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Bangladesh, la repressione violenta delle manifestazioni degli studenti universitari: centinaia di morti e migliaia di feriti

19 Luglio 2024 7 min lettura

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Bangladesh, la repressione violenta delle manifestazioni degli studenti universitari: centinaia di morti e migliaia di feriti

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Come le proteste in Bangladesh hanno messo fine a quindici anni di potere della prima ministra Sheikh Hasina

Aggiornamento 6 agosto 2024Dopo settimane di proteste e scontri la prima ministra del Bangladesh, Sheik Hasina, si è dimessa. Si ritiene che Hasina, 76 anni, si trovi ora nella vicina India, pronta a trasferirsi in un altro paese straniero. Hasina ha stretto forti legami con l'India sin dalla sua elezione nel 1996. Durante una sua visita nel 2022, aveva ricordato come l'India, il suo governo, il suo popolo e le sue forze armate avessero aiutato il Bangladesh durante la guerra di indipendenza del 1971.

In un discorso alla nazione, il generale Waker-Uz-Zaman ha annunciato la formazione di un governo provvisorio, senza fornire alcun dettaglio su chi potrebbe guidarlo. Waker-uz-Zaman ha anche promesso “giustizia” per tutto il popolo del Bangladesh, come richiesto dai manifestanti. L'Unione Europea e gli Stati Uniti hanno chiesto una “transizione ordinata e pacifica verso un governo democraticamente eletto nel pieno rispetto dei diritti umani”. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto che venga condotta un'indagine completa e indipendente su tutti gli atti di violenza.

Le dimissioni della prima ministra sono arrivate al culmine di proteste che hanno portato alla morte di centinaia e centinaia di persone e a migliaia di feriti. Decisiva sembra essere stata la ferocia degli scontri tra manifestanti e polizia di domenica scorsa quando sono state uccise almeno 90 persone, tra cui 13 agenti di polizia, quasi un terzo delle 300 persone morte dall'inizio delle proteste.

“Molte persone hanno perso la vita in queste proteste, iniziate pacificamente per la questione delle quote fisse nei posti di lavoro statali, ma che si sono intensificate a causa della cattiva gestione da parte del governo, dell'assoluta arroganza della leadership politica, degli eccessi delle forze di sicurezza, fino a diventare rabbia diffusa”, ha affermato Human Rights Watch. “Ora è necessario ricostruire istituzioni indipendenti. È necessaria una migliore tutela dei diritti umani”.

Le manifestazioni di protesta sono iniziate il mese scorso quando gli studenti hanno chiesto di porre fine al sistema di quote che riserva un terzo dei posti di lavoro governativi a specifiche fasce della società, tra cui i parenti dei veterani della guerra d'indipendenza del 1971 dal Pakistan.

La Corte Suprema del Bangladesh aveva poi ridotto aveva poi ridotto dal 30% al 5% la quota di posti di lavoro riservati ai figli e nipoti dei combattenti per l’indipendenza dal Pakistan.

Subito le dimissioni e la fuga di Hasina in India, grandi folle sono scese nelle strade della capitale Dhaka e in tutto il Bangladesh”. “Sono qui per godermi la libertà. Il mio paese è di nuovo libero. Io, mio fratello e le mie sorelle abbiamo lottato per questo - e finalmente la libertà è arrivata”, racconta alla BBC la studentessa diciassettenne Fatima, aggiungendo che la priorità principale è ora affrontare la corruzione diffusa.

La statua di Sheikh Mujibur Rahman – il padre di Sheikh Hasina che aveva guidato il Bangladesh verso l’indipendenza dal Pakistan nel 1971, prima di diventarne il primo presidente – a Ganabhaban, la residenza ufficiale del primo ministro, è stata demolita dai manifestanti. Mujibur fu assassinato con la maggior parte dei membri della sua famiglia in un colpo di stato militare nel 1975. Solo Hasina e la sorella minore sono sopravvissute perché all'epoca si trovavano in Germania Ovest e alloggiavano presso l'ambasciata del Bangladesh. Più volte Hasina aveva parlato dell'influenza della figura paterna sul suo operato. Le scene di oggi – riporta la BBC – hanno ricordato l'abbattimento della statua di Saddam Hussein in Iraq nel 2003. 

