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Il missile che ha colpito il suolo polacco: le responsabilità ucraine e quelle russe

17 Novembre 2022 7 min lettura

Il missile che ha colpito il suolo polacco: le responsabilità ucraine e quelle russe

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Martedì sera la guerra in Ucraina ha varcato per la prima volta i confini dell’Unione Europea. Era già in parte successo a marzo, quando un drone, la cui origine era incerta poiché usato sia dagli ucraini che dai russi, aveva terminato la propria deriva schiantandosi sul suolo di Zagabria. Ma stavolta, nell’esplosione avvenuta martedì sera vicino al confine polacco-ucraino, ci sono due cittadini europei morti all’interno dei confini di un paese NATO a causa della guerra in Ucraina. Si tratta di due contadini polacchi che stavano lavorando in un campo per l'essiccazione del grano nel villaggio polacco di Przewodów, regione di Lublino. Se in Croazia si era trattato di un episodio completamente accidentale, in Polonia sembrano esserci da subito elementi di intenzionalità, o per lo meno di concorso di colpa, nell’attacco. 

Le prime ore sono caotiche e incerte, nel frattempo il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki convoca d’urgenza il Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa per le 21, senza specificarne il motivo. Fra i primi a lanciare la notizia dell’esplosione c’è una delle principali radio polacche, ZET, che pubblica una foto eloquente dal luogo dell’impatto: vi si intravede un cratere e dei macchinari agricoli danneggiati ma non completamente distrutti. 

La terribile eloquenza dell’accaduto (dei missili caduti sul territorio della Polonia) inizialmente si mescola all'attribuzione di responsabilità (e volontarietà) verso i russi, che nello stesso giorno si erano resi colpevoli del lancio di almeno 90 missili contro gli obiettivi civili dell’Ucraina, in particolare infrastrutture energetiche (una tattica già definita “crimine di guerra”, tra gli altri, dalla presidente della Commissione europea). Lo fanno i vertici ucraini, anche comprensibilmente, dopo la giornata più intensa di “terrorismo” dell’esercito russo dall’inizio della guerra, senza tuttavia avere informazioni certe a riguardo delle accuse. Cadono nella trappola della frettolosità anche diversi politici, come il premier lettone Krišjānis Kariņš

I vertici del Pentagono mantengono invece silenzio e dubbi, confermando solo l’avvenimento dell’impatto senza sbilanciarsi su conclusioni impossibili da verificare in quel momento. Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg esprime solidarietà ai polacchi, ma sottolinea che è importante che tutti i fatti siano accertati. Alla conclusione del Consiglio di sicurezza nazionale nella notte, il presidente polacco Andrzej Duda dichiara che non c’è ancora certezza su chi abbia fatto partire il missile, parlando di un incidente che probabilmente “non ricapiterà”. Secondo Duda non ci sono prove che sia stato “un attacco diretto nei confronti della Polonia”.

Poche ore prima degli avvenimenti in Polonia, i paesi del G20 si riunivano a Bali. Il presidente ucraino Zelensky nel suo intervento online li chiamava polemicamente “paesi del G19” protestando contro la presenza della Russia, alla quale sottoponeva le condizioni ucraine per la cessazione della guerra. Richieste ritenute “irricevibili” dal rappresentante della delegazione russa e ministro degli Esteri Sergey Lavrov, fattosi notare soprattutto per il presunto ricovero in ospedale. In risposta al discorso di Zelensky, Mosca aveva già pronta la propria la rappresaglia di missili e droni iraniani da lanciare sul suolo ucraino, che nel pomeriggio avrebbero poi provocato conseguenze anche oltre confine.

La guerra in Ucraina è stata il tema centrale del G20 indonesiano già prima della scoperta dei fatti di Pszewodow, ma lo è diventato in particolar modo mentre in Europa scorreva la notte tra martedì e mercoledì e si aspettavano notizie più dettagliate dal luogo dell'impatto. Alle nove ora italiana, Joe Biden convoca una riunione straordinaria del G7, allargata ai primi ministri di Spagna e Olanda, per parlare dell’accaduto. Al termine, il presidente americano dichiara che date le informazioni preliminari dal luogo dell’incidente sarebbe “improbabile”, in base alla traiettoria del razzo, che l’attacco sia partito dal territorio russo. Secondo funzionari americani i resti del missile fanno presupporre che sia di fabbricazione russa, ma in dotazione alla difesa antiaerea ucraina: nonostante lo stesso Biden abbia consigliato di aspettare la versione ufficiale delle indagini nel dare per certa l’estraneità diretta della Russia, sembra sempre più probabile che i resti siano di un missile ucraino finito fuori rotta oppure frantumato dopo aver intercettato un missile russo. Secondo quello che scrive la ministra della difesa belga, infatti, sarebbero stati ritrovati resti di entrambi i missili, mentre le indagini ancora proseguono.

Dopo che Zelensky nella notte aveva espresso cordoglio all’omologo polacco Duda, sulla versione dell’innocenza russa Kiev non ci sta. L’Ucraina ha chiesto “l’accesso immediato” al luogo in cui è caduto il missile sul confine in Polonia. “Siamo favorevoli a uno studio congiunto dell’incidente. Siamo pronti a consegnare le prove che abbiamo della pista russa. L’Ucraina chiede che venga concesso immediatamente l’accesso al sito dell’esplosione ai rappresentanti del ministero della Difesa e del servizio di guardia di frontiera statale”, ha twittato Oleksiy Danilov, segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza. Nel pomeriggio di mercoledì, a sorpresa, Zelensky ribadisce di essere sicuro che i resti del missile non sono ucraini, smentendo le versioni polacca e americana.

