riportando l’economia in una situazione di equilibrio. In questo caso si parla di “politica monetaria di tipo restrittivo”. 

Questo, schematicamente e semplificando, è il ruolo convenzionale delle banche centrali. Ed è quello che sta cercando di perseguire, di fatto, la Banca Centrale Europea con la sua strategia di rialzo dei tassi. 

Le mosse della BCE sono giustificate?

Questa domanda sta interessando legislatori ed economisti di tutto il mondo, non solo riguardo la strategia della Banca Centrale Europea, ma in generale le banche centrali. 

Perché? Come detto prima, la banca centrale può agire sul tasso di interesse, rendendo più difficile l’accesso al credito, in caso di inflazione, al fine di deprimere la domanda -  quindi investimenti e consumi - e riportare l’economia in uno stato di equilibrio. Questo, vale la pena sottolinearlo, significa che, in teoria, il rialzo dei tassi avrà effetti negativi su occupazione e crescita economica: si tratta di una conseguenza osservabile a partire dai modelli più semplici che si usano, in maniera euristica, per comprendere le mosse di politica monetaria e fiscale. Allo stesso tempo però ci si chiede se le manovre della banca centrale potranno effettivamente contrastare l’inflazione. 

I critici, infatti, fanno notare che la situazione inflazione, in Europa, non permette margini di manovra per la banca centrale: quanto detto finora si applicherebbe infatti a una situazione di inflazione da domanda. Ovvero quando l’economia è forte, l’occupazione cresce, i lavoratori hanno soldi da spendere e le aziende, data la situazione, aumentano i prezzi. In un’economia surriscaldata di questo tipo un aumento del tasso di interesse spinge gli agenti economici a diminuire consumi e investimenti e, quindi, diminuisce l’inflazione. 

A differenza degli Stati Uniti, dove il pacchetto di Biden ha causato pressioni sul lato inflazione come dimostrano vari studi, nonostante l’ordine di grandezza sia sostanzialmente differente, l’inflazione europea dipenderebbe dal lato offerta, su cui la politica monetaria non ha alcun effetto. Pensiamo, in particolare, al rincaro dei beni energetici che come abbiamo visto sta trainando l’inflazione. Non è da escludere, sia chiaro, che vi siano anche delle componenti riguardanti la domanda, date in particolare dalle politiche espansive della Banca Centrale Europea negli anni scorsi, a partire dal “bazooka” di Draghi, e dall'aumento dei consumi pent up demand dopo che le restrizioni da COVID sono state sollevate.

A questa critica la risposta di una certa corrente economica (la teoria quantitativa della moneta) è che questo dipende comunque dall’offerta di moneta: semplificando forse in maniera drastica senza moneta per acquistare quei beni il prezzo scenderebbe. 

Vi è poi un altro aspetto: a differenza dei sistemi fisici, l’economia dipende dalle aspettative degli agenti economici. Se i consumatori si aspettano un’economia che cresce, allora comprano casa, macchina e via discorrendo. Se invece all’orizzonte vedono i segnali di una recessione, terranno in cascina i loro soldi.

Per questo non solo le azioni, ma anche le comunicazioni della banca centrale giocano un ruolo fondamentale: basti pensare, di nuovo, al famoso “whatever it takes” di Draghi. Già nel 2021 Tommaso Monacelli, professore di Macroeconomia dell’Università Bocconi, chiariva che due fattori sarebbero stati cruciali per l’inflazione: da una parte appunto la pressione sui prezzi, dall’altra le aspettative e la credibilità delle banche centrali. Il rischio è che le banche centrali, accettando un periodo di elevata inflazione senza far nulla, perdano credibilità da parte degli investitori. 

Fa però notare Francesco Saraceno, professore di Macroeconomia Internazionale a Sciences Po,  che la credibilità che le banche centrali tentano di mantenere in questi mesi venga annientata dall’incertezza del contesto macroeconomico globale. Il discorso di Lagarde dei giorni scorsi è apparso particolarmente da falco, una sorta di “spezzeremo le reni all’inflazione”, come lo ha definito Saraceno: la BCE si impegna ad avere una politica monetaria ancora più restrittiva, cominciando anche a liberarsi dei titoli che ancora detiene. Questo impegno però potrebbe essere messo in discussione dalla situazione macroeconomica che renderebbe necessaria una marcia indietro da parte della BCE. 

Una possibile soluzione a queste due posizioni tra loro antitetiche passa dalla comprensione di un possibile trade off.  Ovvero: che l’aumento dei tassi abbia effetti sull’occupazione e sulla crescita economica è teoricamente certo, dobbiamo allora chiederci qual è la strategia ottimale, da parte della banca centrale, affinché possa raffreddare l’inflazione senza avere effetti troppo negativi sul resto dell’economia.

Questo è il problema che ci troviamo ad affrontare oggi. Si tratta di un problema che non è di semplice risoluzione, tutt’altro. E al di là delle discussioni squisitamente teoriche, si tratta di una rigorosa lettura dei dati attraverso i modelli che riteniamo validi per esplorare il fenomeno. 

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Ma la BCE vuole danneggiare l’Italia?

Qui la risposta è univoca: no, assolutamente no. Le mosse della BCE, come mostrato in precedenza, possono essere criticate, ma si tratta di una discussione estremamente tecnica che riguarda temi specifici. Il problema resta, al solito, che l’Italia è un paese che non cresce da trent’anni con un elevato debito pubblico ed è normale che gli investitori non abbiano la stessa fiducia che hanno, ad esempio, nei confronti della Germania. Come abbiamo visto le mosse della BCE potrebbero avere- il condizionale è d’obbligo- degli effetti sulla crescita e sull’occupazione. Ma, mentre altri paesi potranno finanziare le politiche necessarie attraverso l’emissione di titoli di debito, l’Italia che ha un debito pubblico esorbitante e una crescita economica debolissima, venendo meno l’ombrello della BCE, rischierebbe un secondo 2011. 

Se le politiche della BCE quindi avranno effetti negativi, questi saranno acuiti proprio dalla situazione contingente del nostro paese. È chiaro allora perché esponenti della maggioranza si prestano a dichiarazioni che sanno di teorie del complotto contro il nostro paese: si tratta di un ottimo parafulmine qualora la situazione dovesse peggiorare. Per cercare di evitare uno scenario siffatto, si rende quindi necessario tentare di portare l’Italia sulla strada della crescita e della credibilità, con piani ambiziosi che attacchino i problemi strutturali che il nostro paese vive da decenni. Il governo saprà essere all’altezza della sfida? 

Immagine in anteprima via Avvenire

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