Sono stati segnalati anche saccheggi nella residenza ufficiale di Hasina, presa d'assalto dai manifestanti all'inizio della giornata. Nella città orientale di Sylhet, sarebbero stati incendiati gli uffici del vice commissario e del sovrintendente della polizia, mentre sono state attaccate anche le abitazioni di diversi consiglieri. Sono stati segnalati diversi attacchi alle stazioni di polizia in tutto il paese, inclusa Dhaka.

Un cambio di potere in Bangladesh “era una questione di quando, non di se”, spiega Lutfey Siddiqi, visiting professor-in-practice alla London School of Economics. “Il Bangladesh è sull'orlo di un'implosione economica”. I giovani che hanno guidato le proteste sono la “risorsa naturale principale del paese che possono facilmente trasformarsi in una passività senza lavoro, speranza o rappresentanza”, ha aggiunto Siddiqi. Oltre il 40% degli abitanti del Bangladesh di età compresa tra i 15 e i 24 anni non ha un lavoro né un'istruzione. Questo, unito alla persistente inflazione e ad altri problemi economici, ha creato “una polveriera economica che stava semplicemente aspettando una scintilla”.

Gli studenti stanno spingendo per un governo ad interim guidato dal premio Nobel per la pace Muhammad Yunus, ha riferito il quotidiano bangladese Prothom Alo.

Bangladesh, la Corte Suprema rivede il sistema delle quote ma gli studenti chiedono giustizia per il massacro

Aggiornamento 26 luglio 2024: 163 vittime accertate e migliaia di feriti, perlopiù studenti. È il bilancio della repressione delle manifestazioni studentesche da parte delle forze dell'ordine. Gli studenti chiedono di fare luce sulle responsabilità politiche del massacro e le dimissioni del ministro degli Interni, le scuse della prima ministra Hasina e chiarezza sugli abusi subiti da alcuni coordinatori del movimento studentesco finiti in carcere.

Alcune immagini mostrano carri armati per le strade della capitale e uomini in borghese sparare ad altezza d'uomo. Sono state arrestate 500 persone, tra cui esponenti di spicco delle opposizioni.

Intanto, la Corte Suprema di Dacca ha rivisto il sistema delle quote che ha innescato proteste: dal 30%, la quota per figli e nipoti dei combattenti per l’indipendenza dal Pakistan passa al 5%, dal 36% al 2% quella per altre minoranze. Ma la situazione è lungi dall'essere risolta come pretende il governo.

 

Da alcuni giorni decine di migliaia di studenti e studentesse del Bangladesh stanno protestando contro le cosiddette quote riservate per le assunzioni nella pubblica amministrazione, bloccate nel 2018 dal governo dopo le proteste di massa degli studenti nel 2018 e recentemente reintrodotte dopo una decisione dell’Alta Corte del Bangladesh. Ogni anno il governo apre alle assunzioni per circa 3mila posti fissi (per i quali concorrono più o meno 400mila laureati), riservandone il 56% a categorie specifiche: 10% alle donne, 10% a chi proviene da distretti non ancora economicamente sviluppati, 5% alle comunità indigene, 1% alle persone con disabilità e 30% ai parenti dei partigiani caduti nella guerra di indipendenza del 1971. È proprio questo 30% che ha scatenato le proteste.

Secondo i manifestanti, la quota destinata alle famiglie reduci dalla guerra del 1971 è un favore che la prima ministra, Sheikh Hasina sta facendo a chi la sostiene, togliendo di fatto dei posti a chi lo meriterebbe. 

