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L’attentato di Mosca: la rivendicazione dell’Isis e le responsabilità dell’intelligence russa e del Cremlino

23 Marzo 2024 7 min lettura

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L’attentato di Mosca: la rivendicazione dell’Isis e le responsabilità dell’intelligence russa e del Cremlino

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Il 22 marzo è un venerdì sera come gli altri a Mosca: nonostante la guerra, vi sono vari spettacoli, concerti, la gente va al cinema o esce per godersi le prime giornate di una primavera sempre incerta a marzo. Il Crocus City Hall è un’enorme struttura alla periferia nord-ovest della capitale russa, al confine con Krasnogorsk: aperta nel 2008, nella sala con 6200 posti a sedere si tengono concerti e eventi di ogni tipo, dalla reunion di Al Bano e Romina Power nel 2013 alle esibizioni di cantanti russi di ogni genere; alcuni degli spazi vengono usati per fiere, esposizioni, incontri. Un luogo come tanti alle periferie delle grandi città europee, oltre a un grande centro commerciale e alla sede del governo regionale vicino vi è la stazione della linea blu della metropolitana di Mosca, Miakinino, e il raccordo anulare che circonda Mosca, il MKAD, ha uno svincolo lì.

La serata ha in calendario il concerto del gruppo Piknik, band rock fondata nell’allora Leningrado nel 1978, con un proprio seguito affezionato da allora; i biglietti per l’occasione sono andati esauriti, la sala è piena. Poco prima dell’inizio dello show, mentre gli spettatori prendevano posto e i ritardatari si affannavano per entrare, degli uomini armati, vestiti in mimetica, irrompono all’ingresso del Crocus. L’obiettivo è uccidere, senza alcuna improvvisazione: i video girati da chi si è trovato in quei minuti terribili vedono delle vere e proprie esecuzioni sommarie, con spari ravvicinati alla nuca e al volto, la fuga verso vie d’uscita tutte da cercare, rompendo i vetri o nascondendosi nei bagni, e le immagini dell’irruzione in sala hanno ricordato l’orrore del Bataclan a Parigi. Il lancio di candelotti fumogeni e, anche se al momento ancora non è chiaro, di ordigni ha scatenato un incendio nell’edificio, con colonne di fumo e fiamme che si sono alzate, visibili a chilometri di distanza. Il bilancio provvisorio è di 133 morti e centinaia di feriti, dopo l’intervento delle squadre di soccorso e lo spegnimento del rogo, per il quale sono stati impiegati elicotteri antincendio; decine di persone sono morte per asfissia, dopo aver cercato riparo dai terroristi.

La velocità dell’attacco – sarebbe durato 18 minuti – e i danni che ha causato sono stati impressionanti, portando alla parziale distruzione del complesso e a un numero enorme di vittime ancora difficile da quantificare. Le modalità dell’azione, che ha visto il tentativo della security del Crocus di fronteggiare i terroristi soccombendo immediatamente, sembrerebbero testimoniare un elevato livello di preparazione, simile ad altri attacchi del terrorismo islamista nello scorso decennio; l’arresto di undici persone, di cui i quattro esecutori materiali, fermati a circa centocinquanta chilometri dal confine ucraino, pare far pensare a una rete presente in Russia. La rivendicazione dell’ISIS, arrivata da un canale ritenuto vicino al movimento, è stata successivamente messa in dubbio, anche se fonti d’intelligence statunitense hanno confermato al New York Times e alla CBS l’autenticità della pista islamista.

I quattro esecutori sarebbero cittadini tagiki, reclutati online, oltre che attraverso il movente religioso, con la promessa del pagamento di una somma tra i cinquecentomila e il milione di rubli (pari a circa cinquemila-diecimila euro), di cui ne sarebbero stati già consegnati duecentocinquantamila. La possibilità di una presenza di fedeli radicalizzatisi provenienti dall’Asia Centrale e dal Caucaso nelle fila dello Stato Islamico non rappresenta una novità, con comandanti come Abu Omar al-Shishani, noto anche come “Omar il ceceno”, tra i leader militari coinvolti nella battaglia per Mosul; una rete di reclutamento nella capitale russa, indirizzata all’arruolamento dei migranti provenienti dalle repubbliche centrasiatiche e sfruttando i problemi di xenofobia e diseguaglianza sociale a cui sono soggetti era stata già segnalata da varie inchieste giornalistiche e da retate delle forze di sicurezza sin dal 2014, ancor prima dell’intervento russo in Siria. Evgeniya Berkovich e Svetlana Petriychuk, in galera da ormai un anno, avevano ideato e allestito uno spettacolo sul fenomeno delle donne russe andate in sposa ai miliziani dell’Isis, Finist yasnyi sokol ("Finist, il falco coraggioso!) che ha ricevuto premi importanti, come la Maschera d'oro, e per il suo valore etico e artistico ha avuto varie rappresentazioni teatrali: amara ironia, sono accusate di incitazione al terrorismo.

