Il Galles annuncia un programma pilota di reddito di base universale (UBI)
7 min letturaIl primo ministro gallese Mark Drakeford ha annunciato la scorsa settimana il lancio di un programma pilota di reddito di base universale (UBI) in Galles.
“Un progetto pilota di reddito di base sarà una delle responsabilità specifiche della nostra nuova ministra della Giustizia sociale, Jane Hutt”, ha dichiarato Drakeford in un'intervista a Greatest Hits Radio.
I'm honoured to be appointed to the Welsh Government as Minister for Social Justice. We have a lot to do to respond to the trust put in us. We will meet the needs of our constituents, as we support Mark Drakeford in moving Wales out of the pandemic in a fair and sustainable way. pic.twitter.com/vAdrAwQ20J
— Jane Hutt (@JaneHutt) May 13, 2021
Al momento, non sono noti i dettagli del piano, ancora in fase di primissima elaborazione, anche se, scrive BBC, tutto fa pensare che non si tratterà di un progetto su larga scala. “Il programma dovrà essere progettato con cura, si baserà sui progetti pilota avviati in Scozia. Spero che la nostra sperimentazione possa dare delle risposte esaurienti alle tante domande sull’effettiva efficacia del reddito di base universale”, ha aggiunto il primo ministro che ha confessato un interesse di vecchia data per il basic income.
Nel 2017 le città di Glasgow, Fife, North Ayrshire ed Edimburgo, in Scozia, hanno iniziato a valutare l’ipotesi di avviare programmi pilota di reddito di base. Dopo anni di studi, a marzo 2020 le amministrazioni locali avrebbero dovuto inviare ai ministri del governo allora presieduto da Nicola Sturgeon una relazione che delineava piani e costi potenziali. La pandemia, però, ha rallentato tutto.
Drakeford ha precisato che è sua intenzione coinvolgere tutti i partiti che saranno interessati considerato che 25 candidati di diversi partiti sui 60 eletti al Senedd [ndr, il parlamento gallese] in passato si sono detti disponibili a impegnarsi per un progetto pilota di reddito di base.
Alla vigilia delle elezioni che si sono tenute a maggio in Inghilterra, Galles e Scozia, l’UBI Lab Network, una rete globale di attivisti, ricercatori e cittadini, aveva chiesto ai candidati di sottoscrivere l’impegno a fare pressione sui rispettivi governi e consigli locali per fare del reddito di base universale una priorità dell’azione politica. Venticinque dei 60 candidati eletti nel Senedd, come affermato dal primo ministro gallese, e 29 dei 129 parlamentari scozzesi hanno firmato la richiesta dell’UBI Lab Network.
“Non vediamo l’ora di conoscere il progetto che appronteranno Jane Hutt e il suo team. Ci auguriamo che la sua sperimentazione includa coorti differenti di persone, come occupati, disoccupati, giovani e bambini, e si concentri sulle fasce più bisognose di un reddito di base”, ha dichiarato Jonathan Rhys Williams, di UBI Lab Wales.
La commissaria per le generazioni future del Galles, Sophie Howe, che già in passato aveva premuto per l’avvio di una sperimentazione, si è detta “soddisfatta” dell’idea del piano. “Il sistema attuale non funziona: l'impegno del Galles nell'esplorare la sperimentazione del reddito di base dimostra ancora una volta che sono spesso i piccoli paesi che possono essere leader mondiali e apportare i cambiamenti più grandi”.
Anche quattro consigli comunali (le amministrazioni laburiste di Swansea, Rhondda Cynon Taf e Cardiff, e quella di Gwynedd, guidata da Plaid Cymru, partito politico gallese di centrosinistra, che sostiene la costituzione di un Galles indipendente all'interno dell'Unione Europea) si sono espressi a favore della sperimentazione. “Cardiff è pronta, sono necessarie soluzioni audaci per rispondere alle difficoltà economiche e alle disuguaglianze ormai radicate che troppi nostri residenti devono affrontare”, ha detto il sindaco della cittadina gallese, Huw Thomas, in una riunione del Consiglio di città lo scorso anno. “Con l’emergente crisi economica che rischia di esacerbare significativamente questa situazione già instabile e insicura, la necessità di nuove idee per migliorare il nostro sistema di welfare è diventata solo più urgente”.
Resta da capire cosa farà il governo del Regno Unito che regolamenta il sistema di welfare del Galles. Stando a quanto dichiarato da un portavoce del Dipartimento per il lavoro e le pensioni, il governo non sembra intenzionato a introdurre un reddito di base universale perché “non incentiverebbe il lavoro, non aiuterebbe i più bisognosi né funzionerebbe per i più vulnerabili, come coloro che hanno bisogno di assistenza o i disabili”.
Sulla stessa lunghezza d’onda i conservatori gallesi che hanno declinato l’apertura di Drakeford: “Il reddito di base non è la soluzione alla povertà. Il primo ministro vada avanti con il rilancio dell'economia gallese, creando posti di lavoro a lungo termine e ben retribuiti per le persone piuttosto che usando il Galles come una cavia da laboratorio per le politiche di sinistra già fallite”.
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Le posizioni del governo gallese e delle opposizioni rispecchiano la polarizzazione del dibattito sul reddito di base che va avanti ormai da diversi decenni e che si è riacceso ultimamente alla luce della crisi economica strettamente correlata alla pandemia. Solo alcuni mesi fa un working paper del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite ha proposto l’adozione di un “reddito di base temporaneo”.
