Barenboim-Said Akademie di Berlino: “Nella nostra orchestra musicisti israeliani e palestinesi trovano un punto di incontro. I nostri cuori distrutti da questo conflitto”
|
C’è un luogo, a Berlino, dove giovani musicisti israeliani e palestinesi studiano e suonano insieme: è la Barenboim-Said Akademie. Fondata nel 2015 dal direttore d'orchestra argentino con cittadinanza spagnola, israeliana e palestinese, Daniel Barenboim, e dallo studioso di origine palestinese, Edward Said (autore, tra i tanti suoi saggi, del famoso libro “Orientalismo”), l’accademia è stata concepita come una continuazione della West-Eastern Divan Orchestra che nel 1999 iniziò a riunire musicisti provenienti da tutto il Medio Oriente.
L’idea era creare un terreno comune in cui israeliani e palestinesi potessero riconoscersi reciprocamente e condividere un orizzonte più ampio in cui ci fosse spazio per tutti. “Nella musica, d’altronde, l'ascolto reciproco è la cosa più importante”, spiega Michael Barenboim, figlio di Daniel Barenboim e preside dell’Accademia Barenboim-Said.
Il programma dell’Accademia va oltre la formazione musicale. Gli iscritti studiano insieme storia e filosofia, ispirati dalla convinzione di Said che “l'umanesimo è l'unica - direi l'ultima - resistenza che abbiamo contro le pratiche disumane e le ingiustizie che sfigurano la storia umana”, aggiunge Michael Barenboim.
Oggi l'accademia musicale riunisce israeliani e palestinesi, oltre a giovani musicisti provenienti da Iran, Libano e Siria. Un altro 20%-25% degli 80 studenti proviene dall'esterno del Medio Oriente, creando un bacino di giovani talenti “provenienti da 27 nazioni”, spiega a DW la direttrice dell'accademia Regula Rapp.
L’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre e la successiva reazione di Israele sono arrivate in prossimità dell’inizio del nuovo anno accademico, proprio nel momento in cui si stavano formando le nuove classi e studenti israeliani e palestinesi stavano iniziando a conoscersi e avrebbero dovuto prepararsi per il primo concerto, previsto già per lo scorso 23 ottobre presso la sala concerti Pierre Boulez.
“La prima cosa che ho pensato è stata: ‘Come reagiranno i nostri studenti? Come affronteranno la cosa? Come si svilupperà la situazione?’”, racconta Michael Barenboim. “Si percepiva la tensione nell'aria”.
“Le emozioni sono tante: tristezza, rabbia, molta paura, per le loro famiglie e i loro amici, per la loro casa, per il loro futuro”, aggiunge Rapp. L’accademia ha messo subito a disposizione uno speciale supporto psicologico.
Gli studenti hanno subito organizzato delle riunioni per confrontarsi. Gli ebrei israeliani sono preoccupati per il crescente antisemitismo a Berlino mentre i palestinesi “hanno la sensazione di non potersi esprimere, di non potersi riunire”, spiega Michael Barenboim, in riferimento al divieto di manifestare a sostegno dei palestinesi intrappolati a Gaza. Le autorità della capitale tedesca temono che i raduni includano slogan antisemiti e agitazioni anti-Israele.
Per questo motivo l'accademia vuole assicurare che “quando vengono qui, si sentano al sicuro, possano esprimersi liberamente e con serenità - che è anche quello che stanno facendo - e che abbiano un luogo dove stare insieme”. Per questo è stato deciso che i media non siano presenti agli incontri che gli studenti tengono tra di loro e che non vengano rilasciate interviste alla stampa.
Uno dei punti di confronto è l’interpretazione degli eventi del 7 ottobre che gli studenti palestinesi tendono a inserire in un contesto storico più ampio mentre per gli israeliani rappresentano un punto critico che ha cambiato tutto, prosegue Barenboim.
Eppure nonostante questo, tutti hanno deciso di rimanere, continuare a studiare e suonare insieme e di non annullare il primo concerto del 23 ottobre. Questo è il segnale che “il nostro lavoro quotidiano ha portato a una forma di coesione”, spiega Rapp.
“Per molti di noi è davvero difficile suonare in un concerto in questo momento. Ma anche in quest'ora così buia, continueremo a seguire le orme dei nostri fondatori, Daniel Barenboim ed Edward Said”, hanno dichiarato gli studenti in un comunicato ufficiale.
Ed è proprio Daniel Barenboim a esplicitare in un commento sul Guardian che cosa ha ispirato la nascita dell’orchestra, prima, e dell’accademia, poi:
“Nella situazione attuale, mi viene spontaneo chiedermi quale sia il significato del nostro lavoro comune nell'orchestra e nell'accademia. Può sembrare poco, ma il solo fatto che musicisti arabi e israeliani condividano il podio a ogni concerto e facciano musica insieme ha un valore immenso. Nel corso degli anni, attraverso questa comunanza nel fare musica, ma anche attraverso le nostre innumerevoli e talvolta accese discussioni, abbiamo imparato a capire meglio il presunto altro, ad avvicinarlo e a trovare un terreno comune. Iniziamo e concludiamo tutte le discussioni, per quanto controverse, con la consapevolezza fondamentale che siamo tutti esseri umani uguali che meritano pace, libertà e felicità”.
È proprio questa comprensione reciproca che oggi sembra essere completamente persa, dice Daniel Barenboim che aggiunge: “Le immagini dei devastanti attacchi terroristici di Hamas ci spezzano il cuore. Questo impulso a immedesimarsi nella situazione degli altri è essenziale. Naturalmente, e soprattutto in questo momento, bisogna anche lasciar spazio a emozioni come la paura, la disperazione e la rabbia, ma nel momento in cui questo ci porta a negare all'altro la propria umanità, siamo perduti. Ogni persona può fare la differenza e trasmettere qualcosa. È così che cambiamo le cose su piccola scala. Su larga scala, dipende dalla politica”.
La musica è, dunque, un modo per unire le persone perché “siamo tutti esseri umani uguali che meritano pace, libertà e felicità”. Ovviamente il concerto non porterà la pace, conclude Michael Barenboim, “ma è un modo alternativo di pensare a come le persone possono vivere insieme in una regione, un approccio che non prevede bombe e armi, ma cooperazione e dialogo, e ascolto reciproco”.
Immagine in anteprima: frame video via arte.tv