Mentre il bilancio delle vittime con il passar delle ore si aggrava, la discussione su come sia stato possibile un attacco simile in una città altamente sorvegliata come Mosca inizia a emergere. Nella capitale vi sono centinaia di telecamere di riconoscimento facciale, utilizzate durante la pandemia di coronavirus e successivamente per identificare i manifestanti contro la guerra in Ucraina, ma si trovano in metropolitana e nei luoghi più frequentati; secondo le ricostruzioni fornite dal Comitato investigativo della Federazione Russa, gli esecutori si sarebbero mossi in automobile, una Renault Symbol bianca, su cui poi son stati fermati e arrestati, quindi il gruppo si sarebbe spostato direttamente in zona senza passare dal centro. La falla dell’intelligence russa, a cui il riconoscimento e la cattura dei sospettati dovrebbe porre rimedio, spiega anche come nel corso degli ultimi anni le attività di sorveglianza e investigazione nei confronti delle organizzazioni terroristiche di matrice islamista siano state relegate in secondo piano a favore della repressione degli attivisti politici ostili al regime putiniano e spostate ancor di più sull’Ucraina e su possibili legami tra atti di sabotaggio e servizi di Kyiv. Nelle prime ore successive all’attentato, diverse voci, tra cui quella dell’ex presidente russo Dmitry Medvedev, avevano indicato il mandante nei vertici ucraini, una interpretazione adottata anche da alcuni canali televisivi e media governativi; la cattura dei sospettati, avvenuta a poco più di un centinaio di chilometri dal confine ucraino nel territorio della regione di Bryansk, ha fatto parlare di una via di fuga preparata attraverso il passaggio della frontiera.

La pista islamista, che con il passar del tempo trova sempre più conferme con la pubblicazione di Amak, canale vicino all’Isis, delle fotografie degli attentatori, trova una sua logica nella decennale guerra russo-cecena, segnata da crimini di guerra e da atti terroristici d’enorme gravità, dagli attacchi suicidi in metropolitana agli ostaggi presi al teatro della Dubrovka durante lo spettacolo Nord-Ost nel 2002 alla scuola n.1 di Beslan due anni dopo; Mosca era stata colpita ancora nel 2011 con l’attentato all’aeroporto di Domodedovo. L’intervento russo in Siria a sostegno del regime del dittatore Bashar al-Assad e il legame tra la Russia e l’Iran, altro nemico storico dello Stato Islamico, hanno solo accentuato l’ostilità, ed è presumibile che la guerra in Ucraina abbia permesso di pianificare un attentato nella capitale russa in un momento in cui il livello d’attenzione verso il terrorismo islamista si era abbassato. Vi erano stati avvertimenti occidentali a inizio marzo su possibili attacchi, smentiti seccamente da Putin come una provocazione volta a seminare il panico tra la popolazione russa nell’incontro con i vertici dell’FSB martedì 19 marzo.

Le reazioni della comunità internazionale sono state univoche, di condanna dell’attacco e di vicinanza al popolo russo, come il primo messaggio proveniente da Washington, a cui si sono aggiunti quelli delle cancellerie europee e di altri paesi in rapporti meno tesi con Mosca. Anche la NATO ha espresso la propria solidarietà, e da Oltreoceano son stati inviati materiali alle autorità russe su quanto avvenuto. Prese di posizione importanti in un contesto di crisi senza precedenti delle relazioni con l’Occidente, e volte anche ad escludere possibili accuse di complicità con gli attentatori. Le dichiarazioni di Vladimir Putin, apparse in un messaggio alla nazione della durata di quasi sei minuti alle 13:30 italiane, hanno accennato a una possibile via di fuga approntata per gli attentatori al confine ucraino, ma in realtà il presidente si è concentrato in una ripresa dei toni a cui aveva abituato il paese e il mondo durante gli anni della seconda guerra cecena, in cui la durezza delle parole doveva servire a rassicurare i cittadini e ad annunciare la caccia ai responsabili della lunga stagione di terrorismo. L’invito ai governi che hanno espresso vicinanza alla Russia a collaborare è stato seguito dall’affermazione di dover stringersi come un sol uomo nella lotta al terrorismo, in unità con i combattenti impegnati nella guerra in Ucraina e l’annuncio dell’adozione di ulteriori misure di sicurezza assieme alla proclamazione di una giornata di lutto nazionale per domenica 24 marzo. Se la rielezione di Putin, avvenuta nemmeno una settimana fa con percentuali abilmente pianificate da tempo, si era presentata come un passaggio verso l’intensificarsi della militarizzazione della società, da riunire attorno alla nuova élite formata dai volontari e dai militari inviati al fronte ucraino, ora il Cremlino si trova a dover affrontare un altro teatro di crisi, annunciato da un altro sanguinoso massacro di civili le cui conseguenze, interne ed esterne, al momento appaiono ancora imprevedibili; la stabilità e la sicurezza il cui mantra vien ripetuto ancora oggi dalle autorità russe appaiono ormai del tutto svanite.

(Immagine anteprima via YouTube)

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