Negli Stati Uniti, una coalizione composta dai sindaci di Atlanta, Seattle, Los Angeles, New Jersey, Mississippi, Oakland, Stockton e altre città ha chiesto l'implementazione di un reddito federale garantito per far fronte alla recessione nazionale. Non si trattava di un vero e proprio reddito di base universale (erogato dallo Stato in modo incondizionati a tutti, su base individuale, senza alcuna verifica della condizione economica o richiesta di disponibilità a lavorare), ma di un reddito minimo garantito, destinato alle persone più povere e limitato nel tempo, in maniera analoga al modello proposto dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite.
Secondo quanto riportato in un white paper pubblicato lo scorso marzo, relativamente alla città di Stockton, in California, il reddito minimo garantito ha consentito ai destinatari di poter coprire le spese impreviste, ha creato “nuove opportunità di autodeterminazione, scelta, definizione degli obiettivi e assunzione dei rischi”, ha aumentato l’occupazione a tempo pieno dei beneficiari del 12% e ha ridotto stati d’ansia e di depressione, rispetto al gruppo di controllo. I destinatari della misura hanno speso la maggior parte del denaro ricevuto per i bisogni di base. Meno dell’1% è stato utilizzato per alcool e/o tabacco.
In Spagna è stato approvato a giugno 2020 un reddito minimo garantito che oscilla tra i 461 e i 1.015 euro mensili, di cui avrebbero beneficiato 850mila nuclei familiari bisognosi, con un impatto sulle finanze pubbliche di 3 miliardi di euro l’anno. Il governo spagnolo prevedeva che questa misura avrebbe potuto aiutare circa 2,3 milioni di persone (1,6 milioni sono quelle in condizioni di povertà estrema). Tuttavia, scrive il network Unconditional Basic Income Europe (UBIE), per i particolari criteri di assegnazione dei soldi, sono stati esclusi dal provvedimento in particolare i giovani “che non possono fare progetti per il loro futuro a causa dell'instabilità del mercato del lavoro e dell'incertezza di vita che hanno affrontare”.
La Germania ha annunciato uno studio triennale sul reddito di base, per capire come una misura di questo tipo influisca sull’economia e sul benessere dei beneficiari. Il progetto comparerà l’esperienza di 120 persone che percepiranno circa 1.200 euro al mese per tre anni con quella di altri 1.380 cittadini tedeschi che non riceveranno lo stesso tipo di aiuto economico.
Finora, la sperimentazione su più ampia scala si è svolta in Kenya, dove 20.000 persone di 197 villaggi diversi hanno ricevuto delle somme di denaro dall’organizzazione no profit GiveDirectly. Per la sua durata e la sua estensione sociale, è considerato da molti come la prima applicazione reale del reddito di base universale. L'obiettivo dello studio è mettere a confronto quattro gruppi di villaggi: 40 villaggi, nei quali vivono circa 6 mila persone, ricevono un reddito di base a lungo termine per la durata di 12 anni (corrispondente a 75 centesimi giornalieri versati su base mensile); 80 villaggi, con un totale di 12 mila abitanti, hanno ricevuto un reddito di base a breve termine durante due anni (fino a dicembre 2019); 80 villaggi hanno invece ricevuto dei pagamenti forfettari da amministrare liberamente; per ultimo, 100 villaggi non ricevono alcuna somma di denaro in quanto rientrano nel gruppo di controllo.
Una valutazione preliminare di GiveDirectly ha rilevato che i destinatari non solo mangiano meglio e soffrono meno la fame, ma sono anche più sereni grazie a una maggiore sicurezza economica. Inoltre, si sono dimostrati capaci di amministrare correttamente il denaro, attraverso investimenti costosi ma utili come tetti di ferro e animali da fattoria, che permettono di generare profitto. Il reddito di base, in conclusione, li ha resi meno affamati, più felici, più produttivi, più ricchi. E il denaro ha stimolato l'economia della zona, beneficiando non solo i destinatari dei versamenti ma, indirettamente, anche gli abitanti dei villaggi vicini.
Negli anni scorsi ha fatto molto discutere la sperimentazione in Finlandia. Tra il 2017 e il 2018, 2.000 disoccupati di età compresa tra i 25 anni e i 58 anni (selezionati nel dicembre del 2016 da un campione casuale), hanno ricevuto un reddito mensile di base di 560 euro. I cittadini finlandesi prescelti, scriveva all’epoca Internazionale, avrebbero ricevuto “la somma in maniera automatica, senza ostacoli burocratici né penalità se guadagnano altri soldi” e non avrebbero dovuto “rendere conto di come spendono il denaro ricevuto”. Nell’aprile 2018, il governo finlandese ha deciso di non prorogare il progetto pilota senza attendere l’analisi dei risultati del primo biennio e questo, in Italia, ha fatto parlare di fallimento dell’iniziativa. In realtà, i risultati degli studi sul caso finlandese hanno mostrato che l’introduzione di questa misura ha aumenta il benessere mentale e finanziario dei beneficiari, oltre a migliorare modestamente la loro situazione lavorativa, riporta New Scientist.
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Infine, grande attenzione ha catalizzato quanto accaduto in Corea del Sud dove quello che erano iniziato come uno dei tanti progetti pilota sul reddito di base si è evoluto durante la pandemia di COVID-19. Inizialmente, circa 200mila giovani cittadini (dell'età di 24 anni) della provincia di Gyeonggi, la regione più popolata della Corea del Sud, erano stati selezionati nel 2019 per partecipare a un esperimento: ciascuno di loro avrebbe ricevuto circa 220 dollari ogni tre mesi da spendere liberamente. Successivamente, il programma è stato esteso a tutti gli abitanti della provincia di Gyeonggi, circa 13 milioni di cittadini, seppur con quote ridotte, con l'obiettivo di mitigare la crisi economica. Il reddito di base sarà la strada per uscirne?
Immagine anteprima via Herald Wales