Hasina – figlia dell’eroe dell’indipendenza Sheikh Mujibur Rahman, il primo premier del Bangladesh, e giunta al quarto mandato consecutivo nelle elezioni dello scorso gennaio – ha definito chi protesta un razakar, come venivano chiamati i collaborazionisti di Islamabad durante la guerra di indipendenza contro il Pakistan, scatenando così l’ala universitaria del suo partito, l’Awami League, a sua volta scesa in piazza contro i “traditori della patria” che stavano manifestando. 

Si parla di 67 morti (anche se il governo non ha fornito cifre ufficiali) e di centinaia di feriti. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, ha chiesto indagini appurate e l’individuazione dei responsabili di tutti gli atti di violenza e dell’uso letale della forza.

Nel frattempo, la Corte Suprema ha sospeso la reintroduzione delle quote e ha annunciato una sentenza tra un mese, invitando i manifestanti a interrompere le proteste che però stanno continuando.

Il governo ha limitato l’utilizzo di Internet e dei social media, ha imposto un coprifuoco e ha ordinato la chiusura di tutte le scuole e i college ma molti studenti si sono rifiutati di andarsene, occupando i luoghi chiave dei campus. All'Università di Dhaka, ad esempio, gli studenti si sono spostati verso l'area vicina alla residenza del vice-rettore per cercare di fare pressione sulle autorità affinché annullino la decisione di chiudere il campus. Mohammad Shohagh Mia, uno studente, ha detto ad Al Jazeera che non si muoverà finché non saranno soddisfatte le richieste dei manifestanti. Tra queste, non solo la riforma del sistema delle quote, ma anche la liberazione del campus dalla “politica tossica del partito al potere”.

Negli ultimi due anni, nessun'altra protesta è riuscita a mobilitare così tanti studenti. Le ragioni di questa grande partecipazione risiedono nelle grandi difficoltà che molti studenti incontrano nel trovare il lavoro che meritano dopo aver completato gli studi, spiega l’economista Anu Muhammad. A queste difficoltà si aggiungono l’esperienza maturata negli anni di corruzione dilagante, di irregolarità negli esami e nei processi di selezione per i posti di lavoro governativi. 

“Questa giovane generazione è diventata vittima di una crescita senza lavoro e di un saccheggio nel processo di sviluppo! L'economia del paese è in crescita, ma non vengono creati posti di lavoro. Nel frattempo, ci sono centinaia di migliaia di posti di lavoro vacanti nel settore pubblico, in particolare nei settori dell'istruzione (scuole, college, università) e della sanità, come gli ospedali. La totale incertezza nel trovare lavoro e l'assenza di un piano di sviluppo che crei opportunità di impiego hanno creato frustrazione e rabbia tra gli studenti”, osserva Anu Muhammad. 

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“Se il governo avesse deciso di istituire una commissione per capire cosa vogliono gli studenti, trovare la logica dietro le loro richieste, garantire che coloro che hanno bisogno delle quote siano protetti e capire come si possa realizzare una riforma, non ci sarebbe stato alcun problema”, aggiunge Anu Muhammad. “Gli studenti avevano una richiesta semplice: che il governo li ascoltasse sulla base di una richiesta educata di un cambiamento necessario. Invece, il governo ha scelto la strada dello scontro”.

Della stessa opinione l'analista politico Zahed Ur Rahman, che non si aspetta alcuna alternativa all’uso della forza da parte del governo per sedare le proteste e riprendere il controllo, sebbene questa mossa potrebbe potenzialmente ritorcersi contro la prima ministra Hasina: “Gli eventi degli ultimi due giorni hanno dimostrato l'impopolarità dell'attuale amministrazione e il diffuso malcontento della popolazione. L'adozione di misure drastiche potrebbe esacerbare ulteriormente la loro situazione”. È quello che si aspetta Rezaul Karim Rony, redattore della rivista Joban: la protesta potrebbe andare oltre la semplice riforma del sistema delle quote e diventare una piattaforma più ampia per esprimere la “frustrazione contro il governo autocratica della Lega Awami negli ultimi dieci anni e l’erosione dei diritti di voto”.

Immagine in anteprima: frame video DW via YouTube

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