Tuttavia, anche le fonti OSINT confermano la pista del missile ucrano finito fuori rotta. L’ipotesi più probabile è che si sia trattato di un missile S-300 di fabbricazione russa, ma in dotazione alla difesa antiaerea ucraina, che potrebbe essere finito fuori rotta dopo aver fallito la collisione con uno dei missili che la Russia ha lanciato nel tentativo di colpire le infrastrutture civili ucraine. Non sarebbe una circostanza nuova per i missili terra-aria delle batterie antiaeree di produzione sovietica e post-sovietica, alla cui categoria appartiene anche l’S-300 serie 5V55K. Nel 2019 un S-200 di fabbricazione russa della difesa anti-aerea siriana era precipitato addirittura a Cipro, mentre lo scorso anno uno stesso tipo di missile in dotazione all’esercito siriano si era schiantato nel sud di Israele.

Mentre aveva luogo la corsa contro il tempo per accertare l’accaduto e scongiurare l’escalation della crisi internazionale, proseguivano anche i rimbalzi di responsabilità cominciati subito dopo l’episodio di Przewodów. I russi hanno dato la notizia sui propri telegiornali parlando apertamente di “provocazione occidentale” in Polonia, mentre nel frattempo alcuni dei suoi propagandisti prendevano la tangente e sceglievano l’ambiguità, rivendicando per metà l’attacco. Margarita Simonyan, direttrice di Russia Today, aveva scritto martedì sera su Twitter: “A quanto pare la Polonia ha ottenuto la sua oblast’ di Belgorod. Non è quello che volevate?”. Belgorod è la regione russa spesso colpita in seguito all’invasione in Ucraina; attacchi che Kyiv non ha mai rivendicato apertamente.

In una situazione paradossale, dopo le parole di Biden il Cremlino plaude alla “reazione misurata degli Stati Uniti” colpevolizzando Ucraina e Polonia di voler intensificare un escalation che provochi uno scontro diretto tra Russia e NATO. Il portavoce del presidente russo Dmitry Peskov aveva parlato invece di “isteria occidentale, frenetica e russofoba, non basata su nessun fatto concreto”. 

Eppure, gli avvenimenti in Polonia testimoniano di come, pur con tutte le sue criticità, l’approccio occidentale si differenzi in modo netto da quello russo. Il Cremlino cerca di plasmare la realtà e le prove a supporto delle proprie tesi a monte dalla propria narrazione propagandistica (spesso al limite del ridicolo, come nel caso dei biolaboratori americani sul suolo ucraino portati addirittura in sede ONU). 

L’Occidente – che poi esiste come monolite uniforme solamente in astratto, e come visto ieri ha diverse voci quasi mai in sintonia fra loro – ha tarato la propria reazione politica e militare non sulle basi di convinzioni morali o ideali. Che la Russia bombardasse indiscriminatamente e disumanamente il suolo ucraino era cosa certa già prima di ieri, e che un missile potesse per errore sfuggire oltre i confini europei non era un evento impossibile. Nonostante questo, i leader europei e atlantici hanno aspettato l’accertamento dei fatti, prima di esprimere dichiarazioni che avrebbero portato a un’inevitabile escalation del conflitto. Anche se queste sarebbero state maggiormente gradite alle vittime dirette del fatto: l’Ucraina e la Polonia.

Le parole misurate di Stoltenberg hanno permesso già dalle prime ore di allontanare lo spettro dell’invocazione dell’articolo 5 della NATO, che prevede l’intervento di tutti i paesi in sostegno dell’alleato aggredito. E sembra che la Polonia non invocherà nemmeno l’articolo 4, che prevede consultazioni formali tra gli alleati, pur riservandosi il diritto di farlo successivamente.

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Sembrerebbe superfluo ma Stoltenberg ha dovuto ricordare che la colpa dell'incidente non è dell'Ucraina. "Voglio essere chiaro: la Russia deve prendersi le responsabilità della sua continua guerra illegale in Ucraina. Le esplosioni di ieri sono avvenute nel corso di una massiccia ondata di attacchi missilistici russi sul territorio ucraino, a cui Kiev non ha potuto fare altro che difendersi”. Dello stesso tenore le dichiarazioni da Bali di Giorgia Meloni, così come del premier olandese Rutte e del cancelliere tedesco Scholz: cambia poco se il missile sia russo oppure ucraino, poiché la responsabilità ricade sui primi per la situazione in atto.

Anche se ora la Russia sta cercando di sfruttare propagandisticamente la scia della sua presunta innocenza, dichiarandosi estranea alle due morti polacche mentre tace sulle centinaia di missili che ogni settimana impediscono di vivere ai civili ucraini pochi chilometri più a Est, l’incidente del missile in Polonia ha mostrato cosa significa lavorare in concreto per la de-escalation del conflitto. Anche a costo di indispettire l’Ucraina stessa, che avrebbe certo gradito un maggior interventismo; d’altronde, sarebbe strano il contrario dopo oltre 265 giorni di bombardamenti a tappeto di entità ben maggiore rispetto a quello di Pszewodow.

Immagine in anteprima via Twitter

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